Blog di Dante Paolo Ferraris

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Nel cuore verde d'Italia

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AssisiIl viaggio verso Assisi sembra lungo, ma è nostra intenzione riuscire a fare due passi anche per Perugia. Il mio compagno di viaggio pare abbia perso la loquacità dei giorni precedenti, forse i suoi profondi occhi castani stanno ammirando gli antichi borghi accastellati sui verdi colli umbri.
La valle del Paglia scorre velocemente; il fiume omonimo è il più importante affluente di destra del Tevere, in cui confluisce a valle del lago di Corbara, tra Orvieto e Baschie. Cerco, aiutandomi con la memoria, di percorrere quelle strade, utili scorciatoie, per arrivare il prima possibile ad Assisi.
Il Lago di Corbara è un lago dell'Italia centrale, di origine artificiale, formatosi con la costruzione negli anni sessanta del bacino idroelettrico omonimo sul fiume Tevere. Percorriamo la sua riva su strade tranquille, con poco traffico veicolare, lungo la strada che costeggia da un lato il lago, dall'altro un grande bosco, ogni tanto una piccola osteria o vecchi casali, interrompono il lungo susseguirsi degli alberi.
Purtroppo avremo il tempo di sostare ad Assisi e Perugia solo per una giornata. Da lontano scorgiamo il monte Subasio, dove sorge quasi ai suoi piedi la città del fraticello d'Assisi. L'autoradio è sintonizzata su radio Subasio, un canale che però Matteo non gradisce molto. Invece al sottoscritto ricorda i lunghi mesi trascorsi nelle vallate del folignate, durante le operazioni di soccorso prima e d'assistenza alla popolazione poi, in occasione del terremoto del 1997.
Attraversiamo, ahimè solo in periferia la città di Foligno e quanti ricordi mi tornano alla mente, peccato non avere il tempo di farci una sosta, anche solo per un caffè in piazza della Repubblica, tra il Duomo, Palazzo Trinci e i tre palazzi pubblici: del Podestà,dei Priori e del Capitano del popolo. Lasciamo sulla nostra destra, appoggiato dolcemente su una collina, l'abitato di Spello, antico borgo che emerge su una stretta propaggine del monte Subasio. Abitato che mostra già in lontananza tutta la sua storia: la presenza romana con le mura e le porte augustee riutilizzate in epoca medioevale con le torri dodecagonali.
Cerchiamo parcheggio vicino al monastero di Rivotorto, ma il piazzale è colmo di auto, visto che è in corso la funzione religiosa domenicale. Entreremo a funzione conclusa per non disturbare i fedeli che seguono la SS. Messa.
Rivotorto dista solo 3 km dalla città di Assisi, gli assisiani la chiamano anche Rigobello. Il nome deriva dal rivo, un ruscello tutt'altro che lineare (torto, storto), che scorre in prossimità del Santuario omonimo.
A Rivotorto hanno avuto luogo diversi episodi della vita di San Francesco. Il padre di Francesco, Pietro di Bernardone, possedeva diverse terre in zona e Francesco, quando decise di abbandonare la vita agiata, dimorò a lungo in un tugurio, di proprietà famigliare, un basso edificio in pietra coperto da frasche, i cui presunti resti sono ora custoditi all'interno del grande Santuario di Santa Maria di Rivotorto.
Entriamo in questa grande chiesa (XV secolo), ampliata nel XVII secolo. Dopo il terremoto del 1854 che la distrusse quasi completamente fu ricostruita, ampliandola ulteriormente.
Purtroppo per noi all'interno vi sono dei lavori di restauro. Una grande palizzata di legno circonda ciò che la chiesa conserva come suo tesoro: il Sacro Tugurio, che appunto, pare sia stato una delle prime "dimore" di San Francesco e dei suoi compagni che vi si stabilirono per pregare e meditare agli albori della Fraternità Francescana.
La nostra è una fugace visita alla chiesa, affidata alle cure dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, che hanno qui il loro convento. San Francesco riunì in questo luogo i suoi seguaci fino a quando l'Ordine dei monaci Benedettini gli affidò la chiesetta della Porziuncola. Molto bello è il nicchione nel timpano della facciata, decorata con la rappresentazione del miracolo che la tradizione vuole sia accaduto in questi luoghi: San Francesco, infatti, sarebbe apparso su un carro di fuoco che volava sopra Rivotorto, quando nella realtà risulta che egli fosse ad Assisi in attesa di ricevere udienza dal Vescovo Guido II. Sul portale le parole "hic primordia Fratrum Minorum" (qui gli inizi dei frati minori) ci ricordano la sua importanza nella storia francescana.
