Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (XXIV parte)

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Augustus RookwoodDopo l'incontro con Barty Crouch Jr., mentre attraverso la piazza al centro della quale si erge il bel monumento equestre al Principe Amedeo di Savoia di cui abbiamo già parlato, mi sovvengono alcuni passi della Bibbia. Quali particolari letture quest'incontro pur fugace mi ha rammentato. Secondo quanto riferisce la Bibbia nel cap. 18 della Genesi, Dio rivelò ad Abramo che stava per distruggere Sodoma e Gomorra perché "il loro peccato era molto grave" e "il grido che saliva dalle loro città era troppo grande". Abramo intercedette con Dio per le persone giuste della città ed ottenne che non l'avrebbe distrutta se vi avesse incontrato dieci persone giuste. Secondo il prosieguo nel cap. 19, ai versetti 1-38, due dei tre angeli di Dio che Abramo aveva incontrato entrarono a Sodoma. Nel vederli Lot, nipote di Abramo (figlio di suo fratello Aran), li invitò nella sua casa e insistette affinché trascorressero la notte nell'abitazione. Tuttavia, prima che ciò potesse avvenire, gli abitanti di Sodoma attorniarono la casa ed imposero che Lot consegnasse loro i suoi invitati per poter abusare di loro. Lot rifiutò, offrendo al loro posto le sue due figlie vergini pur di non commettere un grave peccato agli occhi di Dio contro la legge dell'ospitalità, ma essi rifiutarono, insistendo nelle loro pretese. Gli abitanti di Sodoma provarono così a fracassare la porta d'ingresso, ma i due invitati impedirono l'accesso all'interno della casa agli assalitori accecandoli tutti con un'abbagliante luce. Gli angeli dissero a Lot di abbandonare subito la città con la sua famiglia, intimandogli di non voltarsi indietro. Lot abbandonò la casa e la città con sua moglie e le sue figlie, quindi Dio inviò una pioggia di fuoco che incenerì del tutto Sodoma con i suoi abitanti, assieme ad altre città della pianura. L'ordine di non voltarsi indietro per vedere quanto Dio aveva decretato accadesse alla città fu disatteso dalla moglie di Lot che fu trasformata in una statua di sale.
Lasciatomi alle spalle il ristorante-discoteca "La Rotonda Valentino", un locale completamente circondato dal Parco del Valentino e suddiviso su 2 piani, accedo così al Giardino roccioso, allestito su dolci collinette.
Fu realizzato nel 1965, in coda alle celebrazioni per il centenario dell'Unità d'Italia, quando i vivaisti torinesi donarono al Comune le piante esposte alla rassegna Flor '61.
Il parco del Valentino, compresa la zona occupata oggi dal Giardino roccioso, fu teatro di una spy story che videro protagoniste alcune spie sovietiche. Tra queste il torinese Giorgio Rinaldi, agente dei servizi segreti militari dell'URSS, che utilizzava una delle tante panchine per gli incontri con gli informatori. Rinaldi, ex partigiano ed ex campione italiano di paracadutismo, tradito nel marzo1967 da uno dei suoi "contatti", venne condannato insieme alla moglie e ad un compagno, tale Armando Girard,al termine di un processo che fece clamore. Dopo 6 anni di detenzione fu graziato dal Presidente Leone.
L'accusa aveva ottenuto le prove che Rinaldi operava per lo spionaggio sovietico soprattutto in Spagna. Durante il processo aveva ammesso di aver operato contro il regime franchista spagnolo, respingendo però l'accusa di aver fatto dello spionaggio ai danni del nostro paese. Lui stesso ha raccontato la sua vicenda nel libro: Tainik: storie vissute nello spionaggio sovietico.
Messe da parte suggestioni da spy story dei tempi della guerra fredda, poste in essere più da tre passacarte, come li avevano poi definiti i giornali dell'epoca, mi diverto a passeggiare tra i vialetti, sostando ogni tanto a leggere i nomi scientifici delle piante e osservare il piacevole ruscello che vi scorre attraverso, facendo brevi e rumorose cascatelle.
Vicino al giardino roccioso, dove si trova il bar ristorante "Idrovolante", vi sorgeva tra il 1926 e il 1934 l'idroscalo. L'antica aerostazione consisteva in un edificio a palafitta posto sul fiume Po. L'antesignano aeroporto torinese collegava Torino con Pavia, Trieste, Venezia, Lussimpiccolo e Zara. Gli idrovolanti avevano una velocità di 120 Km/h e potevano portare 5 passeggeri. Il prezzo del biglietto era al massimo 375 £, e comprendeva una coperta, una borsa d'acqua calda per ripararsi dal freddo e batuffoli di ovatta per attutire i rumori del motore. Ad effettuarlo era l'idrovolante Cant 10 bis, che decollava e ammarava nel tratto tra i ponti Principessa Isabella e Umberto I.
