Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (X parte)

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Pomona SproutLascio Piazza Solferino proprio all'incrocio tra via Pietro Micca e via Cernaia, di fronte alla Fontana Angelica, dove sorge il bel palazzo delle Assicurazioni Generali, realizzato da Fenoglio nel 1909 in puro gusto liberty francese, per entrare in una delle più famose vie del centro storico di Torino. Sotto questo Palazzo, all'angolo con via Botero, una lapide parzialmente nascosta da un edicola di giornali, ricorda Giovanni Moncalvo, un ragazzo appena diciannovenne appartenente alla 47a brigata Garibaldi che qui morì durante gli scontri armati tra partigiani e forze repubblichine, il 27 aprile 1945.
Durante lo scontro il giovane ragazzo, appostato al secondo piano dello stabile, fece fuoco contro gli automezzi dei repubblichini in transito ma le schegge delle cannonate sparate dai blindati nemici lo colpirono all'addome ed al volto. Perì durante l'inutile corsa verso l'ospedale.
Via Pietro Micca ha inizio in Piazza Castello e termina in Piazza Solferino. La matrice architettonica che caratterizza tutta la strada è lo stile eclettico. La via è intitolata al patriota biellese Pietro Micca, soldato del Regio Esercito sabaudo, che sacrificò la propria vita sbarrando il passo alle truppe francesi che assediarono Torino nel 1706.
La via venne progettata nel 1885, tagliando in diagonale lo schema ancora a pianta romana del centro cittadino. L'area in precedenza aveva ancora un impianto medievale, con edifici costruiti senza alcuna normativa edilizia o urbanistica, un agglomerato di abitazioni e botteghe che rendeva difficile la circolazione e impediva un ricircolo regolare di aria e persino il passaggio della luce. Il consiglio comunale, approfittando della "Legge di Napoli" per il risanamento dei centri storici, decise di costituire una commissione per porre rimedio alla situazione in quei quartieri le cui condizioni igieniche non erano certo delle migliori.
I lavori incominciarono nel 1886 e Via Pietro Micca poté essere aperta al transito già nel maggio del 1897. Da allora è una delle strade più importanti di Torino, ricca di opere di valore degne di nota.
Mi soffermo davanti alla chiesa di San Tommaso, un luogo di culto situato nel cuore del centro storico, all'incrocio tra Via Pietro Micca, Via San Tommaso e via Monte di Pietà.
La prima chiesa in questo luogo fu probabilmente eretta nell'XI secolo e venne in seguito completamente ricostruita nel 1584, poiché da quasi cento anni risultava inagibile. L'edificio venne consacrato l'8 maggio 1621 e venne affidato ai Frati Minori. La chiesa possedeva, prima del 1886, una pianta a croce latina, il che la rendeva di ostacolo alla realizzazione della nuova via. Venne pensino pensato di abbatterla ma l'edificio si salvò, per volere dell'architetto Carlo Ceppi che stava progettando il tracciato della nuova arteria, subendo tuttavia grandi trasformazioni: infatti nel 1895 la chiesa venne parzialmente demolita e fu costruito il nuovo avancorpo.
Dell'antica chiesa, dopo la ricostruzione, rimangono l'abside, il transetto, il campanile e l'altare.
È molto amata dai torinesi e diversi conoscenti della mia Hogwarts me ne avevano ripetutamente parlato, sottolineando infatti quanto venne assiduamente frequentata dai grandi santi sociali di Torino, come San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Giuseppe Cafasso. L'avancorpo della chiesa, quello costruito nel 1895 su progetto dello stesso architetto Carlo Ceppi, in sostituzione della navata demolita, è semicircolare con ambulacro. L'esterno è caratterizzato, nella parte inferiore, dal portale, posto al centro, impreziosito da una cornice e da un frontone in marmo, mentre superiormente ha tre finestre ellittiche intervallate da volute con guglie barocche che le sormontano. L'interno della chiesa, interamente affrescato, è degna di una sosta.
I palazzi di via Pietro Micca erano destinati alle famiglie benestanti di Torino ed infatti furono importanti architetti come Scacchetti, Tonta e Gilodi a progettarli.
A Carlo Ceppi invece si deve la progettazione del Palazzo Bellia, uno dei più begli esempi di liberty torinese.
