Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (XXXVII parte)

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Dolores UmbridgeIl viaggio in treno verso Torino, comincia quasi all'alba, sono deciso a proseguire il mio tour tra i chiaro scuri torinesi, ed oggi inoltre incontrerò due carissimi amici, recentemente sposi ed insieme andremo a pranzo.
Scendendo in stazione a Porta Nuova vengo investito da una torma di asiatici in gita turistica. L'immaginazione collettiva li vorrebbe con le teste semi-pelate, adorne di lunghe code per gli uomini e capelli lunghi raccolti in un chignon per le donne, visi quasi quadrati ma con gli zigomi sporgenti dalle tinte più o meno giallastre, abbigliati con lunghe kao-tz, ossia casacche di seta con disegni con grandi fiori a tinte vivaci o i lunghi hoal, cioè lunghe tuniche abbottonate sui fianchi, ai piedi le classicissime bu xie, babbucce di tela nera, invece sono vestiti all'occidentale, sbraitano all'occidentale, s'atteggiano e fanno confusione all'occidentale.
La stazione ferroviaria di Porta Nuova mi fa venire in mente alcuni film in cui sono stati girati importanti scene, come "Fango bollente" del 1975 diretto da Vittorio Salerno e interpretato da Enrico Maria Salerno, Joe Dallesandro e Martine Brochard che racconta la criminale escalation di tre giovani impiegati in una grande azienda torinese alienati da un lavoro stressante che uccidono un camionista che taglia loro la strada maldestramente, e da qual momento continueranno a uccidere rispondendo con violenza a ogni provocazione. Ma anche "Quelli della calibro 38" del 1976 di Massimo Dallamano, dove un delinquente (Il Marsigliese) macchiatosi di numerosi crimini tra cui l'omicidio della moglie di un ispettore, minaccia di far saltare in aria Torino con la dinamite e chiede come riscatto, cinque miliardi di lire. Oppure "Il sospetto" del 1975 di Francesco Masselli con Gian Maria Volontè, Felice Andreasi e Annie Girardot. Ambientato nel 1932 e tratta dei dissidi e delle diffidenze della sinistra italiana ed europea durante il periodo d'occupazione fascista di Torino
Mentre percorro via Roma mi pervade il piacere di poter camminare tra le quinte architettoniche del barocco piemontese plasmato dal Guarini, il neoclassico è marchiato dal bolognese Pelagio Palagi. Il godimento instancabile di pedone urbano quale sono mi permette di trovare ogni volta nuovi aspetti, luci ed ombre di questa città. Ancora in via Roma mi sovviene un altro film in cui alcune scene sono state girate in questa via "Heaven" del 2002, regia di Tom Tykwer. A Torino, dove inizia il film, dominano l'oscurità e la negatività ed è la storia di Philippa, una giovane donna che viene arrestata dopo aver compiuto un attentato contro un trafficante di droga che ritiene responsabile della morte del marito, nell'attentato muoiono quattro innocenti.
Prima di raggiungere piazza Castello, da dove riprenderò il mio tour tra i chiaroscuri torinesi mi fermo a bere un caffè proprio al Caffè Torino di piazza San Carlo, uno dei locali storici più caratteristici di Torino. Locale più volte immortalato grazie al cinema, tra cui le scene iniziali del film di Michelangelo Antonioni "Le amiche", liberamente tratto dal romanzo "Tra donne sole" di Cesare Pavese.
