Blog di Dante Paolo Ferraris

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Un cubano in Mandrogna (VII parte)

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WilmerEd eccoci a mantenere una promessa fatta a Wilmer e a Roberto, ma anche a me stesso.
Portare Wilmer a ballare in discoteca è come dare del miele ad un orso, rischi di trovarti imbrattato e perseguitato dalle api, mentre l'orso si gongola con il nettare degli dei.
Arriviamo in discoteca molto prima di Roberto, che farà poi il suo ingresso da vera tigre della discoteca. Conosciuto e stimato da tutti sarà per tutta la serata il compagno di ballo di Wilmer. Ritmi di danza un po' originali per me, volumi di musica assordanti, tanto da dover adottare il linguaggio dei segni per comprenderci. Trovo molti conoscenti con cui mi fermo volentieri a scambiare un saluto e presentare Wilmer e trovo altresì ex amici che da lontano con fare guardingo pare mi osservino ma non si avvicinano più di tanto. Perdo quasi subito di vista Roberto e Wilmer, e sinceramente non ho voglia di buttarmi nella calca a cercarli, spero solo che si divertano. Mi riservo un posticino un po' più defilato ove posso ammirare l'intera fauna che frequenta il locale, scambiare due parole senza far uso del linguaggio dei segni, bermi qualcosa e ogni tanto farmi trasportare dal ritmo della musica, ma senza esagerare.
Ritrovo Wilmer ad un certo punto direttamente sul palco in mezzo al corpo di ballo, è proprio un "animaletto" da palcoscenico, ha conosciuto una coreografa/presentatrice del locale di origine cubana. Il gioco è fatto, mi pare si sia divertito molto.
Faccio due chiacchiere con le mie conoscenze, E&C, B e A. ecc... qualche sguardo di stupore di qualcuno e di malignità di altri nel vedermi in discoteca. Per fortuna il locale non chiude tardissimo e riesco ad uscire ad un ora decente. Nel rientrare a casa eccomi subissato da decine di domande che Wilmer mi pone sui conoscenti e sugli ex amici che ha visto anche lui. Sono le stesse persone che il giorno dopo criticheranno la presenza di Wilmer sul palco come mero esibizionismo oltre ad altre maldicenze.
Credo di avere una mente aperta che sa perdonare gli errori altrui e non si fa mai condizionare, esprimo pareri che molto spesso sono contrari alla maggioranza dei pensieri comuni, i quali non vengono mai presi in considerazione o vengono interpretati con animo partigiano, ma che spesso sono coerenti alla realtà ed alla verità, anche se non immediata, e sono sicuro che saranno riconosciuti a posteriori.
La partenza è all'alba e devo passare da Torino a prendere G. che ci accompagnerà nella passeggiata in alta montagna. La giornata non è quella giusta per andare a fare due passi sulle Alpi, ma la data di partenza di Wilmer si avvicina ed aveva espresso il desiderio di vedere la neve. Per lui la neve è un bianco manto candido che ricopre ogni cosa, lontano dall'idea dei problemi che può creare nelle città o il freddo che si porta insieme.
Trovare a luglio la neve a bassa quota è cosa assi ardua ma l'itinerario prescelto è un giro in Valle d'Aosta con una bella salita sul Monte Bianco, dove sono certo che la neve sul ghiaccio è perenne.
Il tempo è veramente inclemente e lo sottolinea il fatto che nel parcheggio della funivia non vi è altra auto che la nostra. Cerco di fornire a Wilmer i capi di abbigliamento idonei, soprattutto pensando alla media delle temperature caraibiche a cui lui è abituato, considerato che qui siamo già sotto zero. Muniti di giacche a vento, pile, cappello, prima di salire sulle varie funivie che ci porteranno fino a punta Helbronner, ci rechiamo tutti e tre nell'antistante piccolo bar a consumare una seconda colazione. G. spiega con calma in Italiano a Wilmer dove stiamo andando, l'importanza del Monte Bianco, la sua altezza e tante piccole ma importanti cose.
La salita sulle varie funivie e cabinovie non è particolarmente lunga e benché il tempo non sia propizio per le escursioni, il colore grigio renda tutto più bigio ed il panorama non possa essere affascinante come al suo solito proprio per le nuvole basse che ricoprono il Monte Bianco, l'emozione che prova Wilmer è veramente grande e si manifesta nella sua irrequietezza.
Nella salita riusciamo a vedere dall'alto il Giardino alpino Saussurea, posto nel cuore del massiccio, a 2.175 m slm, è il giardino botanico più alto d'Europa; raccoglie e valorizza le specie naturali della flora caratteristica del Monte Bianco. Prende il nome dal fiore Saussurea alpina, chiamato così in onore dello scienziato ginevrino Horace-Bénédict De Saussure, promotore della prima ascesa al Monte Bianco nel 1786. Cerchiamo di far notare anche a Wilmer un esemplare di capriolo che si aggira sulle ampie pietraie del piano alpino.
In cabina troviamo un coppia di asiatici, forse giapponesi, che non sono particolarmente coperti da vestiti caldi e visto che già al rifugio Torino (3300 m.) troviamo molta neve e il vento misto a nevischio è molto intenso tale da sembrare tagliente, temiamo di trovarli al nostro ritorno, assiderati.
Giunti a punta Helbronner (3500 m.), la prima cosa che facciamo sul belvedere è tirare palle di neve a Wilmer che come un bambino scopre un nuovo gioco, si diverte a tentare di colpirci anche lui con le palle di neve. Sul terrazzo di un belvedere che non ti permette di vedere alcunché, in quanto totalmente immerso in una nuvola, il giovane caraibico si mette a danzare e continua a scattare foto. All'improvviso, mentre tentiamo di riportarlo all'interno della stazione, veloce come una saetta si spoglia e a torso nudo e braccia aperte aspetta che la neve gli cada addosso per farsi fotografare. Il freddo è intenso e il vento è tagliente ma la gioia di questa scoperta è ampiamente visibile. Peccato per il tempo che non ci permette di ammirare il Dente del Gigante, le Grandes Jorasses e la straordinaria Vallée Blanche.
Al bar di punta Helbronner ci beviamo un aperitivo mentre G., attraverso un suo conoscente, prenota un tavolo al ristorante del Papillon.
Facciamo una rapida visita al piccolo museo dei minerali del Monte Bianco esposti a Punta Helbronner, un insieme di forme e di colori che ti permettono di scoprire i gioielli nascosti all'interno della montagna, prima di scendere al ristorante del Papillon dove ci accoglie un'atmosfera calda e siamo pronti ad assaporare i sapori della tipica cucina valdostana e gustare le specialità regionali. Il sole ha fatto capolino e dal magnifico dehor possiamo ammirare il panorama. Wilmer si diverte a scattare fotografie e a chiacchierare con G. mentre insieme si fumano una sigaretta.
Rientriamo dalla nostra scampagnata e dopo aver lasciato G a casa ci dirigiamo verso la Mandrogna a predisporre gli ultimi preparativi per il viaggio di rientro a Cuba di Wilmer.



Fine VII parte.