In Europa e nel mondo non si fa discriminazione sul sesso, purché siano rispettati i principali comportamenti etici e non si scada nella volgarità. Nel nostro paese, da sempre bigotto e guidato da uomini vestiti con abiti talari, anche se amiamo dire "libera Chiesa in libero Stato" siamo influenzati nei comportamenti più da precetti religiosi che da comportamenti di reciproco rispetto.
Il conflitto nasce sopratutto sul matrimonio omosessuale, partendo dal presupposto che sia immorale e contro natura. Tale atteggiamento mi riporta alla memoria quando le stesse posizioni di condanna e spregio erano rivolte ai matrimoni interrazziali, benché eterosessuali. Fortunatamente la legge terrena fu determinante per far passare un principio comunque biblico di parità e fratellanza ed uguaglianza tra i sessi.
Anche il tanto bistrattato trattato di Maastricht, vincolante per l'Italia, aveva introdotto il divieto di discriminazione basato sulle tendenze sessuali. La stessa carta dei diritti fondamentali europea ha ripreso il trattato e ha aggiunto un importante innovazione. Nel suo articolo 9 stabilisce che il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo leggi nazionali. La distinzione tra sposarsi e quello di costituire una famiglia, benché sembri sottile è fondamentale, tanto da scinderle e permettere ai singoli stati di legiferare anche su coppie di fatto che vogliono costituirsi in famiglia senza contrarre il matrimonio, come lo leggiamo noi, secondo i canoni secolari.
Quante coppie etero conosco che felicemente convivono e che si sono create una famiglia con tanto di prole ma non si sono mai sposate ufficialmente, eppure si vuol negare a questi gli stessi diritti civili di quelle coniugate, come reversibilità della pensione, diritto all'eredità e tante piccole cose che fanno la differenza. Quanti anziani vivono serenamente la loro vita di coppia, dividendosi casa, spese, facendosi compagnia ecc... senza aver contratto un matrimonio religioso in quanto legati affettivamente ai ricordi del loro passato congiunto che non c'è più.
Ma conosco anche tante coppie omosessuali che vivono da anni felicemente sotto lo stesso tetto e che vorrebbero sancire ufficialmente la loro unione, ma in Italia ciò non è possibile perché vi è troppa captatio benevolentiae nei confronti della Chiesa. Persino nel Regno Unito, con un governo conservatore e tradizionalista come quello di Cameron si è avuta una grande apertura.
Noi giochiamo con i nomi su come chiamare queste unioni, i talk-show televisivi hanno fatto intere trasmissioni sui Pacs, Dico, Unioni civili, unioni di fatto, unioni di solidarietà, c'è chi vuole una cerimonia pubblica e chi privata. La sostanza non cambia e ne facciamo più un problema di lessico che di sostanza.
Anche io sono un tradizionalista convinto e letteralmente il termine matrimonio tra persone dello stesso sesso non mi piace, ma ciò non vuol dire che non dobbiamo dare a tutti coloro che decidono di fare una vita di coppia, qualunque essa sia, omo o etero, gli stessi diritti delle coppie tradizionali.
Con sentenza n. 138 del 2010 la Consulta riconosceva la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali, poiché affermava di essere di fronte a delle "formazioni sociali" di cui parla l'art 2 della Costituzione Italiana. Concludeva che alle persone dello stesso sesso unite da una convivenza stabile spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendo - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.
Ma anche la corte di Cassazione con la sentenza n. 4184 del 2012 riprendendo alcune conclusioni della Corte Europea dei Diritti dell'uomo, ha affermato che, essendo ormai venuto meno il requisito della diversità tra i sessi e poiché si tratta di coppie stabili questi hanno il diritto di rivolgersi ai giudici "per far valere in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata".
L'essere schiavi di antichi poteri, come quelli manifestati ultimamente in parlamento (2007) allorquando due esponenti della sinistra cattolica (Bindi e Pollastrini) trovarono un accettabile compromesso tra le varie anime della politica sociale italiana sulle coppie di fatto, si concretizzò con il blocco dell'iniziativa da parte dell'anima più retrograda della nostra società, che creò un movimento "contro" che ha visto altri parlamentari (Mastella e Binetti) diventare alfieri di una causa atavica dai gusti retrò, infarcita da bigottismo.
Tali spauracchi mi fanno venire alla mente quanto detto, e recentemente riportato da un quotidiano nazionale, da uno dei più eminenti uomini politici del dopoguerra italiano. L'On. A. Fanfani, nel 1974 nel pieno della campagna referendaria sul divorzio, durante un comizio tenuto il 26 aprile in un cinema di Caltanissetta affermava: "Se il divorzio passerà in Italia sarà persino possibile il matrimonio tra omosessuali..." - e aggiungeva - "Vi piacerebbe che vostra moglie vi lasciasse per sposarsi con la moglie del vostro amico, o magari scappare con la donna di servizio o con altra fanciulla...". Fortunatamente il divorzio è diventato legge e tra l'altro a godere di questa nuova libertà di vivere la propria vita furono proprio gli eredi di quella destra italiana che osteggiò l'importante istituzione.
Ora, benché io ritenga il matrimonio, come lo leggiamo in Italia, più una istituzione religiosa e che sia il prologo necessario per costruire una famiglia come dettata dai canoni biblici, sono del parere che le unioni di fatto, o chiamatele come volete, siano un passo necessario per il nostro paese. Possiamo discutere sull'adozione di figli a coppie omo, possiamo pensare come definire questa forma di famiglia, ma non possiamo e non dobbiamo negare il diritto di vivere la propria vita a coppie di persone dello stesso sesso o etero che decidano di percorrere la strada della vita insieme, negandogli il diritto di esistere o peggio facendo finta che non esistano.
Scriverò ancora su questo argomento, fintanto che rimarremo schiavi di questa "politica del disgusto" e non affronteremo il problema per quello che è realmente, anche scontrandomi con gli eccessi che inevitabilmente i due fronti contrapposti mettono in essere.