Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (XLI parte)

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Alastor MoodyRaggiungo casa Broglia, in via Porta Palatina angolo via Tasso con via IV marzo. Tale angolo dell'edificio, dove mi soffermo, era anche noto come "cantone delle grida", poiché era qui che il banditore oltreché affiggere i bandi, li leggeva ad alta voce, ad uso dei molti analfabeti.
La Casa Broglia è anche nota anche come ex "Albergo Corona Grossa", è un edificio storico che rappresenta una delle poche testimonianze del periodo medioevale della città.
Il nome deriva dalla famiglia dei Broglia di Chieri, che con molta probabilità furono gli stessi ad adibire l'edificio ad albergo, noto come Hospicium Signi Coronæ. Grazie alla sua posizione strategica, ossia la vicinanza al castello, oggi palazzo Madama, al Duomo ed a piazza delle Erbe, a palazzo del senato, ne fece fin da subito un importante riferimento per tutti i viandanti che dovevano sostare a Torino. Non era una semplice locanda ma un vero e proprio albergo che poteva disporre di locali adibiti a stalla e ricovero di animali, oggi lo chiameremmo garages, oltre ovviamente offrire vitto e alloggio con un idoneo corredo da letto, un quattro stelle medioevale. Tanto che era solito ospitare delegati e ambasciatori in visita presso la corte sabauda. Casa Broglia si sviluppa su quattro piani fuori terra, presenta ampie arcate a sesto acuto ribassato al piano terreno. I piani superiori sono scanditi da pronunciate cornici marcapiano in cotto e, troneggiano ampie finestre a crociera, riccamente decorate dalle eleganti modanature. Voltandomi verso il tratto di via IV marzo che volge verso il duomo, cerco di scoprire dietro quale finestra del civico 3, nacque il 19 settembre 1898 Giuseppe Saragat. Figlio di una famiglia appartenente alla media borghesia di immigrati sardi. Laureatosi a Torino in Scienze Economiche e Commerciali, si sposò con Giuseppina Bollani ed ebbe due figli. Fu politico e leader storico del Partito Socialista Democratico Italiano, fu il quinto Presidente della Repubblica Italiana. Fu anche Presidente dell'Assemblea Costituente fino al 1947 e più volte vicepresidente del Consiglio dei Ministri oltreché Ministro degli affari esteri dal 1963 al 1964.
Si apre alla confluenza di questa strada, diverse vie che realizzano uno slargo che anch'esso appartiene alla Torino più antica. L'intitolazione del largo che ne forma una piazza, vuole ricordare la storica data del 4 marzo 1848, giorno in cui venne promulgato lo Statuto Albertino. Lo slargo è adorno di uno e mal tenuto giardinetto che ospita oltre a tavolini e sedie dei vari dehor dei locali che s'affacciano sulla piazzetta, anche diversi monumenti. Uno è dedicato a Giovanni Battista Botero. Costui nacque a Nizza il 16 dicembre del 1822, laureatosi in medicina nel 1847, ma il suo vero interesse era per la causa dell'unità nazionale e per il giornalismo. Il 16 giugno 1848, fondò con Felice Govean e Alessandro Borella, il quotidiano «Gazzetta del Popolo».Fu promotore, attraverso il giornale di diverse iniziative, quali ad esempio il 10 settembre 1849 il proclama agli elettori per la nomina a deputato di Giuseppe Garibaldi, il 14 gennaio 1850 lanciò sempre dalle pagine della «Gazzetta del Popolo»una sottoscrizione per una spada d'onore a Garibaldi. Iniziative che furono un successo di sottoscrizioni. Il 18 agosto del 1850, Bottero fu promotore con Felice Govean, con i deputati Bunico, Bottone, Borella e Josti, di una sottoscrizione per erigere un monumento alle leggi Siccardi, inaugurato dopo mille traversie il 4 marzo 1853. Costui scomparve all'età di 75 anni, il 16 novembre 1897. Nel suo testamento lasciò scritto: «Nacqui popolo, vissi popolo e muoio popolo». La Gazzetta del Popolo (L'Italiano-Gazzetta del Popolo dalla fondazione fino al 1945) è stato un quotidiano italiano fondato a Torino il 16 giugno 1848. Ha cessato le pubblicazioni il 31 dicembre 1983, dopo 135 anni di pubblicazioni.
Un altro busto ricorda un altro giornalista, Alessandro Borella, anch'esso medico e cofondatore della «Gazzetta del Popolo». Scrittore, uomo politico, nacque a Castellamonte nel 1815 da antica famiglia nobile ma decaduta, figlio dell'avvocato Felice Borella, proprietario di un setificio, esiliatosi poi in Francia per avere appoggiato i moti costituzionalisti del 1821. Il suo busto bronzeo venne realizzato nel 1871 e collocato nel giardino della Cittadella. In seguito, nel 1910, l'opera fu trasferita nell'aiuola di largo IV Marzo.
