Il primo che incontro arrivando da Borgo San Martino è l'oratorio di San Rocco. Ancora oggi questo oratorio è posto ai limiti del territorio urbanizzato. Infatti, quelli dedicati a San Rocco, venivano generalmente costruiti prima degli accessi al centro abitato, in quanto il santo era invocato contro la peste e le malattie epidemiche e quindi in grado di fermare le malattie alle porte delle città e paesi. In certe zone era considerato protettore dei contadini e pregato per la difesa delle malattie epidemiche degli animali. Parcheggio vicino all'auditorium di San Rocco; un anziano contadino è impegnato a potare un contorto albero di fichi. Dalla scale, su cui è salito, mi lancia un incuriosito sguardo e poi si volta verso il ramo che deve recidere. Il cappello di paglia consunto che indossa, non ha potuto nascondere uno sguardo fiero e le rughe su un viso segnato e consumato dal tempo.
La cappelletta od oratorio di San Rocco è in stile neogotico, costruito attorno al 1570 e rimaneggiato nel XIX secolo.
Conserva stucchi settecenteschi e un affresco raffigurante la "Madonna con Bambino, San Rocco, donatore e figlio con due Vescovi" datato XVI –XVII secolo ed è attribuito al pittore alessandrino Giorgio Alberini. La cura popolare dell'oratorio è evidente dalla profonda pulizia del locale, ivi compreso quello del portico. Vasi di gerani ingentiliscono il portico, rendendolo gradevole alla visita. Questa chiesetta fu voluta dal duca di Monferrato Guglielmo Gonzaga, come ex voto per l'avvenuta guarigione del figlio.
Con l'auto raggiungo l'oratorio della madonna del Buon Consiglio, posta alla periferia orientale del paese. È in ottime condizioni, fu costruita nel 1900 per volere dei fratelli Muzio. Ben curato anche l'interno che posso vedere attraverso una finestra aperta, ma munita di sbarre. Vi sono dei lumini accesi, segno di frequentazione quotidiana da parte dei devoti. Invece raggiungo dopo un tratto di strada sterrata in direzione del fiume Po, quello che rimane della chiesetta campestre dedicata a San Cristoforo. Anticamente la chiesetta era nelle vicinanze del porto fluviale, ora il fiume nelle sue frequenti alluvioni si è spostato più a oriente. Di quell'antica costruzione del 1572 non rimane più nulla e non vi è nemmeno più memoria dei restauri del 1754. Questi ultimi restauri furono fatti a seguito di un evento miracoloso di cui non conosco molto. Nel 1909 fu rifatto il tetto che minacciava di crollare. Il nuovo tetto fu fatto a botte ed in cemento, snaturando la chiesetta nelle sue forme originali. Le pareti sono intonacate con "freddo calcestruzzo" e due semplici paraste ne angolari fanno da decorazione. Anche l'abside semicircolare ha la volta a botte ed è in cemento. Supero con non poche difficoltà le alte erbe infestanti che circondano la chiesetta e dalla finestrelle, in parte tamponate posso osservarne l'interno. Ossia un aula rettangolare, non vi è nulla all'interno, nessuna decorazione se non segni di abbruciamenti, scritte deturpanti e molta sporcizia in quello che un tempo era un luogo sacro e di pellegrinaggio.
Raggiungo in auto piazza Vittorio Veneto, e dopo aver trovato un comodo parcheggio mi inoltro per il centro storico del borgo; incontro subito una colonna ottagonale con croce, eretta come scritto nella lapide posta su una facciata, nel 1582 in occasione della visita di San Carlo Borromeo a Frassineto Po. Questa zona, oggi gradevolmente aggraziata da giardini alberati, ricavati nel fossato degli antichi bastioni è denominata usualmente i Rollini e anticamente Airali. In molti paesi monferrini, venivano chiamati Airali, quelle aree pubbliche poste a mezzogiorno fuori le mura del borgo. Sicuramente ove oggi c'è la colonna votiva un tempo c'era una porta d'accesso al borgo. Infatti Frassineto era dotato di due porte, una denominata Ricellino o Rollino che guardava appunto a mezzogiorno e l'altra di San Martino.
