Il Giardino dei Ripari era nato durante il periodo della Restaurazione dopo la demolizione delle mura di difesa cittadine. Il giardino Cavour, detto anche delle "Montagnole", è così chiamato perché edificato su un terreno irregolare che era l'antico sito dei bastioni della città. In questo giardino sono presenti alcune collinette artificiali di terra con brevi ma affascinanti percorsi pedonali tra alberi maestosi che fanno ombra ad alcune panchine sulle quali trovi spesso giovani innamorati impegnati nelle loro effusioni. La piazza, caratterizzata da questi giardini a collinette alberate, è circondata su tre lati da palazzine ottocentesche tra cui Palazzo Biscaretti di Ruffia e il Convento delle Monache Sacramentine.
Un monumento posto in questa piazza ricorda, Carlo Felice Nicolis conte di Robilant (Torino, 8 agosto 1826 – Londra, 17 ottobre 1888), figlio del nobile piemontese conte Maurizio di Robilant (1798-1862) e di Maria Antonietta di Robilant (1804-1882), nata Trüchsess von Waldburg. Oltre alla madre anche sua moglie era straniera, di originaria famiglia austriaca e sudtirolese, i Clary-Aldringen, ed inoltre era imparentato con il conte e generale russo Nicolaj Pavlovič Ignat'ev che aveva sposato sua cugina. Generale, diplomatico e politico italiano, nel periodo che fu Ministro degli Esteri (1885 al 1887) riuscì nel 1887 a rinnovare la Triplice Alleanza, ottenendo l'impegno della Germania a sostenere l'Italia in una eventuale guerra nel Mediterraneo, e dall'Austria l'impegno a riconoscere all'Italia compensi territoriali in caso di espansione austriaca nei Balcani mentre concluse con Gran Bretagna, Austria e Spagna specifici accordi per la salvaguardia degli interessi italiani sul mare Mediterraneo.
Combatté nelle Guerre d'Indipendenza italiana, dove guadagnò sul campo il grado di Generale, divenne personaggio leggendario in quanto si vuole che durante la battaglia di Novara nel 1848, nonostante avesse la mano asportata da un colpo di cannone, ebbe la forza di salutare il Re Carlo Alberto con il proprio moncherino mentre il chirurgo si dedicava a Lui.
Curiosa è l'allegoria femminile ai piedi della sua statua, che simboleggiando la diplomazia tiene tra le mani un libro chiuso da un lucchetto, a significare la segretezza dell'incarico diplomatico. Ebbe inoltre l'incarico di prefetto a Ravenna, dove represse alcuni disordini, e in seguito gli furono affidate le funzioni di ambasciatore a Vienna durante il Governo Lanza e poi a Londra con il Governo di Francesco Crispi, fino al 1888, dove vi morì.
Oggi in piazza Cavour troviamo anche un monumento al Mahatma Gandhi mentre, vicino ad una fontanella, appoggiati sul terreno, notiamo quattro sassolini grezzi con un medaglione bronzeo, che ricordano il poeta in lingua piemontese: Pinin Pacòt.
Sempre sulla piazza, affacciata su via San Massimo, una lapide ricorda Agostino Denis, su quello che rimane la parte attiva dell'antico ospedale maggiore, a ringraziamento di un cofondatore munifico dell'ampliamento dell'imponente palazzo che occupa tutto un isolato.
Sempre in questa piazza furono girate alcune scene del film "Amore e Ginnastica" del 1973, con la regia di Filippo d'Amico su un soggetto di Edmondo de Amicis. La storia è ambientata nella Torino del 1892 e narra i tormenti del giovane Simone Celzani follemente innamorato della maestra di ginnastica Maria Pedani. Celzani ( l'attore Lino Capolicchio) è un ex seminarista, molto timido e minuto, tutt'altro che sportivo. Maria invece, oltreché essere molto bella è anche forte, moderna e spregiudicatamente femminista.
Un bellissimo spaccato dell'Italia umbertina di fine ottocento in un clima "piccolo borghese", dove la ginnastica (educazione fisica) era appena stata inserita nei programmi scolastici ministeriali, accendendo intense polemiche poiché ritenuta inutile in una nazione nella quale vi erano ancora ampie frange di analfabetismo. Il personaggio della maestra di ginnastica Maria Pedani è interpretato da Senta Berger ed è la prima insegnante italiana di educazione fisica della storia italiana, la quale sostiene la necessità di far praticare la ginnastica anche alle alunne. Ovviamente la morale dell'epoca non consentiva alle ragazze di esibirsi in abiti che lasciassero troppo scoperte gambe e braccia e di conseguenza questa attività fu fortemente osteggiata.
