Blog di Dante Paolo Ferraris

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A Lisbona con Pessoa (II parte)

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LisbonaLa sveglia mattutina è poco dopo l'alba e i primi rumori che provengono dalla sottostante Rua 1° Dezembro sono quelli delle saracinesche che si alzano, dei primi garzoni dei bar che preparano i tavolini all'aperto, quali inviti al viandante a fermarsi per una rapida colazione e le gioiose grida dei ragazzini che si recano a scuola. La condizioni meteorologiche a Lisbona nella stagione autunnale cambiano rapidamente e il dubbio su come vestirti per una intera giornata di turismo è alto. Mi porto la giacchetta antipioggia e la sciarpa? È meglio il maglione pesante e lasciare a casa il giubbotto o prendere quello più leggero? L'unica cosa che non può mancare nel mio abbigliamento trendy da turista impenitente e sprovveduto è il cappellino di lana dai colori rasta che mi ha fatto avvicinare per ben due volte a poche ore dal mio arrivo da piccoli spacciatori di droghe leggere. Macchina fotografica carica, cartina alla mano ed in pochi minuti ci ritroviamo nuovamente in Praça D.Pedro IV che per semplicità ormai identifichiamo come i lisbonesi in Rossio.
Lascio a Pessoa descrivere il percorso dal Rossio alla Stazione Centrale, dove ci ritroveremo per una abbondante colazione, prima della partenza per il primo tour fuori porta: "il gran numero di persone e il traffico che si vedono al Rossio dipendono dal fatto che in maggio parte delle linee tranviarie attraversano la piazza (ora non più), dal gran numero di negozi, hotel e caffè che ospita, ma anche dalla vicinanza dalla Stazione Centrale dell'azienda ferroviaria Portoghese. L'edificio della stazione guarda il lato ovest del teatro. La facciata è in stile "manuelino", abbondantemente "dentelée", con grandi porte finestre a forma di ferro di cavallo. L'orologio in alto è elettrico ed è collegato con quelli all'interno della stazione. Al pianterreno ci sono biglietterie per le linee principali, l'ufficio informazioni e l'ufficio sdoganamento bagagli. C'è un ascensore per chi non vuole salire le scale che conducono al piano superiore, che è al livello della linea ferroviaria, circostanza sorprendente per chi dimentica la conformazione accidentata della città. Al piano superiore sono ospitate le biglietterie per le linee suburbane, la stazione di polizia, la rivendita dei biglietti d'accesso alla stazione, un deposito per i bagagli a mano e un altro deposito per la spedizione del bagaglio pesante. Numerose porte danno accesso alla stazione propriamente detta. Il piano superiore della stazione è raggiungibile anche attraverso una rampa che si diparte da due punti di Rua Primeiro de Dezembro".
Ai tempi di Pessoa non c'era ancora lo Starbucks Coffee Shop dentro la Stazione ferroviaria e quindi non poteva descriverlo. Questa nota catena internazionale (in Italia non c'è ancora) di caffetterie offre ai propri clienti caffè, dessert e prodotti di pasticceria. Le specialità proposte sono il caffè lungo "all'americana" (una tazza piccola viene chiamata tall, una media viene chiamata grande, mentre quella più grande viene chiamata venti), con mille possibili varianti di gusto, con latte normale, di soja o panna, con sciroppo alla menta, nocciola, cannella, cioccolato, ma anche quei dolci tipici della cultura americana e non certamente lusitana come il frappè con ghiaccio tritato, montagne di panna con smarties oltre a biscotti frullati con il latte ecc...
Sarà il primo punto di contatto che avremo con Lisbona e dove faremo le nostre colazioni tutte le mattine, con una delle loro super torte ultra caloriche e un bicchierone di caffè-latte, mentre possiamo leggere tranquillamente una rivista, affondati in una comoda poltrona in pelle o chattare e leggere la posta elettronica dall'iPhone, visto il collegamento internet gratuito. Non è imbevibile ma bisogna imparare che non è il caffè come siamo abituati a consumare in Italia e nemmeno il caffè portoghese che non è per niente male. Anche a Lisbona, come mi è parso di notare sia a Londra che a Parigi, questi locali sono punti di ritrovo per studiare o per fare riunioni di lavoro, con tanto di "angoli salotto" con divani e poltrone. Il nome "Starbuck" appartiene ad un personaggio di Moby Dick. Il logo è una sirena a due code stilizzata.