Anche in quest'angolo del parco, molti Dissennatori stanno parcheggiando le loro auto, prima di raggiungere il luogo dei loro sabba domenicali. I Dissennatori sono in realtà la rappresentazione della depressione umana, ovvero il vero male oscuro nascosto nella rudezza dell'uomo forte mascherato che trova facile assalire le persone prive di poteri magici come i Babbani. Costoro avvertono la loro presenza sentendosi improvvisamente tristi e demotivati, rendendosi spesso fobici nei loro confronti quando basterebbe considerarli per quello che in realtà sono. La Rowling affermava che per riprendersi dagli effetti della vicinanza di un Dissennatore è consigliabile assumere cioccolato, noto antidepressivo.
Colgo l'occasione per visitare il cosiddetto borgo medievale, ovvero la ricostruzione ideale di un antico borgo con tanto di maniero, uno scorcio dei principali caratteri stilistici ed architettonici delle opere piemontesi e della Val d'Aosta del Medioevo realizzati in occasione dell'Esposizione Generale Italiana del 1884.
L'atmosfera è realmente quella di un antico borgo medievale e se non conoscessi la sua storia direi che si tratta dell'antico castello di Torino mentre invece questo venne inaugurato il 27 aprile 1884 come Sezione di Arte Antica dell'Esposizione Generale. È un complesso composto da diversi edifici di circa 8.550 mq di cui 2.750 coperti. Sicuramente è una delle curiosità torinesi, studiata e voluta da una commissione di architetti e di artisti piemontesi, i quali fecero propria l'idea del portoghese naturalizzato italiano Alfredo Cesare Reis Freira de Andrade, meglio conosciuto come Alfredo D'Andrade, impegnato nella salvaguardia e nella valorizzazione del patrimonio culturale e architettonico locale. Sotto la sua direzione si riprodussero fedelmente, secondo disegni e progetti autentici, le condizioni di vita del XV secolo. Il borgo è Infatti costituito da case con botteghe artigianali e portici che si affacciano su un'unica strada, mentre un castello sovrasta il villaggio da una piccola altura.
Infatti, se il Borgo nel suo insieme risulta un prodotto di fantasia, al suo interno la struttura e gli elementi decorativi sono riprodotti fedelmente come alcuni edifici piemontesi e valdostani realmente esistenti. L'esterno del castello e del borgo è rivestito di mattoni, alla maniera del castello di Ivrea. Le mura merlate della facciata richiamano quelle del maniero di Bussoleno, mentre la torre d'angolo sulla sinistra è copia di quelle del castello di San Giorgio Canavese. Arrivando al Borgo dal parco noto sulla sinistra una massiccia croce in legno scuro scolpito, copia esatta di quella posta nel Castello del Fenis, in Val d'Aosta, a destra un posto di guardia, poi una palizzata in legno, quindi un fossato. Il Borgo ha due entrate, una verso il fiume ed uno verso il parco. Questo ingresso è accessibile attraverso una torre con ponte levatoio copiata dal ricetto di Oglianico (BI), mentre l'esterno della torre è decorato con affreschi provenienti dal Castello di Malgrà (TO) e dallo stemma dei San Martino. All'interno si apre il borgo vero e proprio e la sensazione che ti coglie è stranissima, pare di essere trasportati direttamente nel medioevo attraverso un "passaporta", un'illusione perfetta. La piazzetta che mi accoglie ha una forma irregolare con una fontana traboccante d'acqua riproduzione di quella di Oulx e Salbertrand (TO), con un forno e la tettoia del maniscalco replicati sul modello di edifici di Susa. Sulla sinistra si trova l'albergo dei pellegrini copia di quello di Serravalle Scrivia (AL) con la bottega della ceramica. In faccia, sul muro di una casa, un dipinto a fresco ritrae una danza di giullari e donzelle, abbigliati in costumi d'epoca, chiamata anche la danza dei folli. Le case del borgo sorgono perlopiù sopra a angusti portici, utilizzati per lo più come vetrina delle sottostanti botteghe, separate l'un l'altro da stretti vicoli ma abbelliti da ornati a colori, da terre cotte e stemmi araldici.
