Blog di Dante Paolo Ferraris

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A passeggio per Parma e la sua storia (I parte)

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parmaDa sempre Parma offre ai suoi visitatori istituzioni e monumenti degni di una grande città, come lo testimoniano ancor oggi il Duomo e gli antichi monasteri. Passeggiare tra le mura di una città che ha assunto toni cosmopoliti, soffermandosi qua e là ad ammirare lussuose vetrine di piccoli negozi ricavate in antichi palazzi nobiliari, mi permette contemporaneamente di respirare l'aria tranquilla tipica di una cittadina e la brezza di un nobile rinnovamento, ed io non posso non sfruttare una "ghiotta" occasione per passeggiare in questa straordinaria città.
Mi attrae la sua storia, fatta da importanti personaggi ma vissuta dalla gente comune, mi piacciono le sue strade e la cadenza della lingua parlata delle sue genti, che riescono sempre a rallegrarmi.
Situata lungo il corso dell'omonimo fiume e lungo l'antica via Emilia, raccoglie dal tempo antiche memorie e testimonianze di un glorioso passato. Fu fondata dai Romani benché le origini pare risalgano al periodo etrusco. Secondo alcuni studi il nome attuale della città pare derivare dalla presenza di alcune tribù etrusche chiamate 'parmni', da cui il nome latino di Parmae.
L'attuale città trovò un primo ampliamento con i Romani nel II secolo A.C. quando venne ordinato l'insediamento di molte famiglie romane, circa 2000, lungo la Via Emilia. A queste famiglie vennero concessi degli appezzamenti di terreno, realizzando così anche la parte emiliana della cosiddetta "Strada delle Cento miglia", antica via romana che partendo dalla città di Parma scende a sud, lungo la valle del fiume Parma fino al Monte Caio scendendo poi lungo la valle del torrente Cedra in direzione di Luni, per una lunghezza di cento miglia romane esatte collegando così la zona di Parma alla Lunigiana (tra la Liguria e la Toscana). Attualmente in città rimangono pochi resti come l'Anfiteatro romano (nell'attuale via Garibaldi), risalenti a tale periodo.
Alla caduta dell'impero romano i Goti si stabiliscono su un territorio già devastato dalle battaglie contro Attila (Unni). I Bizantini, nel VI secolo d.C., ridanno alla città una nuova spinta economica, guadagnandosi l'appellativo di 'Città dell'Oro' (Chrysopolis), perché sede di erario. Maggiore espansione ebbe con l'arrivo dei Longobardi, i quali elevarono la piccola città al rango di ducato, guidato da un duca con compiti militari e politici. Successivamente Carlo Magno trasformò il Ducato in una contea e successivamente in una diocesi vescovile, controllata da un vescovo-conte.
Scusate la deformazione professionale ma non posso non far notare che anche Parma fu funestata da grandi incendi come quello del 1058 e grandi rilevanti alluvioni come quella del 1177, oltre a tanti altri piccoli ma importanti eventi sismici ed alluvionali, ma il carattere crudo e forte dei suoi abitanti fin da allora seppe trasformare le calamità in opportunità creando le opportunità rilanciando la città ed i suoi mercati e riordinandola architettonicamente.
Non posso non sostare un attimo in Piazza Grande, l'attuale Piazza Garibaldi, centro nevralgico della vita cittadina che in parte coincide con l'area dell'antico "forum" romano.
L'aspetto della piazza è composito da quando nel XIII secolo vi collocarono la sede del podestà Torello da Strada divenuto oggi Palazzo comunale, anche chiamato degli Anziani o dei Notai; nel 1282 fu costruito anche il palazzo dei mercanti, oggi del Governatore, riconoscibile con la sua torre con meridiana e successivamente la chiesa di san Pietro del 1760. Al centro della piazza si erge il maestoso monumento dedicato a Garibaldi.
La mia visita di Parma non può prescindere dal dare un colpo d'occhio alla meravigliosa Piazza Duomo, dove la cattedrale, il suo Battistero e il Palazzo Vescovile creano un raro angolo medievale di notevole suggestione.
Il Duomo è una delle più belle espressioni dell'architettura romanica della pianura padana, con la notevole la facciata a capanna e la pianta a croce latina. L'interno è ricco di capolavori tra i quali si ammira la cupola affrescata da Correggio (Antonio Allegri).