Risulta curioso sapere che Howard Schultz, Presidente e AD della società, ha sempre ritenuto che l'immagine di una caffetteria come Starbucks, che pure trae ispirazione dal modello sociale e commerciale dei caffè italiani, in Italia non funzionerebbe, dal momento che "agli italiani non piacciono le tazze di plastica, poiché essi non considerano neanche la possibilità di prendere il caffè fuori dal bar, bevendoselo mentre camminano o guidano" (fonte Wikipedia).
Prima di salire sul treno lancio uno sguardo fuori dalle imponenti finestre della Stazione, volgendomi verso praça Rossio, mentre una fine pioggerellina sta già bagnando il selciato. Vedo gli ombrelli aperti delle signore che si preparano alla spesa quotidiana mentre il carrettino motorizzato del venditore di castagne ha già acceso la sua cucina e sotto un improvvisato ombrellone inizia a vendere i suoi cartocci di castagne arrostite.
Prendiamo il treno da Lisbona per Sintra, un viaggetto tranquillo che dura circa 45 minuti, su treni nuovi, puliti e con partenze molto frequenti (uno ogni 15 minuti circa).
Sintra è un Comune che fa parte della provincia di Lisbona e dista circa 25 km dalla capitale.
Il nucleo urbano è suddiviso in tre parti: Sintra-Villa (la città vecchia), Estefânia, dove c'è la piccola stazione ferroviaria e São Pedro de Sintra, a pochi Km dal centro ma che non avremo modo di visitare.
I centri abitati sono immersi in una ampia zona boschiva, con immense e importanti ville e palazzi incorniciati in splendidi giardini. La vegetazione autoctona pare viaggiare in sintonia con quella esotica che decora gli ampi giardini. Nel 1995 la Villa Velha e il Parco naturale di Sintra-Cascais sono stati dichiarati dall'Unesco Paesaggio Naturale e Patrimonio dell'Umanità. Infatti oltre al patrimonio architettonico presente, la Serra pare già di per sé un monumento alla natura e ce ne rendiamo conto osservandola dal finestrino del treno mentre raggiungiamo la stazione di fine corsa di Estefânia.
La località in passato è stata prescelta, proprio grazie al paesaggio e al clima mite, come residenza estiva sia dalla nobiltà musulmana che dai sovrani cristiani portoghesi, contribuendo a far diventare Sintra un luogo di piacevole soggiorno dovuto alla bellezza della natura e all'artificiosità dei suoi palazzi. Purtroppo sarebbero molti i Palazzi e i giardini da visitare, ma il tempo come al solito è tiranno e dobbiamo accontentarci di una fugace visita di una giornata, concentrandoci su poche ma significanti attrattive.
Scendiamo nella piccola stazione di Estefânia dove subito a ridosso della piccola strada c'è una zona dedicata ai servizi con farmacia, ambulatori medici, biblioteca comunale, edicola, centro accoglienza turisti e un piccolo spazio museale. A piedi, immersi in un paesaggio che si preannuncia da favola raggiungiamo il Palazzo municipale, relativamente recente, di inizio XX secolo ma in mero stile manuelino. Sulla facciata risulta imponente la torre merlata che pare sorvegliare chi entri nel centro abitato. La torre termina con un cono sovrastato da una sfera armillare e rivestito con piastrelle decorative che disegnano la croce cristiana alternata allo stemma del Portogallo. Attorno al cono centrale vi sono altri quattro piccoli coni, decorati similmente, che sovrastano una balconata a sbalzo arrotondata negli angoli e circondata da eleganti finestre. Sia le finestre che il balcone sporgente sono arricchite di decorazioni in stile manuelino e non possiamo non fermarci ad ammirarlo e fotografarlo, immaginando quali interni possa avere questo candido palazzo color panna che a prima vista può sembrare una di quelle costruzioni in marzapane delle favole.