Girato anche nello storico caffè il film "Un uomo, una città". Film poliziesco con Enrico Maria Salerno girato nel 1974 e tratto dal romanzo "Il commissario di Torino" di Novelli e Marcato. I marmi pregiati, i medaglioni dipinti, il lungo bancone di legno e marmo finemente sbalzato, le dorate specchiere del Caffè Torino lo rendono un luogo unico. Locale frequentato da Cesare Pavese, Einaudi, James Stewart, Ava Gardner, Brigitte Bardot, Walter Chiari, Erminio Macario e De Gasperi lo hanno reso da sempre un "must" tutto torinese. Dopo aver sorseggiato un buon caffè, bevuto al banco e servitomi da camerieri in livrea bianca riprendo la mia passeggiata. Sotto i portici di piazza Castello, incontro nuovamente Severus Piton, che con fare mellifluo mi saluta e mi viene incontro. Discorriamo cordialmente per un po' di tempo e quando l' informo della mia intenzione di visitare la chiesa di san Lorenzo, si propone di accompagnarmi.
Attraversiamo la piazza ed accompagnato da Piton mi reco nella chiesa di san Lorenzo conosciuta anche come Real chiesa di san Lorenzo, perché voluta dai Savoia, ubicata a lato del Palazzo reale, quasi irriconoscibile la sua presenza perché si presenta senza facciata, ed è riconoscibile solo dalla cupola; nulla farebbe intuire la sua presenza e secondo alcune ipotesi, non si volle costruire una facciata alla chiesa in quanto avrebbe spezzato la simmetria di piazza Castello.
Fu proprio il duca Emanuele Filiberto I di Savoia a voler la chiesa dopo che con suo cugino Filippo II di Spagna vinsero la celebre battaglia di san Quintino in Francia, il 10 agosto 1557,nel giorno dedicato a san Lorenzo una battaglia che contribuì anche alla fine di un periodo storico delle Guerre d'Italia del XVI secolo, che coinvolgeva soprattutto tra gli Asburgo e Francia. Entrambi i duchi promisero, in caso di vittoria, la costruzione di una chiesa dedicata al celebre santo.
Mentre Filippo II di Spagna fece costruire un monastero dedicato a san Lorenzo (a forma di graticola, per ricordare il supplizio inflitto a Lorenzo martire) presso Escorial, vicino a Madrid,il duca sabaudo, soprannominato Testa di Ferro, prima di rientrare in possesso di Torino, dovette attendere dapprima il trattato di pace di Cateau-Cambrésis e solo nel 1562 fece ristrutturare una chiesetta già presente, l'antica cappella ducale di Santa Maria ad Presepae (tutt'oggi presente all'ingresso) dedicandola a san Lorenzo.
Il luogo era talmente importante che l'arcivescovo milanese Carlo Borromeo vi celebrò la messa solenne durante il suo pellegrinaggio del 1578 per venerare la Sacra Sindone, che fu esposta proprio in questa chiesa (una targa lo ricorda).
Mi piace ricordare che a questa celebrazione partecipò anche Torquato Tasso che all'epoca era poeta di corte a Torino.
Solo nel1634 si posò la prima pietra dell'ampliamento, si susseguirono diversi esimi architetti nel suo ampliamento da Ascanio Vittozzi, seguito da Carlo di Castellamonte, ma lo stile barocco della chiesa è in gran parte opera di Guarino Guarini, che vi lavorò dal 1668 fino alla consacrazione e inaugurazione finale, il 12 maggio 1680, con una solenne Messa officiata da lui stesso, in quanto il Guarini era anche un sacerdote dell'ordine teatino.
Il Guarini ne trasformo' l'originaria pianta a croce latina in un grande spazio ottagonale racchiuso da una forma quadrata, con un piccolo presbiterio ellittico trasverso collegato al coro. Guarini pare abbia voluto giocare con i numeri e soprattutto con il numero 8, che, per il Guarini indicava l'ottavo giorno, quello dedicato all'infinito. Numerose inoltre le indicazioni simboliche e nascoste interne al tempio, che indicano altresì il Guarini quale appartenente alla massoneria torinese.
Mi soffermo, sempre accompagnato dal silenzioso e ambiguo Piton nella Cappella dell'addolorata posta subito entrando in chiesa; la cappella è situata longitudinalmente ed è l'antica a cappella ducale risale al XII secolo, dapprima dedicata alla Madonna della Neve, poi in seguito a Santa Maria ad Praesepe e dopo la battaglia a san Lorenzo in attesa dell'attuale chiesa.
