Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il ragazzo dai pantaloni rosa ed il mio anticonformismo

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ragazzo rosaLa notizia scorre veloce sui mezzi di informazione, i talk show ne parlano, i giornali nella cronaca ne offrono paginate, ognuno con le proprie interpretazioni e relativi sospetti, ma sono accomunati sostanzialmente nello sdegno e nella poca conoscenza del mondo giovanile e si trovano concordi a commentare la morte del ragazzo dai pantaloni rosa come un qualunque fatto di cronaca che riguarda il mondo della "diversità".
Già questa identificazione giornalistica rendeva una tragedia quasi una macchietta, individuando nel colore rosa le colpe di una tragedia. Durante la lettura degli articoli giornalistici mi coglie rabbia e dolore.
Non accetto che un ragazzo di 15 anni possa togliersi la vita per il disagio in cui vive, additato come omosessuale o un diverso in generale.
È descritto dai conoscenti e dai compagni di scuola come un ragazzo allegro, estroverso e spiritoso, come tutti i ragazzi che vivono quella stagione della vita in cui la personalità di ognuno è diversa per gusti e passioni, ed è la forza dell'adolescenza che ti rende anticonformista per non amalgamarsi nella massa e rivendicare la propria unicità.
Anch'io facevo cose simili e sfogliando il vecchio album di fotografie della mia adolescenza, mi ritrovo sempre nelle foto di gruppo della classe, in pose e atteggiamenti poco conformi alla massa. Mi piaceva inoltre indossare ciò che gli altri non amavano portare, come maglioni di lana spessa, a righe orizzontali molto vistose e dai colori vivaci o l'indimenticabile giaccone da operai modello "eschimo", quando tutti gli altri indossavano l'elegante e classico cappotto loden color cammello o blu o di un terribile color verdone. In estate una salopette gialla era l'indumento preferito e ricordo anche di aver comprato una giacca color salmone, ovviamente poi mai indossata.
Ero forte, ero alternativo, forse "strano", non lo so! So solo che sono ancora oggi un anticonformista e che il ragazzo "dai pantaloni rosa" (magari un lavaggio fatto male di un bel pantalone rosso) purtroppo non c'è l'ha fatta.
Amarezza, dolore e rabbia sono i sentimenti che mi hanno avvolto, in un contorno dai confini difficili, dove anche i suoi gusti sessuali vengono banditi ed additati per il solo fatto che indossasse un pantalone rosa.
Chissà con quale finta leggerezza si lasciava scivolare addosso le battute che facevano sul suo conto, ma era solo una maschera la sua, quella del bravo ragazzo. Chissà dentro di sé, quanto riecheggiavano e lo turbavano quegli scherzi e scherni, fino a spingerlo al gesto estremo impiccandosi nella sua cameretta con una sciarpa.
Quale spregevole gusto di colpire, quali sensazioni di superiorità possono trovare i singoli individui o le band giovanili che per sentirsi superiori prendono di mira il più debole, magari anche estroverso, tanto da isolarlo dai propri coetanei e perseguitarlo. Sicuramente tanta violenza, che sia fisica o psicologica, affonda le sue radici in un tessuto sociale disfatto, dove noi adulti non ci sforziamo di comprendere gli adolescenti. Siamo diventati sempre più insipienti e da quanto ho potuto leggere "il ragazzo dai pantaloni rosa" era un ragazzo animato da fantasia e cultura e sopratutto era uno spirito libero e tollerante, come oggi ce ne sono pochi.
Io invece sono confuso nel cercare motivazioni per comprendere gli aguzzini, perché diversamente non trovo altro termine per identificarli.
Manca nella nostra storia italica, la cultura dell'accettazione, di quella accettazione per quello che sei in realtà e non per quello che vuoi apparire o peggio ti vogliono far apparire. Manca il diritto ad essere eccentrici ma è permesso solo a chi è ricco, così da giustificarlo e vige il "sospetto" che chi si veste con un pantalone rosa sia un "diverso" e quindi debba essere discriminato. Il silenzio che segue lo sdegno di tutti i benpensanti fa più rumore della stessa condanna.
Voglio pensare che quel giovane ragazzo, che fosse gay o no non mi importa, era sicuramente sofferente per giungere al gesto estremo di togliersi la vita, e nessuno si è accorto di nulla.
Io non sono in grado di comprendere ciò che Andrea ha provato, né tanto meno posso sapere cosa ha provato quella ragazza di cui Andrea era innamorato e che l'aveva rifiutato. Non entro nel merito del gusto di smaltarsi le unghie; conosco tanti giovani e adulti sposati con prole che passano molte ore a curarsi il fisico, a imbellettarsi e i più vanitosi a farsi cerette e a farsi aggiustare le sopracciglia, ma anche persone, per così dire estrose, che fanno uso dello smalto per le unghie.
Di storie terribili come quella di Andrea purtroppo ce ne sono state tante, alcune salgono all'onore della cronaca, e allora la notizia plana velocemente su tutti i mass media come un'intrusa, creando l'indignazione di tanti benpensanti, cavalcata da altrettanti indignati giornalisti.
Questa società mal tollera l'anticonformista e lo scrive chi lo è sempre stato, non ho paura di mostrarlo nonostante l'età, conscio che la mia "diversità" sia stata comunque oggetto di sguardi di disprezzo o di divertimento, modificando involontariamente sia i rapporti di amicizia che professionali. Ma ognuno deve essere ciò che è, io feci la mia scelta e sono fiero di essere quello che sono. Ho imparato a dare il giusto valore alle persone che mi circondano nella stessa misura in cui queste danno a me valore. Purtroppo il "ragazzo dai pantaloni rosa" non ce l'ha fatta, e la colpa, oltre che degli aguzzini, é di chi si indigna senza comprendere la bellezza della diversità della vita.