La facciata si apre su un piccolo sagrato che pare più grande, grazie a due ali concave, che illusionisticamente ampliano lo spazio prospettico. Completano la facciata una gradinata semicircolare ed un portico d'accesso monumentale. Sovrastante alla trabeazione della facciata troviamo rappresentati due pesci che affiancano la conchiglia su cui è impresso il Nome di Gesù (IHS). La chiesa è a pianta ovale, con l'asse maggiore trasversale; le sue piccole dimensioni appaiono così dilatate offrendo all'occhio un ampio respiro. Le due absidi laterali non sono utilizzate da cappelle, così da costringere lo sguardo del fedele e del visitatore direttamente sull'altare maggiore, costituito da una cappella in cui la pala d'altare è illuminata da una fonte di luce nascosta, creando una scenografia teatrale che Gian Lorenzo Bernini ha spesso usato.
Uno dei motivi della mia visita è quello di guardare attentamente la tomba, posta in una cappella sul lato sinistro dell'altare in cui sono contenute le spoglie di re Carlo Emanuele IV di Savoia detto l'Esiliato (Torino, 24 maggio 1751 - Roma, 6 ottobre 1819), fu duca di Savoia e re di Sardegna dal 1796 al 1802.
Essa si presenta sobria e semplice e se non fosse per un cartello che ne indica l'importanza passerebbe sicuramente inosservata.
Carlo Emanuele, alla morte del padre Vittorio Amedeo III avvenuta il 16 ottobre 1796, gli succedette al trono come re Carlo Emanuele IV di Sardegna. Era un momento estremamente difficile per la casata sabauda, Carlo Emanuele definiva il suo trono una "corona di spine", infatti suo padre aveva dovuto cedere alla repubblica francese, con l'armistizio di Cherasco, parte del Piemonte meridionale. Il malcontento nel regno era diffuso, l'esercito era indebolito e disorganizzato, le casse dello stato erano vuote, e covava l'idea rivoluzione giacobina. Tra il 1796 e il 1798 furono sventate due congiure regicide. Seguirono una serie di umiliazioni da parte della Francia Napoleonica: fu costretto il 6 dicembre 1798 a cedere i territori rimanenti della penisola italiana e mantenne la sovranità unicamente sulla Sardegna.
Dopo la perdita del Piemonte, con la moglie si rifugiarono prima a Parma e successivamente a Firenze. Nel febbraio 1799 decise di ritirarsi in Sardegna poco prima che i napoleonici occupassero Firenze cacciando il granduca di Toscana dai suoi domini.
In Sardegna Carlo Emanuele aprì i porti alla flotta inglese per contrastare i francesi. Nel frattempo l'esercito russo liberò il Piemonte dai francesi. Lo zar Paolo I invitò Carlo Emanuele a rientrare a Torino dopo sei mesi di permanenza in Sardegna, ma quando sbarcò a Livorno nel settembre 1799 scoprì che i russi avevano lasciato il Piemonte nelle mani degli austriaci, e che questi non erano disposti a sostenere il suo ritorno. Si stabilì nella Villa di Poggio Imperiale, vicino a Firenze. Con la nomina di Napoleone alla carica di primo console della repubblica francese, Carlo Emanuele e la moglie si trasferirono a Roma, Frascati, Napoli e Caserta. Con la morte nel marzo del 1802 di sua moglie Maria Clotilde per febbre tifoidea, Carlo Emanuele distrutto dal dolore il 4 giugno 1802, a Palazzo Colonna, abdicò a favore di suo fratello Vittorio Emanuele I.
Carlo Emanuele era un cattolico, fervente e praticante. Si interessò molto alla restaurazione della Compagnia di Gesù, che era stata soppressa nel 1773. Nel 1814 l'ordine fu ripristinato e all'età di sessantaquattro anni intraprese il noviziato da gesuita a Roma. Visse nel noviziato gesuita vicino alla chiesa di Sant'Andrea al Quirinale fino alla morte, il 6 ottobre del 1819, pochi mesi dopo la visita del nipote Carlo Alberto di Savoia, e qui fu sepolto. Altrettanto interessante è la visita nelle stanze annesse alla chiesa, dove c'è la statua di San Stanislao Kostka morente di Pierre Legros.
