Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (XIX parte)

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Gilderoy LockhartLa Piazza è intitolata al re di Sardegna Carlo Felice (Torino 1765-1831). È una piazza elegante, porticata su tre lati, realizzata nel 1861 dall'architetto francese Pierre Barillet-Deschampes, con al centro il giardino recintato Sambuy, ed è il biglietto da visita della città per chi arriva alla stazione ferroviaria di Porta Nuova. La piazza è un salotto all'aperto, frequentato da giovani coppie di innamorati, che trovi sedute sulle panchine, mentre sono prese nelle loro effusioni amorose, lontane dagli occhi indiscreti dei passanti, grazie alla folta vegetazione degli alberi. Il giardino è movimentato da leggere ondulazioni del terreno e da vialetti in porfido che lo attraversano diagonalmente offrendo vedute con diverse prospettive. È impreziosito da piante ad d'alto fusto, da un bel laghetto con tanto di alto zampillo, da una fontana e da un gazebo che ospita dalla primavera all'autunno concerti ed altre manifestazioni.
Si affaccia sulla piazza anche la stazione di Porta Nuova, il cui nome deriva da una struttura provvisoria fatta erigere dal duca Carlo Emanuele I per l'ingresso solenne di Maria Cristina di Francia nel 1620 come sposa del principe ereditario Vittorio Amedeo I. In seguito sostituita da una struttura più resistente: la porta ad arco era situata presso il centro dell'attuale piazza, in corrispondenza della fontana, all'inizio del rettilineo che, passando attraverso Piazza San Carlo, arriva direttamente a Palazzo Reale; la struttura venne poi demolita durante l'occupazione francese. La stazione ferroviaria, con la sua bellissima ed imponente facciata è un'inconfondibile prospettiva della piazza. Fu progettata nell'anno dell'Unità Nazionale, il 1861 e terminata nel 1868,. La facciata della stazione ferroviaria più importante di Torino è stata disegnata da Carlo Ceppi ed offre una mirabile prospettiva su Torino per il turista che si affaccia dalle ampie porte d'uscita. Il giardino ospita diverse statue, tra cui il mezzo busto di Ernesto di Sambuy a cui è intitolato il giardino. Ernesto Balbo Bertone conte di Sambuy, fu sindaco di Torino tra il 1883 e il 1886 nonché deputato e senatore del Regno. Vi è anche un memoriale dedicato a Edmondo De Amicis dell'artista Edoardo Rubino. De Amicis è rimasto nel cuore di intere generazioni di torinesi per aver scritto ed ambientato la sua più famoso opera letteraria "Cuore" proprio in questa città. Il monumento espone il profilo di De Amicis su di un grosso blocco di marmo attraverso una festosa allegoria di tutti i maggiori personaggi della sua opera letteraria, compresa "la maestrina dalla penna rossa" che non fu un'invenzione dell'autore, ma una persona reale che egli descrisse, si trattava della maestra torinese Eugenia Barruero che abitava sotto la Mole Antonelliana, in largo Montello 38. Sulla piazza si affaccia l'albergo Roma, dove il 27 agosto 1950 Cesare Pavese si tolse la vita; costui fu uno dei maggiori scrittori del Novecento, nativo di Santo Stefano Belbo, la sua enorme sensibilità lo portava a vivere una vita solitaria e lo condusse al suicidio che avvenne all'età di quarantadue anni dopo un breve ma intenso rapporto sentimentale con l'attrice americana Costance Dowling. Pubblicò inoltre diversi romanzi e poesie, nonché saggi di politica, religione e psicologia. Durante la seconda guerra mondiale fu mandato al confino per attività antifasciste; il giornale La Stampa riportò la notizia con la testimonianza dell'amico Paolo Spriano, il quale affermava che fino a sera (sabato) Pavese si fosse intrattenuto con lui fin dopo la mezzanotte. Pavese raggiunse poi l'albergo Roma dove soggiornava da alcuni giorni in quanto la sorella con cui viveva in via Lamarmora, si era trasferita con la famiglia in campagna per il periodo estivo. Mentre il cronista della Gazzetta del Popolo, in un circostanziato racconto sulla sua morte scrive che lo scrittore rientrò in albergo intorno alle 20 e, prima di ritirarsi, ordinò al personale una tazza di tè. Alle 20.30 della domenica, non avendolo visto scendere dalla stanza l'albergatore impensierito per il silenzio, fece forzare dal cameriere la porta della sua stanza, al numero 43. Lì, con la luce accesa, trovarono Cesare Pavese riverso sul letto senza vita, privo delle scarpe, con un braccio piegato sotto la testa e un piede che penzolava fuori dal letto. Ritrovarono anche venti bustine vuote di sonnifero sulla mensola del lavabo e sul davanzale della finestra i resti di una lettera incenerita. Si trattava di alcune righe scritte a matita sul frontespizio dei Dialoghi con Leucò, il libro da lui preferito, e che dicevano: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». Non fu eseguita l'autopsia, venne registrato semplicemente come causa della morte un «avvelenamento da barbiturici».