Il duomo trova qui sedime dopo che una più antica basilica fu distrutta nel IX secolo da un incendio ma anche il nuovo duomo deve comunque subire le volontà della natura che nel gennaio 1117 la colpì con un forte terremoto.
L'acciottolato della pavimentazione rende ancor più caratteristica la piazza e benché la stessa non sia molto grande il Battistero, costruito in marmo rosa di Verona su pianta ottagonale, impegna totalmente la mia vista, una vera chicca per i cultori d'arte perché testimonia il passaggio dal romanico al gotico. Vorrei entrare a guardare gli interni ma il fatto di dover pagare l'ingresso per entrare nella casa di Dio, mi infastidisce e volgo la schiena a questo stupendo edificio e mi dirigo verso la chiesa di San Giovanni Evangelista che dista poche decine di metri dalla cattedrale. L'edificio è tipicamente rinascimentale ma con facciata e campanile barocchi e racchiude al suo interno delle mirabili opere d'arte, tutte degne di una sosta di ammirazione.
Mi soffermo un attimo sull'antistante piazza e mi sovviene alla mente la setta eretica degli Apostolici che nella seconda metà del XIII secolo si diffuse a Parma. Tale setta fu condannata dal Concilio di Lione del 1274 e nel 1290 l'eresiarca Gherardo Segarelli fu incarcerato; evaso, fu imprigionato ancora nel 1294 ma fuggì di nuovo ed infine nuovamente catturato nel 1300 quando fu arso sul rogo a Parma il 18 maggio dello stesso anno. Riporto uno stralcio del verbale del processo che subì:
«Richiesto se un uomo possa toccare una donna che non sia sua moglie, e una donna possa toccare un uomo che non sia suo marito e palparsi vicendevolmente nelle zone impudiche standosene nudi e che ciò possa essere fatto senza ombra di peccato [...] rispose che un uomo e una donna, sia pur non uniti in matrimonio, e un uomo con un uomo e una donna con una donna possono palparsi e toccarsi vicendevolmente nelle zone impudiche. Disse che ciò può avvenire senza ombra di peccato a condizione che vi sia l'intenzione di pervenire alla perfezione…non riteneva che tali palpeggiamenti impudichi e carnali fossero peccaminosi, anzi potevano essere fatti senza peccato in un uomo perfetto.»
E questo era già sufficiente per mandarlo al rogo ma la sua predicazione sarà continuata da Fra' Dolcino. Non volendomi molto dilungare su questo "fattaccio" posso solo affermare che molto vi sarebbe da dire su queste "crociate".
Continuo la mia passeggiata tra le antiche case di Parma, ripercorrendo di pari passo la storia della città, che un po' non mi sovviene ma che mi riprometto di studiare con più attenzione.
Come tutti i maggiori centri abitati anche il medioevo di Parma è caratterizzato dalle Signorie e dalle antiche famiglie parmensi. Divenne ghibellina, ma partecipò nel 1101 alle Crociate in Terra Santa appoggiando il papato. Con la sconfitta di Federico Barbarossa la città diviene un libero Comune che in seguito si caratterizzò da una sorta di conflitto eterno tra le più importanti famiglie.
Sempre in pieno centro trovo il massiccio Palazzo della Pilotta, fatto edificare dai Duchi Farnese nella seconda metà del '500 dove vi sono ospitati la Biblioteca Palatina, il Museo Archeologico Nazionale, uno dei teatri storici più belli del mondo come il ligneo Teatro Farnese, il Museo Bodoniano e la Galleria Nazionale, sicuramente una delle più importanti pinacoteche italiane. Purtroppo ho poco tempo e non posso fare una visita accurata come meriterebbe. Il nome Pilotta deriva dal gioco basco della pelota che si giocava nei suoi cortili. Ospitava i servizi della corte ducale: magazzini, stalle, scuderie ed era collegato al Palazzo Ducale, sull'altra riva del torrente, da un ponte coperto detto del Corridore.