Mi piace ricordare che nella vicina via Cavour al civico 3, sul lato sud della piazza in edificio signorile dell'ottocento, viveva Fred Buscaglione, figlio della portinaia dello stabile.
Ferdinando Buscaglione è stato un famoso cantautore, polistrumentista e attore italiano nato a Torino il 23 novembre 1921 e morto a Roma il 3 febbraio 1960. La famiglia era originaria di Graglia, un paesino in provincia di Biella, e Ferdinando era un bambino vivace, curioso e solare. Iniziò i suoi studi musicali proprio a Torino e a undici anni fu ammesso al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, a pochi passi da dove viveva, ma lo abbandonò dopo tre anni di frequenza un po' per la scarsa attrazione alla musica classica e anche perché le condizioni economiche della sua famiglia (il padre era pittore edile) lo costrinsero a cercare lavoro, prima in piccoli impieghi da fattorino, fino ad essere scoperto come musicista e cantante durante una sua esibizione al Gran Caffè Ligure.
Quest'angolo di Torino, in cui pare di trovarsi a Parigi, è da sempre passeggio per la borghesia e la nobiltà torinese. È facile immaginarsi coppie di giovani sposi, ma anche di attempate coppie che passeggiano a braccetto, lei protetta da un leggero ombrellino da sole bianco con pizzi e lui con il cilindro nero, scambiandosi convenevoli a bassa voce mentre reclinano leggermente la testa a salutare altre coppie di conoscenti anch'essi a passeggio nei giardini dei Ripari.
Li vicino si trova l'Aiuola Balbo, che erroneamente è chiamata Aiuola mentre è un grande giardino, un vero polmone verde per la città. A differenza delle sue piazzette "cugine" questo giardino è realizzato su un terrapieno, delimitato da un muro che lo solleva e lo isola rispetto alle vie che lo delimitano. Qui sono state ricollocate le statue dedicate a Cesare Balbo, in grandezza naturale, che vedono costui immortalato seduto con il mantello che gli cade sulla spalla mentre tiene sulle ginocchia un libro aperto: "Le speranze d'Italia", un'opera del 1844 che collocò Balbo tra i pensatori più amati del Risorgimento. Ma anche a Eusebio Bava (Vercelli, 6 agosto 1790 – Torino, 30 aprile 1854) che è stato un generale e politico italiano e a Daniele Manin, eroe risorgimentale veneziano che muore in esilio a Parigi, le cui spoglie oggi sono sepolte nella basilica di San Marco a Venezia. Di lui è curioso notare come il numero 22 sia diventato una cifra che lo insegue, quasi a dettare la sua storia. Infatti era il 22 agosto 1849 quando Venezia fu costretta ad arrendersi agli austriaci dopo la gloriosa Repubblica, il 22 settembre 1857 il Manin muore, il 22 marzo 1861 viene inaugurato il suo monumento a Torino e il 22 marzo 1868 la sua salma trasferita e tumulata in san Marco. Le statue erano precedentemente situate nel originario giardino dei Ripari. Una bella fontana centrale la caratterizza con il suo rettangolare specchio d'acqua circondato da un verdissimo prato tagliato all'inglese. In un angolo incuriosisce il monumento a Lajos Kossuth, presidente ungherese, esule a Torino per 35 anni (1859-1894) a causa del ritorno delle truppe austriache in terra magiara. Il monumento a lui dedicato è stato donato dal Comune di Cegled, sua città natale, alla città di Torino nel 1961 in occasione del centenario dell'Unità d'Italia.
È posto sul margine esterno dell'Aiuola Balbo, nell'angolo compreso tra via Accademia Albertina e via dei Mille, proprio di fronte alla casa dove visse e sulla cui facciata è apposta una targa a ricordo della sua presenza a Torino. Gli abitanti del quartiere si erano talmente abituati a vederlo passeggiare sui sentieri dei giardini e lungo i marciapiedi di Borgo Nuovo che alcuni di loro, per anni ancora dopo la sua morte, asserivano di vederlo ancora passeggiare. La grande Aiuola ospita globalmente sei monumenti, tutti dedicati a patrioti attivi nei moti per l'indipendenza degli stati europei. Oltre a Lajos Kossuth, Cesare Balbo, Eusebio Bava e Daniele Manin, troviamo le statue di Salvatore Pes di Villamarina, statista nato a Cagliari il 15 novembre 1808 e morto a Torino il 14 maggio 1877 e del patriota Gustavo Modena (1803-1861), patriota, attore drammatico e collaboratore di Mazzini nella Giovane Italia.