Una strada larga e sinuosa ci conduce verso il centro storico di Sintra-Vila. Il percorso, che si snoda su un ampio e pulito marciapiede è impreziosito da aiuole riccamente fiorite e da belle ed imponenti opere d'arte moderna. Il panorama è spettacolare e da lontano si scorge il Palazzo reale con i suoi incredibili camini bianchi, la nostra prossima meta. A metà percorso è d'obbligo una sosta alla Fontana Mourisca, un'eccezionale opera d'architettura risalente al 1922 e realizzata dallo scultore locale José Fonseca. È un'opera in stile romantico neomudejar, rivestita con splendide piastrelle finemente decorate e graziosi stucchi. Ci accoglie un piccolo scrigno di monumenti e piccole casette dai colori pastello. Buona parte delle case sono state ricostruite dopo il terremoto del 1755 e tutte le strade sono pavimentate con dei sampietrini. Prima di entrare nella piazza del palazzo Nazionale (conosciuto anche come Palazzo reale) mi fermo un attimo sotto il pelourinho, una stele formata da un elemento verticale tortile di sezione esagonale con le facce leggermente concave e decorato con motivi floreali, posato su una piccola base sempre esagonale con gradini ampli che indicava l'indipendenza giurisdizionale del luogo. La bottegaia del vicino negozio di souvenir mi spiega che non è l'originale del XVI secolo ma una ricostruzione del 1940, quando incautamente fu distrutto e ricostruito sempre dal maestro José Fonseca. Purtroppo oggi è sommerso dalle auto che fanno dello spazio un piccolo parcheggio.
Ci accolgono i grandi camini a forma conica del palazzo reale che dominano sulla intera Serra ed il bianco del palazzo dalle cornici color zafferano della maestosa residenza. Questo luogo fu scelto dai sovrani portoghesi come luogo di caccia e villeggiatura e il palazzo è una combinazione di tre residenze reali. Il palazzo reale infatti fu insediato nell'antico edificio del governatore musulmano, costruito nel VIII secolo. Dal 1147, anno in cui fu conquistato da Alfonso Henriques, fu più volte rimaneggiato, subendo progressivi ampliamenti. Il primo restauro fu avviato nel 1281 quando Dom Dinis fu il primo re ad occuparsi di questa residenza che si chiamava ancora Palazzo de Oliva e poi ancora nel XV secolo quando durante il regno di João I fu nuovamente ampliato costruendo questi giganteschi e stravaganti camini. L'edificio subì altre modifiche con re Manuel I che aggiunse una ulteriore ala ed ovviamente decorandolo in stile manuelino con l'aggiunta anche di belle finestre a bifora. Purtroppo con il terremoto del 1755 il palazzo subì diversi danni e fu restaurato anni dopo mantenendo comunque l'aspetto originale. L'ultima persona di sangue reale a viverci fu nel decennio del 1880 María Pia. Non entriamo a vedere gli splendidi interni del palazzo, che meriterebbero una visita molto particolareggiata ma che vi invito a visitare se avete il tempo di farlo. Le guide descrivono con particolare cura tutte le splendide sale come la sala del re Sebastião o quella das Serias (delle sirene), dos Cisnes (dei cigni), del re Alfonso VI, dos Brasões (blasoni) degli Arabi, la grande cucina e la sala das Pegas (delle gazze) su cui vi è un curioso aneddoto che vi voglio raccontare.
Narra una leggenda di come il re João fu sorpreso dalle dame di compagnia a baciare una dama d'onore in questa stanza e che questi per giustificarsi disse a sua moglie d'averlo fatto "per bem" (per fare del bene), senza malizia. Ma questa spiegazione, che soddisfò (pare) la regina, non fece tacere i mormorii della corte ed allora, come vendetta nei confronti delle sue delatrici, il re fece dipingere sul soffitto di questa sala ben 136 gazze che rappresentavano le 136 dame del palazzo. Ogni gazza portava sul becco una scritta "per bem" accanto ad una rosa, simbolo della casa dei Lancaster alla quale apparteneva la regina Philipa.
Intorno al palazzo vi è la Sintra storica nella quale la minuscola ma importante piazza della Repùblica si erge attorno alla torre dell'orologio del XV secolo e alla piccola ma caratteristica chiesa di São Martino fondato nel XII secolo. Anche la chiesa, nata in stile romanico, subì profonde trasformazioni architettoniche. Sulla piazza e sulla via principale vi sono antiche botteghe e molti musei. Noi scegliamo di far una visita al castelo dos mouros.
