Voglio passare una giornata a scoprire Avigliana girando tra le sue strade e calpestando i suoi storici selciati; ad attendermi c'è Michele, un vecchia conoscenza, nonostante la sua giovane età. Si tratta di un ragazzo sulla trentina che però ha mantenuto uno spirito assai giovanile e festaiolo; ha una corporatura normale, un altezza regolare e un corpo aggraziato. Porta come sempre degli abiti di taglia più grande della sua e molto colorati, forse vuole lasciar credere di avere un lato anticonformista, così come i suoi piercing e orecchini. Ha i capelli neri e lisci, con una fronte ampia e scoperta. Ha fossetta pronunciata sul mento, un naso simpaticamente a patata e gli occhi sono sottili e diventano subito due fessure non appena accenna ogni piccolo sorriso; questi sono incoronati da folte sopracciglia. In complesso è sempre ben curato, quasi volesse apparire un eterno ragazzino. È sempre molto allegro e adora stare in buona compagnia, spesso ha spesso la "battuta pronta" con la sua voce leggermente squillante. Oltretutto è un ragazzo molto spigliato e si trova a proprio agio a parlare in pubblico. Gli piace raccontare aneddoti, non facendo mai mancare espressioni del volto che enfatizzano il discorso in atto. Si tratta di un personaggio buono, sempre pronto ad aiutare gli altri e a fornire il suo personale supporto. Forse appare un po' vanitoso e opportunista, ma ci sta in quanto oggi tutti dobbiamo combattere per sopravvivere in questa strana società globalizzata. Sarà sicuramente una stupenda giornata in bella compagnia.
Narra la leggenda che Avigliana in tempi molto lontani, sorgesse là dove si trovano ora i due laghi e che fosse un borgo ricco e fiorente. I suoi abitanti però erano famosi per la loro malvagità, poco inclini al rispetto dei loro simili e soprattutto incuranti dei loro doveri verso il Creatore. Una piccola Sodoma dove tutto era lecito ed i poveri venivano scacciati impietosamente. Così il Signore volle metterli alla prova e si presentò loro, sotto le spoglie di un mendicante. Bussò ad ogni uscio ed implorò un po' di ristoro. Venne respinto e maltrattato a conferma della cattiveria e dell'egoismo che albergava in quegli animi. Solo una povera vecchia, che abitava in un misero casolare e viveva di stenti, lo accolse e lo sfamò con l'ultimo pezzo di pane che aveva nella dispensa. Fu in quella notte che tragicamente si compì il destino di quei miserabili egoisti, condannati dalle loro malvagità. Tra lampi, tuoni e terrificanti scosse sismiche si aprirono due voragini spaventose nel terreno, la cittadina fu inghiottita dalle acque. Alla luce dell'alba la cittadina non esisteva più e al suo posto si erano formati due ampi e profondi laghi, molto belli, divisi da una piccola striscia di terra su cui era rimasta la povera casa della vecchietta misericordiosa che fu l'unica superstite del divino castigo. Da qui il detto: «Vian-a vilan-a per sua bontà l'è perfondù». (Tratto da: Muntagne Noste 1999 - CAI Val Susa e Val Sangone).
E se per la leggenda il toponimo Avigliana deriva appunto da "vian-a vilan-a", la storia invece ci dice che il borgo di origine gallo-celtica sarebbe stato fondato nel 595 a.C. da Belloveso che l'avrebbe chiamata Abellio perché fiorente per l'apicoltura, come dimostrerebbe oggi anche lo stesso stemma comunale; uno scudo sannitico di color azzurro con una croce d'argento, accantonata da quattro api. A testimonianza dell'origine celtica è il ritrovamento di una pietra, che rimanda al culto delle dee Matrone dell'epoca celtica, e dalla presenza sul territorio di numerosi esempi di coppelle, che riportano ai sacrifici ed ai cerimoniali dei druidi, sacerdoti celti, ma più probabilmente il toponimo deriva dal gentilizio romano "Avillius" con il suffisso "-anus". In epoca romana il piccolo borgo era l'ultimo avamposto dell'impero prima di entrare nel regno di Cozio, infatti in questo luogo si riscuoteva la "quadragesima Galliarum": dazio sulle merci in transito provenienti dalle Gallie. In epoca longobarda appartenne al ducato di Torino e i benedettini dell'Abbazia di Novalesa vi fondarono un ospedale per i pellegrini che dalla Francia attraversavano le Alpi. Con il marchesato di Susa, passò nel 1045 ai Savoia, di cui fu la residenza preferita fino al 1418, fu anche fortificata verso la pianura piemontese. Rimase una importante piazzaforte per tutto il medioevo fino al XVII secolo. In seguito rimase attivo centro commerciale, poi industriale fino alla fine del secolo scorso. Di particolare importanza fu lo stabilimento "Dinamitificio Nobel", insediamenti industriale legato all'industria bellica, che nel corso della seconda guerra mondiale fu oggetto di intensi bombardamenti.