La frescura della fontana e l'ombra che gli alberi d'alto fusto presenti offrono, unito al silenzio di questo angolo di città in cui il traffico veicolare è ridotto e lo sferragliare del tram è lontano, consentono ai frequentatori un bellissimo luogo per sedersi sulle panchine e godersi la lettura di un libro.
Antonio Fogazzaro era un cliente abituale del caffè dei Ripari, situato in piazza Cavour, ed è in questo antico caffè che iniziò a scrivere le sue prime poesie giovanili dedicate alla famiglia e in particolare allo zio sacerdote Don Giuseppe Fogazzaro. Lasciò un ricordo del Giardino dei Ripari nella poesia "Ricordo di un guerriero Montenegrino veduto al Caffè dei Ripari in Torino una sera del 1862".
Il Fogazzaro, vicentino di nascita, terminato il liceo nel 1858 si iscrive all'Università di Padova, ma tra alcuni lunghi periodi in cui è malato( credo sifilide) e la stessa chiusura d'autorità dell'Università nel 1859, a causa delle proteste studentesche contro il regime austriaco, perde due anni di studi. Nel novembre del 1860 la famiglia Fogazzaro si trasferisce a Torino e così Antonio si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'ateneo torinese. Si laurea nonostante non abbia eccelso negli studi, distinguendosi più come frequentatore di caffè dove gioca al biliardo. Nel periodo di permanenza a Torino, durante il quale ha una crisi mistica che lo porta a perdere anche la fede cattolica, scrisse: «una certa soddisfazione come per aver rotto una catena pesante; sentivo però anche un lontano dubbio di errare. Lo provai specialmente la prima Pasqua che passai senza Sacramenti. So di avere passato delle ore di grande agitazione interna, passeggiando per il giardino deserto del Valentino». Ormai noto letterato fu nominato senatore del Regno d'Italia nel 1896.
Trovarsi al giardino dei ripari e non fare una visita alla chiesa di San Massimo è praticamente impossibile e davanti a questa imponente chiesa, dedicata al primo vescovo di Torino incontro Madama Poppy Chips (Madam Poppy Pomfrey), l'infermiera della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, ma che nella mia Hogwarts torinese è stata a capo dei servizi infermieristici.
Madama Poppy Chips si sofferma a guardarmi e poi riconosciutomi mi si avvicina sempre con il suo sorriso aperto e accogliente. È giovane ed ha un corpo minuto e si nota dal modo di camminare che ha fatto danza classica per tanti anni. I lunghi cappelli biondi sono sempre raccolti e due begli occhi scuri sulla bianca carnagione mettono in evidenza i fini lineamenti, le mani e le dita sono lunghe e curate. Me la ricordo sempre attiva ma anche piuttosto inquieta, ha sempre preso molto sul serio il suo lavoro e il suo ruolo nella Hogwarts torinese. Madama Poppy Chips appare agli occhi di chi non la conosce anche piuttosto severa ma, ogni tanto, lascia trasparire affettuosità, gentilezza e simpatia.
Ci scambiamo dei cordiali e affettuosi saluti e poi mi dice che ha lasciato da tempo gli alti incarichi che la Hogwarts torinese gli aveva conferito ma, che comunque, continua a prestare la sua attività filantropica. Benché il suo viso appaia angelico, armonico e da sempre rasserenante, si nota come sia segnato dalla sofferenza. Nonostante tutto è sempre disponibile, ha un sorriso per tutti. L'ho sempre vista vestita in modo molto elegante ma mai in forma appariscente.
Ho avuto bisogno dei suoi consigli professionali nell'ultimo periodo della mia permanenza a Torino e mi è sempre stata vicino, quasi consolatrice, anche davanti alle tempeste che poi mi si abbatterono contro, quando il Signore oscuro scatenò contro di me i suoi seguaci e i suoi mangiamorte.