A sinistra dell'altare ancora oggi si può ammirare la regia tribuna, da cui i duchi assistevano alle funzioni religiose mentre a ricordo della Sindone, per concessione papale, è stata realizzata davanti all'altare,nel sec XVIII, la scala santa di 12 gradini. I fedeli salgono la scala santa in ginocchio in segno di penitenza.
In questa cappella, oltre per la prima ostensione torinese della Sindone,è ricordata anche un un altro evento che avvenne nel 1572 quando qui fu fondata l'ordine di S. Maurizio e Lazzaro, il cui gran maestro fu Emanuele Filiberto. Faccio un rapido giro in tutte le magnifiche cappelle, sempre in compagnia del silenzioso Piton. Sono propenso a credere che l'intento di costui sia il voler leggere nel mio pensiero, facendo uso della sua conoscenza della legilimanzia, ma per fortuna sono stato istruito proprio dai maestri della Hogwarts torinese all'arte della occlumanzia, rendendo così impenetrabile la lettura della mia mente da parte di Piton. D'altronde sono troppo preso dalla ammirazione delle bellezze artistiche, della storia e dalla magia che mi circonda nella chiesa di san Lorenzo e non ho nè voglia nè tempo per pensare ad altro.
Mi soffermo davanti alla cappella SS crocifisso, questa cappella fu progettata dallo stesso Guarino Guarini, mentre la pala dell'altare è opera del gesuita Andrea Pozzo (1645-1709) e rappresenta Cristo Crocifisso, osservando il quadro sorprende vedere che i segni dei fori dei chiodi sono sul polso come sulla Sacra Sindone, a cui l'autore si è riferito e non sul palmo della mano come generalmente sono raffigurati; ai piedi della croce sono posti la Vergine, Maria Maddalena e san Giovanni.
Il paliotto sottostante la pala riproduce la Sindone sorretta da angeli per ricordarne la sua esposizione in questa chiesa (cappella del palazzo ducale) nel 1578, mentre sul timpano è rappresentata la Veronica tra gli angeli, opera di Francesco Marsaglia.
Due statue ribadiscono il valore assoluto della fede: a destra, l'angelo custode a cui va incontro un bambino in cerca di protezione. Ero custos tuus?, sarò il tuo custode (Gen 28), mentre a sinistra, san Michele arcangelo difensore della fede, come descritto nei libri di Daniele e dell'Apocalisse. "Protegam destera mea", la mia destra ti protegga (Es 33) dove Dio invia a Mosè un angelo come guida verso la terra promessa.
Altra sosta davanti alla cappella di san Gaetano da Thiene, che è la seconda entrando da destra.
L'altare è stato realizzato su disegnato da Benedetto Alfieri a metà del sec. XVIII, mentre non conosco l'autore della statua di san Gaetano.
Ricordo che Guarino Guarini era un padre Teatino e san Gaetano è il fondatore dei padri Teatini, sacerdoti predicatori, dediti all'istruzione scientifica e religiosa.
Questa è una cappella molto impreziosita da marmi colorati, come quello verde (forse Serravezza), il rosso di Francia e bianco di Frabosa Cuneo.
San Gaetano è il santo della Provvidenza, ogni giorno molti fedeli sostano e lo invocano.
Anche qui statue di santi testimoniano una ferma fede nella Provvidenza come sant'Antonio da Padova che credette nella Provvidenza, quando partì da Lisbona, sua città natale per evangelizzare il nord Africa, benché molti suoi confratelli fossero stati martirizzati dai mussulmani, o come santa Rosa da Lima prima santa dell' America latina, vissuta nel XVI sec., invocata dalle giovani coppie di sposi in crisi.