Ci allontaniamo da Rivotorto, seguendo il viale che ci conduce ad Assisi, attraverso la campagna intensamente coltivata. Lungo la strada troviamo il Cimitero Militare Inglese (Assisi War Cemetery), il più grande cimitero degli Alleati in Umbria, sorto alla fine della seconda Guerra mondiale.
Matteo mi aiuta a parcheggiare facendomi da moviere, in un angusto parcheggio, vicino alla Basilica papale di Santa Maria degli Angeli.
La sosta in questo incredibile santuario è obbligatoria e anche se vi sono entrato tante volte è come se fosse sempre la prima. Appena entriamo perdo subito di vista Matteo ma siccome so che è molto religioso sono sicuro di ritrovarlo presto davanti alla porziuncola.
Vi si sta svolgendo una importante cerimonia religiosa per la quale sono presenti infatti tantissimi cavalieri di un ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, avvolti nei loro mantelli bianchi rossocrociati ed accompagnati da altrettante dame velate e vestite di nero.
Una delle cappelle che vado sempre a visitare è quella dedicata a San Pio V, che volle edificare questa grande basilica tra il 1569 e il 1679 al fine di custodire e proteggere le cappelle della Porziuncola, del Transito, o cella dell'infermeria, e del Roseto oltre ad altri luoghi francescani sacri. Oltre a tutto ciò, vorrei ricordare che San Pio V è anche un papa originario della fraschetta alessandrina.
Il progetto originario era caratterizzato da una rigorosa semplicità strutturale, conforme all'ideale francescano di povertà, ma che a seguito dei forti eventi tellurici che scossero l'Umbria nei secoli, fu più volte ampliata e rimaneggiata. Fu sopratutto a seguito del sisma che la colpì nel 1832, che provocò diversi danni come il crollo della navata centrale sino alla crociera, di tratti di quelle laterali ma che lasciò miracolosamente indenne la cupola che sovrasta la porziuncola, che venne nuovamente restaurata ed ulteriormente ampliata.
La chiesa è a tre navate con un transetto non sporgente e la cappella della porziuncola è posta esattamente sotto la cupola davanti alla quale mi raggiunge Matteo. Nonostante la moltitudine di persone presenti il silenzio è quasi tombale, rotto soltanto dal rumore dei tacchi delle scarpe di alcune signore. Ci soffermiamo un attimo ad osservare la Porziuncola, la piccola cappella rimasta per lungo tempo in stato di abbandono e che viene recuperata da San Francesco in obbedienza alle parole del Crocifisso di san Damiano. Sempre qui comprende la sua vocazione e fonda l'Ordine dei Frati Minori nel 1209, affidandolo alla protezione della Vergine Madre di Cristo, cui la chiesetta è dedicata.
Ancora in questo luogo sacro il 28 marzo 1211, Chiara di Favarone di Offreduccio riceve da San Francesco l'abito religioso, dando inizio all'Ordine delle Povere Dame (Clarisse).
Entriamo silenziosamente seguendo l'ordinata coda dei fedeli in una atmosfera fortemente mistica, dove la devozione dei presenti inginocchiati in preghiera quasi mi mette a disagio preferendo uscire subito, fermandomi solamente un attimo sulla porta per poter ammirare l'interno.
È impressionante, nonostante gli affreschi e i decori, che mantenga vitale la freschezza della primitiva austerità francescana. Le pietre rozzamente squadrate ricordano la manualità del giovane Francesco intento nel restauro della chiesetta.
Milioni di persone hanno varcato questa "porta di vita eterna" e si sono qui inginocchiate per chiedere indulgenza, ritrovare la pace e invocare aiuto.
Sulla soglia della chiesetta sono incise le parole "hic locus sanctus est" (questo luogo è santo), che ricorda così che Dio vi sia sceso per incontrare Francesco.
Non posso non ammirare la Pala di altare di Prete Ilario da Viterbo (1393), presente nella porziuncola, un'opera d'arte che pare inondare di una luce di speranza l'intera cappella proprio per la sua straordinaria bellezza e per le sue cornici dorate. Nella successione di cinque quadri è narrata la storia del Perdono di Assisi.