Raggiungo finalmente Avigliana, parcheggiato in piazza in piazza del Popolo, trovo Michele ad attendermi che mi viene incontro sorridendo, è un po trafelato perché è appena arrivato dal lavoro e temeva di essere in ritardo. Ci scambiamo degli affettuosi convenevoli salutandoci amichevolmente e cominciamo il nostro tour alla scoperta delle bellezze del centro storico, con i suoi tesori artistici e architettonici medioevali custoditi nella parte antica della città.
La visita della città di Avigliana inizia lasciando piazza del Popolo, un tempo denominata "Pra 'dla fera" in quanto vi si tenevano le fiere e i mercati. Il mercato si tiene ancora oggi, ogni giovedì mattina in questa piazza. Imboccando via Cavalieri di Vittorio Veneto ci immergiamo subito nelle strette viuzze medioevali di Avigliana. Percorrendo questa via, superato il vecchio ospedale oggi in fase di riadattamento ad uso abitativo residenziale, raggiungiamo la splendida piazzetta Santa Maria. Quest'angolo suggestivo di Avigliana è delineato da case medioevali con resti di affreschi e decorazioni gotiche in cotto del XV secolo, sicuramente. visto gli ambienti che vi si prospettano, questa piazzetta in tempi antichi era luogo di commercio. Proseguendo per la stretta via XX Settembre, sempre costeggiando case di fattura tardo medioevale, Michele mi conduce di fronte all'Oratorio del Gesù, un edificio del XV secolo.
Il portale è sormontato da un timpano semicircolare, entriamo così in un ambiente a navata unica, coperto da una volta a botte ed alleggerito da lunette. L'impianto interno dell'oratorio è a forma trapezoidale, suddiviso in quattro campate con arconi a tutto sesto con un bell'altare in stucco. All'aspetto barocco dell'interno si contrappongono le finestre a sesto acuto, sicuramente più antiche e successivamente murate, ma comunque riconoscibili nel prospetto sulla strada. L'oratorio è dotato di piccolo e basso campanile a pianta quadrata in cotto a vista. L'oratorio fu sede della Compagnia del Gesù, un sodalizio devozionale che si diffuse in Piemonte nell'età della controriforma e ad Avigliana nel 1673 era già presente presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria. Di fianco all'oratorio si erge una ripida scalinata in pietra, che conduce al sagrato della chiesa di Santa Maria e che Michele mi indica come un nostro prossimo passaggio. Raggiungiamo così l'imponente edificio tardo medioevale, articolato in un corpo centrale e in maniche laterali, erette a delimitare un'ampia corte centrale, denominato Casaforte del Beato Umberto III di Savoia. Ci si accede da Via XX Settembre esclusivamente attraverso un ponticello in muratura che scavalca la sottostante Via Alliaud. L'accesso al fabbricato è attraverso un massiccio portale bugnato seicentesco, dotato di timpano con volute. Oggi la residenza padronale di considerevoli proporzioni, abbellita da uno splendido loggiato è adibita a civile abitazioni e ad importanti uffici. Sicuramente la costruzione è un ampliamento di una casaforte di cui si leggono ancora di tratti merlatura, benché oggi murate.
