Blog di Dante Paolo Ferraris

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I roghi del XXI secolo

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Cultura in fiammeLeggo i giornali, ascolto i radiogiornali, guardo i telegiornali, a dire il vero ne parlano poco, ma sempre più sono convinto che la politica rampante di oggi, sia sempre più lontana dalla ragione. Mi convinco pure che il populismo venga utilizzato come cesto di raccolta dei voti di protesta, con i leader politici che preferiscono lanciare epiteti qualunquistici anziché fornire programmi sostenibili di sviluppo per i nostro paese.
Ho letto una mail inviata al giornale "Repubblica" in cui il quotidiano veniva accusato di essere in cattiva fede e di manipolare le informazioni, al fine di spostare greggi di elettori sempre dalla stessa parte, come se farneticare informazioni sul web sia la voce della verità. Troppe volte ho visto la "verità" asservita all'ultimo dominatore, soprattutto quando il male è personificato da urlatori, falsi profeti e adulatori di riti ancestrali di purificazione.
Troppo spesso noi "babbani" ci facciamo conquistare dalle manipolazioni di un incantatore e quando non gli riesce, diventiamo il loro "nemico" da combattere ed annientare. Filosoficamente e pragmaticamente l'arma migliore è il dileggio, l'insulto inframezzato da passioni politiche nascenti, che in Italia hanno lo stesso effetto dell'innamoramento. Gli Innamorati sono in genere ciechi e pazzi, facilmente manipolabili dall'ultimo amore che ci pare eterno e sincero. I temi proposti, come oracoli, ma anche le paranoie complottistiche, gli anatemi lanciati, non servono a rinnovare il paese, se non ad affossarlo ulteriormente.
Essere liberi non vuol dire poter insultare e/o denigrare, l'unica cosa certa è che porta all'assolutismo e a chiudersi in sé, evitando il dibattito e il confronto che sono l'anima della democrazia. Chiunque si propone come nuovo e non fa uso della democrazia, non può che accettare le forme oligarchiche o peggio dittatoriali, di fatto mettendo in ammasso il cervello.
Non sono il paese e la sua organizzazione che vanno riformati, ma è la politica che deve tornare ad essere strumento di dibattito costruttivo per il paese.
Il qualunquismo porta a farci illudere che il taglio di 2500 euro degli stipendi dei parlamentari, sui 14 mila euro netti al mese, sia lo strumento risolutivo. Come nemmeno la rinuncia di 9mila euro su 19mila dei Presidenti di Camera e Senato, la cancellazione delle Province, lo scioglimento delle Comunità Montane o l'accorpamento dei Comuni sono la panacea dei problemi dell'Italia.
La politica sbagliò già tempo fa, quando scelse di abdicare a favore della casta dei Manager.
L'opinione pubblica è appassionata dalla questione che riguarda il guadagno dei politici, ma non fa distinzione tra consigliere comunale e provinciale; né tanto meno su quanto guadagna un parlamentare o un consigliere regionale. È vero, i parlamentari italiani e i consiglieri regionali guadagnano più del doppio dei colleghi degli altri paesi europei, oltre a una serie di benefici sconosciuti alle altre democrazie. Si preferisce scagliarsi sui consiglieri comunali e provinciali, forse troppi, ma sono l'espressione del nostro voto sul nostro territorio.
I veri costi sono quelli dei super manager, dei commissari ad acta che nominati dalla politica hanno compensi che vanno di pari passo con la crisi economica, sempre in salita. I guadagni dei manager sono ormai svincolati dai risultati concreti ottenuti e più legati a speculazioni personali; una volta nominati, anche se cambia il colore di governo rimangono al loro posto. E mentre in Italia si da avvio alla caccia alle streghe della Politica (semmai esista ancora), in altri paesi come la Svizzera un recente referendum rivede al ribasso lo stipendio dei Manager. Sulla stessa strada è la Francia di Hollande, anche Obama ci sta pensando. Così mentre noi corriamo dietro allo tsunami scatenato dai politicanti dell'ultima ora, magari sul web, gli altri fanno i fatti.
Quando c'erano i capitani d'Industria, quelli veri, come Valletta alla Fiat, guadagnavano circa 20 volte lo stipendio di un dipendente, ora Marchionne, simbolo di una Fiat in crisi, guadagna 435 volte lo stipendio di un operaio (fonte rivista "Venerdì" di Repubblica). Senza parlare dei Manager pubblici che sostituiscono un Consiglio di Amministrazione politico, magari eletto e che non dovrebbe costare nulla, con un Manager dal mega stipendio. Ne è l'esempio la cancellazione delle Province secondo il modello attuato in Sicilia, che con la riforma passa da 9 Province ad un numero doppio di Consorzi di comuni. Sicuramente ci saranno più Dirigenti Manager e magari nella fase della demolizione della democrazia ci mettiamo un super commissario a gestire il passaggio.
Non c'è casta che abbia prodotto tanti danni all'economia italiana, quanto la casta dei Manager pubblici e privati, alcuni ancora con incarichi di origine napoleonica.
Io non mi sento un novello Savonarola, ma agli Italiani piacciono i roghi di democrazia, ma una volta bruciate cultura, storia, tradizioni e democrazia non ci resterà che piangere. Basterebbe invece applicare la Costituzione, evitare doppioni di funzione, pagare meno ma il giusto chi si assume delle responsabilità manageriali (ma che paghi se sbaglia), e far sì che chi si mette in politica lo faccia per il bene comune e non di una casta.