Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (XVII parte)

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Olympe MaximeRaggiungo la chiesa della Madonna degli Angeli, una chiesa sita all'angolo delle vie Cavour e Carlo Alberto, a pochi passi dall'abitazione di uno dei più straordinari personaggi del Risorgimento Italiano.
La chiesa fu originariamente costruita sui resti di una chiesetta più piccola, su iniziativa dei frati minori Riformati che la gestivano. I lavori ebbero inizio il 2 maggio 1625 e si conclusero nel 1650.
Grazie al favore goduto dai frati presso l'aristocrazia torinese il convento, consacrato nel 1654, s'ingrandisce ma con l'occupazione napoleonica del 1802 ne viene demolita una parte. Nel 1834 la chiesa diventa sede di parrocchia ma la sua situazione economica non è florida. Solo nel 1873, con la vendita all'asta di parte dei numerosi beni del convento si ha qualche miglioramento, tanto che si inizia a pensare anche ad un restauro generale dell'edificio che venne poi affidato nel 1901 a Carlo Ceppi. Il restauro diventa un rifacimento che cancella quasi del tutto l'immobile originario seicentesco, realizzato su progetto di Amedeo di Castellamonte.
Carlo Ceppi lo rimodernò nel 1901, disegnando una nuova facciata e costruendo la cupola, fino a divenire santuario nel 1916.
Non riesco a visitarne l'interno, trovando sempre le porte chiuse e devo francamente affermare che l'esterno di questa chiesa è effettivamente uno schiaffo alla Torino barocca.
La facciata comunque presenta una decorazione a grandi lastre marmoree, simmetricamente distribuite, con l'ingresso incorniciato in una grande arcata sostenuta da quattro colonne. Nella lunetta centrale si trova un mosaico del 1961 raffigurante il ritrovamento del sigillo dell'antica chiesa sotto le macerie. La decorazione dell'arcata è ripresa su tutto il perimetro della chiesa e riproduce teste d'angelo. L'unica opera interessante che potrei trovarci dentro è la statua della Madonna liberatrice, protettrice delle partorienti del 1629, originariamente collocata sulla facciata della chiesa, ma forse potrebbe attrarre la mia attenzione anche l'altare barocco di una cappella dedicata a Sant'Antonio, un dono votivo di Madama Cristina con una pregevole tela raffigurante il santo, realizzata da Bartolomeo Caravoglia nel 1653, di cui ho visto alcune fotografie.
Interessante sapere che il campanile fu aggiunto nel 1904 dall'architetto Carlo Ceppi, visto che fino ad allora la chiesa ne era sprovvista.
Un particolare interesse verso questo edificio di culto è sopratutto dovuto alle esequie del noto Presidente del Consiglio del regno, Camillo Benso conte di Cavour, che hanno avuto luogo il 7 giugno 1861, e alla vicenda del suo parroco, il francescano Giacomo da Poirino (al secolo Luigi Marocco), che aveva precedentemente confessato e Comunicato lo statista morente. Il comportamento di fratello Giacomo, nel voler assistere il morente e avergli dato i sacramenti, gli procurò una severa punizione da parte delle autorità ecclesiastiche di allora, che consistettero nella sospensione della facoltà di somministrare i sacramenti. La vicenda, benché sotto forma di romanzo storico, è ben narrata nel libro di Lorenzo Greco: "il Confessore di Cavour".
Oltre a narrare la vicenda storica che portò fratello Giacomo a essere allontanato dalla possibilità di somministrare i sacramenti cristiani, il libro parla della storia di una amicizia tra un prete e un uomo politico durante un importante e convulso periodo storico che porterà all'unità nazionale.
Nello spiazzo antistante la chiesa una edicola occupa lo spazio centrale presso la quale, intenta nell'acquisto di riviste e giornali, incontro Olympe Maxime.
Nella mia Hogwarts è sempre stata punto di riferimento per molte persone dedite alla formazione di importanti norme educative, mentre in quella della Rowling è la preside dell'Accademia di magia francese di Beauxbatons.