Di fronte a questo importante edificio, un altro edificio storico si prospetta sulla via, erroneamente indicata casa del Beato Umberto III. Questa costruzione del XIV secolo è identificabile meglio come "casa del sale" per l'uso che se ne fece in tempi più recenti. In realtà fu il primo ospedale di Avigliana, costruito per volere di un usuraio albese, tale Giacomo Falletti che lo lasciò come volontà testamentaria nel 1374. Mentre con Michele ci rechiamo verso casa Senore o palazzo del Vescovo, ci intratteniamo a chiacchierare su questo importante personaggio che fu il beato Umberto III, appartenente alla casata dei Savoia. Umberto III di Savoia detto il Beato nacque nel castello di Avigliana il 4 agosto 1136 e morirà a Chambéry il 4 marzo 1189, fu conte di Savoia e conte d'Aosta e Moriana. Figlio di Amedeo III, gli succedette al trono con il titolo di Umberto III. La sua figura divenne leggendaria nei secoli, specie per la fervida fede religiosa ed infatti fu beatificato nel 1838 da Gregorio XVI. Si sposò quattro volte, la prima in tenera età con Faidiva di Tolosa, la seconda con Gertrude di Fiandra, la terza con Clementina Zahringen e l'ultima con Beatrice di Maçon, che gli diede finalmente un erede maschio. Umberto governò lo Stato in un momento difficile per la Casa Savoia, infatti Federico Barbarossa voleva riconquistare l'autorità imperiale in Savoia e Piemonte. Altri suoi nemici furono il vescovo di Torino, che spalleggiava l'Imperatore ed i marchesi del Monferrato e di Saluzzo. Umberto dopo incessanti guerre riuscì a conservare per sé soltanto alcune vallate alpine come la valle di Susa, la Valle d'Aosta e la Savoia. Il conte Umberto III parteggiò per i guelfi con il risultato che subì l'invasione della Savoia da parte degli imperiali e due volte Susa venne saccheggiata e conquistata. Morì dopo circa quarant'anni di regno, gli succedette il figlio Tommaso. Venne sepolto nell'Abbazia di Altacomba, dove aveva preso l'abito religioso pochi giorni prima della sua morte.
Qui dove ormai la strada prende il nome di via Galinier raggiungiamo il portico della Casa Senore. La trecentesca costruzione è caratteristica per il paramento murario "a spina di pesce" ed il portico con archi a sesto acuto ornati da cornici in cotto e capitelli in pietra. Al primo piano eleganti bifore rendono particolarmente graziosa la massiccia costruzione. Dell'edificio originario sono sopravvissuti soltanto la parte porticata e due piccoli ambienti al di sopra di essa, in quanto l'edificio è rimasto per lungo tempo senza copertura subendo così gravi danni. Nei primi anni del secolo ventesimo iniziò un importante restauro, seguito dal famoso architetto e archeologo Alfredo d'Andrade. La Casa Senore prende il nome dell'ultimo proprietario privato, prima della sua acquisizione comunale ed è anche ricordata localmente come "Casa del Vescovo", sebbene Avigliana non sia mai stata sede episcopale.
Con Michele rientriamo verso il centro, non prima di aver visitato una delle tante porte d'accesso al borgo medioevale di Avigliana; la prima porta che visitiamo è la porta di Santa Maria. Per descrivere le porte superstiti e scomparse, voglio rifarmi a quanto scritto nelle sue memorie dallo scrittore aviglianese Norberto Rosa: "... era cinta di forti muraglie e contava parecchie porte. Di queste porte tre si sono distrutte a solo ricordo dello scrivente. La porta detta del Moro, adorna di pitture, che fu demolita intorno al 1815 perché potesse passare il Laocoonte che tornava di Francia con il piede slogato. La porta Sant'Agostino, adorna egualmente di pitture, che buttata giù da un sindaco intorno al 1830, per liberare il municipio dall'incomodo e dalla spesa di farla restaurare. E la porta delle Figlie che fu facilmente abbattuta or fa pochi anni, sotto il pretesto di allargar la via... che era larghissima!" a queste andrebbero aggiunte le porte di cui si ha solo notizia dai documenti medioevali, ossia Porta de Torsach, Porta Giroudi, Porta Nova, Porta Bealis, Porta Communitatis. Necessariamente devo citare la Porta Folla, posta sull'attuale via Umbero I e che era così indicata per il suo meccanismo rotante e la Porta Ferrata un rudere definitivamente demolita a fine XIX secolo. Superstite e che saranno oggetto di una nostra visita sono appunto Porta di Santa Maria o di Via XX Settembre, realizzata con una architettura semplice ma abbellita da elementi decorativi in cotto. Porta San Pietro, Porta Ferronia detta anche Porta delle Braide perché dava sulla omonima regione; Porta San Giovanni su Via Garibaldi. Dopo aver percorso l'irta scalinata dell'oratorio raggiungiamo la parrocchiale di Santa Maria Maggiore, una chiesa del XII secolo. Dal sagrato della chiesa si ammira uno splendido panorama sull'intera Valle Susa e sui monti che la coronano. La chiesa sorse probabilmente come pieve del castello è sicuramente la più antica chiesa aviglianese. In età medioevale era altresì il luogo ove si svolgevano, il giorno dell'Epifania, le pubbliche assemblee annuali della comunità. Del periodo gotico sopravvive il campanile, decorato, da ceramiche policrome ed è alleggerito dalle sue originali bifore.