Una bellissima statua raffigura Stanislaw (Rostkowo, 28 ottobre 1550 - Roma, 14 agosto 1568) il gesuita polacco, proclamato santo da papa Benedetto XIII nel 1726.
Pierre Legros sembra fotografare la morte del santo in un gioco multicolore straordinario di marmi. San Stanislao Kostka è coricato sul letto di morte in una posizione estatica. L'artista ha scelto di utilizzare marmi policromi, trasmettendo per l'epoca un'immagine che potremmo definire fotografica. Per l'abito da gesuita, Legros ha scelto un lucido marmo nero mentre diaspro siciliano e marmo giallo per la biancheria da letto. Le mani, i piedi e la testa sono scolpite in marmo bianco di Carrara, i capelli sono lasciati ruvidi e dal taglio composto, il volto è delicato, come lo sono le unghie e gli occhi gentilmente incisi. Una leggera camicia pare trasparire da sotto la tonaca. Le federe appaiono ricamate, come le lenzuola mosse e spiegazzate.
Curioso l'abito gesuita che indossa, sembra disegnare un giovane santo abbigliato un po' da moderno dandy, più vicino ad un mantello, essendo lo stesso non ancora ordinato prete.
Il gruppo scultoreo offre ai visitatori un immagine d'urto appena si entra nella stanza dove una volta il giovane viveva, trasmettendo l'impressione di qualcuno realmente morente. Stanislao Kostka faceva parte dell'antica nobiltà polacca: era il secondo dei sette figli di Giovanni, Signore di Zakroczym e Senatore del Regno di Polonia, e di Margherita de Drobniy Kryska, della famiglia dei duchi palatini di Masovia. Inviato nel 1564 a Vienna col fratello maggiore Paolo per studiare presso il locale collegio dei gesuiti, nella città austriaca maturò la decisione di abbracciare la vita religiosa nella Compagnia di Gesù. Tale scelta fu fortemente ostacolata dai familiari; dopo la fuga da casa e l'attraversamento a piedi della Germania, grazie al sostegno dei padri gesuiti di Dillingen, raggiunse Roma dove, nell'ottobre del 1567, divenendo un novizio gesuita, entrò nel Collegio Romano per completare gli studi ed essere ordinato sacerdote. Ammalatosi gravemente, morì nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 1568 all'età di 18 anni.
La tradizione agiografica vuole che durante una malattia avrebbe ricevuto l'eucaristia da santa Barbara, comparsa tra due angeli, e da allora sarebbe maturata la volontà di diventare padre gesuita.
Lasciato questo angolo nascosto di una Roma segreta, faccio notare come il dipinto posto dietro al letto marmoreo sia stato tagliato. È una tela di Tommaso Minardi che rappresenta il santo che viene accolto dalla vergine Maria, da santa Barbara, sant'Agnese e santa Cecilia; sicuramente il quadro è stato adattato alla stanza e lì posto dopo la scultura marmorea.
Raggiungo piazza del Quirinale e quindi il primo obelisco della mia passeggiata romana; esso è in granito ed è alto circa 29 metri. C'è chi dice che sia un imitazione degli obelischi egiziani, realizzato probabilmente al tempo di Domiziano in granito rosso di Assuan. Le fonti ufficiali lo vogliono creato in Egitto e trasportato a Roma nel I secolo d.C. Fu collocato, insieme a quello dell'Esquilino, davanti al Mausoleo di Augusto nel 10 d.C. Abbattuto dai goti, ritrovato nel 1527, fu dimenticato per molto tempo fino a che Pio VI nel 1786 lo fece restaurare ed innalzare sul Quirinale, ponendogli accanto due bei Dioscuri provenienti dalle terme di Costantino. In testa all'obelisco una sfera simboleggiante il mondo sostiene una croce cristiana, formando così una caratteristica fontana, opera realizzata dall'architetto Giovanni Antinori.
