Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Il bigliettaio del bus n° 5

E-mail Stampa PDF
TulonIn televisione, un vecchio film in bianco e nero mi ha riportato alla mente particolari momenti della mia infanzia. La scena in questione era quella del bigliettaio che sugli autobus prendeva i soldi consegnando il permesso di viaggio o obliterava l'abbonamento. Il film mi ha ricordato quando da piccolo prendevo l'autobus da Marengo per andare a scuola a Spinetta. La memoria mi lancia un flashback in cui i passeggeri stavano rigidamente seduti vicino alle porte posteriori dell'autobus e vicino ai finestrini. L'unica porta da cui potevi accedere all'autobus era quella posteriore, dove stava il bigliettaio, seduto come su un trono, su un piccolo sgabello, mentre la porta anteriore era riservata alla discesa. Il bigliettaio aveva sempre un cappello con fregio societario e visiera, camicia azzurra con cravatta scura e completo blu scuro. Con sguardo truce ti guardava quando tra bambini alzavamo un po' la voce per scherzare.
Ricordo che i miei genitori non chiamavano l'autobus con il suo nome, ma comunemente era chiamato la "corriera", anzi quello che faceva la linee suburbane che collegava Alessandria con Spinetta Marengo era chiamato da tutti noi "Tulon". Lo ricordo come un mezzo grande, imponente, di colore verde scuro, con sei ruote ossia a tre assi, rumorose porte a soffietto posteriori e anteriori. Aveva due grandi ed alti gradini che dovevi affrontare per salire, ma forse era solo io che ero piccolo. Se non erro, era un Fiat 680 con guida a sinistra. Aveva un enorme volante che il conducente doveva, a mio parere di allora, saper girare con molto sforzo. I miei viaggi quotidiani erano Marengo-Spinetta e viceversa per andare a scuola, mentre i viaggi più lunghi, ossia Marengo-Alessandria li facevo solo con la mamma per andare al mercato coperto o negli allora supermercati che erano la Standa o l'Upim. Ero fiero di quel "Tulon" il cui arrivo si riconosceva in lontananza sia per la sua mole, ma anche per i suoi rumori che accompagnavano il suo cammino, infatti il "Tulon" era derivato dallo chassis del camion Fiat 680. Poi aveva un frontalino che per me era enorme e diverso da tutti gli autobus di città, sembrava che il "Tulon" avesse tanti baffi. Essi in realtà erano decorazioni costituite da leggere barrette, credo d'alluminio che poste in ordine decrescente in posizione orizzontale e suddivisi in due parti mi sembravano disegnassero i baffi del gatto. Ovviamente erano gli ultimi anni di circolazione e le sue porte a soffietto che sbuffavano rumorosamente ogni volta che si aprivano o chiudevano avevano i segni dell'età come i suoi grandi e scomodi sedili. Ma lo ricordo sempre puntuale e pulito. In città il capolinea era in piazza Genova, ossia in piazza Matteotti. Nel capoluogo vi erano ancora i Filobus, che non ricordo, purtroppo, di aver mai utilizzato. Un po' mi manca il "Tulon" come mi manca il tintinnio della borsa di cuoio nero del bigliettaio che oggi è stata sostituita dalla macchinetta obliteratrice. Saranno pure più funzionali, ma sono certo che non tintinnano, non sorridono, non ti guardano con sguardo truce se fai un po' di chiasso sull'autobus e neppure ti dice "Buongiorno signore, il biglietto" e nemmeno "grazie".