È chiaramente una mezzogigante in tutte e due le Hogwarts, per la sua altezza fisica nei romanzi della Rowling, mentre nella mia si distingue per la sua statura morale e professionale animata dalla passione e con la capacità di essere mentore per tanti giovani. La Madame Maxime torinese, nega sempre tale affermazione e cerca di far passare inosservata questa sua caratteristica. Nei romanzi della Rowling dice che ha soltanto le "ossa grandi", mentre nella Hogwarts torinese che ho diretto per un breve tempo la mia Madame Maxime ha le ampie spalle e la caparbietà di una preside.
Lo scambio di saluti è sincero e amichevole ed insieme ci dirigiamo lungo via Cavour in direzione di Via Lagrange.
Il capello grigio, che sottolinea l'anzianità di Madame Maxime, le dona più del nero della gioventù. Il naso aquilino è utilizzato per spostare e appoggiare meglio gli occhiali quando osserva con maggiore attenzione. Gli occhi chiari si sono velati dal tempo ma non l'hanno mai messa in difficoltà per quella sua tipica proprietà di attenta osservatrice che la contraddistingue. Non è grassa nonostante la sua altezza. Le gambe sono il suo punto di forza; possono percorrere miglia con lunghe falcate, nonostante la sua caviglia sottile e il dorso del piede molto pronunciato. Il suo vezzo principale è di mantenere il viso sempre rivolto al sole per abbronzarsi comportandosi come un girasole. L'ho conosciuta tanti anni orsono a Mondovì in una birreria mentre si dissetava con un enorme boccale di birra e fumava dalla pipa. Credo che Madame Maxime abbia saputo godersi la vita. Da persona riflessiva credo che Ella fosse epigona di Petra Trischmann la quale afferma che "una pipa da al saggio il tempo di riflettere, all'idiota qualcosa da mettere in bocca".
Se un difetto devo trovarle, questo è l'alito fetente, che quando ti parla da vicino gli effluvi ti colpiscono, quasi stordendoti.
Davanti a palazzo Cavour non posso non soffermarmi su qualche particolare della vita di Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella, noto semplicemente come conte di Cavour o Cavour (Torino, 10 agosto 1810 – Torino, 6 giugno 1861), politico e patriota italiano. Mi esonero dal raccontarvi tutta la sua breve ma intensa vita, che chi conosce e ama il paese in cui viviamo sicuramente non ignora o sarà interessato a leggersela con calma, essendo la stessa in simbiosi con la nascita dello stato unitario.
Quindi solo brevi cenni di chi fu ministro del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852, capo del governo dal 1852 al 1859 e dal 1860 al 1861. Nello stesso 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia, divenne il primo presidente del consiglio dei ministri del nuovo Stato, e morì ricoprendo tale carica.
Benché il Palazzo sia vicino al monumento dedicato a Giuseppe Mazzini, Camillo lo contrastò apertamente per le sue idee repubblicane e spesso si trovò anche in urto con Giuseppe Garibaldi delle cui azioni temeva il potenziale rivoluzionario.
Camillo nacque in questo palazzo il 10 agosto 1810, nella Torino napoleonica. Suo padre, il Marchese Michele Benso di Cavour era amico del governatore generale di Torino , il principe Camillo Borghese (marito di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone) che fu anche padrino di battesimo di Camillo al quale trasmise il nome. La madre invece , Adèle de Sellon (1780-1846), apparteneva ad una ricca famiglia calvinista di Ginevra.
Faccio una breve digressione per ricordare come Paolina Bonaparte odiò sempre Torino, ritenendola noiosa, conservatrice ed eccessivamente bigotta e ripetutamente chiese al fratello di darle il permesso di rientrare in Francia, ma le fu sempre negato. Inoltre Paolina era moglie infedele e il marito alla fine, non tollerando più le sue continue scappatelle, l'abbandonò.
Camillo frequentò il 5º corso della Regia Accademia Militare di Torino per essere poi trasferito come ufficiale nel 1830 a Genova, dove ebbe modo di conoscere la marchesa Anna Giustiniani Schiaffino con la quale avvierà un'importante amicizia e un lungo ed intenso rapporto epistolare.
Accompagnato dall'amico Pietro De Rossi Di Santarosa, dal dicembre del 1834 iniziò a viaggiare all'estero per studiare lo sviluppo economico di paesi largamente industrializzati come Francia e Gran Bretagna.
Camillo all'età di 22 anni divenne Sindaco di Grinzane, dove la famiglia aveva dei possedimenti, e ricoprì tale ruolo fino al 1848 , benché la sua comparsa sulla scena politica risalga al 1847 come fondatore, assieme al cattolico liberale Cesare Balbo, del periodico "Il Risorgimento", di cui assunse la direzione.