La piazza è coronata da palazzi ottocenteschi con portici firmati da Giuseppe Leoni, Giuseppe Frizzi e Carlo Promis che, sul lato nord, ben si accordano alla centrale Via Buova, ora via Roma, con un'esedra semicircolare. Sotto i portici della piazza vi sono rinomate pasticcerie, caffè e antiche confetterie come "Avvignano" presente in piazza Carlo Felice dal 1926, in un locale storico risalente al 1883, con scaffali e mobilia in stucco originali e poi ancora "Giordano" quest'ultima una cioccolateria presente dal 1897. Forse la più nota è quella legata al cioccolato Talmone, diventato celebre per la pubblicità dei "vecchietti del cioccolato". Questo locale prima di essere trasferito in piazza Carlo Felice era situato in via Cavour ed era frequentato da Camillo Benso conte di Cavour, da Giovanni Giolitti e da Guido Gozzano. La Michele Talmone fu infatti una fabbrica di pregiato cioccolato e cacao fondata a Torino nel 1850.
Ma intorno alla piazza troviamo anche prestigiose gallerie d'arte e la famosa libreria "Dante Alighieri" che fu per molto tempo ritrovo di letterati e artisti.
Mi siedo su una panchina ad osservare i passanti, alle mie spalle la Stazione di Porta Nuova, e uno spazio ora occupato da un moderno punto d'informazione; lì vicino vi era anticamente il monumento dedicato a Massimo d'Azeglio, poi spostato in corso Vittorio Emanuele, angolo corso M. D'Azeglio.
Vedo attraversare la strada, ed entrare dal cancello della piazza che si affaccia verso la piccola piazzetta dedicata a Giuseppe Luigi Lagrange ( Torino 1736 - Parigi 1813), un mago da me ben conosciuto. La piazzetta da dove arriva Gilderoy Allock (Gilderoy Lockhart) è intitolata al matematico e astrologo che abitò nel palazzo confinante con palazzo Cavour: Joseph-Louis Lagrange, indicato come "ragazzo prodigio" fu tra i fondatori nel 1757 dell'Accademia delle Scienze, docente alla reale scuola militare di Torino nel 1755, chiamato a Berlino da Federico di Prussia come docente, prese posto nella direzione della Reale Accademia di Berlino alla morte del celebre Eulerone. Nel 1787 insegnò alla Scuola Politecnica di Parigi e lì fu insignito della Legion d'Onore. Un monumento, posto al centro della piazzetta lo immortala in piedi vicino ad una pila di libri. Curioso sapere che quella piazzetta era precedentemente dedicata a Franco Bonelli, un celebre zoologo piemontese.
Guardo transitare Gilderoy Allock, che avanza con passo sicuro, a testa alta come se tutti lo stessero ammirando.
Gilderoy Allock nella Hogwarts della Rowling, afferma nel suo sito ufficiale, che il personaggio prende ispirazione da una persona da lei realmente conosciuta, simile in tutto e per tutto nei comportamenti e atteggiamenti come nella mia Hogwarts torinese. La Rowling lo descrive come un mago di bell'aspetto, con fluenti e biondi capelli ondulati e un sorriso seducente. Si veste ispirandosi ai temi romantici, i suoi abiti sono sempre arricchiti da foulard e rasi svolazzanti, di colori sgargianti ma sempre di tonalità pastello. È stato insignito dell'Ordine di Merlino, terza classe, e ha vinto cinque volte il premio Sorriso più Seducente del Settimanale delle Streghe.
Il mio Allock torinese, anche se originario di lontane vallate è una figura che già da lontano si presenta come un uomo sicuro di sé, fatto che si evince dal passo fiero e dalla postura eretta. Non è né particolarmente brutto né particolarmente bello, un tipo ordinario insomma, un individuo alto circa 1.80 m, di corporatura normale e che dimostra gli anni che ha. Subito salta all'occhio il capo di forma ovale e completamente rasato che svela il tentativo di mettere a tacere un elevato grado di calvizie, il quale mette in risalto il naso leggermente adunco e molto prominente, e le orecchie che, nonostante siano di dimensioni ridotte e non siano a sventola, danno l'idea di essere abbastanza pronunciate. Le labbra sono sottili ed incorniciate da un taglio di barba scura estremamente sottile e di tipo circolare, curato con molta precisione ed attenzione. Con la scelta di questo stile sembra quasi che voglia già cercare di dirigere l'attenzione (sia propria che degli altri), sulle proprie parole. Di fronte all'abbozzo di un suo sorriso si può notare come esso sia forzato, il classico "sorriso a 32 denti", altro evidente segno dell'importanza che dà all'apparire. Ciò crea il formarsi di profonde rughe di espressione ai lati della bocca, l'arricciarsi del naso dandogli un ulteriore forma ondulata e il gonfiarsi di due vene ai lati degli occhi che svaniscono con il salire della fronte; il sorriso inoltre scopre dei denti perfettamente bianchi, diritti e curati. Gli occhi hanno un taglio comune, sono media grandezza e l'iride si presenta di color castano scuro, il tutto contornato da un leggero ma visibile alone scuro dovuto all'incavo oculare. Le sopracciglia sottili e scure non sono modellate a mano poiché presentano naturalmente una conformazione ad "ala di gabbiano" che molti ottengono solo grazie all'aiuto di cure estetiche.