Altre tracce della sua storia si trovano al suo interno in una cappella funebre famigliare e più tardi adibita a sacrestia, in cui si conservano tracce di un affresco, forse trecentesco e nel pentagonale quattrocentesco abside. L'edificio fu sottoposto nel XVII secolo ad una profonda ristrutturazione che ne semplificò gli interni, aumentandola di una campata e dotandola dell'attuale facciata, ma riducendola a unica navata; fu ulteriormente modificato nel corso dell'Ottocento e dei primi decenni del Novecento, con l'apertura di nuove cappelle.
E visto che prima abbiamo citato lo scrittore Norberto Rosa, vediamo di conoscerlo meglio e con Michele seduti sul muretto del sagrato della chiesa ci tornano alla mente le reminiscenze scolastiche: Norberto Rosa nasce ad Avigliana il 3 marzo 1803 e morirà a Susa il 24 giugno 1862, visse sempre in Val Susa. Faceva di professione il procuratore legale a Susa, ma il suo vero impegno e passione era scrivere e non solo poesie ma anche per i giornali, infatti collaborava con Messaggero Torinese e con a Gazzetta del Popolo. Si dilettava come musicista e nel dipingere. Le sue opere poetiche erano sparse su giornali e fogli volanti: vennero pubblicate in un volume soltanto nel maggio del 1988. All'inizio, pubblicò sul Parnas Piemonteis. Le sue opere più note sono: I cattivi medici, poemetto piemontese del 1832; Le strade ferrate, sestine piemontesi del 1840); Ij piasì del 1844; Inno dij piemontèis; e Panegirich d'San Martin del1848. Da ricordare anche tre sue canzoni e favole: La plebe del Parnas; La vorp e la mascrada; La farfala e la lumassa. A questo illustre poeta anche la mia città ha voluto dedicargli una importante via.
Mentre ci godiamo il tepore del sole iniziamo la discesa lungo la stretta via di Santa Maria e ci ritroviamo nella piazzetta da dove abbiamo cominciato il tour per Avigliana e da li iniziamo una breve salita verso la casa di porta Ferrata. Nel raggiungerla costeggiamo antiche mura di cinta ed alcune torri. Le mura sono visibili in alcuni punti del centro storico della città, resti del sistema difensivo e di accesso alla città insieme alle sue porte e torri. Questi manufatti risalgono all'epoca medievale, tra il XII ed il XV secolo e danno un'idea della complessità del sistema difensivo cittadino che si legava al castello. Dal cancello di villa Belvedere possiamo ammirare, alta e slanciata un integra circolare torre di guardia. Sotto Casa di Porta Ferrata due occhi ci scrutano con attenzione, l'aspetto è guardingo ma per nulla intimorito, con la testa segue i nostri passi e pare ascoltare con interesse i nostri ameni discorsi. Solo qualche rumore lontano, forse il fruscio del vento distrae la sua attenzione, ma sono le orecchie che si muovono a controllare la direzione del vento mentre lo sguardo furbesco continua ad osservarci. Seduto comodamente, con la coda avvolta intorno alle zampe anteriori pare non essere infastidito dalla nostra presenza, il suo pelo bianco e nero lucido dimostrano la sua giovane età. E mentre il gatto continua ad osservarci Michele mi racconta la storia di questa casa.
