Blog di Dante Paolo Ferraris

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Twitter hashtagsL'hashtag in francese è chiamato mot-dièse, letteralmente "parola diesis", proprio come il segno musicale usato sul pentagramma.
Lo sciovinismo dei cugini d'oltralpe, ci fa da un lato sorridere, ma dall'altro dimostra la strenua difesa della lingua nazionale di fronte al dilagare dell'anglicizzazione delle parole pronunciate quotidianamente. In Italia, paese narcisista per eccellenza, non solo favoriamo l'adozione di nuovi termini stranieri, ma amiamo molto tutti quei neologismi di origine angloamericana. Perciò esempio, non traduciamo letteralmente "MOUSE" con "TOPO", ma gli attribuiamo un significato diverso, facendolo diventare, di fatto, un neologismo.
Anche la parola computer è entrata a far parte del dizionario quotidiano, alla stregua "hardware" e "software", mentre i Francesi, come pure gli Spagnoli, hanno tradotto questi termini nella loro lingua natia e risulta perciò difficile leggere documenti e scritti pubblici che riportino terminologie angloamericane. Cosi il computer diventa "computadora" per gli spagnoli e "ordinateur" per i francesi, come mouse diventa "souris d'ordinateur" per i cugini d'oltralpe e "ratón de la computadora" per gli spagnoli, anche se in verità nel linguaggio popolare si usa mouse.
Ecco così entrare in gioco in Italia, il "Question-time" in luogo del più arcaico "Botta e risposta" oppure ultimamente, la "Class action", a rimpiazzare la nostrana "azione legale collettiva". Benché l'Italiano sia lingua "sorella" di quella Spagnola, l'influsso della terminologia angloamericana si è realizzato in modo sostanzialmente diverso. La diffusione della lingua spagnola in tutte le sue versioni, la rende uno degli idiomi più parlati al mondo; il patrimonio linguistico dei popoli ispanici non solo si è conservato invariato ma addirittura ha arricchito il proprio dizionario con nuovi lemmi di origine francese o inglese, come vagòn, tunnel, lìder, reportè, football, tennis, comfort, dandy e club, bar, radar e transistor, che al plurale diventano clubs, bars, radars e transistors. Ma se da un lato, l'amor patrio linguistico spagnolo, tende ad adattare i nuovi termini con assonanze linguistiche tradizionali, noi Italiani, che ci pregiamo di parlare una lingua molto più antica, ci siamo divisi in coloro che ritengono i nuovi lemmi angloamericani un passo verso una modernità inevitabile, quasi un segno di libertà, e chi invece si auspica che l'Italiano possa riprendersi lo spazio toltogli dai nuovi termini giunti d'oltremare. L'unica certezza che ho è che ci sono molti osservatori stranieri che restano perplessi di fronte al dilagante anglicismo che imperversa sulla italica penisola. Pensiamo a quelle tante parole straniere che hanno, ormai quasi spazzato via dal nostro ricco lessico vocaboli, come circolo divenuto ormai club, corriera sostituito da autobus o pullman, rivoltelle che diventano revolver così come panfili e motorette ora sono yacht e scooter e i presentatori televisivi ancor-man o speaker.
Inoltre si sta deformando foneticamente anche la lingua parlata. Generalmente nella nostra lingua le parole terminano con una vocale ma con l'influenza anglofona ormai non solo spostiamo gli accenti ma tronchiamo pure le parole. Siamo affetti a questo punto dall'horror consonantis, accettando parole come mais, autobus, report, record ecc... La lingua colloquiale, diversa da quella scritta, è pesantemente intrisa di terminologia straniera; non voglio qui evocare il "sermo nobilis" italico, ma semplicemente ricordare come il "sermo urbanus" abbia raggiunto il livello di irreversibilità. Ma d'altra parte cosa aspettarsi di diverso quando anche nei testi delle leggi italiane, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, riscontriamo parole come social-network, internet, stalking o new economy. Il depauperamento della lingua italiana avanza di pari passo con l'invasione dell'inglese nella miscellanea dei nostri discorsi quotidiani. L'inglese si inspessisce a discapito di un eloquio italiano che si diluisce. Le ore di Italiano nelle scuole di ogni ordine e grado dovrebbero essere dedicate alla lingua e letteratura italiana, al fine di far comprendere la bellezza fonetica, la ricchezza di lemmi e la lucidità dei concetti esprimibili con la nostra lingua. Le ore di lezione dedicate alle lingue e alle letterature straniere (fondamentali) non dovrebbero essere confuse con le ore di Italiano, mentre nel contempo il nostro Governo dovrebbe evitare di promulgare leggi infarcite di parole straniere favorendo, come fanno Francesi e Spagnoli, l'uso della lingua natia.
Ciò non è sciovinismo ma difesa della propria identità e cultura nazionali. Che bruttura sarebbe cantare il nostro inno nazionale in inglese, ai miei occhi apparirebbe come la svendita dell'ultimo dei nostri tesori, quello patrio.