Questi volontari occasionali sono stati definiti, dopo l'alluvione di Firenze del 1966, "Angeli del fango". Ascoltare, leggere gli encomi e ringraziamenti verso di loro non è solo gratificante e commovente ma evidenzia anche l'idea dell'immaginario collettivo di un volontariato sincero e disinteressato. Invece sentire e leggere che costoro non dovrebbero esistere perché privi di formazione e di copertura assicurativa, che sono d'impaccio ai soccorritori professionisti e non solo, mi fa male e mi fa solo incazzare.
Invece di comprendere il vero significato di volontariato e spontaneismo, aiutando questi giovani a operare in forma coordinata ed organizzata, preferiscono non vederli. Lasciando la disperazione agli stessi disperati. Preferiscono vedere solo divise e mostrine, gradi che tanto fanno di militare e nulla di spontaneista benché volontari. Con oltre quarant'anni di esperienza, sia da volontario organizzato che spontaneo e da professionista, ho da sempre lottato per far capire cosa voglia dire "sentirsi parte attiva". Che l'emergenza, il disastro si riduce, si mitiga con la prevenzione. Ma che i primi attori della prevenzione sono i cittadini, che solo chi abita, risiede nei luoghi soggetti a frane, alluvioni sono le vere sentinelle del territorio. Questi ultimi, sono stati dal sottoscritto, considerati, come operatori di prevenzione e quindi di Protezione Civile. Ho sempre creduto che fosse necessario costruire una cultura di massa, di condivisione, di educazione al rischio, partendo dalle scuole, dalle università dai luoghi di lavoro, utilizzando questo spontaneismo, vera e pura energia giovane e dinamica di chi fa senza chiedere, non avendo bisogno di orpelli alcuno. La loro educazione e formazione ne avrebbero fatto cultori di un sistema di previsione e prevenzione, ma anche strumento di massa operativa in caso di sventurata emergenza. L'accentramento del sistema italiano di Protezione Civile, lasciato in mano a poche persone, spesso con scarse esperienze sul campo o a "luminari" che non conoscono i calli del manico del badile, nè visto lacrime di disperazioni, perché dai soffici scranni dei palazzi e dalle cattedre universitari non sono mai usciti, se non scortati come novelli principi e re. Ciò mi lascia l'amaro in bocca. Si lascia la responsabilità agli ultimi, mentre risorse e strumenti operativi in mano di pochi. Abbiamo fatto un grande passo indietro nel nostro sistema italico, che ha tanto bisogno di partecipazione e che fino a pochi anni fa era considerato d'esempio da molte nazioni. Caste e lobby in questo Paese sempre ci saranno, oggi mistificate spesso e volentieri da organigrammi, responsabilità fittizie ma sempre al soldo di qualcuno o in qualche interesse, dove hanno trovato nella gestione delle emergenze e nella ricostruzione di un nuovo business.
Questo non è il mio volontariato. Oggi come ieri ci dedichiamo all'improvvisazione e all'italiana benevolenza e capacità di rigenerarsi e ricostruire. Le lacrime di un cittadino del nord, del sud della nostra penisola, sono amare nello stesso modo e copiosamente cadono come quelle da chi scappa a casa nostra da guerra e fame. Purtroppo la rigidità di un sistema ingessato da antichi privilegi e del mondo economico, mi lasciano dopo quarant'anni ancora sognare e con un pugno di "mosche" in mano. Ma voglio essere e continuare ad essere fiducioso, qualcosa prima o poi cambierà. Forse troppo tardi, ma cambierà!
Ho certamente toccato nell'orgoglio qualcuno, ma sono abituato a guardare la realtà e a raccontarla come la vedo e non come vorrebbero farmela vedere gli altri.