Raggiungo Matteo che è assorto, quasi raccolto in preghiera davanti alla cappella del Transito; un semplice vano edificato in pietra, in cui era situata l'infermeria del primitivo convento. Qui San Francesco trascorre qui gli ultimi giorni della sua vita e deposto nudo sulla nuda terra vi muore la sera del 3 ottobre 1226, dopo aver aggiunto gli ultimi versi al suo Cantico delle creature:
"Laudato sii mi' Signore, per sora nostra morte corporale da la quale nullo homo vivente po skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntate, ka la morte secunda nol farrà male".
Questo è il luogo dove ogni anno, il 3 ottobre, verso il tramonto, si celebra solennemente la Commemorazione Nazionale del Transito del Santo Patrono d'Italia.
Il luogo è veramente toccante, ricco di una misticità unica; sulla parete esterna della cappella si trovano gli affreschi raffiguranti la Morte e i Funerali di San Francesco, eseguiti nel 1886 dal pittore Domenico Bruschi, mentre invece le decorazioni parietali interne appartengono al pittore quattrocentesco Giovanni di Pietro, detto Spagna (1450 ca.-1528), uno dei più diretti seguaci del Perugino, e raffigurano Santi e beati francescani.
Sempre all'interno della cappella si conserva, in una teca, la reliquia francescana del cingolo del santo, donato al Santuario da Papa Pio IX (1846-1878).
Non riusciamo ad andare a visitare la Cappella del Roseto dove Francesco, in una notte di gennaio come narra la tradizione, tentato di lasciar la sua vita di penitenza e santità uscì nudo dalla sua cella e si gettò rotolandosi in un roveto che si trasformò in un cespuglio di rose senza spine ricevendo il dono del perdono.
Usciamo da questo luogo e osserviamo ancora per qualche attimo la facciata, rifatta in forma pomposa nel 1928 e che richiama le forme del barocco romano. Ci colpiscono la grande loggia per le benedizioni che sovrasta il portico, una grande statua di bronzo dorato della madonna, alta oltre 7 metri, posta sul festigio che insieme alla grande cupola richiama anche da lontano l'attenzione di chiunque transiti nella pianura umbra.
Riprendiamo la strada che conduce verso il colle, da dove Assisi domina le valli del Topino e del Chiascio e dopo aver parcheggiato nel nuovissimo parcheggio interrato multipiano ci avventuriamo dentro la città. Come varchiamo le antiche mura difensive ci sentiamo pervasi dalla misticità di una città ricca di magnifici monumenti immersi in una suggestiva atmosfera.
La grazia del paesaggio che possiamo ammirare dal belvedere antistante la chiesa di San Pietro ci fa comprendere perché l'Umbria è considerata il cuore verde d'Italia. Gruppi di pellegrini provenienti da tutto il mondo seguono le loro guide, mentre padri pazienti conducono passeggini con i figli più piccoli e madri affannate corrono dietro ai più grandicelli attratti dai negozi di souvenir che espongono "prendipolvere" colorati. Entriamo nella chiesa di San Pietro per una breve visita mentre Matteo mi legge dalla piccola guida che ci eravamo portati appresso, le caratteristiche storiche più salienti. La chiesa è in stile romano-gotico, eretta prima dell'anno mille e ricostruita agli inizi del 1200.
Assisi è costruita pressoché per intero in pietra bianca e rossa proveniente dalle cave del monte Subasio e le sue vie sono strette, per lo più tortuose e quasi sempre in un continuo saliscendi, anche ripido. Sembra che la città sia stata edificata su dei terrazzamenti.
Raggiungiamo la Basilica di San Francesco il cui colpo d'occhio è meraviglioso come meraviglioso può essere un sacrario di fede.
Non mi permetto di raccontarvi la storia delle basiliche sia inferiore che superiore, lasciandovela scoprire da soli, in quanto non vi è guida o racconto che potrebbero impressionarvi se non quanto il vostro occhio perso tra le innumerevoli opere d'arte contenute, in un susseguirsi di stati d'animo e sensazioni che ti abbracciano all'unisono appena varchi l'ingresso.