Sotto l'ampio portico sottostante, che presenta archi trilobati sostenuti da colonne con capitelli antropomorfi, raffiguranti diversi volti di fantasia e di divintà, incontro Pomona Sprout. Nella Hogwarts di J.K. Rowling è un l'insegnante di Erbologia ma nella mia Hogwarts non tiene lezioni su erbe magiche e non è nemmeno in grado di preparare pozioni ricavate dai vegetali. Se nella Hogwarts di Potter è la direttrice di una delle quattro case ed esattamente di Tassorosso o Tassofrasso, in quella torinese, più semplicemente svolge funzioni impiegatizie, anche se ambisce a molto di più.
Il portico ospita locali commerciali sormontati da un mezzanino e il prospetto principale affacciato su via Pietro Micca presenta decori floreali, finestre ad arco e bow-windows. Questo noto edificio storico del centro di Torino, prossimo a Piazza Castello, fu terminato nel 1898, dopo sei anni di lavori e prese il nome dall'impresa edile Bellia che lo realizzò.
Tecnicamente all'avanguardia, fu uno dei primi edifici della città ad utilizzare il cemento armato per la struttura portante e stilisticamente anticipò di molto i temi fitomorfi e le sinuosità proprie dello stile Liberty, ancora agli albori in Europa e che si affermò a Torino soltanto anni più tardi.
Il soffitto ligneo del portico presenta una bella e fitta decorazione fitomorfa, che si pone in evidente contrasto con le piastrelle quadrangolari della pavimentazione realizzate in litocemento decorato.
Pomona Sprout non è alta, anzi devo abbassare lo sguardo per guardarla e il suo cappello tinto porta ormai i colori dell'arcobaleno, con tutte le sfumature dal giallo paglia al rosso; il suo saluto, come sempre è cordiale. L'ho vista arrivare verso di me, con il suo passo corto e veloce. È sempre stata morbosamente paranoica e sempre a disagio con tutto e tutti. Con gli stessi colleghi di lavoro era diffidente e timorata, tanto da esprimersi poco, se non inviando mail. Il suo atteggiamento era letto da molti come irritante, teso tutto a poter dimostrare l'importanza del suo ruolo, trasformando in piccolo potentato il proprio lavoro.
Proprio al civico 10 vi abitava un noto scrittore, uno dei tanti che Torino ha adottato. Infatti Edmondo De Amicis soggiornò per diversi anni a Torino ed ebbe in via Pietro Micca l'ultima residenza torinese.
Gli ultimi anni di De Amicis a Torino furono rattristati sia dalla morte della madre, a cui era molto legato, sia dalle continue liti con la moglie Teresa Boassi; i pettegoli dicono forse a causa di tradimenti di lui. Pare che il suicidio del figlio maggiore ventiduenne Furio, avvenuto nel 1898, sia la risposta disperata ad una situazione familiare divenuta ormai insopportabile. Tutto ciò portò De Amicis ad allontanarsi da Torino e tornare a viaggiare.
Ma proprio vicino a via Pietro Micca, in via San Francesco d'Assisi, nella chiesa dedicata a questo santo, uno dei più famosi santi "sociali" torinesi, Giuseppe Cafasso, esercitò il suo ministero dal 1836 al 1860. Fu anche confessore dei condannati a morte. È in questa chiesa che il 6 giugno 1841 all'altare dell'Angelo (ultima navata di sinistra), Don Bosco celebrò la prima messa, assistito proprio da Don Cafasso.
Fu nella sagrestia della chiesa di San Francesco che i salesiani individuano il luogo dove ebbe origine la loro società. Era l'8 dicembre 1841, quando Don Bosco nella sagrestia di questa chiesa incontrò il giovane Bartolomeo Garelli dando cosi origine all'idea della società salesiana; lo stesso Don Bosco ebbe poi a dire: "Tutte le benedizioni piovuteci dal cielo sono frutto di quella prima Ave Maria detta con fervore e con retta intenzione insieme con il giovinetto Bartolomeo Garelli, là, nella chiesa di San Francesco d'Assisi". In questa medesima chiesa lo stesso Don Bosco officiò la messa funebre per Don Cafasso.
Secondo una lontana tradizione tramandata sopratutto oralmente, il poverello di Assisi arrivò a Torino nel 1214 circa, mentre si stava recando in Francia e fu lui ad iniziare l'edificazione della chiesa.