Anche la cappella dell'Immacolata fu disegnata da Guarino Guarini, e fu eretta per volontà della principessa Ludovica di Savoia, sorella di Carlo Emanuele II, in memoria del suo sposo Maurizio di Savoia morto, poco dopo le nozze, nel 1675. All'esterno della cappella, un angelo come araldo porta il vessillo con il grande annuncio: Madonna Immacolata.
La dedizione di casa Savoia alla Madonna Immacolata è testimoniata dalla pala dell'altare, del pittore bolognese Domenico Maria Muratori, che rappresenta la Vergine attorniata da beati di casa Savoia (Amedeo IX, Ludovica, Umberto, vissuti nel XIV-XV sec). In basso un angelo offre alla protezione della Vergine una piccola città fortificata ossia Torino (al tempo poteva avere tra i 5-10.000 abitanti!), mentre per terra giace la corona del potere temporale dei Savoia.
A fianco della cappella troviamo san Francesco Saverio, gesuita missionario nell'estremo oriente e santa Francesca Romana(1384-1440); sposa, madre, vedova, religiosa che entra nelle oblate a Tor'de Specchi, santa a cui sono particolarmente devoto in quanto la sua ricorrenza cade nel giorno del mio compleanno. Una caratteristica di questa cappella è che sopra vi è un foro che quando è penetrato da un raggio di sole, questo va a illuminare nell'interno un affresco rappresentante Dio Padre benedicente.
Il fenomeno è ben visibile per pochi minuti intorno al mezzogiorno nei soleggiati giorni prossimi all'equinozio di primavera e di autunno.
Giungo davanti alla cappella della Natività anche questa ideata dal Guarini, ma realizzata da Antonio Bettini nel 1677. La pala dell'altare rappresenta la Natività del Redentore ed è opera di Pietro Dufour.
Interessante il paliotto, dove tra le cornucopie di marmo policromo e pannelli in metallo sbalzato, osservo centralmente la rappresentazione della morte di san Giuseppe, assistito dalla Madonna e da Gesù; iconografia non molto frequente nelle nostre chiese.
Anche la cappella della Natività ha statue con forti simbolismi ed in questo caso il tema è la pace, rappresentata da due angeli che ne portano l'annuncio, uno ha in mano l'arco spezzato, l'altro (porta la faretra con frecce spezzate), ossia strumenti di guerra rotti. Ma vi sono anche statue che rappresentano l'amore e la fede come quella di san Giovanni Battista e di Maria Maddalena testimonianza di conversione e nascita della vera fede.
Mentre la cappella dell'Annunciazione anch'essa ideata da Guarino Guarini presenta un gruppo marmoreo con la Vergine e l'angelo Gabriele. Sulla mensa dell'altare della cappella è appoggiata un'icona rappresentante la Madonna di Czestochova, dono del Papa Giovanni Paolo II ai polacchi residenti in Piemonte, il cui cappellano è proprio il rettore della real chiesa.
In questa cappella gli angeli posti in alto inneggiano: Ave Gratia Plena come si legge sopra la cappella, mentre un altro angelo tiene in mano la luna crescente. Quest'ultima iconografia ci racconta una antica credenza che voleva che le donne rimanessero incinte solo in questa fase lunare.
Ai lati della cappella le statue di san Maurizio, soldato romano martirizzato nel 286 in Savoia e protettore di Casa Savoia e sant'Agnese, umile serva di Dio, che a 12 anni si immola per difendere la sua verginità.
L'ultima cappella in cui ci soffermiamo è quella delle Anime del Purgatorio, eretta a metà del 1700 e ristrutturata dopo l'era napoleonica.
Sulla pala dell'altare sono raffigurate le Anime del Purgatorio, la Vergine, Sant'Anna, e Dio Padre con le braccia aperte, opera realizzata nel 1815 dal pittore saviglianese Pietro Ayres in sostituzione della più preziosa pala, opera del Peruzzi, donata dal re Carlo Alberto alla real chiesa di santa Cristina posta in piazza san Carlo.
Sono due gli angeli della cappella dedicata alle anime del purgatorio,il primo sorregge in mano una fiaccola, l'altro porta in mano un teschio.
