Blog di Dante Paolo Ferraris

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All'ombra di Napoleone (XII parte)

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ParigiVirginia di Castiglione, spregiudicata amante di re e imperatori, sconvolse la moda e la morale dell'800 e divenne un importante personaggio storico per l'unità nazionale italiana. Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Verasis Asinari Oldoini nacque a Firenze il 23 marzo 1837. Suo padre, il marchese Filippo Oldoini, fu deputato al primo Parlamento italiano e ambasciatore a Lisbona. A 17 anni va a nozze vantaggiose con il conte Francesco Varasis Asinari di Costigliole d'Asti e Castiglione Tinella, imparentato con il conte Camillo Benso di Cavour, che la portò a corte a Torino. E' maggiormente conosciuta come la contessa di Castiglione. Nel 1855 Virginia diede al conte un figlio, Giorgio, che poi trascurò, per curare la relazione con Vittorio Emanuele II.
Innamorata di sé e di nessun altro, offrì il suo fascino al potere. Voleva essere "la più bella donna" del suo secolo e di lei scrive Henry d'Ideville, giovane diplomatico francese " E' la creatura più graziosa , più attraente che si possa immaginare, con i capelli biondi arricciati intorno alla fronte, le braccia e le spalle nude, gli occhioni dolci e stupiti".
A 19 anni, nel 1856 Cavour, conscio del fascino irresistibile e della sua spregiudicatezza, al corrente della propensione di Napoleone III per le avventure galanti e per le belle donne la invia a Parigi affinché con il suo fascino ed eleganza entri nella mondanità della corte imperiale e con la sua civetteria seduca l'Imperatore, per allearlo alla causa dell'unità italiana.
I risultati ottenuti superarono ogni più rosea aspettativa e la Contessa di Castiglione diventa per oltre un anno l'amante ufficiale dell'Imperatore , dando grande scandalo a corte.
Narcisista fino all'ultimo s'illuse di sedurre l'Europa e di poter manovrare la storia, si esaltò nel affermare di aver così «fatto l'Italia e salvato il Papato». Ma asservì soprattutto la sua ambizione ed è ricordata come un'icona di smagliante bellezza: alta, di candida carnagione, «corpo da Venere di Milo », con capelli dorati, occhi azzurri venati di viola, piccoli piedi e mani affusolate come piaceva a Napoleone e non solo.
Tanto spregiudicata da liberare la gonna dalle gabbie che fino allora costruivano parte dell'abbigliamento femminile, ebbe l'ardire di catalogare su un libretto tutte le sue conquiste maschili con note in codice: «E» stava per «carezze», «B» per «bacio», «BX» per «molto più di un bacio», «F» per «rapporto completo».
A Parigi non si accontentò dell'Imperatore ma civettò anche con il banchiere Rothschild e chissà quanti altri. Colta, parlava inglese, francese e tedesco. Con Cavour pare non ebbe alcuna storia d'amore ma alcuni scrissero che le metteva soggezione. Invece al bel Costantino Nigra disse di sì, come ai tre principi Doria che sedusse insieme.
Fu insomma una donna che osò farsi imprenditrice del proprio corpo e del proprio mito, a ogni costo, anche con cinismo. Amava apparire e spendere, utilizzava biancheria intima nera, giarrettiere con gioielli, con fettucce in seta e raso con ricami di frasi licenziose.
Portava con se molti nomignoli datigli dal nonno Ranieri che la educò e che solitamente la chiamava "Verginicchia". Lei amava farsi chiamare in intimità "Nicchia", vezzeggiativo che utilizzò anche Camillo Benso di Cavour. Invece Vittorio Emanuele II amava chiamarla "Nini" Mentre Napoleone III a letto le si rivolgeva come "Minà".
Sceglieva abiti attillati con spacchi ed i colori preferiti per vestirsi per i suoi incontri erano l'ametista, il viola, il rosso Magenta, con disegni e decori di fiori come margherite e glicini.
Una volta ho letto che per andare a un ballo si rotolò nuda nella colla e poi fra le piume per apparire come un cigno. Ma il successo finì il 6 aprile 1857, quando si sventò nel giardino di casa sua in rue de Montagne un attentato contro Napoleone, forse progettato come simulazione dalla stessa moglie dell'Imperatore per screditarla.
Dovette intervenire lo stesso Costantino Nigra (inviato in missione segreta a Parigi per concretizzare l'ipotesi di alleanza decisa a Plombières tra Napoleone III e Cavour e progettare la guerra tra il Regno di Sardegna e l'Impero austriaco) per farla liberare dal posto di polizia e farla rientrare in Italia quando questa venne espulsa dalla Francia nel 1858. Rientrata a Torino si rinchiuse a Villa Gloria alle pendici della collina torinese e benché ricevesse molte visite di illustri personaggi si sentì respinta da Torino. Tornò a Parigi e prese alloggio in un modesto appartamento ammezzato in Place Vendome dove riempì la casa di ricordi, vestendosi solo a lutto e uscendo poco di casa. Lasciò in seguito la casa di place Vendome per motivi economici e si rifugiò in un ancor più modesto alloggio in rue de Cambon 14 , dove morirà.
Fra il 1861 e il 1867 offrì il suo corpo all'obiettivo dei fotografi alla moda Mayer e Pierson. Questi la ritrassero a letto e in pose teatrali, con le gambe nude fino al ginocchio. Uno scatto fu esposto all'Expò del 1867. Paul Baudry la dipinse come la «Maya Desnuda» di Goya. Invidiosa della propria immagine distrusse tutte le sue foto ed in casa velò ogni specchio non accettando il decadimento della sua bellezza.
Morì sola, ipocondriaca, autoreclusa per paura di fantomatiche aggressioni. Il suo epilogo fu triste. Spirò a Parigi il 28 novembre 1899 e il suo feretro fu accompagnato al cimitero di Père-Lachaise da non più di 10 persone.
Aveva chiesto di essere sepolta con la camicia da notte di seta verde, leggera e trasparente, indossata nelle notti d'amore con l'Imperatore Napoleone avvenute nel castello di Compiègne. Ciò non avvenne anzi, i documenti, i ricordi furono fatti sparire dalla polizia segreta, i gioielli e gli arredi furono dispersi e anche la camicia da notte che venne successivamente recuperata è ora esposta al Museo di Santena.
Sono pochi gli italiani che si ricordano di Lei e le fanno visita su una anonima tomba al cimitero parigino, ma non noi che ci soffermiamo lungamente e R. si inginocchia sulla tomba stessa in segno di deferente omaggio a colei che contribuì con le sue "grazie" all'unità della nostra nazione.
La pioggia pareva essersi fermata mentre raccolti sulla tomba della contessa di Castiglione ricordavamo le sue vicissitudini storiche , ma non vi è nulla di più fastidioso che una pioggia fitta e tagliente che ti cade addosso mentre un arietta fredda e pungente inizia a darti fastidio.
Il nostro gruppetto ora si divide, R&S si dirigono ad omaggiare Chopin, io a trovare i miei napoleonici.



Fine XII parte.