Per raggiungere l'ingresso del Castelo dos mouros dobbiamo inerpicarci per gli stretti vicoli di Sintra-Vila, farci largo tra una moltitudine di turisti che accalcano i piccoli negozi di souvenir e di prodotti tipici locali come il Maialino al latte di Negrais, ma sono le pasticcerie a farla da padrone con le Queijadas, i Traveseiros o i Pasteles de Pena. I nostri sguardi indugiano anche fra gli attraenti negozietti di artigianato locale, dove si può trovare un ampio assortimento di merletti, tessuti deliziosamente ricamati, oggetti in vetro e lavori in vimini. La salita al castello è assai ripida, su una strada carrozzabile senza marciapiedi ed a tratti non asfaltata ma in acciottolato. Il nostro passo è corto e deciso ma ci fermiamo di tanto in tanto a guardare qualche particolare costruttivo e pure il panorama che da qui non è niente male. Poco prima che inizi la strada che porta ad uno degli ingressi del castello vi è la chiesa di Santa Maria, la chiesa della Riconquista, fatta edificare da D. Alfonso Henriques nel XII secolo; dell'aspetto romanico gli rimane ben poco, in quanto subì dapprima restauri in epoca gotica e poi successivamente dopo il 1755 a seguito del terribile terremoto che colpì Lisbona.
Hans Christian Andersen prese casa proprio di fianco a questa chiesa e definì Lisbona e Sintra "il più bel posto in Portogallo"; non posso fare altro che fotografare la lapide che ricorda il suo soggiorno. Anche il romantico e tragico poeta Lord Byron, ha definito Sintra "una gloriosa Eden" dopo il suo soggiorno.
Entriamo nell'area del castello da una piccola porta in pietra, attraverso un muro che cinge tutta la superficie costruito con sassi e povera malta. La strada da qui fino al castello diventa un irto sentiero che si inerpica tortuosamente tra l'esuberante vegetazione che rende magico questo posto. Superiamo un gruppo di giovani studenti inglesi che con passo stanco s'appoggiano agli speroni di roccia in cerca di un qualche aiuto per arrivare alla sovrastante piazzola munita di comode panche e tavoli da picnic. Facciamo anche noi alcune brevi soste utili anche per commentare la rigogliosa vegetazione ed ammirare la varietà degli splendidi fiori. Ora comprendo, guardando gli scorci di paesaggio che tra gli alti alberi si aprono verso Sintra e verso l'Oceano Atlantico, perché fu luogo d'interesse per i celti che lo chiamarono Monte luna.
Il castello, anzi le mura in pietra del castello ci appaiono di fronte in tutta la loro maestosità e per accedervi passiamo vicino ai ruderi della chiesa San Pietro, in fase di restauro, e al sepolcreto che la circondava, dove gruppi di archeologi sono ancora intenti negli scavi.
Il Castelo dos Mouros, che appare più come un antica muraglia che serpeggia sulla cime della Serra di Sintra, è probabilmente uno dei più begli esempi di architettura militare musulmana presenti in Portogallo. Nel 1147 fu conquistato ai Mori da Alfonso Henriques e furono i primi cristiani che lo abitarono a edificare la chiesetta di San Pietro. Già dal XV secolo il castello fu lentamente abbandonato, conservando comunque buona parte della sua struttura proprio per la difficoltà di accesso, fino al 1755 quando il già citato terremoto fece crollare parte delle mura e quel che rimaneva della chiesetta.
Nel XIX secolo il re Ferdinando II fece restaurare le mura e fece piantare alberi su tutto il perimetro, costruendo una cortina di verde a cornice del castello, trasformandolo così in "rovine romantiche" secondo il gusto dell'epoca. Oggi le varie torri sono collegate tra loro da camminamenti merlati, da cui più volte rivolgiamo lo sguardo verso lo splendido paesaggio che talvolta degrada fino all'oceano o che cade inevitabilmente in basso verso il nutrito gruppo di giovani studentesse inglesi e tedesche che come amazzoni hanno assalito il castello, munite di quelle armi a cui un uomo non riesce a porre difesa.
La salita in cima alle torri, tutte imbandierate, è ardua e pericolosa, non vi sono corrimano e la vigilanza non è molta, ma ciò non ci impedisce di raggiungere i più alti pennoni a mo' di conquista di una vetta.