Mentre nelle nicchie laterali sono poste le statue di san Pietro con le chiavi delle porte del paradiso e la statua di san Carlo Borromeo.
Prima di abbandonare questo tempio ancora una rapida occhiata al Pulpito realizzato in noce d'India da un unico tronco secolare, Le formelle scolpite rappresentano il miracolo eucaristico di Torino. Curioso sapere che il pulpito fu realizzato per la chiesa del Corpus Domini, eretta nel luogo del miracolo, ma non entrando dalla porta fu donato nel 1752 alla chiesa di San Lorenzo.
Anche l'altare maggiore di questa chiesa è del Guarino Guarini, e fu assolutamente innovativo per l'epoca, proprio perché era staccato dalla parete di fondo, tutto per dare maggior risalto alla sia alla mensa che all'officiante della messa.
Il paliotto dell'altare raffigura il voto fatto da Emanuele Filiberto a San Lorenzo durante la battaglia di S. Quintino, nelle Fiandre, il 10 agosto 1557 (giorno della ricorrenza del santo), mentre in una pala è raffigurato Il diacono Lorenzo, rappresentato con gli strumenti del suo martirio. Lorenzo nato in Spagna, era il tesoriere del papa Sisto II, convocato dall'imperatore romano Valeriano nel 258 perché gli consegnasse tutti i tesori della chiesa, tornò davanti all'imperatore con gli storpi, zoppi, ciechi di Roma affermando che quelli erano i veri tesori della chiesa. L'imperatore ritenne la risposta una provocazione e diede disposizione che Lorenzo venisse martirizzato mettendolo su una graticola e bruciato. La tradizione vuole che bruciando abbia chiesto di essere rivoltato per cuocere meglio.
Le statue presenti sono: quelle del beato Amedeo IX, terzo duca di casa Savoia 1435-1472, uomo pio e particolarmente devoto alla Sindone per la quale fece costruire nel 1467 la Sainte Chapelle a Chambery, dove vi depose la Sindone. Il corpo riposa nella Cattedrale di Vercelli; e la statua della beata Margherita di Savoia 1390-1464, sposata a 13 anni con l'anziano nobile Teodoro Paleologo con lo scopo di favorire la pace tra le famiglie, divenuta vedova si ritira ad Alba diventa domenicana del terz'ordine e col favore del Papa, riforma l'ordine delle claustrali.
Alzando la testa verso la cupola del presbiterio è raffigurato San Lorenzo contornato da angeli; la volta è a sei lati.
Lo stemma sabaudo con l'occhio di Dio Padre raggiante nel triangolo che rappresenta la Trinità, sovrastano il presbiterio.
Sempre sopra l'arco esterno del presbiterio due angeli dorati dominano gli astanti. Tra gli angeli citati si può leggere un cartiglio: D.O.M. Emanuel Philibertus Vovit, Maria Jo. Baptista A Sabaudia Perfecit, Carolus Felix Restituit ossia "A Dio Onnipotente Massimo Emanuele Filiberto fece voto nel 1557".
La chiesa è un vero crogiolo di chiaro scuri, forse è anche per questo che Piton mi ha voluto seguire, qui infatti si ha la sensazione, già varcandone la soglia, di trovarsi in un luogo molto particolare proprio perché pare di essere avvolti dall'oscurità quasi schiacciati dagli otto convessi lati. Non ci sono finestre a livello d'uomo ed il buio è regnante, anche i colori dei marmi sono scuri, una scelta sicuramente non casuale quasi il buio dovesse essere un messaggio quasi volesse intimorire. Sul pavimento posto centralmente ed in asse verticale con la sovrastante cupola, chiunque è costretto a notare una grande stella bianca a otto punte, ma con la zona centrale in marmo rosso e un quadratino verde. Le prime luci le si trova solo posando lo sguardo sul registro 'intermedio' posizionate ai quattro punti cardinali quali allegoria dei quattro elementi naturali terra, aria, acqua e fuoco, mentre sui 4 pennacchi i quattro evangelisti con i loro simboli caratteristici: Matteo con l'angelo, Marco con il leone; Luca con il bue; Giovanni con l'aquila formano il tetramorfo.