Dell'edificio originario non resta che la facciata, oggetto di un attento restauro, la sua struttura edilizia ci offre come uno degli esempi della ricchezza medioevale di Avigliana, descritte proprio dal suo vasto repertorio di forme. Infatti il portico con arcate a sesto acuto retto da pilastri tondi in mattone e coronati da capitelli scolpiti con figure fantastiche, è arricchito da cornici in cotto.
Anche il marcapiano, composto da archetti incrociati e sostenuti da mensoline con teste di uomini, di animali e di figure grotteschi, rende bene l'idea della monumentalità. Eleganti bifore trilobate sono sorrette da un'esile colonnina in pietra e racchiuse da cornici in cotto. La suggestione che offre indusse Alfredo D'Andrade a riprodurlo fedelmente nel Borgo Medioevale di Torino per l'esposizione del 1884.
Lasciato il nostro nuovo amico che con lo sguardo continua a seguirci ci avviamo sulla stretta salita di via Norberto Rosa verso Casa Cantamerlo. Questa villa denominata "Il Cantamerlo" prende il nome da un'immagine del canoro uccello affrescato sulla volta della torre. In passato era la casa canonicale della parrocchia dei Santi Giovanni e Pietro del Borgo Nuovo, poi fu venduta nel 1860 dal parroco al poeta aviglianese Norberto Rosa. Michele mi racconta del suo bel parco a cui normalmente è interdetto l'accesso e che risale lungo le pendici della rocca che conduce al Castello. Mi riferisce inoltre che nell'atrio della villa, esempio di residenza neo-medioevale c'è murata una stele romana, raffigurante un prigioniero, databile alla prima metà del II sec. d.C. e che è ritenuta la rappresentazione scultorea della vittoria di Settimio Severo su Clodio Albino. Essa vi fu collocata nel 1859 dal padre cappuccino Placido Bacco che l'aveva rinvenuta durante gli scavi che andava conducendo nella borgata aviglianese di Malano. Continuiamo la passeggiata su l‘irta salita e lasciamo la strada selciata per addentrarci in un sentiero sterrato che ci conduce sul monte Pezzolano, ove vi sono i ruderi del castello, edificato nel X –XI secolo, forse per volontà del marchese Arduino il glabro. Il castello fu corte regia e come tale fu abitato dai Savoia a partire almeno dal 1137. Il Castello rimase per molti secoli la chiave di presidio della Val di Susa, proprio per la sua particolare posizione ebbe notevole sviluppo, ma anche distruzioni e saccheggi; come quello del XII secolo del Barbarossa che distrusse il castello e arse la città, distruzione ancora rinnovata da suo figlio Enrico sul finire dello stesso secolo. Tommaso di Savoia lo ricostruì nel 1189, fu ampliato, munito di mura merlate e ponti levatoi. Abitato dal Conte Verde e dal Conte Rosso, fu ristrutturato nel 1665 da Amedeo di Castellamonte perdendo poco per volta l'aspetto di maniero feudale e venne definitivamente distrutto dalle truppe francesi del maresciallo Catinat nel 1691.
Dalle mura di cinta e dagli spalti del castello si ammira un panorama eccezionale, non solo sulla sottostante città, ma anche sui due laghi di Avigliana e sulla corona alpina che circondano i ruderi del castello e fino a scorgere le più importanti città della Valle Susa e della pianura torinese. Dopo questa scalata, nulla sicuramente per la giovane età di Michele ma sicuramente affannosa per la mia, mi permetto di riposare guardando dall'alto l'antico borgo e la nuova Avigliana ed individuando, aiutato dal mio sherpa locale, i prossimi traguardi che voglio compiere in giornata. Scendiamo lentamente dal castello, lasciando nell'ampia verde corte del castello, due non più giovani signore che sdraiate su un telo fanno l'occhiolino al sole speranzose che questi gli doni un invidiabile abbronzatura. Raggiungiamo a lunghi passi piazza Conte Rosso. Su questa piazza l'occhio non può non osservare il castello che sovrasta la piazza e il borgo. Sulla porticata piazza si affacciano oltre che il Municipio anche la chiesa di Santa Croce.