Poco avvezzo alla mondanità, lo troviamo comunque nel marzo 1841 tra i fondatori della "Società del Whist", club prestigioso costituito dalla più alta aristocrazia torinese.
Camillo diventa Ministro dell'Agricoltura e del Commercio del regno di Sardegna l'11 Ottobre 1850, e nell'aprile 1851 assume anche l'incarico di ministro delle Finanze. Incarichi che svolse fino al maggio 1852, con Massimo D'Azeglio come Presidente del Consiglio.
Ma tornando alla vicenda che unisce il fratello Giacomo e Camillo, dobbiamo arrivare alla promulgazione delle cosiddette leggi Siccardi (9 aprile e 5 giugno 1850) che abolirono vari privilegi del clero nel Regno di Sardegna e con le quali si aprì una fase di scontri con il Papa Pio IX.
Fra questi ultimi ci fu il rifiuto di un sacerdote di impartire l'estrema unzione all'amico di Cavour, Pietro di Santarosa, morto il 5 agosto 1850. A seguito di questo rifiuto Cavour, come reazione, ottenne l'espulsione da Torino dell'Ordine dei Servi di Maria, nel quale militava il sacerdote che si era rifiutato di impartire il sacramento, influenzando probabilmente anche la decisione di arresto dell'arcivescovo di Torino Luigi Franson.
Inoltre anche la legge sui conventi, contribuì a rendere roventi i rapporti tra il regno di Sardegna, con il Governo presieduto da Camillo Benso Conte di Cavour, e lo Stato Pontificio, in quel contesto noto come crisi Calabiana.
Camillo, divenuto Presidente del Consiglio l'11 Novembre 1852 , presentò alla Camera il 28 novembre 1854 la legge sui conventi. La norma prevedeva la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento o all'assistenza dei malati, e ciò nell'ottica del liberalismo anticlericale. La forte opposizione del clero fece in modo che il Re, ma soprattutto il Senato, bocciasse la legge. Ciò provocò le dimissioni di Camillo (27 aprile 1855) aprendo una crisi politica chiamata crisi Calabiana dal nome del vescovo di Casale Luigi di Calabiana, senatore e avversario del progetto di legge.
Tuttavia dopo qualche giorno dalle dimissioni, e cioè il 4 maggio 1855, Camillo fu reintegrato dal Re nella carica di Presidente del Consiglio, vista l'impossibilità di formare un nuovo governo. La legge fu così approvata con un emendamento che lasciava i religiosi nei conventi fino all'estinzione naturale delle loro comunità. A seguito dell'approvazione della legge sui conventi, il 26 luglio 1855 Papa Pio IX emanò la scomunica contro coloro che avevano proposto, approvato e ratificato il provvedimento.
Sul piano della politica estera, tesa soprattutto all'unificazione nazionale, ricordiamo solo la lunga serie di trattative con Napoleone III, funestate dall'attentato di Felice Orsini allo stesso imperatore dei francesi, per arrivare, nel 1858, agli accordi segreti di Plombières fra il Conte Cavour e Napoleone III.
Tali accordi prevedevano che, in caso di guerra contro l'Austria, la penisola italiana sarebbe stata divisa in quattro stati principali legati in una confederazione presieduta dal papa: il Regno dell'Alta Italia sotto la guida di Vittorio Emanuele II, il Regno dell'Italia centrale, lo Stato Pontificio limitato a Roma e al territorio circostante ed infine il Regno delle Due Sicilie. Firenze e Napoli sarebbero passate nella sfera d'influenza francese, in compenso la Francia avrebbe ricevuto i territori di Nizza e della Savoia.
L'episodio più tumultuoso della vita politica di Cavour, se si esclude quello avvenuto con Vittorio Emanuele II dopo l'armistizio di Villafranca, fu sicuramente lo scontro con Garibaldi dell'aprile 1861, avvenuto a seguito del decreto sullo scioglimento dell'esercito di volontari garibaldini. In difesa del suo esercito, Garibaldi, il 18 aprile 1861, accusando «la fredda e nemica mano di questo Ministero ( Camillo Benso conte di Cavour)» di aver voluto provocare una «guerra fratricida», pronunciò un memorabile discorso di accusa alla Camera. Il Conte reagì chiedendo invano al Presidente della Camera, Rattazzi , di richiamare all'ordine il generale. La seduta fu sospesa e Nino Bixio tentò inutilmente nei giorni successivi una riconciliazione che non avvenne mai completamente.