Il tempo si sta guastando ed acceleriamo il passo per la discesa verso Sintra, non prima però di inchinarci, in segno di omaggio, al vero signore del castello, un bellissimo e simpatico gatto dal pelo corto grigio striato di nero, un corpo snello e agile, una testa che sembra una mela dalla quale spiccano due occhioni luminosi che osservano tutti i passanti che entrano ed escono dal castello. I suoi baffi "vibrisse" si agitano continuamente e le sue piccole orecchie si drizzano ad ogni piccolo rumore, ma pare non aver paura di nessuno.
La chiesa di São Martinho e l'antica torre dell'orologio, risalente al XV secolo, meritano uno sguardo di ammirazione prima di infilarci in un piccolo/bar trattoria prospiciente la piazza per dissetarci e mangiare un panino. Una piccola e antica cabina telefonica, in legno, tinteggiata di smalto bianco, con le sue finestre rettangolari in vetro fa bella mostra in piazza. Il vecchio legno ormai consumato è scheggiato in più parti e lo smalto lentamente si sta sfogliando e quando tentiamo di aprire la porta, facendo assai fatica in quanto l'umidità deve aver gonfiato il legname, desistiamo dall'impresa per paura che la stessa cabina si apra totalmente, cadendo a terra con un fragoroso rumore.
Purtroppo dobbiamo rientrare e sarebbero ancora molte le cose da vedere come il Palazzo Quinta da Regaleira, un palazzo dal gusto romantico, soprattutto per il disegno del giardino. È un palazzo che attira molto la mia attenzione perché vi sono rappresentati ovunque simboli franco-massoni ma anche templari, un luogo che oserei definire un monumento all'occultismo e al mistero. Merita attenzione anche il Palazzo di Seitais (oggi albergo), un elegante palazzo neoclassico della fine del XVIII secolo, fatto costruire dal console olandese. Caratteristico il nome Seitais, che vuol dire dei sette sospiri, rifacendosi ai presunti sospiri dei portoghesi, quando conobbero il contenuto della Convenzione di Sintra. Con questo trattato, firmato dal console Olandese nel 1808, i britannici permisero ai napoleonici che avevano invaso il Portogallo di poter abbandonare tranquillamente le terre lusitane. Invece il Palazzo nazionale da Pena, immerso nella vegetazione, domina su un altura tutta la serra ed i suoi colori che vanno dal giallo sgargiante al rosa lo rendono visibile da lontano. La sua eclettica architettura, molto caratteristica, un vero complesso di cupole, torri, mura e camminamenti, lo fanno somigliare ad un castello abitato delle fate. Il palazzo fu abitato fino al 1910 dalla Famiglia reale (anno della proclamazione della Repubblica) e l'ultimo monarca che vi dimorò fu Dom Manuel II, prima di partire per il suo esilio nel Regno Unito. Il palazzo fu edificato nel 1838 sui ruderi di un antico monastero, di cui oggi esistono solo la cappella, il chiostro e il refettorio. Il monastero era stato voluto da re Manuel I quando secondo una vecchia leggenda, nel Palazzo reale di Sintra fu rinvenuta casualmente un'immagine di Nossa Sehora da Pena e il re volle edificare il monastero sul luogo ove era stata avvistata la flotta di Vasco de Gama al ritorno dal primo viaggio in India. Sarebbe stata anche un occasione per visitare il Parco e il Palazzo di Monserrat, edificato anche questo sul luogo di un antico eremo dedicato a Nostra Signora di Monserrat nel 1540, trasformata prima in azienda agricola, poi passata di mano a Gerard de Visme, commerciante inglese che fece costruire un palazzo neogotico a forma di castello e iniziò a curarne il giardino. Un altro illustre ospite fu lo scrittore britannico William Beckford che dovette abbandonare il suolo inglese, dopo lo scandalo dato a causa della sua omosessualità. Sempre un inglese, questa volta Sir Francis Cook, comprò il palazzo trasformandolo in un edificio di ispirazione orientale, con cupole a forma di fior di loto ma arricchito anche da elementi gotici e arabi, trasformando inoltre il giardino in uno dei più bei luoghi romantici coprendo una superficie di circa 30 ettari. Per questa particolare cura nella trasformazione Sir Francis fu insignito dalla corte portoghese del titolo di nobiliare di Visconte di Monserrat.
Riprendiamo il nostro tremo per rientrare a Lisbona.



Fine II parte.