Nell'edificio, al civico 6, all'angolo tra la piazza e Via Carlo Alberto, abitò in una stanza al terzo piano Friedrich Nietzsche, tra gli anni 1888 e 1889. L'appartamento era in affitto e costava di pigione ammobiliato 30 lire al mese, ed era di proprietà di Davide e Candida Fino, gestori della rivendita di giornali posta nella sottostante piazza. Fu proprio in quell'appartamento che il filosofo scrisse il libro che lo rese famoso: Ecce homo. Sempre in questo appartamento dovrebbe aver anche scritto altre opere quali L'Anticristo, Il crepuscolo degli idoli. Una targa apposta dal comune di Torino ricorda il soggiorno di Nietzsche, in città. Fu sempre a Torino che Nietzsche, fu colto dalle prime avvisaglie di pazzia. Era letteralmente innamorato dell'atmosfera torinese: "Ma che dignitosa, severa città!", ebbe a dire all'amico Peter Gast, in una lettera del 20 aprile 1888: "Meravigliosa limpidezza, colori d'autunno, uno squisito senso di benessere diffuso su tutte le cose. Torino, amico mio, è una scoperta capitale... sono di buon umore e lavoro dal mattino alla sera - un piccolo pamphlet di argomento musicale mi tiene occupate le mani. Mangio come un dio, riesco a dormire nonostante il rumore delle carrozze che passano di notte". Tutti questi sono segni di un eccellente adattamento di Nietzsche a Torino. Continua a scrivere "E l'aria: secca, energizzante, allegra: il primo luogo in cui sono possibile!", e presto tale entusiastico amore si trasformo in follia; era il 3 gennaio del 1889, quando, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare violentemente il suo cavallo. Nietzsche inveì furibondo contro il cocchiere e abbracciò e baciò sconvolto il cavallo. Accompagnato a casa, continuo a gridare di essere "Dioniso o Gesù Crocefisso" e "signore e il tiranno di Torino". Qualche giorno dopo fu portato via dalla città dall'amico Overbeck per essere curato a Basilea.
Il registra brasiliano, Julio Bressane, girerà a Torino il suo film in lingua portoghese Dias de Nietzsche em Turin - I giorni di Nietzsche a Torino, una pellicola cinematografica brasiliana del 2002 che narra in maniera poetica quella parte di biografia riguardante il soggiorno di Friedrich nella capitale sabauda.
Chissà perché non mi meraviglio di incontrare sotto il palazzo, che ospitò e vide la pazzia di Nietzsche, il peggiore dei ghermidori, ossia Scabior, costui sia della Hogwarts della Rowling che in quella torinese fu uno dei personaggi più ambigui. I Ghermidori sono maghi malvagi che catturano i babbani i per consegnarli al Signore oscuro per guadagnarci dei soldi. Sono persone subdole, opportuniste, che approfittano della situazione per guadagnare soldi o prestigio personale. Scabior della Rowling è un uomo alto con lunghi, arruffati capelli castani con una striscia di capelli rossi su un lato. La sua pelle chiara evidenzia due occhi blu / grigio. Lo Scabior torinese, invece è molto alto, giovane, capelli neri sempre cortissimi, due occhi scuri molto profondi con due sopraccigli molto spesse, un viso allungato con un naso ben disegnato, largo e che si pronuncia con due ampie narici. Una bocca rosa, sempre sorridente, apparentemente morbida ed allungata. Baffi e barba corta, curata e nera portata alla maniera pseudo Hollywoodiana completano un personaggio, non originario di Torino ma adottato da tempo in quanto ha trovato lavoro proprio nella Hogwarts torinese. Sempre alla ricerca di incarichi che lo mettano in evidenza, per la sua smania di protagonismo, pur di ottenerli ha sempre ghermito babbani, con false illusioni e notizie, spesso abbindolandoli con il suo fare eclettico e le sue capacità relazionali. Stavo per caderci anch'io ma in questo caso ebbi delle fortunate intuizioni.
Lo scambio di convenevoli è intenso e parrebbe sincero se non conoscessi il personaggio, sempre con la sua uniforme che porta con disinvoltura ed eleganza. Come sempre mi racconta fatti altrui, usati a voler accattivarsi, dopo tanto tempo, ancora la mia benevolenza che ormai è formale. Gli piace mostrare conoscenza di personaggi importanti di cui ne parla con confidenza, vuole accompagnarmi per un tratto di strada, cosa che gli permetto di fare.