Noi cominciamo con la visita della basilica inferiore, perdendoci ad ammirare le singole cappelle e gli affreschi che decorano l'intero edificio, visitando in silenzioso rispetto ed omaggio la cripta dove incontriamo il Santo. L'incontro avviene onorando i suoi resti mortali custoditi dentro un'urna di pietra, scalpellata ma non decorata. Intorno a questa urna, posta sopra un piccolo altare, sono riunite tante persone inginocchiate in preghiera. L'urna contenente il corpo del Santo venne tumulata sotto l'altare maggiore della Basilica inferiore nel maggio del 1230, mentre la cripta venne scavata nella roccia nel 1818 e successivamente aperta al culto. Intorno al Santo sono poste le urne di quattro confratelli: frate Leone, frate Masseo, Frate Rufino e Frate Angelo; poco distante riposa anche la nobildonna romana Jacopa de' Settesoli, molto vicina spiritualmente al santo che la chiamava "frate Jacopa".
Non è la prima volta che entro in questa cripta ma è come se fosse sempre la prima, anche se conosco ormai passo dopo passo ciò che mi attende in questo luogo che mi fa sentire sempre un "nessuno" davanti alla grandezza del santo. Francesco, addolorato per il suo imminente transito volle ancora ricordare: "Fratelli, io ho fatto la mia parte; la vostra ve la insegni cristo!". Un lascito immenso che il mondo non ha saputo ancora accogliere.
I vasti cicli pittorici che impreziosiscono le pareti e le volte della basilica Inferiore sono un libro aperto d'arte. Le vele poste sopra l'altare maggiore sono opera di Giotto, così come gli episodi dell'infanzia di Francesco presenti nel transetto di destra, mentre su quello di sinistra sono di Pietro Lorenzetti, ma si trovano anche opere di altri grandi artisti come Cimabue, Simone Martini, Dono Doni ecc.
Una visita alla Sala del Capitolo è d'obbligo, dove sono esposte, raccolte e custodite in varie teche, preziose reliquie appartenute al Santo, come la Tonaca bigia tutta rattoppata, l'originale della Regola francescana, la "chartula" ossia la sua benedizione a frate Leone con firma autografa, i suoi sandali, la cornetta d'avorio, dono del Sultano Melek el Kamil e la pelle di camoscio che ricopriva la ferita sanguinante del costato, cioè le sue stimmate ecc...
In questo locale, a cui si accede dal transetto di destra, un tempo e per molti secoli da allora si riunivano i frati per confrontarsi e approfondire la loro vita in fraternità.
Sempre dal lato destro del transetto, attraverso una scala, si accede ad una terrazza che da sul chiostro grande dalla quale si può osservare l'alto abside della doppia chiesa. Sul lato destro troviamo un piccolo negozietto di oggetti sacri che andiamo a visitare.
La Basilica superiore è a navata unica di 4 campate, ha delle volte altissime e le pareti sono affrescate con 28 riquadri narranti la vita di San Francesco attribuite quasi tutte a Giotto mentre nella parte si alta si distinguono i racconti biblici delle origini del mondo, le storie dei patriarchi ecc.. Nel braccio sinistro e destro della crociera, che non abbiamo visto molto bene in quanto si stava predisponendo il palco per il concerto di Natale che la Rai avrebbe diffuso per televisione, possiamo trovare un ciclo di affreschi di Cimabue, come gli affreschi che decorano l'abside. Fantastiche le alte vetrate istoriate, coeve dei cicli pittorici e intensamente istoriate. Non puoi che perderti nel guardare tutte queste meraviglie ricercando le vele che con la scossa di terremoto del 26 settembre 1997 erano crollate provocando la morte di quattro persone, ricordate con un'iscrizione nel pavimento all'ingresso della basilica.
Il sisma causò il crollo di parte degli affreschi sulla volta della prima campata: San Girolamo (attribuito da alcuni a Giotto giovane), dove erano raffigurati i Quattro Dottori della Chiesa; la figura di San Matteo, sulla volta raffigurante i Quattro evangelisti di Cimabue; oltre ad un tratto della volta stellata, ridipinta nell'Ottocento.
Ingenti furono anche i danni al timpano della basilica che rimase chiusa per due anni per i lavori di restauro e che ebbi modo di visitare più volte grazie al mio lavoro, ma questa è un altra storia.