Il vicino parco vede molti studenti universitari sdraiati sul verde e soffice prato, intenti a leggere e a studiare in gruppo, mentre sui granitici sedili di pietra squadrata modernamente sostano alcuni giovani extracomunitari di colore, intenti a chiacchierare indisturbati dal via vai di biciclette, mezzo di trasporto più amato dai parmigiani.
Non chiamate gli abitanti di Parma parmensi, potrebbero irritarsi, visto che tale definizione è riservata agli abitanti della provincia, mentre i cittadini sono i parmigiani.
Facendo ancora due passi, ma proprio poco più in là, mi soffermo davanti al neoclassico Teatro Regio, fra i più illustri d'Italia. Il legame che unisce Parma alla musica lirica è molto stretta, ma Parma ha numerosi altri teatri, sia d'avanguardia che di tradizione e che offrono stagioni di prosa, balletto e musica di nota qualità. Ma mi sovviene invece, sostando davanti al Teatro Regio la storia di un "castrato di dio", Antonio Bernacchi, nativo di Bologna (23 giugno 1685), che esordi nel bel canto, dopo il "servizietto", nel coro del duomo di San Petronio nella sua città natale e dove aveva studiato canto. Parma lo ospiterà al servizio del Duca Antonio Farnese che lo nominò suo "virtuoso". Tornerà diverse volte a cantare a Parma, anche insieme ad un altro noto "castrato di dio" sicuramente il più conosciuto Farinelli (Carlo Broschi) e benché quest'ultimo fosse più giovane di lui li strinse una forte amicizia.
E' nota la contesa con il suo rivale Giovanni Carestini (detto Cusanino) alla corte del Re di Napoli. In un primo tempo vinse la tenzone divenendo cantore di corte, ma solo fino a quando i nobili napoletani, che parteggiavano per il Cusanino, costrinsero il Re a rimangiarsi il suo contratto e quello della sua maestra-amante Antonietta costringendoli così a lasciare Napoli.
Nel 1545 il papa Paolo III ( nato Alessandro Farnese) creò il Ducato di Parma e Piacenza per destinarlo a suo figlio Pier Luigi.
Preso possesso del suo dominio il 23 settembre del 1545, rimase a Parma un solo mese per poi trasferirsi a Piacenza scegliendola quale capitale e sede della corte. Non mostrò alcuna riconoscenza verso il papa e avrebbe voluto slegare il Ducato dalla Santa Sede.
Comunque aprì numerose scuole di medicina, ma anche di diritto e di letteratura latina e greca, riformò il sistema giudiziario con principi più garantisti (i giudici dovevano motivare gli arresti), fece costruire nuove vie di comunicazione per favorire il commercio e il libero scambio, ridisegnò il sistema amministrativo mutuandolo dal modello milanese.
Avviò importanti opere di regimazione delle acque dando così forte slancio all'agricoltura, anche abolendo la tassa sul bestiame. Obbligò le parrocchie a censire tutti i parrocchiani dai 10 ai 70 anni d'età e attraverso un ufficio apposito censì i beni di nobiltà e borghesia.
Anche la sicurezza del proprio ducato fu oggetto di riordino, infatti Pier Luigi Farnese ridisegnò l'organizzazione del proprio esercito e istituì un una guardia personale. Egli era conscio che i nobili lo odiavano e che la borghesia fomentava contro di lui il popolo. Per avere un controllo dei movimenti delle classi agiate, e quindi della sicurezza interna, obbligò chiunque possedeva una rendita superiore a 200 scudi a risiedere in città, pena la perdita dei beni.
Queste precauzioni erano anche utili per la difesa del proprio Stato, proprio perché Carlo V, che aveva assunto posizioni ostili al papa, non aveva visto di buon occhio la cessione del ducato ai Farnese. A seguito di queste ostilità si erano ricostituite le fazioni guelfe con il Papa, la Francia, Venezia, Parma e Ferrara e quelle ghibelline con l'imperatore, la Spagna, Genova, i Medici e i Gonzaga.v Fu proprio una congiura organizzata da Ferrante I Gonzaga, conosciuto come Don Ferrante, governatore di Milano legato a Carlo V, a organizzare l'assassinio di Pier Luigi Farnese che avvenne il 10 settembre 1547 a Piacenza per mano del conte Anguissola ed altri congiurati che pugnalarono il duca mostrando il cadavere al popolo dalla finestra del palazzo ducale urlando libertà e Impero, e quindi precipitarono giù nella fossa il corpo straziato.
