Il toponimo Bard può essere un riflesso di un personale medioevale Bardus, di origine germanica o longobarda da Bardi.
Bard, oltre allo storico forte, presenta un assetto urbanistico tipico medioevale. Vi sono presenti edifici risalenti al XV-XVI secolo, fra cui la Casa Valpergo, Casa del Vescovo, Casa Ciucca e Casa della Meridiana. Particolarmente importante è il Palazzo dei Conti Nicole. Questi ultimi furono gli ultimi conti di Bard. Sulla Piazza del Municipio sorge la parrocchiale dedicata all'Assunzione di Maria, chiesa a navata unica, ricostruita nel XIX secolo. Il suo campanile ha invece mantenuto le forme romaniche ad impianto quadrato con monofore e bifore. Lo sguardo non può non correre sull'imponente forte. Già in epoca romana, nel VI secolo d.c. qui esisteva una guarnigione militare di difesa "Clausurae Augustae" a protezione dei confini dell'impero. Tale sistema difensivo nel 1034 fu definito "inespugnabile oppidum". Nel 1242, Amedeo IV di Savoia se ne impadronì cacciando i feudatari e infeudandolo al fratello Tommaso, conte delle Fiandre. Rimasto sempre in possesso dei Savoia, diventa protagonista del passaggio dell'esercito napoleonico che nel maggio 1800 con una guarnigione di 400 austriaci riuscì a bloccare l'avanzata dell'esercito francese per due settimane. I napoleonici riuscirono a passare oltre il forte, solo percorrendo di notte delle mulattiere con i cannoni e le salmerie, dopo aver cosparso i sentieri di foglie e paglia per attutire i rumori del passaggio delle truppe, dei loro cavalli, mentre le artiglierie francesi continuavano inutilmente a bombardare il forte. Napoleone fece poi smantellare il forte per evitare ulteriori problemi. Successivamente Carlo Felice di Savoia, preoccupato di nuove aggressioni francesi lo fece ricostruire a partire dal 1830. In questo forte, prestò servizio anche l'allora Tenente del Genio Camillo Benso conte di Cavour. Caduto progressivamente in disuso, fu adibito a bagno penale, poi deposito di munizioni fino al 1975.
Finalmente siamo in vista di Arnad, borgo nel quale ci attende un lauto pasto. Il Comune è situato nel fondovalle dove si forma una piccola pianura. È ancora un borgo dove la tradizione agricola è vivace, infatti è conosciuto come il paese del lardo. Ciò ci spinge a schiacciare sull'acceleratore per trovare l'agognato desco. Arnad è comunque anche un luogo pieno di storie e di bellezze artistiche e culturali. Infatti a testimonianza troviamo la chiesa di San Martino, datata XI secolo, oltre la chiese è da notare il ponte settecentesco di Echallard, storica struttura sulla via Francigena. Interessante anche il castello Vallaise, che si trova a metà collina, circondato da terrazzamenti. Questo maniero fu costruito nel XVII secolo dalla famiglia Vallaise, già proprietaria di un altro castello, posto in posizione più elevata e di origine medioevale. Il castello è ormai stato trasformato in palazzo dopo numerosi rimaneggiamenti, nel castello superiore sono state girate alcune scene del film "Le crime est notre affaire" del 2008, regista Pascal Thomas. Lungo la strada di accesso al castello si transita presso una cappella, dedicata a San Giuseppe, voluta da Amedèe de Vallaise-Cote, nel 1556, mentre un'altra cappella è situata nel parco del castello, dedicata ai santi Giuseppe, Antonio ed alla Vergine Maria. Ma ad Arnad è presente anche la casa-forte della Costa, la casa-forte e la torre di Ville, detta anche complesso monumentale di Osta.
Finalmente i nostri calessini trovano sosta davanti all'hotel ristorante Armanac di Tubie. Il locale è accogliente, riccamente arredato con mobili e decori tipici delle culture della montagna. La padrona di casa è cordiale e ci fa accomodare ad un tavolo già abbondantemente colmo di ogni prelibatezza. Dopo un abbondante piatto di antipasti, con ovviamente l'immancabile lardo di Arnad, la mocetta e l'immancabile pane nero casereccio, un mix di primi con un abbondante arrosto della casa, accompagnato da un leggero vinello rosso, ci intratteniamo a chiacchierare amabilmente con la padrona di casa ed alcuni avventori. Ci ritroviamo ovviamente a parlare della lingua locale, ossia del patois e delle tradizioni e costumi locali. Infatti già il nome del locale è in Patois e significa Luneria di Toubie o anche almanacco; Toubie era uno stretto parente del padrone del locale, costui aveva l'abitudine di raccontare una massima al giorno.