Sulla sinistra della strada d'accesso al centro storico è posto il monumento ai caduti, con una grande statua in bronzo raffigurante un fante. L'opera è del casalese Guido Capra.
Una grande conifera fa ombra alla statua e nasconde un'altra lapide che ricorda i caduti in guerra. Quest'ultima è affissa al muro laterale della chiesa di San Giovanni Evangelista. Un tempo nel giardinetto del monumento, mi dicono gli anziani del posto, vi fossero tre frassini. Infatti il toponimo Frassineto pare voler derivare dagli alberi di frassino; un albero di alto fusto che forniva agli antichi abitanti del luogo, legno per i manici per le asce, gli strumenti di lavoro della terra e per le lance.
Subito mi trovo davanti alla chiesa di San Giovanni Evangelista, edificata sull'antico teatro dei Gonzaga. L'attuale chiesa fu costruita nel 1620 in sostituzione di un'altra chiesa demolita per realizzare la sacrestia della chiesa parrocchiale. Fu benedetta dal cardinale Federico Borromeo il 17 settembre 1620. Il campanile anche se ricostruito nel 1759 non versa in buone condizioni. Arrivo rapidamente in piazza del Municipio sulla quale si affacciano notevoli e antichi palazzi e la grande e bella chiesa parrocchiale dedicata a Sant'Ambrogio e San Giorgio. Prima di addentrarmi a visitare la chiesa voglio fare un ripasso sulla storia del borgo.
Nel medioevo il paese apparteneva all'episcopato di Vercelli, donato dai re longobardi e confermato dai diplomi imperiali del 999 e 1207.
Il vescovo di Vercelli infeudò il territorio in parte ai Rossi e in parte ai Cane di Casale Monferrato. Un diploma del 1187 di Enrico VI, cita anche possedimenti del Monastero di Rivalta. Nel 1355, Carlo IV assegna il territorio al marchese del Monferrato e quindi nel 1371 con Galezzo Visconti passa sotto il dominio milanese. Periodo nel quale, benché il borgo fosse munito di un castello e di una numerosa popolazione, andò per lungo tempo in miseria.
Nel 1431 Filippo Maria Visconti lo conquistò dopo un pesante ed orrendo saccheggio, massacrando quasi totalmente la popolazione. Il borgo e la popolazione subì un ulteriore saccheggio e furono incendiate tutte le abitazioni, insieme a quelle di Valmacca, nel 1446 ad opera di Carlo Gonzaga, entrando in possesso dell'intero territorio.
Frassineto fu poi infeudata alle famiglie Ardizi, Mosso Pallavicino di Morano e ai Natta Callori.
Con il passaggio del casalese nel 1723 ai Savoia, anche Frassineto Po ne seguì la sorte. La storia corre al 1859, allorquando il 3 maggio ebbe luogo sulle sponde del fiume Po, il primo fatto d'arme della seconda guerra d'indipendenza italiana, quando reparti austriaci comandati dal maresciallo Giulaj attaccarono reparti piemontesi, alloggiati a Frassineto, comandati dal colonnello Bozzoli. Questo fatto d'arme è ricordato da una bella lapide marmorea allocata sul muro del Municipio, che si prospetta sulla piazza. Sulla lapide sono ricordati i primi otto soldati piemontesi morti nel primo scontro per l''indipendenza e l'unità d'Italia. Sulla piazza oltre al palazzo municipale si prospettano altri importanti edifici. Tra i quali un bel palazzo con una grande facciata in stile neoclassico, dotata di festoni, ampie finestre e vetrate e i resti di un orologio solare. Vi è anche una casa porticata di origine seicentesca, denominata casa parrocchiale. La facciata è in mattoni a vista, donandole un aspetto di maestosità e sicurezza; l'edificio fu donato dal Duca di Savoia, Vittorio Emanuele il 21 agosto 1716 per essere adibita a canonica.