Prima di entrare in piazza Carlo Alberto, uno sguardo a Palazzo Graneri della Roccia, posto in via Bogino. Edificio a me caro in quanto in questo luogo, sede del circolo degli artisti e del circolo dei lettori, ho presentato insieme ad un caro amico il mio primo libro, nel giugno 2009. Questo Palazzo dalle splendide sale fu progettato verso la fine del XVII secolo dall'architetto Gianfrancesco Baroncelli su committenza dell'abate Graneri. Sempre in questo edificio il conte Camillo Benso di Cavour annuncia il fidanzamento della principessa Clotilde con il principe Gerolamo Buonaparte, siglando l'alleanza di Casa Savoia con l'Imperatore Napoleone III. Ancor prima i Savoia, come ricorda il Carducci "di fumo, polve e di vittorie allegri" vi celebrano la cena della vittoria dell'Assietta combattuta nel 1747, in occasione della Guerra di successione austriaca.
Nel 1858 Palazzo Graneri diventa la sede del Circolo degli Artisti, punto di ritrovo degli intellettuali liberali negli anni del Risorgimento italiano.
Piazza Carlo Alberto è una delle principali piazze, interamente pedonalizzata, adiacente all'importante Piazza Carignano.
Il luogo prende il nome dal Re di Sardegna Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio di Savoia-Carignano (Torino, 2 ottobre 1798 - Oporto, 28 luglio 1849) dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849. Fu inoltre principe di Carignano e conte di Barge. Figlio di Maria Cristina di Sassonia e Carlo Emanuele di Savoia-Carignano, la cui famiglia era proprietaria dell'omonimo palazzo, la cui facciata ottocentesca ancora si può ammirare sull'omonima piazza, mentre piazza Carlo Alberto sorge ove un tempo si trovavano i giardini interni dell'imponente edificio barocco dei Savoia-Carignano. Il Palazzo anticamente era a forma di C e il grande giardino chiudeva con l'edificio destinato alle scuderie che oggi ospitano la prestigiosa sede della Biblioteca Nazionale. La Piazza fu realizzata abbattendo le mura di cinta tra il 1842 e il 1859.
La piazza nasce per l'esigenza di edificare e così chiudere a corte quadrata il palazzo dei Savoia-Carignano con un edificio ad esso unito ma con un disegno totalmente diverso. Infatti si prospetta su Piazza Carlo Alberto con un'imponente facciata eclettica, riccamente ornata da statue e colonne (1864 - 1971). L'edificio fu edificato quale sede del primo parlamento italiano, in quanto quello esistente all'interno di palazzo Carignano (1848), realizzato per la camera dei deputati del parlamento subalpino, era ormai piccolo. La nuova sede però non fu mai utilizzata perché nel frattempo la capitale era stata spostata a Firenze.
Oggi il Palazzo ospita il Museo del risorgimento: al proprio interno oltre a percorrere tutta la storia dell'Unità nazionale, tra uniformi, tamburi, bandiere e stendardi, passando per documenti e mappe ed emeroteca, si può ammirare la ricostruzione dello studio di Camillo Benso Conte di Cavour, oltreché la ricostruzione della camera da letto di Oporto dove mori Carlo Alberto in esilio. Ma oltre al letto dove nacque Vittorio Emanuele II e lo studio di Carlo Alberto, rimango affascinato dall'aula del parlamento subalpino dove sedettero sui loro seggi Gioberti, D'Azeglio, Balbo. Mi pare anche di sentire echeggiare le voci di Cavour e di Garibaldi in quella che fu una delle discussioni che passarono alla storia, allorquando il 18 aprile 1861, si tenne lo scontro parlamentare forse più furibondo che il parlamento italiano dell'ottocento abbia mai conosciuto, sopratutto per la levatura degli uomini, ma anche per la posta in gioco e il carattere dei contendenti. La camera affronta la questione dell'esercito garibaldino che ha consegnato al sovrano piemontese il meridione per costruire l'Italia. Il parlamento nella seduta del 1 febbraio 1861 ne aveva disposto lo scioglimento senza garanzie per i garibaldini di essere integrati nell'esercito italiano a parità di diritti e di grado. Ne sorge uno scontro epistolare e pubblico tra Garibaldi, il parlamento e il presidente del Consiglio, Camillo Benso. il 18 Aprile, proveniente da Caprera, Garibaldi entra tra gli applausi dei deputati di sinistra, vestito con un poncho e camicia rossa, nell'aula parlamentare di Palazzo Carignano. Lascio ai resoconti parlamentari il racconto preciso, che con toni accesi e spesso irriverenti porteranno Garibaldi, il 22 aprile, ad essere convocato dal re insieme a Camillo Benso ed affermare che non avrebbe mai più nè stretto nè toccato la mano del conte. Un mese e mezzo dopo, il 6 giugno a cinquantuno anni, il conte Camillo Benso muore.