Dopo aver scattato l'immancabile foto del calessino con tutta la famiglia di Cinzia, colei che gestisce il locale in modo informale rendendo l'accoglienza famigliare, ripartiamo.
Gian mi lascia il manubrio del calessino, purtroppo è affetto da una leggera infezione che lo rende febbricitante. Mentre dirigiamo i nostri due calessini verso Saint Vincent, mi rammarico di non aver potuto vedere il santuario di Notre-Dame-des-Neiges, situato in località Machaby posta sulle pendici del vallone di Machaby, fra boschi di castagni, ricostruiti nel XVII secolo, sui resti di un precedente edificio del XV secolo. Il piccolo borgo di Arnad, nonostante la distanza da Torino e le sue piccole dimensioni, è riuscito a esprimere personaggi di rilievo storico come Alexandre di Vallaise Marchese di Romagnano e Barone di Arnad che fu ministro plenipotenziario a Vienna e a Pietroburgo, poi ministro degli esteri del Regno di Sardegna che rappresentò al Congresso di Vienna.
La strada statale si snoda lungo la gola incisa dalla Dora Baltea dominata da vari dossi e speroni rocciosi. Attraversiamo diverse frazioni del Comune di Montjavet. Questo Comune è situato tra la bassa e alta valle, è sempre stato considerato strategico. Non possiamo fermarci, perché ci attendono ad Aosta, ma colgo ogni utile occasione di ammirare benché da lontano le sue caratteristiche costruzioni, complice la velocità massima che può raggiungere il calessino, non superiore ai 50 km/h, ma che in salita e sotto la pioggia, la velocità è ancora più ridotta. Infatti nei pressi del paese, su due promontori differenti, si trovano i ruderi del castello di Saint-Germain risalente al X secolo e la Tour Chenal. Tra le architetture civili, non visibili dalla statale vi è una casa cinquecentesca e una casa con torre del XVII secolo. Sotto il castello di Montjovet vi è la chiesa di St. Germain della fine del XVII secolo. Il nome Montjovet, composto da monte e da un riflesso latino Jugum "gioco" in senso orografico, è sicuramente una definizione troppo fredda e tecnica per i miei gusti. Preferisco infatti la leggenda che vuole che un tempio dedicato a Giove, fosse situato a Barman, frazione di MontJovet. La leggenda narra che il diavolo, presa casa nel vecchio tempio di Giove, si divertisse a terrorizzare gli abitanti del vallone Petit-Manote, ostruendolo con grandi massi e scacciando i viandanti lanciando dei sassi, volendo con ciò distruggere il villaggio di Rodoz. Lo strapotere del diavolo ebbe termine grazie a due angeli inviati da Dio, mettendolo alle corde e schiacciandolo contro la roccia. Comunque sia Montjovet, durante il fascismo dal 1939 al 1946 fu italianizzato in Mongiove, ma fu anche denominato Mongiovetto.
Dopo un grande gomito che la Dora Baltea descrive a Monte di Montjovet, la valle si apre nella grande conca di Saint-Vincent. Mentre i calessini corrono sulla strada statale 26, ci lasciamo alle spalle Saint-Vincent e il suo patrimonio artistico, che provo a riassumere brevemente: la chiesa parrocchiale dedicata a San Vincenzo è sorta su un antico impianto termale romano. La prima chiesa sorta sui ruderi dell'impianto termale è citata in una lettera papale del 1153; la costruzione fu più volte rimaneggiata ed ampliata. La chiesa vista dall'esterno ha poco da raccontare. La facciata è tardo ottocentesca, come le fiancate, mentre la zona abside, soprattutto quella di sinistra presenta archetti pensili su lesene, una monofora e risale al periodo romanico, nonostante una finestra di chiara epoca cinquecentesca. L'abside centrale è del XV secolo con archi gotici. L'interno conserva importanti affreschi del XV secolo benché molto rovinati. Interessante invece è la cripta a pianta rettangolare. Un bel affresco dedicato a San Maurizio lo si trova in piazza del mercato.
Saint Vincent è diventata famosa nella seconda metà del XIX secolo per la riscoperta della fonte termale da parte di Jean-Batiste Perret nel 1770 e per la funicolare realizzata per raggiungere la stazione termale. Anche Saint-Vincent ha un ponte romano, realizzato sull'antica Via della Gallia. Del ponte, costruito per superare la stretta gola sul torrente Cillian, non rimane che ruderi. Subito dopo il Grand Hotel Billia, realizzato in stile Belle Epoque, si riconosce il complesso della casa-forte dei Duc.
Fine XVI parte.