Madame Maxime, mi congeda con un saluto schietto, allontanandosi con la sua "sportina" della spesa; è una strega davvero eccezionalmente dotata, che è riuscita a costruire negli anni un sistema che ha dato molto lustro alle attività della Hogwarts torinese e non solo.
È una donna di importante ingegno e acuta osservazione. Ogni minimo dettaglio per lei determina il tutto ed è rigorosa con particolare attenzione alla forma anche quando non sarebbe opportuno, ma è questo dettaglio che semina i presupposti delle relazioni che intrattiene. Veste sportivamente ma con un'eleganza sobria e distaccata dalla vita mondana. Donna con un passato di storia che ha plasmato un carattere non comune. Decisa e coerente nelle scelte. Severa con se stessa, sa concedersi momenti di libertà che vanno dal gusto per il buon cibo al puro divertimento. Potrebbe essere, anche se per origini non è, la tipica sabauda. Il suo carattere è apparentemente mite ma con cipiglio. Purtroppo l'unica cosa che rimpiango della Hogwarts torinese è che dovevo sostenere con lei un esamino di verifica, per poter continuare a svolgere una mia antica passione che non ho potuto continuare a coltivare.
Ormai sono all'angolo di via Cavour con via Lagrange e guardo Palazzo Benso di Cavour, un buon esempio di barocco piemontese. L'edificio fu costruito nel 1729 da Gian Giacomo Plantery per volere di Michel Antonio conte di Cavour, gentiluomo del re Carlo Emanuele III di Savoia e nonno di Camillo Benso.
Palazzo Cavour è uno degli edifici storici più rilevanti di Torino; sia perché Camillo vi nacque e vi morì e poi perché rappresenta uno dei migliori esempi dell'architettura barocca piemontese del Settecento. Il palazzo sorge al numero 8 di via Cavour, proprio all'incrocio con via Lagrange, dove all'angolo vi è posto un antico orologio. Fu dunque nelle stanze di questo palazzo che si svolse la vita di Camillo Cavour, all'infuori dei suoi viaggi all'estero e delle sue permanenze nelle dimore di Leri (VC) e di Santena (TO).
Il palazzo fu abitato dalla famiglia di Cavour fino alla morte del conte, poi parte del palazzo fu occupata dal banco di Napoli e nel 1928 venne in possesso della federazione fascista del Commercio della Provincia di Torino che curò alcuni importanti restauri.
Prima della scelta della Regione Piemonte di restaurare il piano nobile del palazzo per farne una prestigiosa sede espositiva e di rappresentanza, le sale erano occupate dalla Corte dei Conti (fino al 1995).
È in questo palazzo che fu fondato il giornale legato a Cavour, "Il Risorgimento", e dove si discussero e si decisero le sorti della nuova patria italiana con i personaggi illustri dell'epoca.
Nell'osservare una piccola porta ormai dimenticata, ingresso secondario sul lato di via Lagrange da cui passò segretamente verso le 9 di sera del 5 giugno 1861 Vittorio Emanuele II per visitare Cavour morente, ricordo gli ultimi giorni di Camillo Benso conte di Cavour.
Dobbiamo tornare al 29 maggio 1861 ed immaginare il correre frenetico in questa via di medici e personalità che accorrono al capezzale del Primo Ministro dopo che questi ebbe un malore, attribuito dal suo medico curante, dott. Rossi, ad una delle crisi malariche che lo colpivano periodicamente da quando in gioventù Camillo aveva contratto la malattia nelle risaie di famiglia del vercellese. Allora la malaria veniva curata con i salassi, mentre il chinino si usava solo come febbrifugo. Infatti fin dal 1600 l'estratto della corteccia dell'albero della china veniva usato contro le febbri, ma non si conoscevano ancora le sue proprietà antimalariche. Camillo rigettò ripetutamente il chinino e nonostante tutte le cure praticate, conscio che era ormai verso la fine della sua vita, chiese di vedere il suo amico, il padre francescano Giacomo da Poirino. Il Dott Rossi e poi i due consulti chiesti al Dott. Maffoni e al Dott. Riberi chiamati al capezzale, diagnosticarono una "congestione con minaccia di versamenti al cervello", da curarsi con salassi come terapia adottata per evitare emorragie interne. Il Dott Riberi si limitò a consigliare di far bere del brodo al malato perché aveva il polso debolissimo. Se avessero, forse, insistito con il chinino la storia d'Italia sarebbe sicuramente diversa.