Ad assassinio compiuto entrarono in città i soldati imperiali che erano da tempo accampati nelle vicinanze. Lo stesso Don Ferrante Gonzaga venne a prendere possesso del Ducato a nome dell'Imperatore.
E pensare che il Duca si era mosso in anticipo costruendosi forti alleanze per evitare la fine del suo ducato, nella convinzione che alla morte del padre l'imperatore e i suoi alleati si sarebbero scagliati contro di lui, ed infatti per costruire solide alleanze fece sposare la figlia Vittoria con il duca di Urbino, Guidobaldo II della Rovere e stipulò il contratto di fidanzamento tra il figlio Orazio e la figlia del re di Francia, Enrico II, Diana. Continuò alacremente i lavori di fortificazione del suo ducato, ma tutto inutilmente.
Con la morte del duca e l'occupazione di Piacenza da parte dalle truppe dell'Imperatore Carlo V sotto la guida del Gonzaga, queste iniziarono a marciare su Parma con il pretesto che anche questa città doveva sottomettersi al Ducato di Milano che arrivò ad impossessarsi di tutti i territori ad ovest del fiume Taro dopo una guerra durata cinque anni.
Il figlio di Pier Luigi, Ottavio, nel frattempo veniva acclamato a Parma nuovo Duca dagli anziani e dal popolo mentre il papa riuniva il concistoro accusando Don Ferrante della sua morte.
Ottavio dovette far fronte dapprima al rifiuto di Carlo V di rendere i territori piacentini occupati e poi controbattere ai rimproveri del nonno papa Paolo III il quale era ormai convinto che il Ducato fosse prossimo alla fine. Tanto che lo stesso papa inviò le proprie truppe d ad occupare Parma ingiungendo al nipote di rientrare a Roma rinunciando ai propri propositi.
Ottavio reagì duramente sia all'Imperatore non accettando di piegarsi alla volontà del Gonzaga, ma al Papa stesso dovendo però trovare rifugio nel castello di Torrechiara, a pochi chilometri dalla città occupata dalle truppe papaline. Con la morte di Paolo III l'influente cardinale Alessandro (membro della famiglia Farnese) si adoperò a far eleggere papa Giulio III al soglio pontificio che per riconoscenza ordinò alle truppe di liberare Parma, riconoscendone la reggenza a Ottavio.
Parma era salva ma il ducato era monco senza Piacenza e molti altri territori che erano ancora sotto il dominio di Carlo V e di Don Ferrante Gonzaga. Per riconquistare i territori persi, la famiglia Farnese strinse un'alleanza con il re di Francia Enrico II il quale si impegnò ad aiutare il duca Ottavio con truppe e finanze.
Fu una guerra che durò molto tempo causando prostrazione e carestie alle popolazioni parmensi e che non produsse alcun risultato per le due parti belligeranti.
Solo con il nuovo sovrano spagnolo Filippo II, figlio di Carlo V, le cose iniziarono a cambiare ed i Farnese capirono che solamente un'alleanza con la Spagna poteva risolvere la loro questione territoriale.
Ottavio firmò la pace di Gand con la Spagna il 15 settembre 1556, cambiando le alleanze e schierandosi con gli spagnoli tornando così in possesso di tutti i territori contesi. Il Ducato era nuovamente riunito e la capitale trasferita definitivamente a Parma. Come pegno il Duca Ottavio dovette consegnare, quasi come ostaggio, il suo unico figlio Alessandro alla corte di Spagna.
Il ducato di Parma in oltre due secoli vedrà la successione di otto duchi. Con Ottavio Farnese e successivamente con suo figlio Alessandro Farnese, terzo duca di Parma e Piacenza ( grande condottiero spagnolo), la città consolidò un proprio potere soprattutto commerciale e culturale. Fu in questo periodo che vennero costruiti importanti edifici storici, tra cui si annovera il complesso della Cittadella.
Il ducato non fu risparmiato neppure dalla terribile peste del 1630 che provocò la morte migliaia di vittime decimando la popolazione dell'intero Ducato.



Fine I parte.