Il viaggio è lungo, il sole è cocente e con i suoi riverberi non permette di godere a pieno del paesaggio che, benché brullo, ricorda tanto le descrizioni degli scrittori romantici. Molte città dell'antica regione, abitata dagli Arcadi, mi tornano alla mente grazie ad Omero che le aveva già citate nei suoi scritti.
L'Arcadia, nel corso della storia della letteratura, è da sempre elevata a topos letterario, in quanto percepita come un mondo ideale. Poesia e mitologia, hanno fatto di questa regione montuosa il sogno idilliaco di un posto in cui non era necessario lavorare la terra per sostenersi, perché la generosa natura provvedeva a donare all'uomo il necessario per vivere. D'altra parte, secondo la mitologia greca, l'Arcadia era il territorio di Pan, la deserta e vergine casa del dio della foresta e della sua corte di driadi, ninfe e spiriti della natura. La stessa mitologia greca è stata fonte di ispirazione per il poeta Virgilio nello descrivere nelle sue Bucoliche, un ambiente molto simile a quella dell'Arcadia.
L'Arcadia è da sempre un soggetto artistico amato sin dall'antichità, sia in letteratura che nella pittura. Le immagini di bellissime ninfe che si rincorrono e giocano in rigogliose foresta sono frequenti fonti di ispirazione per i pittori ma anche per gli scultori. Identificata, nell'immaginario collettivo come una sorta di paradiso terrestre, simbolo della semplicità dello stile di vita dei pastori, del loro attaccamento alla natura, abitato però solamente da entità sovrannaturali, non un luogo per gli esseri umani se non dopo la morte.
Arcadia diventa sinonimo di poesia bucolica non solo con Virgilio, ma anche nel Rinascimento, per esempio da Torquato Tasso per citarne uno. Costui vi ambienta una favola pastorale "L'Aminta".
Scritta nel 1573 e pubblicata nel 1580 circa. Torquato Tasso, la descriverà come boschereccia e narra di un pastore, Aminta, che s'innamora di una ninfa mortale, Silvia, ma il suo amore non viene ricambiato. Un'amica di Silvia, di nome Dafne gli consiglia, di attenderla alla fonte dove si bagna di solito Silvia. Aminta, giunge alla fonte e salva Silvia, mentre viene aggredita da un satiro che si appresta a violentarla. Ma costei, ingrata e spaventata, scappa senza ringraziarlo. Aminta la segue ma trova nel bosco un velo appartenente a Silvia sporco di sangue e crede che la sua amata sia stata sbranata dai lupi. Addolorato decide di suicidarsi gettandosi da una rupe. Silvia, appresa la notizia del suicidio di Aminta, presa dai rimorsi e resasi conto di amarlo cerca il corpo e trovatolo piangendo disperata sul corpo di Aminta. Ma costui è ancora vivo perché un cespuglio ha attutito la caduta e riprende i sensi, coronando l'amore tra i due.
Addirittura nel 1690 a Roma fu fondata l'Accademia dell'Arcadia, un circolo letterario che sosteneva il classicismo opponendosi al barocco.
E se nella letteratura l'Arcadia ha sempre rappresentato una terra idealizzata, dove uomini e natura vivono in perfetta armonia; sono sincero, ogni volta che qualcuno mi cita l'Arcadia, il mio primissimo pensiero non va a questi paesaggi brulli, definiti idilliaci, con sparse macchie di boschetti che il romantiscismo e la mitologia trasformano in foreste, né a Pan e alle sue ninfe ma all'astronave di Capitan Harlock, che si chiamava appunto Arcadia. Non è un eroe greco, ma semplicemente il protagonista di un fumetto di ambientazione fantascientifica creati da Leiji Matsumoto.
Ancora oggi molti poeti indicano l'Arcadia come una terra mitica, elogiando i tempi in cui l'uomo viveva in contatto con la natura, libero dall'ipocrisia di una morale convenzionale creata dalla cosiddetta civiltà.
Stanchi del viaggio, raggiungiamo finalmente Nauplia.
Fine IV parte.