Quello che avvenne la sera del 29 Maggio 1861 è ancora avvolto in molte nebbie. Camillo cenò come al solito con il fratello Gustavo e con il nipote Ainardo; così il racconto della nipote Giuseppina Alfieri, moglie di Ainardo: «Mangiò di buon appetito, parlò della discussione del giorno, si intrattenne di affari di famiglia e, fra le altre cose, raccomandò a mio padre di restaurare il castello di Santena. "È là - soggiunse - dove voglio riposare un giorno, vicino ai miei"». Dopo cena, continua il racconto, Camillo andò a fumare un sigaro sul terrazzo, ma preso da leggeri brividi, primi sintomi della febbre, si ritirò nel suo appartamento per la notte.
Il racconto ufficiale della nipote differisce da quanto riportato nei suoi ricordi da Michelangelo Castelli (deputato e senatore del Regno di Sardegna), secondo cui dopo cena Camillo, si sarebbe fatto portare a far visita a Bianca Ronzani, sistemata a spese del conte in una graziosa villetta sulla collina torinese. Pare anche, da quanto racconta il Castelli, che si trattenne pochi minuti, il tempo di bere una bibita gelata e tornare in carrozza nel suo palazzo.
In quei giorni il capezzale di Camillo Benso di Cavour, fu oggetto anche di una lunga visita del principe di Carignano, il futuro Re Umberto I.
La vicenda dell'amico Fratello Giacomo, che aveva promesso a Camillo di somministrargli l'estrema unzione, ignorando così la scomunica del 1855, recandogli la Comunione con una pubblica processione per le vie cittadine, ci porta anche a diverse versioni sulle sue ultime parole pronunciate. Di certo il presidente del Consiglio anche in punto di morte non ritrattò le sue scelte fatte in precedenza, anzi, sembra che le sue ultime parole rivolte a fratello Giacomo furono "libera Chiesa in libero Stato", mentre invece la versione di Luigi Carlo Farini (medico, storico e politico italiano, per breve tempo Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1862 e il 1863) afferma che le ultime parole del Conte furono: «L'Italia è fatta - tutto è salvo», così come dice di averle intese al capezzale. Credo che Camillo le disse entrambe in momenti diversi della sua agonia.
Così il 6 giugno 1861, a meno di tre mesi dalla proclamazione del Regno d'Italia, Camillo moriva dietro a una di quelle finestre del palazzo di famiglia. Fu tumulato nella cappella di famiglia della residenza di Santena. Lo statista è sepolto per sua volontà vicino al nipote Augusto Benso di Cavour, figlio di suo fratello Gustavo, morto a ventuno anni nella battaglia di Goito e di cui godeva un profondo affetto, tanto da conservare la sua divisa insanguinata per tutta la sua breve vita.
Invece il rapporto con il fratello, il Marchese Gustavo con cui condivideva la casa paterna, era da tempo teso, non solo per le ragioni politiche che li contrapponevano, ma sopratutto per questioni di interesse. Il Marchese Gustavo accusava il fratello di sperperare il denaro di famiglia in futili spese di rappresentanza. Ricordiamo che il fratello era il primogenito, quindi portava il diritto di utilizzare il titolo nobiliare del padre Michele, mentre Camillo essendo secondogenito poteva utilizzare il titolo di Conte all'uso francese di cortesia. Solo alla morte del fratello Gustavo avrebbe acquisito il titolo di Marchese, ma ciò ovviamente non avvenne.