Lascio Pomona Sprout, con un beneaugurante arrivederci e mi volto ad osservarla mentre corre via velocemente allontanandosi con il suo passo corto. Il suo corpo è piccolo e tondeggiante, avvolto in un inappuntabile veste turchese con un cappello in tinta che copre una capigliatura curata, sempre linda e attenta ad ogni piccolo particolare; nel modo di vestire e di curare la sua persona, non assomiglia per niente alla strega di J.K. Rowling, anch'essa piccola e tarchiatella e che indossa sempre un cappello tutto rattoppato sopra una capigliatura scompigliata con le dita e unghie sempre sporche di terra. La Pomona torinese non aveva però i poteri e le capacità di curare le vittime del basilisco di Salazar, che aveva pietrificato molti studenti di Hog warts e Mrs Norris (la gatta del guardiano Argus Gazza), usando delle mandragole, al massimo poteva portarti il caffè.
Nemmeno la capacità e il coraggio di duellare contro Severus Piton, di esporsi in prima persona nella battaglia di Hogwarts scagliando piante velenose e maledette contro i Mangiamorte, anziché nascondersi dietro a messaggi inviati attraverso la posta elettronica ai colleghi, pur di non doversi confrontare.
Era talmente insicura di se stessa, da avere sempre un orecchio teso per poter ascoltare e poi potersi vantare con i potenti del momento.
Il nome Pomona richiama l'omonima dea romana dei frutti, mentre il cognome originale inglese, Sprout, significa "germoglio".
A poca distanza dalla chiesa di San Francesco, si trova la Chiesa di San Rocco, nata dopo l'ennesima pestilenza che colpì Torino. L'allora sindaco di quei tempi, Giovanni Francesco Bellezia, che abitava in una casa sita su una via ad oggi lui intitolata, il 13 agosto 1630 chiese ai sui consiglieri di organizzare una processione con le reliquie dei santi Solutore, Avventore e Ottavio e di fare un voto a San Rocco, "Universale protettore delle città e luoghi infetti". Il voto prevedeva che a Torino, una volta liberata dalla peste, si sarebbe portata a San Rocco, nella chiesa di San Gregorio, una "tavoletta d'argento" del valore di 50 "ducatoni" e che per dieci anni il giorno della festa del Santo (16 Agosto) si offrissero alla reliquia "quattro torchie". Così fu fatto e il 16 agosto 1631 si mantenne la promessa – voto, fu consegnata alla statua di San Rocco, una tavoletta d'argento con incisa in latino la seguente frase: "A te, santissimo Rocco protettore, la città di Torino a lungo afflitta e da te liberata dal duro flagello della peste, poiché non è in grado di offrirti dono più grande, questo ti offre. Anno 1631". La chiesa attuale sorge ove in precedenza insisteva la chiesa parrocchiale di San Gregorio, la quale conteneva una cappella dedicata alla Madonna delle Grazie. In questa cappella, separata dal resto della chiesa da una cancellata, furono ospitati i membri della Confraternita di San Rocco fin dalla loro costituzione nell'anno 1598. La chiesa rivelatasi immediatamente troppo piccola per ospitare tutti, i confratelli, ottennero il permesso di ampliarla nel 1667 in stile barocco, la facciata invece fu rifatta 1885.
Sempre in via San Francesco, all'angolo di via Bertola insiste una altro importante edificio stile Liberty: casa Florio/Nizza, un vero capolavoro del 1902, costruita su progetto di Velati Bellini. Il palazzo concentra il massimo del suo fascino nell' angolo smussato, caratterizzato dal bovindo, coronato dai balconi con una pregevole inferriata.
Mi dirigo verso via Roma attraverso via Viotti, ma solo dopo aver allungato l'occhio all'interno della farmacia dell'Alleanza cooperativa Torinese, ora sita in via Pietro Micca, ma che fino al 1907 era in via Barbaroux. L'arredo del locale è in acero dipinto di nero, ha decorazioni in Liberty con sbalzi in rame e il vischio come elemento ornamentale.
Ripenso ai personaggi finora incontrati e mi accorgo che a volte rimaniamo delusi dalle persone, perché crediamo che gli altri siano disposti a fare per noi, quello che noi siamo disposti a fare per loro.



Fine X parte.