Ci sono tantissimi giovani e numerose famiglie che occupano tutti i posti a sedere nelle bancate della chiesa, molta gente sta in piedi a seguire la santa messa. Trovo posto in una bancata in fondo la chiesa. L'atmosfera multietnica è avvolgente, i fedeli, tutti rivolti verso il prelato, alternano un mesto silenzio a un'orazione collettiva, interrotta solo dal pianto di un bambino che rende la santa messa intensamente partecipata.
La messa è seguita con attenzione, gli stessi turisti che entrano nel tempio mentre la funzione è in corso, si fermano a parteciparvi o escono subito per non disturbare i fedeli riuniti in preghiera.
A fine Messa, la gente esce silenziosamente dalla tempio del Sacrè Coeur, la giornata è bigia e fa caldo, ma il cielo e coperto da nuvole, i miei abiti sono appiccicaticci. Mi soffermo ancora un attimo sulla collina per dare un ultimo sguardo a Parigi.
In metrò prima e pullman poi, in direzione aeroporto, guardo scorrere dal finestrino le ultime immagini della città che ci ha ospitato per qualche giorno. Guardo con nostalgia la Senna, autostrada fluviale che ha fatto grande questa capitale in centro Europa. Considero come anche i nostri maggiori fiumi, rendendoli navigabili, avrebbero potuto essere una opportunità di sviluppo, ahimè mai colta dai nostri amministratori.
Ho cercato di rubare ogni sensazione, di scattare una foto immaginaria in ogni momento della visita parigina per poi nasconderla e portarla nel profondo del mio cuore. È sempre triste abbandonare una città come Parigi, affascinante e romantica.
La campagna francese, che ci accompagna nel nostro viaggio verso l'aeroporto, concilia i sogni di un visitatore ammagliato dalla capitale che ha potuto visitare, respirare l'alito di una città che ha disegnato secoli di storia europea e che ha reso l'Europa un continente foriero di conquiste ed invenzioni. Soprattutto ha fatto sventolare per prima la bandiera della libertà e dell'illuminismo.
In attesa dell'imbarco vado a fare un ultimo acquisto. Una piccola bottiglia di assenzio, che rappresenta lo spirito di un'epoca che ho cercato con insistenza durante il soggiorno con i miei amici napoleonici.
Un liquore che raggiunge l'apice della popolarità sopratutto per i suoi presunti poteri psicotropi, sorseggiato al tavolino dei bar dalla borghesia parigina, ma da sempre bevuto dai maggiori artisti come E. Manet, E. Degas, V. Van Gogh, Oscar Wilde, H. de Toulouse-Lautrec che non solo ne fecero grande uso, ma addirittura ne descrissero gli effetti. Una leggenda metropolitana che circola tra gli artisti parigini, narra che fu la fata verde (come veniva chiamato l‘Assenzio) a portare V. Van Gogh sull'orlo della follia. Aumentarono talmente tanto gli alcolisti francesi durante la Belle Epoque che il Governo ne vietò l'uso subito dopo la dichiarazione di guerra alla Germania nel 1915. Tornerà legale solo nel 1998 ed io ne voglio portare a casa una piccola bottiglietta per conoscerne il sapore.
Ci ritroviamo seduti sull'aereo che ci riporta in Italia, a ricordare un piccolo intermezzo divertente, che ci ha messo un poco in difficoltà mentre eravamo seduti nella sala d'aspetto dell'aeroporto e che visto protagonista R.
Stavolta il volo e senza il breakfast travel package di Paola che comunque ci attende al nostro arrivo Torino.
È stato un viaggio bellissimo, con tante cose da vedere e da fare che rimangono nella borsa dei sogni, ma credo che questo viaggio con R&S sia solo un antipasto preparatorio per un ritorno a Lutèce all'ombra dei miei napoleonici.
Questa città mi ha affascinato e incantato per le sue bellezze. Parigi au revoir...
Fine XVIII ed ultima parte.