La Camera dei Deputati era eletta attraverso un sistema elettorale, approvato nell'ottobre del 1860 in cui il diritto di voto era riservato ai cittadini maschi che avessero compiuto 25 anni e pagassero almeno 40 lire d'imposta all'anno, cioè il 2% della popolazione italiana. Nel marzo del 1861 con l'avvenuta Unità d'Italia il suo primo presidente fu l'alessandrino Urbano Rattazzi. Nell'aula su una lapide, sono incise le seguenti parole: «Quest'aula, dove i rappresentanti del popolo subalpino costantemente cospirarono sotto gli auspici della casa Savoia a preparare l'Unità d'Italia lasciando l'esempio della più grandi unità civili e politiche fu dichiarato monumento nazionale con decreto del 04/03/1898». Ma per la prima convocazione del parlamento nazionale non bastava più il salone del palazzo disegnato nella seconda metà del Seicento da Camillo Guarino Guarini ed il Governo dovette dare incarico agli ingegneri Peyron e Alberti l'arduo compito i realizzare in due mesi una grande aula semicircolare eretta temporaneamente e per l'occasione nel cortile di palazzo Carignano per accogliere tutti i parlamentari della nuova Italia: «Dare nello spazio di 60 giorni una sede conveniente a un'assemblea deliberativa, capace di 600 stalli, collo sviluppo delle tribune destinate agli inviti d'onore e al pubblico, e porre l'intero edificio in comoda comunicazione col palazzo Carignano». Al centro di piazza Carlo Alberto si erge il monumento equestre in bronzo a Lui dedicato, realizzato da Carlo Marocchetti, con le quattro statue allegoriche del Martirio, Libertà, Eguaglianza e Statuto intorno al piedistallo, mentre sotto di queste, quattro bassorilievi ricordano la battaglia di Goito, la battaglia i santa Lucia l'abdicazione e la morte del re ad Oporto. Agli angoli del basamento quattro statue di soldati dedicate ai corpi di Cavalleria, Artiglieria, Granatieri e Bersaglieri.
La fa Biblioteca nazionale, è ricavata nelle ex scuderie di palazzo Carignano, di cui mantiene la sola maestosa facciata progettata da Filippo Castelli nel 1750, in uno stile tra il barocco e il neoclassico. La biblioteca fu interamente ricostruita nel 1959/1973 da un gruppo di architetti Pasquale Carbonara, Italo Insolera, Aldo Livadiotti e Antonio Quistelli. Sulla Facciata della biblioteca una lapide ricorda Bollea Domenico Giuseppe, nato nel 1907 a Torino, operaio e partigiano con il nome di battaglia Moro; Piovano Giacomo Ferdinando, nato nel 1912, torinese, vetraio e autista; La Rotonda Rocco, nato nel 1923, foggiano operaio e partigiano, il torinese Cantamessa Giuseppe del 1920 operaio e militante nella 21a brigata Sap Adalgerio Cagnoli; il francese Rachetto Mario nato nel 1913 operaio gommista; Zanardo Guerrino, nato nel 1915 in provincia di Treviso, bracciante ed usciere, tutti fucilati vicino al recinto dell'ex palazzo delle poste, sito tra via Bogino e piazza Carlo Alberto il 30 agosto 1944. I sei fucilati erano rinchiusi nelle carceri "nuove" e furono uccisi per rappresaglia per un attentato con esplosivo eseguito dai gappisti al caffè degli artisti, sito in via Bogino 5, dove persero la vita cinque militari fascisti della X Mas.
Vicino alla piazza, in via Carlo Albero in quello che è chiamato palazzo Campana, oggi sede della facoltà di matematica dell'Università di Torino. L'edificio fu costruito a partire dal 1675 e terminato a metà settecento fu sede dapprima della congregazione dei filippini. Svolse diverse funzioni e per il quale fu molte volte rimaneggiato, fu caserma, sede del ministero dei Lavori Pubblici, delle poste centrali, del Genio Civile, officina carte valori, casa Littoria con la sede della Federazione provinciale del partito fascista, fino a diventare sede universitaria dopo il 1945. Nel 1968 fu il centro del movimento studentesco torinese. Al suo interno, durante il periodo fascista repubblicano, furono realizzate nei sotterranei delle celle dove venivano trattenuti e torturati gli antifascisti, utilizzate anche come rifugi antiaerei. Il nome odierno del palazzo è dovuto al nome della formazione partigiana che il 28 aprile 1945 occupo l'edificio. Il tenente felice Cordero di Pamparato, ufficiale di artiglieria, dopo l'armistizio si rifugia in Svizzera, si unirà poi con il nome di battaglia "Campana" alle formazioni partigiane della Val Sangone, diventandone un prezioso comandante. Catturato nei pressi di Giaveno dai militi delle Brigate nere durante un rastrellamento, fu torturato e trattenuto nelle celle di via Carlo Alberto, prima di essere impiccato, insieme ad altri tre partigiani ad un balcone della piazza della stazione Porta Nuova il 17 Agosto 1944.