Su entrambi i lati della strada ci sono case con portici come quelle di Bussoleno (TO), ma trovano posto, in sequenza, le botteghe del ferro e del vetro. Dirimpetto, la casa di Frossasco (TO) con la bottega del legno. La casa del Comune ha la sua bella torre merlata e addentrandoci nel viottolo che conduce al Po troviamo la porta con arco merlato e cancello (da Rivoli); a destra il fianco della casa di Alba con stamperia, le cui decorazioni derivano da esempi in Asti; proseguendo verso il fiume la casa di Malgrà (TO) dal locale castello, poi la casa di Borgofranco d'Ivrea e ancora esempi provenienti da Masino (TO) e dalla Valle Susa. Ritornato sulla strada principale del Borgo a destra trovo la torre d'Alba (da Alba e Castello di Verzuolo, presso Saluzzo), e subito dopo la casa di Cuorgnè (dalla casa detta di Re Arduino in Cuorgnè).
Arriviamo nella piazzetta della piccola Chiesa, con facciata derivata dall'assemblaggio di parti strutturali e decorative di diversi edifici sacri piemontesi (da Verzuolo, Ciriè, Valperga, Piobesi, Piossasco e Strambino).
Vi trovo anche la ricostruzione di una la casa di Avigliana (TO) ove sotto il portico vi è la biglietteria per la visita alla Rocca che evito di descrivervi per invitarVi ad una visita turistica del luogo che merita veramente un po' di attenzione. Entro in un androne della casa di Chieri, il cui cortile è detto dell'osteria e dove il pozzo al centro è autentico e proviene da Dronero (CN); alzando gli occhi posso ammirare la torre ottagonale di Avigliana e sempre nel cortile, verso la strada principale, notiamo la casa di Pinerolo (l'originale si trova in via Principe d'Acaia a Pinerolo ed è nota come la casa del Senato). Riguadagnata la strada principale ancora la casa di Mondovì, e proseguendo verso il fondo del piazzale e svoltando a sinistra verso il Po vi è la casa di Ozegna (dal Castello della Manta, Saluzzo), questi ultimi locali, (pianterreni e terrazzo) sono stati adibiti a ristorante. Nella piazza scroscia la bella Fontana del Melograno (dal Castello di Issogne), quasi di fronte alla casa di Mondovì.
La fontana del Melograno contiene nella sua vasca un albero di Melograno in ferro battuto (dal cortile del Castello di Issogne in Val d'Aosta) e secondo una leggenda è detta anche Fontana dell'eterna giovinezza.
La leggenda racconta la storia del fantasma della Contessa Bianca Maria di Challant, ambientata nel castello con la sua originale fontana, una vasca di pietra di forma ottagonale dalla quale si erge in effetti un albero di melograno interamente in ferro battuto da dove sgorgano zampilli di acqua. L'albero presenta i frutti del melograno mentre il fogliame, credo per ragioni simboliche, è quello di una quercia. La fontana fu probabilmente fatta realizzare da Giorgio di Challant come dono per le nozze del suo pupillo Filiberto di Challant Louise d'Aarberg nel 1502 ed ha come detto una forte valenza simbolica, volendo unire la fertilità e l'unità della famiglia rappresentate dal melograno, con i suoi frutti composti da molti grani, con la forza e l'antichità simboleggiati dalla quercia. Fra le fronde del melograno-quercia sono pure inseriti dei minuscoli draghi, sempre in ferro battuto e molto difficili da scorgere. Si narra che il castello fosse abitato, dal 1522 al 1525, dalla contessa Bianca Maria. Costei abituata a vedere esauditi tutti i suoi desideri fin dalla tenera età, crebbe viziata e incline alla corruzione. Si sposò a soli quindici anni con un non più giovane nobile che presto la rese vedova. Si risposò con l'ambizioso Renato, luogotenente dei Savoia. Costui era sempre lontano dal castello e la contessa iniziò a farsi molti amanti. Proprio per la gelosia di uno di questi, che era stato da lei cacciato a favore di un altro, venne calunniata, processata e condannata a morte. Portata a Milano, venne decapitata ancora ventenne nella piazza antistante il Castello Sforzesco. Ella vive ancora nei ricordi della gente in quanto si vuole che il suo fantasma compaia nelle notti d'estate vicino alla fontana del Melograno. Il suo spirito adescherebbe ancora oggi ignari visitatori del castello, affascinati dalla bionda contessa Bianca Maria.