L'obelisco con la fontana dei Dioscuri si trova al centro della piazza del Quirinale, di fronte all'ingresso del palazzo dove risiede il Presidente della Repubblica, prima il re d'Italia e ancor prima residenza dei papi. La fontana terminata nel 1587 con il restauro ed il ripristino dell'antico acquedotto alessandrino, chiamato da allora "Acqua Felice" dal nome del papa Sisto V. Il Monumento con la sua fontana subì diversi rimaneggiamenti fino a quando le truppe napoleoniche lasciarono Roma.
La vasca circolare della fontana è in granito ed è stata recuperata dalla zona del "Campo Vaccino" e Raffaele Stern (al quale, di fatto, si deve la paternità dell'attuale fontana) concluse la sistemazione definitiva dell'intero gruppo come appare oggi: una grande vasca circolare al cui centro un balaustro sorregge il catino di granito di Campo Vaccino. L'area del Campo Vaccino era il nome con cui nel XVI-XVIII secolo veniva chiamata la zona in cui era sorto l'antico Foro Romano e qui fu ritrovata la fontana-abbeveratoio, costituita da una vasca in granito e da un mascherone: smantellata nel XIX secolo, la vasca venne spostata quindi sotto l'obelisco del Quirinale in piazza del Quirinale, mentre il mascherone si trova oggi in una fontana moderna a piazza Pietro d'Illiria.
Di fronte all'obelisco vi è il Palazzo della Consulta - detto anche la Consulta-: un importante edificio in cui dal 1955 ha sede la Corte costituzionale. Qui anticamente vi sorgeva dapprima il settore settentrionale delle Terme di Costantino, successivamente vi fu edificato un palazzo eretto dal cardinale Ferrero da Vercelli per ospitarvi la Sacra Congregazione della Consulta (sotto il pontificato di Sisto V) e ampliato poi da papa Paolo V.
L'attuale edificio, finito di costruire nel 1737 ad opera dell'architetto Ferdinando Fuga, fu voluto da Papa Clemente XII per ospitare sia la sede della segreteria della Sacra Congregazione della Consulta (il Consiglio di Stato Pontificio) sia della Segnatura dei Brevi e il corpo dei Cavalleggeri e quello delle Corazze (poi Guardia Nobile). L'edificio tra il 1798 e il 1814 ospitò la Prefettura di Roma e nel periodo della Repubblica Romana (1849), fu sede del Governo del triumvirato di Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi. Dopo l'annessione di Roma, dal 1871 al 1874, ospitò il principe ereditario Umberto I con sua moglie Margherita di Savoia. Successivamente, fino al 1922 vi ebbe sede il Ministero degli Affari Esteri e dal 1924 al 1953 fu sede del Ministero delle Colonie. Dal 1955 è sede della Corte Costituzionale. Il palazzo ha una forma massiccia ed impressiona la vista dei turisti sia per l'austerità della sua facciata che per le sue pesanti forme, oltre che per il ruolo di garante che oggi ricopre.
Sul lato opposto della residenza presidenziale si trovano le Scuderie del Quirinale (secolo XVIII, ora sede di mostre d'arte). Non vi narro nulla della residenza del presidente della Repubblica (Palazzo del Quirinale) in quanto note sono le sue vicende storiche, ma preferisco appoggiarmi alla bella balaustra che si affaccia sul panorama della capitale e immaginare come questa piazza fosse sempre piena di carrozze che trasportavano alti prelati, re e nobili in visita alla residenza papale, ma anche le tragiche vicissitudini che ha vissuto durante la prima e la seconda guerra mondiale. Chissà quali sensazioni di potere i palazzi che s'affacciano su questa piazza hanno trasmesso e raccolto ai loro inquilini. Questo pensiero mi fa correre la mente al film "l'avvocato del diavolo" in cui un ambizioso avvocato di provincia si trasferisce con la bella moglie a New York, coartato dal denaro e dalla fama che un potente studio legale promette: è l'inizio di un girone infernale che metterà a rischio la sua vita famigliare. L'enorme condomino messo a disposizione dall'avvocato Milton nel suo personale grattacielo evoca un gigantismo di lusso, perdizione e onnipotenza faustiana, staccando dalla realtà quotidiana il protagonista come forse per secoli i palazzi del potere romano hanno trascinato chissà quali inquilini.
Fine II parte.