Un ultimo monumento, è dedicato caricaturista Casimiro Teja. Peccato che i turisti passino senza soffermarsi davanti a questo piccolo monumento che curiosamente associa Torino con Roma. Casimiro Teja, era noto anche con il nome d'arte "Puff", nacque a a Torino nel 1830, fu un importate fumettista italiano. Inizio la sua carriera collaborando con la rivista satirica liberale "Il Fischietto", fondata dal caricaturista Lorenzo Pedrone (Icilio), e su questo giornale assunse lo pseudonimo "Puff". Quando Il Fischietto dovette chiudere, perché strozzato dalla censura per le sue idee risorgimentali e liberali. Proseguì la sua attività vignettistica su il Pasquino. Il primo numero di questo giornale umoristico è del 27 gennaio 1857. Il giornale ebbe fin da subito un grande successo, dobbiamo ricordarci che la tiratura di 500 copie era per allora già una grande tiratura. Era un settimanale che era in "edicola" la domenica, la sua aspirazione era di rivolgersi a tutti gli italiani, quando ‘Italia non era ancora Nazione, e per questo prendeva il nome dalla "statua parlante" di Roma, simbolo per eccellenza della satira politica. Anche il "Pasquino" interessò la censura, tanto da essere spesso anche sequestrato per vignette un po' più mordaci del solito. Si narra che il Conte Camillo Benso di Cavour, incontrando Giuseppe Cesana uno dei suoi fondatori e anima del giornale, nei corridoi del parlamento subalpino, lo incitò a far sì che lui e i suoi amici giornalisti non si perdessero d'animo per questo sequestro, ma che continuassero ad aiutarlo nei suoi progetti per l'unità nazionale. Nel 1861 Teja coniò l'espressione "Piove, governo ladro!", come didascalia di una vignetta apparsa in occasione di una manifestazione di mazziniani che non fu possibile svolgere a causa della pioggia. Celebre anche il nomignolo affibbiato a Giovanni Giolitti,che Teja soprannominò"Palamidone" (cioè "lunga palandrana").
Teja diresse questo settimanale per quarant'anni, fino all'ultimo giorno della propria vita nel 1897. Quando la capitale fu trasferita a Firenze, Il Pasquino rimase pubblicato a Torino, in quanto Teja affermò: «Fuori Torino, Pasquino non potrebbe vivere.»
Collaborò anche con le riviste satiriche "Le scintille", "Spirito Folletto" e "La lanterna magica".
Fu tra i primi soci del neo costituito Club Alpino Italiano, nonché eccellente pittore. Il settimanale satirico,Pasquino, fu pubblicato fino al 1930, quando fu soppresso dal fascismo.
Torino gli volle dedicare nel 1904 un monumento, eseguito da Edoardo Rubino, che lo ritrae sotto una copia del busto romano del Pasquino. Il monumento inizialmente si trovava lungo il Po, in corso Cairoli, poi dal 1924 trova attualmente in Largo IV marzo.
Mi viene incontro Alastor Moody con il suo passo veloce, nonostante la sua robusta corporatura.
Alastor Moody, soprannominato "Malocchio" nella Hogwarts della Rowling è un Auror in pensione e un membro di spicco dell'Ordine della Fenice.
È un personaggio inquietante, con un occhio finto e una gamba di legno. Auror, è il cacciatore di maghi oscuri e mangiamorte. Fu anche insegnante di difesa contro le Arti Oscure. Il suo aspetto fisico porta i segni delle innumerevoli battaglie contro i numerosi potenti nemici. Per questo motivo risulta sfregiato in volto e sotto i suoi folti capelli, porta molte cicatrici e tagli. La bocca è molto sottile e gli manca un pezzo del naso, i suoi occhi: uno è nero, piccolo e lucente, mentre l'altro è artificiale, grande, vivace e blu elettrico. Quest'ultimo si muove continuamente e la sua palpebra non cala mai e quando a volte si rovescia indietro per guardarsi le spalle, intimorisce chi gli è difronte.