Facciamo una passeggiata verso il centro cittadino alla ricerca di un posto dove pranzare e intanto chiacchiero amabilmente con Matteo sulle sensazioni percepite durante la visita alle basiliche francescane e mi pare soddisfatto della breve gita; camminiamo tra le antiche vestigia di case, palazzi nobiliari e chiese che suscitano i più vivi ricordi francescani. Molte case, le più antiche, hanno nella pura tradizione medievale umbra, la cosiddetta porta del morto, ossia una porta più stretta ed allungata posta vicino alla porta principale ma con la soglia più alta del piano stradale, che secondo la tradizione popolare si apriva solo per lasciar passare le bare dei morti. Credo invece più verosimilmente che le porte più strette servissero per accedere ai piani superiori dove vivevano le famiglie, mentre quelle più larghe potessero dare accesso ai fondachi o ai laboratori artigianali. Le porte di ingresso ai locali di civile abitazione erano più strette per motivi di sicurezza, rendendo più difficoltoso l'accesso a malintenzionati armati.
Giungiamo cosi nella piazza del Comune, col tempio di Minerva, la Torre del popolo e il palazzo Municipale. una fugace occhiata alla prospettiva della piazza, sulla quale domina il tempio di Minerva, edificato per volere di Gneo Cestio e Tito Cesio Prisco, nel I secolo a.c. Il nome deriva da un'interpretazione posteriore, dovuta al ritrovamento di una statua femminile che si credeva essere Minerva; è stata invece rinvenuta una lapide votiva dedicata ad Ercole. Nel 1539 venne edificata al suo interno la Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, rimaneggiata poi in stile barocco nel XVII secolo. Ciò che rimane di epoca romana è la facciata, che conserva in maniera ottima le sei snelle colonne scanalate corinzie che sorreggono l'architrave ed il piccolo frontone.
Troviamo posto in un ristorante elegante, nel pieno centro storico di Assisi, benché quasi nascosto nei vicoli adiacenti alla piazza del Municipio e poco dopo l'arco detto "Volta Pinta" con le splendide "grottesche" dipinte da Raffaellino del Colle nel XVI secolo. Ci ritroviamo in un locale colmo di turisti che vogliono come noi degustare la cucina assisana. I camerieri corrono tra i tavoli a portare piatti di strangozzi con salsa di funghi, tagliatelle fatte in casa, coniglio alla cacciatora, piccione alla ghiotta e tante altre pietanze della tradizione umbra. Anche il nostro pasto, che per quanto volesse essere leggero e veloce, è stato squisito ed abbiamo apprezzato tutte le portate, soprattutto Matteo che è una "buona forchetta".
Rientriamo in Piazza del Comune dove alla sinistra del tempio di Minerva vi è il Palazzo del Capitano del Popolo, edificato a metà XIII secolo, con l'adiacente Torre del Popolo (1305), il campanile civico ai cui piedi si trovano murate le misure trecentesche di mattoni, tegole e tessuti in uso nella città; il Palazzo dei Priori (1275 - 1493) completa anche il lato meridionale.
Andiamo a visitare La chiesa di Santa Chiara che, costruita in stile gotico, venne edificata dopo la morte di santa Chiara, a metà del 1200 attorno all'antica chiesa di San Giorgio, che fino al 1230 aveva custodito le spoglie mortali di san Francesco. Le spoglie della santa vennero traslate nella nuova chiesa già nel 1260, mentre la consacrazione solenne avvenne cinque anni più tardi alla presenza di papa Clemente IV. La cripta che ospita oggi la tomba della santa fu realizzata solamente nel 1850.
Vi entriamo in silenzio, come abbiamo fatto finora in ogni luogo di culto. Una suora è in preghiera inginocchiata nell'ultima fila delle bancate e pare che le frotte di turisti, pur silenziosi, non la distolgano dalla preghiera. L'interno della chiesa è a croce latina con navata unica, dalla quale si accede all'oratorio del Crocifisso o delle Reliquie, dove si conserva sopra l'altare l'originale Crocifisso di San Damiano che parlò a San Francesco nell'eremo di San Damiano. Ci soffermiamo diverso tempo ad ammirare il crocifisso anche pensando alla sua impressionante storia.