Sempre in via Carlo Alberto si trova un altra lapide, oltre quella posta su palazzo Campana; è posta al civico 41 e ricorda Combetto Margherita in Ferraris, nata nel torinese a Bussoleno il 1 luglio 1909, di professione sarta ed ivi residente. Staffetta partigiana dell'11 brigata Garibaldi venne fucilata dai militi dei Rap (reparti antipartigiani) il 27 aprile 1945 nella sua abitazione. In via Carlo Alberto furono girate anche scene del film il Divo di Paolo Sorrentino nel 2007 con Toni Servillo nei panni di Giulio Andreotti. Il film quasi interamente girato a Torino racconta attraverso la biografia di Andreotti e da quanto risulta dai verbali del processo che il senatore a vita ha dovuto affrontare a Palermo, cinquant'anni di storia democristiana. Infatti la buvette di Montecitorio fu ricostruita all'interno del circolo dei Lettori, invece il ponte Rossini fu usato per girare la scena del suicidio di Roberto Calvi. Il ponte torinese simula per esigenze sceniche quello dei Frati Neri di Londra, luogo in cui il banchiere e finanziere il 18 giugno del 1982 venne trovato impiccato in circostanze sospette, invece un palazzo Liberty posto in corso Francia angolo via Palmieri rappresenta l'abitazione romana dell'ottantottenne senatore Andreotti.
Mentre altre lapidi sono poste tra piazza Carlo Alberto e via Cesare Battisti, la prima è posta proprio all'angolo di via Cesare Battisti con piazza Carlo Alberto e ricorda Piumatti Andrea nativo di Sanfrè in provincia di Cuneo, nato nel 1924, partigiano della brigata Magnone, della divisione autonoma De Vitis, inviato per una missione di rifornimento veniva fermato dai militi della Rap, perquisito non gli furono trovate armi, mentre cercavano di portarlo in caserma, tentò una fuga verso la Galleria subalpina ma venne colpito da colpi di arma da fuoco, ferito venne raggiunto e finito con due colpi di pistola sparati a brucia pelo alla tempia. La seconda invece è vicino al civico 5 di via Cesare Battisti e ricorda il sacrificio di Stefano Negro, nato a Torino l'8 dicembre 1928, apprendista fresatore e sappista cadde durante gli scontri dell'insurrezione il 30 aprile 1945. Sempre in via Bogino, piazza e via Carlo Alberto e nella vicina Cavallerizza furono girate le scene di molti film, sopratutto legate alle storie della Torino industriale degli anni sessanta e degli anni settanta con i movimenti terroristici.
Prima di raggiungere piazza Carignano, sempre con al mio fianco Scabior che i narra le sue vicissitudini e i suoi incontri con i Mangiamorte, raggiungo il Museo delle Antichità egizie, tappa obbligata a Torino tra le sue luci e le sue ombre. Non a caso un importate archeologo - egittologo francese dell'ottocento, colui che ha decifrato per primo i geroglifici nel 1822, Jean-François Champollion ebbe a dire:« La strada per Menfi e Tebe passa da Torino » Il Museo Egizio, è considerato, per il valore dei reperti, il più importante del mondo dopo quello del Cairo. All'indomani delle campagne napoleoniche in Egitto, come in tutta Europa, anche a Torino scoppiò la moda per il collezionismo di antichità egizie. Il piemontese Bernardino Dovetti, console generale di Francia durante l'occupazione in Egitto, raccolse oltre 8000 pezzi tra sarcofaghi, mummie, papiri, statue, amuleti e monili ecc. che furono acquistati da re Carlo Alberto che la uni ad altri reperti tra cui la collezione Donati, archeologo padovano, precedentemente acquistati da casa Savoia, dando vita nel 1824 al primo Museo Egizio del mondo, all'epoca posto in via Po presso il Museo della Regia Università.
Grazie poi alle campagne di scavo condotte dal direttore del museo Ernesto Schiapparelli, intorno al 1930 la collezione poté contare oltre 30 mila reperti. Oggi il museo è ospitato nello storico Palazzo dell'Accademia delle Scienze, eretto nel XVII secolo dall'architetto Guarino Guarini.