Attraversa la piazza, senza guardarsi intorno, come se fosse sceso un attimo dall'Olimpo per offrire beneficamente ai mortali di un po' della sua luce che emana.
Lo vedo raggiungere i portici e scomparire in piazza Pietro Paleocapa. Una piccola ma bella piazza, gemella e simmetrica a piazza Lagrange. Questa piccola piazza elegante è da poco tempo divenuta di grande respiro commerciale con le sue boutique di gusto. Anche qui troviamo, come la sua dirimpettaia piazza Lagrange, il monumento con la statua dedicata a Pietro Paleocapa (1788-1869). Essa è inoltre assediata dalle auto e utilizzata da gruppi di giovani e moderni vandali per scrivere le loro oscenità oltreché a fracassarle il naso e il piede, spezzandovi altresì il bastone da passeggio in cui è raffigurato il ministro dello Stato Sabaudo, promotore dello sviluppo delle infrastrutture stradali e ferroviarie. Non è raro vedere una piccola discarica di bottiglie e lattine posta ai piedi dell'insigne statista. La statua fu eseguita da Odoardo Tabacchi (1831-1905) e qui collocata nel 1871, nella piazza a lui dedicata ed è ritratto seduto in posa naturale, comodamente seduto su una poltrona, con il cappotto sullo schienale. L'epigrafe incisa lo ricorda come "l'uomo che tutta Europa ha ammirato".
Pietro Paleocapa nacque a Bergamo nel 1789 da un'antica famiglia di origine greca, studiò all'Università di Padova e fu allievo della Scuola Militare di Modena. Divenuto tenente nel Corpo del Genio fece la campagna del 1813 e poi trovò impiego nel Corpo degli ingegneri di acque e strade a Venezia. Divenne membro del Collegio degli ingegneri della Giunta del Censimento di Milano nel 1820, venne in seguito inviato a Vienna nel 1827 dove ebbe modo di visitare la ferrovia in Costruzione in Boemia. Nel 1829, rientrato nel servizio di acque e strade, fu nominalo Ingegnere Capo a Venezia, nel 1833 Ingegnere idraulico e nel 1840 Direttore generale delle costruzioni pubbliche. Attuò piani di sistemazione del Brenta, del Bacchiglione e dell'Adige, coordinò la bonifica delle Valli Veronesi e del porto di Malamocco. Durante la rivoluzione a Venezia, fece parte del governo provvisorio presieduto da Manin come ministro degli Interni e dei Lavori Pubblici ed in tale veste propugnò l'annessione del Veneto al regno Sardo-Piemontese. Dopo l'annessione, Paleocapa diventò deputato al Parlamento subalpino e Ministro dei Lavori Pubblici nel governo sabaudo di Gabrio Casati (Governo Casati) e nuovamente Ministro nel governo D'Azeglio e quasi senza soluzione fino al 1855; Cavour amava definirlo un uomo "ricco di accortezza e malizia ellenica". La sua attività di ministro fu volta alla creazione di una rete stradale in Sardegna, all'estensione della rete ferroviaria in tutto il Paese, allo sviluppo dei collegamenti telegrafici ed ai lavori portuali. Nel 1855 fu nominato membro della Commissione Internazionale per lo studio del Canale di Suez insieme a Luigi Negrelli. Purtroppo l'aggravarsi di una malattia che lo rese cieco, lo costrinse nel 1857 ad abbandonare la carica ministeriale ma rimase nel Gabinetto come ministro senza portafoglio. In particolare a Torino promosse lo sviluppo ferroviario con l'obiettivo di collegare il territorio sabaudo con l'oltre l'arco alpino francese portando a compimento la progettazione del Traforo ferroviario del Frejus. Alla fine del 1860, sotto le insistenze di Camillo Benso Conte di Cavour accettò la Presidenza del Consiglio di Amministrazione delle Strade Ferrate della Lombardia e dell'Italia Centrale e ne curò la complessa fusione con la rete del Piemonte, con il nuovo nome di Società Ferrovie dell'Alta Italia. Nel 1866, liberata Venezia, venne nominato Presidente della Commissione Reale per i ponti e i canali e condusse in porto molti importanti progetti. Paleocapa si spense ottantenne il 7 febbraio 1869 a Torino e solo due anni dopo la prima locomotiva transitava sotto la galleria del Frejus. Un personaggio dimenticato da molti torinesi che però permise loro di essere più rapidamente collegati alle maggiori capitali d'Europa ed ai maggiori capoluoghi italiani. Nell'atrio dì uscita della stazione di Porta Nuova si può ancora vedere il suo busto in marmo a riconoscenza delle meritorie attività svolte per la rete ferroviaria italiana.