La piazza ha un aspetto ordinato ed elegante. L'imponente facciata della chiesa parrocchiale pare voglia specchiarsi sulla bella piazza, coronata da eleganti lampioni in ghisa e da pilastrini in pietra. Accedo nella parrocchiale, dopo aver ammirato la sua alta facciata esterna, in stile neoclassico. La facciata è spartita da quattro colonne e due pilasti angolari. I capitelli di questi sono compositi con festoni, frutti e fiori. La chiesa è dotata di un grande timpano decorato con un affresco con la Madonna tra gli Angeli.
Il campanile, in stile romanico, si presenta massiccio ed è risalente XV secolo, essendo la torre dell'antico castello. La porta d'accesso è anch'essa antica, risalente al XIX secolo. La chiesa fu costruita tra il 1444 e il 1454 da Bonifacio, marchese del Monferrato, fu realizzata con un disegno a croce greca e poi nel 1781-1798 con un ampliamento fu trasformata a croce latina. È dotata di molti finestroni semicircolari con vetri colorati, interni intensamente decorati e con tre navate e cupola sulla crociera. Entrando non si può non notare le due eleganti pile dell'acqua santa in marmo rosso di Verona.
L'altare maggiore è in marmo bianco di Carrara con il verde della rocca di Varallo e alabastro, la balaustra con tabernacolo ligneo è del XVII secolo.
La chiesa nonostante abbia subito ripetuti furti, conserva importanti opere d'arte. Tra le quali due tele del rinascimento piemontese. Contiene quattro cappelle per lato con alcune tele di Orsola Caccia e della scuola del Moncalvo che mi soffermo ad ammirare.
Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali.
Uscendo dalla chiesa, mi aggiro nel reticolo ordinato delle vie che s'immettono alla piazza, avendo cura di ammirare gli antichi portici che arricchiscono le case più antiche, come quella gotica di Palazzo Margara.
Rilevante, nelle sue adiacenze, in via Silvio Pellico, la residenza dei Duchi di Mantova, Federico II di Gonzaga e Margherita Paleologa. Costruzione del XVI secolo, con portico, imponenti torrette, è attualmente sede della Casa di Riposo per Anziani e della scuola materna. Un altro ed interessante particolare che colpisce la mia attenzione è posto in via Sant'Ambrogio, al civico 22, dove sopra ad una porta che dovrebbe far accedere in un cortile è affrescata a modello di edicola religiosa, una madonna nera con bambino tra i santi. Affresco in pessimo stato di conservazione, ma identifica come il culto della Madonna fosse molto presente nel borgo. Chissà però se questo culto alla Madonna nera si deve a Sant'Eusebio, vescovo di Vercelli o alla tradizione mariana degli spagnoli alla Madonna del Monserrat? Frassineto Po fu occupata per diverso tempo da truppe spagnole e le truppe spagnole soprattutto quelle catalane, rivolgevano le loro preghiere alla Madonna del Monserrat.
Prendendo via Guglielmo Marconi, giungo davanti a Palazzo Mossi. Questo palazzo fu costruito nel 1812 dall'architetto Agostino Vitali di Spoleto, per disposizioni di Vincenzo Maria Mossi, la cui famiglia deteneva il feudo dal 1739. Il palazzo anticamente era circondato da un grande prato inglese, ora totalmente scomparso. È rimasto solo il maestoso ingresso ad arco, che si prospetta su piazza Vittorio Veneto. Ingresso in stile dorico, il cui architrave è decorato con bucrani, meteope e triglifi. Il palazzo aveva una parte rustica e una parte padronale. Suddiviso su due piani, con un avancorpo circolare che funge da fulcro per le due ali. Purtroppo il palazzo negli anni ebbe diversi passaggi di proprietà. Attualmente solo un ala del palazzo, quella di destra è di proprietà comunale ed è stata restaurata e trasformata nel villaggio del libro. Un enorme contenitore dove è possibile trovare vecchi libri, riviste e libri nuovi di piccole case editrici. Nel palazzo ha trovato spazio anche un percorso museale sul paesaggio del Po.
Dopo aver fatto inevitabili acquisti di libri, voglio visitare la chiesa della Madonna degli Angeli.