L'Accademia delle Scienze, nasce come istituzione scientifica nel 1783, con il nome di Accademia Reale per volontà di Vittorio Amedeo III, trasformando una società privata fondata nel 1575 dal matematico L. Lagrange, dal medico G. Cigna ed altri ed era dedicata allo studio della matematica, fisica ed oltre discipline scientifiche i uno dei più importanti consessi d scienziati e ricercatori dell'ottocento piemontese.
Il fatto che il museo egizio si trovi proprio a Torino, da sempre considerata una città "magica", con una raccolta voluta da casa Savoia, non mi pare casuale, sopratutto perché il culto egizio è da sempre stato visto come occulto, visto che per la maggior parte riguarda l'aldilà, un collegamento con gli altri mondi e popolato da divinità mostruose. Mi soffermo spesso, quando ho il tempo di visitarlo, davanti al libro, ossia papiro dei morti. A questo libro è dedicata un intera parete e merita una particolare attenzione. Ve ne sono di diverso tipo, facilmente riconoscibili perché appare quasi un fumetto. Il Libro dei Morti veniva sempre sepolto insieme al defunto, quando non veniva direttamente disegnato all'interno del sarcofago. Nessuno poteva essere sepolto senza il suo libro, in questo testo funerario, quasi fosse un manuale da portarsi appresso nel lungo e tortuoso cammino nell'aldilà fino a giungere al cospetto di Osiride, veniva indicata la strada e come superare recitando le formule magiche appropriate, le prove in un percorso disseminato di pericoli e insidie, ossia psicostasia. Infatti dopo la morte non si giungeva subito al Paradiso o all'Inferno, ma bisognava affrontare una serie di ulteriori prove per essere ammessi al giudizio universale dei Morti di Osiride. Il viaggio termina quando si giunge alla prova finale, cioè al giudizio davanti al tribunale di Osiride. che rappresenta il momento cruciale per conseguire la piena sopravvivenza ed essere accolto in Paradiso, tra gli dèi. Il defunto viene accompagnato per mano da Anubi, il dio con la testa di sciacallo, davanti a 42 dei che gli chiedono di confessare 42 peccati terreni. Dopo che il defunto confessa di essere innocente e di non averne mai compiuto neppure uno, Anubi dio dell'imbalsamazione, posiziona il cuore del defunto sulla bilancia insieme alla piuma di Maat (la verità). Toth, che ha come testa un ibis, funge da notaio e quale dio della scrittura e della conoscenza, riporta su di un papiro il risultato, ovviamente nel libro dei morti è sempre rappresentato come positivo, quasi volesse portare fortuna. Se il cuore è più leggero della piuma, allora significava che aveva detto la verità e che l'anima è pura, allora il defunto sarà dichiarato maa-kheru ovvero "giusto", o "giustificato", ed ammesso al regno dei morti, allora il dio con la testa di falco, Horus, accompagna il defunto di fronte a Osiride. Costui in compagnia delle mogli e sorelle Iside e Nephtis, lo accoglierà tra di loro in cielo. Se invece il cuore pesa più della piuma, allora, il cuore verrà dato in pasto a Ammit, "colei che ingoia il defunto. Il mostro Ammut o Ammit, raffigurato con la testa di coccodrillo, la parte anteriore del corpo di leone, mentre la parte posteriore a quella di un ippopotamo. Ovviamente anche il Museo Egizio non poteva essere presente in un film girato a Torino e ricorderò solo A/R Andata + Ritorno, un film del 2004 scritto e diretto da Marco Ponti. I protagonisti sono Libero De Rienzo nella parte di Dante Cruciani e Vanessa Incontrada in quella di Nina. La scena finale è stata girata negli interni del Museo Egizio di Torino, ma gli esterni sono stati girati in una terrazza di Via Roma a Torino, sempre nel film a Torino il Grand Hotel dove Nina incontra Tolstoj, l'amico di Dante è in realtà l'Hotel Le Meridien, l'hotel a cinque stelle realizzato all'interno del Lingotto di Torino, mentre la casa di Dante si trova nel multietnico quartiere di Porta Palazzo, dove sono stata girata la scena in cui Nina esce a fare la spesa nell'omonimo mercato, mentre l'aeroporto, nel film non è il Sandro Pertini di Torino-Caselle ma quello di Milano Malpensa.
Insieme a Scabior mi dirigo a prendermi un "pinguino" nel vicino locale che si prospetta su piazza Carignano.
Fine XXXI parte.