Raggiungiamo in auto la chiesa di San Damiano e l'annesso convento francescano che sorgono entrambi fuori l'abitato di Assisi. Il crepuscolo è iniziato ormai da tempo e all'interno della chiesa sono in corso i vespri e ci soffermiamo poco tempo per non disturbare la funzione. L'ingresso della chiesa è preceduto da un basso portico con tre arcate a tutto sesto sorrette da pilastri in mattoni; sopra l'arco centrale vi è un rosone circolare. Matteo è dispiaciuto di non potersi soffermare oltre in questa chiesa, che è dedicata al Santo di cui il padre porta il nome.
Nel 1205 San Francesco d'Assisi pregando davanti al crocifisso presente all'interno della Chiesa lo sente rivolgergli la parola e chiedergli di riparare la sua casa. Ciò trasformerà profondamente la vita del santo che proprio nella chiesa di San Damiano, negli ultimi anni della sua vita, compose il Cantico delle Creature. Sempre nella chiesa di San Damiano, poco dopo il 1210, Santa Chiara fondò un ordine delle claustrali che vi risiedette fino al 1260. Secondo la storiografia cattolica, sempre in questa chiesa ebbero luogo i principali miracoli della santa.
Ormai è sera ed è già buio quindi, raccolti due rametti beneauguranti di ulivo, ci dirigiamo per una veloce passeggiata a Perugia.
Parcheggiamo l'auto vicino al centro, in un multipiano vicino all'inizio della scala mobile che ci condurrà nel centro storico. La città sorge su un colle molto accidentato che si affaccia sulla pianura umbra con estesi panorami. Perugia è una città vivace e animata, frequentata da una moltitudine di giovani e sede di importanti attività commerciali, industriali e artigianali. Matteo ed io commentiamo positivamente questa salita in cima al colle sul quale si trova il centro storico di Perugia, un percorso coperto, veloce e gratis fino ai sotterranei della Rocca Paolina.
Della Rocca Paolina, che fu costruita tra il 1540 e il 1543 per volere del papa Paolo III, sono rimasti solo i sotterranei del Palazzo Papale. Quello che ne rimane ed è aperto al pubblico è una "città sotterranea" di grande fascino e suggestione. Dal 1983 la Rocca Paolina è attraversata dal percorso pedonale meccanizzato con scale mobili che dalla stazione degli autobus, lungo la circonvallazione fuori le antiche mura, raggiunge l'acropoli etrusca.
Questa Rocca Paolina fu celebrata nel Il canto dell'amore, una delle più famose poesie di Giosuè Carducci.
«Oh bella a' suoi be' dí Rocca Paolina
Co' baluardi lunghi e i sproni a sghembo!
La pensò Paol terzo una mattina
Tra il latin del messale e quel del Bembo.
— Quel gregge perugino in tra i burroni
Troppo volentier— disse — mi si svia.
Per ammonire, il padre eterno ha i tuoni
Io suo vicario avrò l'artiglieria.»

Usciamo cercando di non perderci di vista, vista la folla di giovani che si appropinquano a passeggiare per il centro storico. Dalla Rocca Paolina superiamo Piazza Italia e lasciataci alle spalle la sede della Provincia di Perugia, imbocchiamo Corso Vannucci. Questa è la via principale della città, che prende il nome da Pietro Vannucci, pittore nato a Città della Pieve, ai più conosciuto come Il Perugino. La via si sviluppa tra imponenti e importanti palazzi: Palazzo dei Priori, Collegio del Cambio, Collegio della Mercanzia, Palazzo dei Notari, Casa di Baldo degli Ubaldi, chiesa di Sant'Isidoro (sconsacrata) e Palazzo Donini.
Percorriamo il Salotto Buono di Perugia, caratterizzato da una forte vitalità, dove i più giovani, ma non solo, vengono a fare "una vasca", modo di dire e sinonimo di "fare una passeggiata in Corso Vanucci".
Superiamo velocemente il Palazzo dei Priori per raggiungere dapprima La Fontana Maggiore, uno dei principali monumenti di Perugia, situata al centro di Piazza IV Novembre, meglio conosciuta come Piazza Grande.
Ci fermiamo un attimo per ammirarne la struttura, eretta tra il 1275 ed il 1278 per celebrare l'arrivo dell'acqua nell'acropoli della città grazie al nuovo acquedotto. La Fontana, realizzata in pietra di Assisi, venne subito danneggiata dal terremoto del 1348. Costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una tazza bronzea, è ornata da un gruppo bronzeo di Ninfe dal quale sgorga l'acqua. Nella vasca inferiore sono rappresentati con dei bassorilievi i Mesi dell'anno con i segni zodiacali e le scene della tradizione agraria e della cultura feudale, le Arti liberali e personaggi della Bibbia e della storia di Roma.