Mentre Alastor Moody torinese, è anch'esso di corporatura robusta, non ha sfregi, gambe di legno od occhi finti, ma un faccione allegro, leggermente allungato e di carnagione chiara, non l'ho mai visto con barba e baffi, anzi è sempre ben rasato, la bocca piccola e sottile presenta labbra fini e rosee. Il naso è piccolo e aggraziato mentre gli occhi grandi e scuri con due sopracciglia poco folte. La fronte è ampia e spaziosa ed evidenzia un inizio di alopecia dei suoi capelli scuri, portati corti e sempre ben curati. Nella Hogwarts torinese, il mio Alastor Moody ha sempre " galleggiato", ossia è sempre stato capace di adattarsi a tutte le situazioni. Personaggio che non si è mai scontrato con nessuno, cercando sempre un accomodamento anche nelle questioni più spinose e difficili. Grazie a questo suo carattere addomesticabile è sempre riuscito a ricoprire ruoli importanti. Non mi è mai stato ostile, anzi è stato uno delle persone più sensibili che abbia conosciuto a Torino durate la mia permanenza.
Sulla piazza si prospetta, quasi nascosta dagli ombrelloni dei tavolini dei ristoranti la casa del Senato, nota anche come Palazzo Longobardo. Costruita con molta probabilità su un preesistente edificio pubblico di epoca romana, o comunque con materiale di quell'epoca, si crede che sia stata la sede dei duchi torinesi durante la dominazione longobarda.
Fu anche sede della Vicarìa, e delle prigioni, quando la casaforte di Porta Fibellona divenne la residenza della corte dei Savoia Acaja. Della costruzione originaria si possono ancora notare la base in pietra e tracce delle tipiche finestre ogivali, sostituite nel XVI secolo da più ampie finestre a crociera in cotto. La particolarità dell'edificio ed il suo mistero è che con i suoi quattro piani sovraterra, conserva ancora tre piani sotterranei, l'ultimo del quale è accessibile soltanto tramite alcune botole, usate come segrete e celle. Si narra che anche qui, ma prove non ve ne sono a quanto pare, che vi abbia soggiornato Carlo Magno nel 773, Carlo il Calvo, di Lotario nel 947 e addirittura di Federico Barbarossa. Alcuni affermano che in alcune notti, particolarmente buie si senta rumori di catene provenire dalle segrete della casa, molto più facile che qualche avventore delle trattorie sulla piazza, in quelle notti, abbiamo visto più che udito, il fondo di una bottiglia di un uno barbera.
Questa piazza o largo, come si voglia chiamarlo è stata la scenografia, insieme a via Pietro Micca, piazza Carlo Felice, piazza Statuto e piazza della Repubblica del Film "Bubù". Diretto da Mauro Bolognini con interpreti gli attori, Massimo Ranieri, Ottavia Piccolo e Antonio Falsi, girato nel 1971. Film che racconta la storia Berta, povera e debole operaia che finisce a prostituirsi. Costei s'innamora di un giovane e va a convivere con lui, ma quando il suo protettore esce dal carcere, il ragazzo non ha la forza di opporsi e la ragazza deve continuare a prostituirsi. Il film è tratto dal famoso romanzo Bubù di Montparnasse, scritto da Charles Louis Philippe, la vicenda filmografia è invece ambientata in una non nota città del nord Italia, infatti gli esterni sono stati girati tra Torino e Milano.
Con Alastor Moody, chiacchierando amichevolmente, ci avviamo verso piazza dei santissimi Martiri.
Incrociamo nel nostro breve percorso via Cappel Verde, una corta e stretta via che ci racconta un'altra misteriosa storia torinese. La via deve il suo nome alla presenza nel sei,settecento di un albergo che portava questo nome. Abitava in via Cappel Verde al secondo piano del civico 6, Enrichetta Naum. Costei fu forse l'unica donna, a Torino, che fosse stata individuata come esorcista. Abitava poco lontano sia dal duomo che dalle chiese del Corpus Domini e dello Spirito Santo e le sue finestre forse erano prospicienti al seminario Vescovile.
Enrichetta, fu nominata esorcista nel 1895 al età di 52 anni, dall'autorità ecclesiastica. Forse perché a Torino di sacerdoti esorcisti ve ne era probabilmente uno solo e anche in età avanzata, fu allora che Anastasio Ballestrero arcivescovo di Torino nominò la Naum.
Enrichetta aveva già fama ritenendola soprattutto "guaritrice". Compiva strani riti, guarigioni incomprensibili per i medici del tempo, pronunciando formule di cui lei stessa non comprendeva il significato.
La donna morì nel 1911, nei giorni della Grande Esposizione di Torino, e pertanto le cronache dei giornali le dedicarono poche righe. Si era trasferita d'abitazione poco prima di morire in una mansarda di via Garibaldi.
Pare però che non abbia mai lasciato realmente l'appartamento di via Cappel Verde dove faceva i suoi esorcismi. Secondo alcuni,tali esorcismi e le guarigioni, avrebbero impregnato il luogo che ancora oggi si sentono strani rumori e il fantasma di Enrichetta compare di tanto in tanto spaventando i passanti.



Fine XLI parte.