La semplice facciata della chiesa presenta quattro lesene con decorazioni a festoni ed è in stile barocco lombardo. Sulla facciata sono presenti anche due nicchie con all'interno due statue, ormai irriconoscibili per la corrosione del tempo e degli agenti atmosferici. Dai documenti, dovrebbero essere due statue in terracotta, datate prima metà del XVII secolo e rappresenterebbero o meglio rappresentavano Sant'Ambrogio e San Carlo. La chiesa fu costruita nel 1620 sul sedime del vecchio cimitero che era intorno alla vecchia chiesa parrocchiale poi demolita. Nel 1799 le truppe francesi vi ricoverarono i soldati malati e feriti. La chiesa dalla sua costruzione fino al 1867 fu di proprietà della Confraternita dei Battuti o dei Disciplinati, conosciuti come i "Batù". Con lo scioglimento della Confraternita, la chiesa passo di proprietà comunale. L'interno è a navata unica con volte a botte. Le opere d'arte presenti sono di pittori sconosciuti e si pensa comunque piemontesi o lombardi, escludendo alcune icone del XVIII secolo attribuite al Todeschini.
Prima di lasciare Frassineto Po, ricordo solo che esisteva sul territorio comunale un'altra chiesa, quella dedicata a San Giovanni del Giarone, un tempo situata tra la confluenza del fiume Sesia e il Po. Chiesa già esistente nel 1630 che fu più volte rovinata dalle alluvioni e ricostruita. L'ultima volta fu riedificata nel 1819 ma subito distrutta da una nuova alluvione e non più edificata.
Prima di riprendere l'auto e dirigermi verso Casale Monferrato, mi siedo su una panchina e ricordo i personaggi che nacquero in questo borgo e che ne resero famoso il nome. Sicuramente Gray Ubertis Corinna Teresa, nata nel 1877 e morta a Roma nel 1964, costei narratrice e poetessa ne ricordo solo alcune sue opere di narrativa, come "Piccoli eroi della grande guerra", "Il corpo e l'ombra" e per la poesia "Strade mie". Ma anche Guenzi Gian Francesco nato nel 1713 e morto a Torino nel 1753, anch'esso letterato e poeta, ricoprì la cattedra di Umanità e poi di retorica presso l'Università di Torino. Forse è nativo di Frassineto Po anche il pittore Novelli Sebastiano, di certo sappiamo che morì a Casale Monferrato nel 1545. Sono sue molte opere di arte sacra, sparse tra Casale Monferrato, Castel San Giovanni, Piacenza, Biella e Rosignano Monferrato.
Mi scorrono le memorie di gioventù, quando appena assunto come guardiacaccia e guardiapesca, insieme a Nando, il mio collega più anziano e mentore, vagavo per queste lande. Un borgo di coltivatori di ortaggi, ma anche di pescatori. Il fiume per loro non è mai stato un avversario, anzi un patrimonio da difendere. E se per i nobili del paese, le sponde del fiume erano momenti di svago con la caccia con i falconi e poi con le spingarde montate sulle barche per la caccia alle anatre, per i popolani era luogo di pesca per nutrire le proprie famiglie, ma anche di lavoro per coloro che gestivano il porto fluviale voluto dai Gonzaga. Su quel porto ormai scomparso, ormeggiavano i battelli carichi di musicanti diretti alla corte ducale, ma anche spezie e stoffe per i mercati locali, provenienti da Mantova. Il fiume era visto come un amico, mi dicevano tanto tempo fa i vecchi pescatori che riempivano le loro ceste con barbi, carpe, cavedani, ma anche anguille, tinche e storioni.
Nell'allontanarmi da Frassineto Po, passo davanti all'oratorio di Santa Maria, ora non più che un edicola.
Inoltrandomi sulla strada che conduce a Casale Monferrato, mi chiedo dove fosse la località chiamata le "tre piglie" in cui nel Seicento era installata costantemente la forca, quale macabro monito ai delinquenti.
Lascio così questo piccolo borgo, ricco di storia e curiosità ma purtroppo poco conosciuto.