Lasciato il Borgo, passo sotto l'arcata del ponte Principessa Isabella, costruito tra il 1876 e il 1880, dedicato a Isabella, principessa di Baviera (1863-1924), che sposò Tommaso Alberto Vittorio di Savoia-Genova nel 1883. Quasi a ridosso del ponte, presso la sede del Gruppo "U. Grosso" dell'Associazione Nazionale Marinai d'Italia, si può vedere uno dei pochi reperti storico-navali di rilevanti dimensioni conservati in Italia: si tratta della falsatorre e della parte centrale dello scafo del sommergibile "Andrea Provana", così chiamato in onore dell'Ammiraglio piemontese che prese parte nel 1571 alla battaglia di Lepanto. Il sommergibile, appartenente alla classe Barbarigo, fu varato nei cantieri Fiat San Giorgio di La Spezia il 27 gennaio 1918 e consegnato alla Regia Marina il 10 settembre dello stesso anno. Per il sopraggiungere dell'armistizio, il sommergibile Provana non partecipò ad azioni durante la Prima Guerra Mondiale. Nel settembre - ottobre 1923 partecipò all'occupazione di Corfù. Danneggiato da un'esplosione il 30 marzo 1927 fu messo fuori uso dal quadro del Naviglio Militare. La parte centrale del sommergibile arrivò a Torino in occasione della Mostra della Regia Marina, organizzata al Valentino nell'ambito dell'Esposizione Internazionale del 1928 per celebrare il X anniversario della vittoria della Grande Guerra, e fu sistemato nella collocazione attuale nel 1933.
Tornando sui miei passi, mentre mi accingo a lasciare il Parco del Valentino, ho l'impressione di vedere vicino alla fontana dei dodici mesi, Beleth; un demone, uno dei re dell'Inferno (anche conosciuto come Bileth, o Bilet, o Byleth) che in demologia è rappresentato seduto su un cavallo bianco, sempre preceduto dal suono di trombe e di musicisti di ogni genere. Indossa un anello d'argento ad un dito della mano sinistra e lo mostra sempre davanti al suo viso. Beleth ha la facoltà di riunire le persone in amore e la sua presenza non mi pare fuori luogo vista la vicinanza del luogo della riunione settimanale. Fortunatamente ho confuso Beleth con un non meno pericoloso Augustus Rookwood.
Augustus Rookwood della Rowling è un Mangiamorte che lavora all'Ufficio Misteri nel Ministero della Magia, informatore di Voldemort. Il suo doppio gioco viene scoperto grazie alla testimonianza di Igor Karkaroff, anch'esso Mangiamorte che rinnegò il Signore oscuro. Viene descritto come un uomo dai capelli unti e dal volto butterato. È sempre lui, dopo la sua evasione da Azkaban, a condurre Voldemort sulla strada per impossessarsi della profezia dell'Ufficio Misteri. È il colpevole della morte di Fred Weasley.
L'Augustus Rookwood torinese è ragazzo che si avvicina alla trentina, molto alto e di corporatura robusta ed è facile individuarlo tra la folla data l'imponente figura. Sollevando lo sguardo spicca un volto di carnagione molto chiara e dai lineamenti tondeggianti, effetto dato più che altro dalle guance accentuatamente paffute, e dal naso arrotondato. Ha dei capelli neri rasati sul corto e lasciati più lunghi sulla sommità della testa che lui porta a spazzola grazie all'aiuto di una buona mano di gel. Mantiene corta anche la lunghezza del pizzetto, che gli incornicia la bocca, e che gli dona un aspetto un po' più adulto. Le sopracciglia ad "ala di gabbiano" possiedono naturalmente il loro disegno e sovrastano degli occhi scuri e di taglio normale. Il viso, così come l'abbigliamento, emana un'aria infantile e quando sorride si accentua la rotondità dei lineamenti. Si veste appunto con t-shirt recanti scritte provocatorie (tipiche degli adolescenti), pantaloni di varie fantasie o jeans e per lui sono irrinunciabili le scarpe da ginnastica.
L'Augustus Rookwood torinese, ritiene di essere indispensabile per tutti e non credo che nessuno mai riuscirà a persuaderlo del contrario. Cerca di afferrare gli incarichi e le responsabilità più disparate che gli capitano a tiro per dimostrare (forse più a sé stesso che agli altri) di essere il migliore, ma poi li abbandona sostenendo che lui non ne ha bisogno. Tra l'altro ama farsi corteggiare per assumere tali incarichi, facendo il falso modesto. Tutto ciò si svolge ciclicamente terminando per poi riprendere una volta individuato l'obiettivo seguente. È quello che ormai comunemente viene chiamato un "tuttologo", che come sempre si rivela essere solo tanto fumo e poco arrosto.
È apparentemente disponibile e si finge capace di lasciare un margine di crescita anche agli altri, in realtà lascia fare solo per ottenere un'immagine di sé altruista e sensibile. Tra i Mangiamorte torinesi è stato quello con cui ho lavorato meno ma mi è bastato incontrarlo poche volte per comprendere il personaggio, sempre falsamente sorridente e disponibile.



Fine XXIV parte.