Ci concediamo una breve pausa per un caldo caffè in un piccolo bar, proprio davanti all'ingresso del duomo nell'adiacente piazza Danti, gestito da un giovane ragazzo di origine araba. Il locale è colmo. di giovani ragazzi che discutono dei risultati delle partite di calcio. Ci scaldiamo sorseggiando il caffè e intanto Matteo presta attenzione ai discorsi dei giovani tifosi per carpire notizie sulla sua squadra del cuore. Il calcio è uno sport che lo appassiona tantissimo e le partite che riguardano la sua squadra del cuore (l'Inter) sono sempre un evento. Ha tentato in molti modi di farmi apprezzare il calcio e di farmi tifare per la sua squadra di calcio, ricordandomi anche che festeggia annualmente la propria fondazione il giorno del mio compleanno.
La facciata principale della cattedrale è rivolta verso piazza Danti, impreziosita da un portale barocco. Il muro esterno è a vista e si possono scorgere i ganci portanti di un previsto rivestimento in marmo, mai realizzato.
Facciamo il giro intorno alla cattedrale, percorrendo antiche stradine dal selciato in porfido, sulla quale si affacciano trattorie, antiquari e caratteristici piccoli negozi.
Diversamente dai canoni costruttivi usuali, la cattedrale di Perugia ha la fiancata laterale rivolta verso la piazza principale della città, proprio quella in cui vi è la Fontana Maggiore e l'ingresso del Palazzo dei Priori.
Tale lato della cattedrale è caratterizzato dalla Loggia di Braccio, una struttura proto rinascimentale, commissionata appunto da Braccio da Montone nel 1423 dal quale prende il nome. Sotto la loggia è possibile vedere parte di un muro romano, le fondamenta del vecchio campanile e la Pietra della Giustizia, che riporta un'iscrizione del 1264 attraverso la quale il Comune annunciò che tutto il debito pubblico era stato cancellato.
Lungo il fianco laterale del duomo troviamo la statua in bronzo di papa Giulio III, realizzata nel 1555. Papa Giulio III fu oggetto della gratitudine cittadina in seguito al ritorno delle magistrature locali, in precedenza soppresse da Paolo III. La cattedrale odierna, inizialmente chiamata Cattedrale di San Lorenzo e Sant'Ercolano, oggi solo San Lorenzo, risale ad un progetto del 1300 di Fra Bevignate, venne iniziata nel 1345 e completata nel 1490. La decorazione laterale esterna, è una trama geometrica di rombi in marmo rosa e bianco (prelevati dalla Cattedrale di Arezzo) e non fu mai completata, occupando oggi solo la parte inferiore della fiancata.
Di fronte si erge Il Palazzo dei Priori o Comunale, uno dei migliori esempi in Italia di palazzo pubblico dell'età comunale, edificato tra il 1293 ed il 1443.
In puro stile gotico, ci accediamo da piazza IV Novembre, attraverso un portale duecentesco ornato dalle statue del grifo e del leone, per cercare di comprendere da dove arriva la musica che stiamo ascoltando. La facciata verso la piazza ha una scalinata a ventaglio costruita a inizio 1900 in sostituzione della precedente a due rampe. Il palazzo è ornato da diverse trifore. A destra vi sono tre arcate e fra le prime due vi è un pulpito usato per la lettura degli atti. Entriamo così nella Sala dei Notari e ci intratteniamo qualche minuto, con la scusa del concerto che si sta svolgendo, per ammirare il suo interno meraviglioso, con diverse pitture che narrano leggende, storie bibliche e massime.
Siamo ormai molto stanchi alla fine di questa giornata intensa, ricca di suggestioni e di immagini, dove i ricordi ormai si confondono insieme agli aromi e alle sensazioni. Lentamente torniamo sui nostri passi e raggiungiamo l'auto per tornare verso casa. Sarebbero state tante le cose che avremmo voluto vedere o rivedere, ma il tempo è tiranno e non c'è l'ha permesso. Stanchi ma soddisfatti raggiungiamo così la nostra capitale mandrogna.