Dopo 40 Km raggiungiamo Terracina e Loredana, prima di portarmi in albergo, mi fa fare un breve giro per la città, al fine di poterla conoscere meglio. Sono alquanto affascinato da alcune sue antiche costruzioni e sopratutto dalla sua storia. Ne parlo più approfonditamente con Loredana durante la cena, concordando che mi verrà a prelevare in albergo molto presto per farmi fare un breve giro turistico nella parte più antica della città.
Tra i piatti tipici locali si possono trovare quelli legati alla tradizione contadina, con broccoli, coratella di abbacchio e salcicce che si intrecciano con altre specialità di origine marinara. Innaffio la mia cena con un buon vino nero locale che potrebbe essere il famoso cesanese.
Terracina - Anxur - Terracina, la sua triplice denominazione è rivelatrice delle influenze dei popoli etruschi, volsci e romani. La sua posizione strategica, a metà strada tra Roma e Napoli, la rende un posto di conquista ed il suo porto diventa sempre più importante soprattutto dopo il 312 a.C. quando Appio Claudio traccia la via Appia che apre una nuova arteria commerciale e militare verso la Campania.
Durante i periodo di dominazione romana, Terracina, vede profonde trasformazioni urbanistiche che arricchiscono la città come l'edificazione di un teatro, di ampie mura di difesa, la realizzazione del porto traiano, del foro emiliano e del complesso monumentale di Monte Sant'Angelo con il tempio dedicato a Giove. La via Appia rende la città un posto di sosta per viaggiatori e truppe, favorendone così i commerci. Nonostante i tentativi di Teodorico di mantenere agibile la via Appia, questa decade rapidamente e con lei anche Terracina. La storia della città passa da libero Comune voluto da Gregorio VII, ai continui tentativi di infeudazione da parte di famiglie nobili laziali e del Regno di Napoli.
L'espandersi della palude e della malaria, insieme alle continue incursioni barbariche che arrivano dal mare, riduce progressivamente gli abitanti. Solo alla fine del 1700 il Papa Pio VI inizia una grande opera di bonifica che fa rinascere la via Appia e Terracina rifiorisce rimanendo una città di confine fino al 1870.
Riesco sommariamente a vedere il complesso di Giove Anxur, sito su Monte S.Angelo, raggiungendolo con il pick-up su una strada stretta e tortuosa che costeggia le mura Sillane. La strada raggiunge i 127 metri sul livello del mare, da dove si gode una spettacolare vista su tutta Terracina e sul mare che la bagna. L'area archeologica, che purtroppo non ho modo di visitare se non guardandola da lontano, comprende il Grande Tempio e il Tempio piccolo ma è sopratutto la "Roccia dell'oracolo" che attrae maggiormente la mia attenzione. Mi soffermo ad ammirare il castello dei Frangipane che poggia sulle murature dell'antica acropoli, mentre Loredana mi racconta che un antica iscrizione dedicata a Papa Eugenio III fa datare la sua costruzione al XII secolo. I Frangipane se ne impossessarono alla morte del papa e vi rimasero per circa 50 anni, cioè fino a quando furono cacciati dagli abitanti di Terracina che gli si rivoltarono contro.
Merita una certa considerazione anche Palazzo Braschi, costruito da Pio VI alla fine del 700 per la propria famiglia. Scendiamo verso il centro storico e passiamo di fronte a quello che fu l'ospedale di Terracina fino a pochi anni fa, ricavato nel Convento di S. Francesco e che si vuole edificato dallo stesso poverello di Assisi agli inizi XIII secolo.
Una fugace ma interessante sosta in piazza del Municipio, cuore del centro storico nella parte alta della città dove si trovava il Foro emiliano, sul cui antico selciato in pietra locale si può ancora leggere l'iscrizione del I sec a.C.: "A (ulo)Aemilius A.F.Stravi (t)" (Aulo Emilio figlio di Aulo pavimento). Vi si affaccia, oltre all'orribile edificio della sede comunale, anche la Cattedrale dedicata a S. Silvano, affiancata da un bel campanile romanico ed edificata sulle rovine di un tempio romano.
Unito alla cattedrale vi è palazzo Venditti, un bell'edificio in puro stile gotico con una magnifica trifora che si affaccia sulla piazza. Sul lato settentrionale della piazza o meglio del foro, posso ammirare un tratto dell'antico teatro romano, messo alla luce dai bombardamenti dell'ultimo conflitto mondiale. È anche visibile un tratto del basalto della via Appia, esso pure tornato alla luce dopo i bombardamenti. Sul lato sud tra il Palazzo comunale e la sede vescovile vi è la torre Frumentaria, credo sede del Museo civico.
Lascio la piazza per recarmi all'appuntamento con i ragazzi che mi aspettano per il corso, ma uno sguardo attento lo devo rivolgere anche a due leoni funerari, posti poco lontani dalla piazza.
La lezione corre veloce di fronte ad una platea di ragazzi molto attenti. Subito dopo una corsa di circa 120 km a bordo del pick-up mi porta a Fiumicino per prendere un volo Alitalia che mi riporterà a Torino.
Giunto all'aeroporto Sandro Pertini della capitale sabauda inizia la parte più difficile, cioè raggiungere la stazione di Porta Nuova per prendere il treno per Alessandria.
Intanto ripenso a questa esperienza di poche ore in una terra lontana che mi ha sempre affascinato e che meriterebbe molta più attenzione da parte di chi la governa, ma che mi stimola anche tante altre curiosità e mi porta ad augurarmi di poter tornare, sia per visitare meglio la città, che per imbarcarmi sul traghetto per raggiungere le isole di Ponza e magari Ventotene o poter raggiungere il promontorio del Circeo, un piccolo e isolato massiccio montuoso che si erge sul Mar Tirreno, dove secondo la tradizione Ulisse con la sua nave sarebbe approdato in quella che oggi si chiama Cala dei Pescatori, sul lago di Paola, per poi rimanere vittima delle malìe della Maga Circe, il cui profilo sarebbe oggi ancora visibile nella sagoma della montagna. Nell'Odissea si può infatti leggere: «Ecco, ed all'isola Eèa giungemmo, ove Circe abitava, Circe dai riccioli belli, la diva possente canora, ch'era sorella d'Eèta, signore di mente feroce.» (Odissea, Canto X, vv. 135-137).