Sempre guardando in alto in una galleria su cui affacciano otto finestre ovali, intercalate da otto pilastri dai quali partono dei costoloni che, incrociandosi, formano una nuova stella a otto punte. Ma l'occhio umano percepisce anche qualcos'altro di veramente mostruoso e di demoniaco infatti gli otto spicchi della volta della cupola sembrano dei volti del diavolo che osservano dall'alto con fare minaccioso chi si è introdotto nella chiesa. Gli occhi truci sono gli oculi e la finestra pentagonale sembra essere un naso torvo e quella inferiore pare una bocca minacciosa, con tanto di denti digrignati per l'effetto dell'inferriata esterna. Ovunque ci si posiziona posiziona in chiesa sembra che lo sguardo demoniaco ti segua. Veramente impressionante! Luci e tenebre, un chiaro scuro di Torino forse voluto per indicarci che non c'è luce senza tenebra, non c' è bene senza male. La chiesa è un crogiolo di linguaggi architettonici e di una combinazione simbolica di numeri sacri (otto è il numero della rinascita) e di luce/divina, ossia rinascita ad una nuova vita e il buio come destare l'attenzione a guardarsi dal male demonico.
Usciamo dalla chiesa di san Lorenzo, e sotto la lapide commemorativa dei caduti di Russia addossata vicino all'ingresso della chiesa, Piton si accomiata quasi promettendomi di potersi rivedere presto, incontro che non so se auspicarmi.
Mentre percorro un breve tratto di strada per recarmi nella piazzetta reale, proprio nelle vicinanze delle statue dei Dioscuri, incontro Dolores Jane Umbrigde come la chiama J. K. Rowling nella sua Hogwarts.
Costei per la scrittrice britannica è un personaggio che ha svolto la funzione di Sottosegretario Anziano del Ministro della Magia, fu anche membro del Tribunale del Wizengamot. Dolores Umbridge sempre per la Rowling viene nominata professoressa di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts. È definita una donna melliflua, leziosa e detestabile, ossessionata dal potere e dalla disciplina.
Il personaggio nella Hogwarts torinese non appare particolarmente odioso per chi la conosce solo superficialmente. Grande amica davanti ma pronta a rinnegare tutto se ne trova la convenienza o pur di emergere tra i mangiamorte. Da molti è definita solamente falsa per comodità.
Amante del colore verde, lo indossa volentieri. Ma anche dell'eccentrico pur non avendo un fisico in grado di portarlo, tanto che a volte appare ridicola e fuori luogo "agghindata" con tali vesti, ed in questo assomiglia molto alla Dolores Umbridge della Rowling, solo che quest'ultima indossa solamente abiti rosa ed estremamente leziosi, privilegiando capi soffici e svolazzanti, con disegni a fiorami sgargianti e ricca di fiocchetti portati sia sui capelli che sugli abiti.
Entrambi appaiono come mentori di saggezza ma poi davanti alle prime difficoltà, urlano sia per chiedere aiuto ai propri pari pur non perdendo l'occasione di accusare altri per i suoi errori.
Radicata ad un vecchio che ormai non esiste più dove forse un giorno ha avuto la sensazione di essere qualcuno, la Umbridge torinese continua ad essere eterna fonte di ripicca se, a parer suo, è stata ingiustamente "isolata" da qualcosa o qualcuno.
Il mio è un saluto, cordiale ma frettoloso, sia perché ho molte cose ancora da vedere e fare, sia perché non ho voglia di perdere tempo in inutili convenevoli, intanto Piton che è poco distante sarà lieto di ritrovarsi a chiacchierare con un suo simile.



Fine XXXVII parte.