Ci salutiamo amabilmente con la promessa di ritrovarci a scambiare due chiacchiere con un po' più di tempo ed entro nella chiesa, dopo aver ammirato l'imponenza della facciata neoclassica che evidenzia un pronao tetrastilo corinzio con le statue in marmo dei Quattro evangelisti.
Di San Massimo si hanno scarse notizie. Nato sicuramente in nord Italia, viene considerato il fondatore della Archidiocesis Taurinensis. Discepolo di Sant'Eusebio di Vercelli e di Sant'Ambrogio da Milano guidò la diocesi della allora Julia Augusta Taurinorum tra il 390 e il 420, nel difficile e periglioso periodo delle invasioni barbariche.
È ricordato per la lotta contro la pratica della simonia e del paganesimo e per aver fatto erigere, probabilmente sui resti di un precedente tempio pagano, una piccola chiesa dedicata a Sant'Andrea dai cui resti, nel XII secolo, sorse la celebre chiesa della Consolata, infatti, tra le sue vetrate, una raffigura l'avventura del cieco che scoprì a Torino una antica e venerata immagine della Madonna, la vergine Consolata. Un misterioso legame unisce quindi la chiesa della Santa Patrona di Torino e la chiesa neoclassica dedicata al suo primo vescovo.
San Massimo è anche conosciuto per i suoi numerosi sermoni e per le sue omelie, nelle quali accennò soventemente ai primi martiri di Torino, i santi Avventore, Ottavio e Solutore le cui reliquie sono conservate a Torino.
La chiesa, a ridosso dei Giardini Cavour e dall'aiuola Balbo, venne realizzata in stile tardo-neoclassico fra il 1845 e il 1853 da Giuseppe Leoni e Carlo Sada su sollecitazione degli abitanti del nuovo quartiere (Borgo nuovo).
Nell'abside c'è un affresco di Francesco Gonin (1853) che raffigura San Massimo recitante nella Cattedrale al popolo di Torino. Io mi soffermo per una preghiera davanti alla Pietà, nella cappella di San Giuda Taddeo, opera dello scultore ligure Salvatore Revelli (1816 - 1859). Giuda Taddeo fu uno degli apostoli di Gesù e primo Catholicos di tutti gli Armeni, da non confondere con Giuda Iscariota che tradì Gesù. È considerato, per antichissima tradizione, patrocinatore dei casi disperati e grande taumaturgo ed io ne sento proprio il bisogno.
Nell'inverno 1943-1944, il parroco di San Massimo, Don Pompeo Borghezio vi accolse riunioni del Comitato di liberazione nazionale. Sempre durante la guerra in San Massimo, egli aiutò ebrei e partigiani ed addirittura e con gran pericolo, nel marzo del 1945, ospitò una apparecchiatura radiotrasmittente per fornire informazioni agli alleati.
Un'altra lapide posta in via san Francesco da Paola 28 angolo piazza Aldo Fusi, ricorda Costa Mario, un impiegato statale, nato a Massa (MS) il 2 gennaio 1908, residente in corso Italo Balbo 16, (oggi corso Casale), Comandante di distaccamento partigiano con il nome di battaglia Diavolo Nero. Carabiniere in servizio in Francia dopo l'8 settembre 1943 entra a far parte del comando regionale Gl, inizia ad organizzare in canavese le forze gielliste, ferito due volte in combattimento nella zona di Valperga, viene ucciso da una pattuglia fascista il 22 aprile 1944 mentre si recava dal medico per farsi curare le ferite.
Anche in questa zona borghese di Torino esiste un po' di misticismo e spiritismo per non chiamarla magia e non è solo il fantasma di Kossuth ad aggirarsi intorno a casa sua. Proprio questo quartiere, fra le vie San Massimo, via Accademia Albertina e Principe Amedeo, fu frequentato e forse lo è ancora, da personaggi dediti allo spiritismo. La storia, che diventa mistero e si unisce a ciò che non è razionale e ci racconta anche la storia di un caduto fascista, tale Amos Maramotti, che nel 1926 appare sotto forma di spirito ad una famiglia riunita per una seduta spiritica, avvenuta proprio in questo quartiere, annunciando un prossimo attentato a Benito Mussolini, che poi realmente si verificò durante una visita a Bologna.
Continuo la mia passeggiata Torinese, dirigendomi verso l'abitazione del più grande statista del Risorgimento italiano.
Fine XV parte.