Ma anche su Camillo Benso conte di Cavour si aggirarono diverse storie ed aneddoti, tra le quali quella che vede Camillo all'età di 13 anni nel periodo del carnevale, vestito come un nano con un abito scarlatto bordato oro a rappresentare un putto alato, durante una rappresentazione teatrale "I poeti ai campi Elisi". Pare che alla conclusione della rappresentazione tenutasi al teatrino dell'Accademia avesse detto: "Mi avete vestito come un gambero cotto". Oppure, sempre parlando di nani, l'aneddoto che vede Camillo incontrare, uscendo dal suo studio in Palazzo Carignano, un nano rosso che fece al conte una particolare raccomandazione: "Non bussare, apri la porta e va avanti, è il tuo momento" e ciò accadde quando il conte stava decidendo la partecipazione del Piemonte alla guerra di Crimea, al fianco di altre grandi potenze.
Mi sovviene però un altro aneddoto, che non centra nulla con Camillo e che vede protagonista sempre un nano, questa volta in costume verde che avrebbe incontrato Napoleone Bonaparte mentre era a passeggio in un parco secolare e che annunciò quindici anni di successi, infatti l'aquila napoleonica atterrerà quindici anni dopo nella piana di Waterloo.
Una piccola vicenda, quella dei nani, oggetto di interesse di molti esoteristi torinesi, parigini e inglesi.
Inoltre in gioventù Camillo fu nominato paggio di corte nel luglio 1824 e costretto ad abbigliarsi con una tenuta color rosso scarlatto nei ricevimenti di palazzo reale, cosa che non sopportava proprio per i vestiti che era obbligato ad indossare, ritenendolo un abbigliamento da lacchè. Fu allontanato dalla corte nel 1826 per insofferenza e liberalismo.
Anche sulla morte di Camillo la fantasia popolare ha alimentato leggende che ne attribuivano la causa all'avvelenamento voluto da Napoleone III, assetato di vendetta dopo essere stato raggirato sull'unità nazionale italiana, ma anche alla maledizione divina, invocata da "Civiltà cattolica" e da tanti papalini.
Un mistero rimane la storia d'amore che avrebbe legato Camillo alla bella ballerina Bianca Ronzani, di origine magiara o forse prussiana, un rapporto sentimentale che intratteneva dal 1856. La ballerina era giunta a Torino con marito, il triestino Domenico Ronzani, anch'esso ballerino, mimo, coreografo e impresario. La conoscenza tra Camillo e la giovane e piacente ballerina era avvenuta a seguito di una udienza chiesta al Presidente del Consiglio per ottenere sovvenzioni statali per risollevare le esauste finanze del Teatro Regio, amministrato dal marito. Ovviamente ebbe argomenti convincenti, tanto da ottenere da Camillo, in qualità di ministro delle Finanze, la concessione delle sovvenzioni richieste. Ciò comunque non fu sufficiente a salvare il marito dalla bancarotta. Nel 1858 il Ronzani, per sottrarsi ai creditori, ripara prima a Genova e poi si imbarca su un piroscafo diretto in Sudamerica. La moglie Bianca invece rimane a Torino.
Della sua relazione con Camillo si conosce poco se non una parte del carteggio tra i due amanti. Quello più ardito venne acquistato nel 1894 da Costantino Nigra (diplomatico, politico e poeta) a Vienna presso l'antiquario Alessandro Posonyi; 24 lettere indirizzate da Camillo alla Bianca Berta di Valentino Sevierz-Ymar in Ronzani, carteggio che distrusse con l'assenso del re d'Italia e degli eredi. Tali lettere furono ritenute scandalose poiché «inspirate da una violenta passione, scritte con imprevidente abbandono, piene di particolari del carattere più intimo».
Dopo la morte di Camillo, la bella ballerina vendette i doni dell'amante e con il denaro raccolto si trasferì, forse in compagnia di un giovane slavo, a Parigi, dove morì in miseria nel 1863. Camillo Benso conte di Cavour nei suoi due testamenti non fa nessun lascito alla Ronzani. I più ben informati dicono che non è da escludere che Camillo avesse incaricato il nipote Ainardo, suo erede, ad elargire denaro alla Ronzani, ottenendo magari in cambio la corrispondenza tra i due, quella che è rimasta in mano agli storici.
Un altro mistero è la morte di Giovanna Tessier, per la quale si parla addirittura di presenza demoniaca nella sua uccisione, probabilmente avvenuta a scopo di furto e che accadde nel 1873 . L'ottantenne Tessier trovò la morte nel suo letto trafitta da 10 coltellate. Giovanna Tessier fu per anni la cameriera del Conte Camillo e ciò provocò grande clamore nella città di Torino.



Fine XVII parte.