Mentre mi accingo a lasciare i giardini Sambuy e piazza Carlo Felice attraversando Corso Vittorio Emanuele mi sovviene ancora Allock Gilderoy, la Rowling lo racconta come un mago che nei suoi innumerevoli libri autobiografici, riesce a compiere delle imprese straordinarie. Allock, nel secondo libro della Rowling, diventa professore di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts, non per abilità maggiori ma per assenza di candidati. A causa dei suoi comportamenti eccessivamente melensi si fa subito l'odiare dagli altri professori e dagli studenti, mentre le studentesse sembrano esserne ammaliate. In verità, Allock Gilderoy, è un mago poco abile, anzi non aveva mai compiuto imprese eroiche, sembra che abbia utilizzato gli incantesimi di memoria per modificare la mente a maghi e streghe che avevano effettivamente compiuto quelle nobili gesta impadronendosi della notorietà e gloria altrui. Grazie ai libri autobiografici riguardanti queste avventure, faceva sembrare che le avesse compiute lui. La conferma dei sospetti sulle sue effettive capacità giunge quando dagli altri professori viene indirizzato verso la Camera dei Segreti a salvare Ginny che era stata rapita dal basilisco. Invece preso dalla paura confesserà a Ron ed Harry di aver solo cancellato la memoria ai maghi che avevano compiuto le imprese da lui raccontate. Tenterà di cancellare la memoria anche ai due amici, ma la bacchetta, essendosi rotta, cancella gran parte della sua memoria impedendogli di ricordare le sue malefatte e di essere un mago. Ciò lo costringerà a farsi ricoverare all'ospedale San Mungo, in modo tentare di recuperare la memoria.
L'Allock torinese, come quello della Rowling ha la straordinaria capacità, devo ammetterlo, di riuscire a parlare di argomenti che non conosce facendo intendere che invece ne è un esperto. L'arte della retorica è sicuramente un pregio ma non è possibile applicarla stucchevolmente in ogni caso, infatti ci sono delle situazioni in cui è necessario ricevere una risposta chiara e decisa ma che lui, immedesimato ormai nella parte del buon relatore, non riesce a dare provocando nell'interlocutore una certa impazienza ed irritazione. Spesso (molto spesso) ciò è dovuto al fatto che non conosce realmente la risposta alla domanda ma sarebbe troppo degradante per lui ammetterlo, è così sfinisce il malcapitato, che ha avuto l'insana idea di rivolgergli la parola, con frasi su frasi senza significato. Purtroppo in molte di queste occasioni ne risulta come un veterano poiché non tutti riescono a capire che in realtà non hanno ricavato niente in più di prima. In aggiunta a tutto ciò pretende che ogni virgola che esce dalla sua bocca sia accolta come una verità assoluta della quale non è dato dubitare, pena l'inimicizia a vita (che, detto tra noi, non è poi una gran tragedia). Se poi capita appunto di contraddirlo si potrà assistere ad un'improvvisa e incontrollata esplosione di rabbia la qual cosa, nel caso in cui fosse stato dalla parte della ragione, lo fa sprofondare inestricabilmente dalla parte del torto. Tutto ciò viene ilaremente sedato dalla sua autoritaria e saccente compagna di vita che lo strattona e lo conduce al guinzaglio.
Una delle sue principali occupazioni è quella di cercare di intrufolarsi in eventi creati ed organizzati da altri tentando di far risultare che in qualche modo, non solo che abbia partecipato anche lui, ma che sia lui il fautore di tutto.
Quando però capita di essere preso con le mani innegabilmente nel sacco, arretra con le orecchie abbassate puntando coraggiosamente il dito contro il primo che si trova a fianco. Quest'insieme di comportamenti gli è valso di essere contornato quasi esclusivamente da creduloni. Nonostante tutto non è una persona sgradevole, anzi è persino un uomo di spirito e buona compagnia preso "a piccoli dosi", è quando sono presenti più persone che inizia a sentirsi come in teatro di fronte ad un pubblico. Raggiungo così i portici della stazione ferroviaria, mi volto ancora a dare uno sguardo alla magnifica prospettiva che mi offre Porta Nuova su piazza Carlo Felice e via Roma.



Fine XIX parte.