Blog di Dante Paolo Ferraris

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La vestaglia granata

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vestagliaHo una vestaglia da camera color granata che ho usato assai poco, sia perché non mi ricordo di possederla, sia perché non si può definire un vero e proprio indumento.
Fa parte di quei capi d'abbigliamento che tengono spazio nell'armadio e ogni qualvolta devo fare i cambi stagionali eccola lì che mi torna tra le mani e pare dirmi attraverso la morbidezza vellutata del suo tessuto, indossami!
Ma nel mio immaginario, Lei, la vestaglia, assume le parvenze di un velo-lenzuolo-vestito, che nasconde la mia pudicizia ma che richiama, altresì, storie ed immagini licenziose.
Eppure se osservo con attenzione i film anche attuali, Lei è sempre protagonista delle migliori scene.
Sembra raccontare, o spesso rappresentare, la pigrizia di massaie appena alzate dal caldo letto che si trascinano in cucina alla presenza della moka pronta a grondare un profumato e intenso caffè, necessario per edulcorare il risveglio per poi disfarsi di Lei ed assumere un abbigliamento consono alle attività anche diurne.
Sempre nei film e forse per coloro che sono i "signori" è un pregiato tocco di eleganza con cui ricevere in casa gli ospiti per sorseggiare un ricercato cognac davanti al camino e consacrare anche durante i momenti di relax la propria nobiltà. Eppure Lei mi offre anche l'immagine di un abbigliamento "ti vedo e non ti vedo" mentre incontri fascinose e sensuali appartenenti al bel sesso. Mi offre anche il miraggio di leggiadre fanciulle che la indossano, mascherando così nudità tra i veli di seta sottilmente ricamati, favorendo la scaltrezza femminile, enfatizzando le loro procaci forme.
La perplessità che mi assilla nasce dall'uso di Lei, un indumento che mi pare essere creato ed ideato per non sconfinare oltre l'intimità delle mura domestiche.
Oppure, come nei film gialli, è anche l'armatura nella quale si avvolge un investigatore come il Commissario Maigret, quando viene svegliato in piena notte per ricevere in casa i colleghi alle prese con un improvviso omicidio.
Se così fosse, la vestaglia di ognuno di noi, sarebbe intrisa di storie: incontri peccaminosi fedeli ed infedeli, ma anche di padri e madri che coccolano la propria cucciolata e di orgogliose madri che avvolgono al proprio seno le loro piccole creature, come di storie di vita domestica quotidiana.
Potrebbero anche raccontare storie appartenenti ad un'epoca lontana, forse arcaica, ma nobile e borghese; spesso di una nobiltà ormai straccia ove trovi ricamato sul petto stemmi araldici desueti, ultimi vezzi di un fulgido passato, nel quale ormai troppo di rado siamo soliti imbatterci se non nei film ancora in bianco e nero.
Ma Lei potrebbe, anche attraverso gli odori di cui è pregna, raccontarci dei costumi e degli usi delle case, dal tipo e dalla quantità di caffè e di the, del profumo del pane e dei biscotti appena sfornati, dell'odore salato delle lacrime, del sudore dell'amante ma anche raccontarti dell'abbraccio affettuoso di un figlio e poi sempre Lei raccogliere quello di un nipote.
Forse Lei merita maggior rispetto, perché è sempre Lei che ci accompagna quando la salute è osteggiata dalla malattia di turno, spesso diventando compagna delle lunghe giornate trascorse in una camera d'ospedale.
La guardo, non più solo con l'occhio licenzioso, e penso che quando avrò le spalle incurvate dall'età che incombe inevitabilmente su di me, sarà mia compagna quotidiana di vita. Le passo il palmo della mano sul sottile e soffice tessuto color granata e la ripongo con cura in angolo protetto del mio armadio.