Ci dirigiamo subito verso questa piccola chiesetta, posta all'estremità occidentale della piazza, semi nascosta da frondosi alberi, questa chiesetta o meglio oratorio di Santa Croce fu sede fino ai primi decenni del XX della Compagnia di Santa Croce, confraternita che raggruppava una parte consistente dei maggiorenti, degli artigiani e dei commercianti residenti nel Borgo Nuovo. Ora l'edificio è di proprietà comunale ed è sede di mostre e di manifestazioni culturali. L'edificio del XVII-XVIII, secolo ha subito importanti restauri nella seconda metà del XVIII secolo, si presenta ai nostri occhi con una pianta quasi rettangolare, la facciata è arricchita dal portale con frontone spezzato, sopra al quale vi è una serliana. Subito di fronte vi è un grande pozzo, uno dei tanti pozzi per l'approvvigionamento dell'acqua ancora presenti entro la cinta muraria medioevale. Sicuramente questo è il più monumentale ed è risalente al XIV secolo. Davanti al palazzo Municipale vi è ancora un palco, forse rimasuglio di qualche esibizione o spettacolo estivo all'aperto. Sulla facciata del palazzo è dipinto lo stemma del Comune che presenta una croce rossa in campo argento, faccio fatica a vederle per il suo pessimo stato di conservazione, ma dovrebbero anche esserci quattro api d'oro agli angoli della croce. Il palazzo del Municipio è del XIII-XIX secolo, mentre l'attigua parte del palazzo che volge verso via Umberto I è di epoca medioevale. La porzione porticata del lato meridionale della Piazza è in gran parte occupata dagli uffici comunali, che si sviluppano lungo tutto il corpo di fabbrica, protendendo verso la via Umberto I, ancora conservandone la sua veste medioevale. Era nostra intenzione soffermarci a pranzo in uno dei caratteristici locali presenti sulla piazza con deliziosi dehors posti sotto l'antico porticato, ma purtroppo nessuno dei locali accetta carte di credito, pertanto dobbiamo scegliere altri locali per il nostro desinare.
Scendendo lungo la via fiancheggiata per un lungo tratto da antichi edifici e realizzata in un bel ciottolato, che rende la strada con le sue antiche botteghe molto caratteristica, raggiungiamo la chiesa di San Giovanni Battista, edificata tra il 1284 e il 1320 e restaurata a fine ottocento, ma nuovi restauri sono visibilmente più recenti. Prima di entrarvi, con Michele facciamo un breve ripasso storico su Amedeo VII di Savoia, detto il Conte Rosso, a cui era intitolata la piazza del Municipio. Costui nacque il 24 febbraio 1360, non si sa se nel castello di Chambéry o in quello di Avigliana da Amedeo VI di Savoia e da Bona di Borbone. Governò il suo territorio come conte di Savoia, d'Aosta, Moriana e Nizza dal 1383 al 1391 durante un periodo in cui lo Stato era afflitto da gravi problemi economici, causate gran parte dalle continue guerre contro i riottosi conti del Canavese e il marchese del Monferrato. Nei suoi progetti, Amedeo VII vedeva un obiettivo fondamentale, ossia uno sbocco sul mare per il suo territorio. Nel 1391 Amedeo VII si ferì ad una gamba in seguito ad una caduta da cavallo, aggredito dal tetano che si manifestò prontamente, morì a soli trentadue anni. Corse subito voce che fosse stato avvelenato dal medico e dal farmacista i quali, sospettati di omicidio volontario, furono barbaramente torturati. Entriamo così nell'antica chiesa di San Giovanni. La chiesa parrocchiale di Borgo Nuovo è a navata unica con interno in stile barocco e presenta notevoli pale d'altare nelle diverse cappelle laterali, come la Madonna col bambino e i Santissimi Cripino e Crispiniano, detta anche Madonna della Mercede, opera del XVI secolo di Defendente Ferrari, oppure il trittico sempre dello stesso autore con San Girolamo tra i Santi Giovanni Battista e Bernardo abate. Notevole il polittico con la Natività, Cristo nel sepolcro e Santi. Altri suoi capolavori sono conservate nel presbiterio: Santi Lucia e Nicola, i Santi Sebastiano e Rocco, e San Cristoforo e Sant'Antonio. Vi sono anche presenti opere di Gerolamo Giovenone come quella riproducente Sant'Orsola e le compagne posta sull'altare della prima cappella di destra. Peccato per la poca luce presente in chiesa che non ti permette di osservare ed apprezzare tali importanti capolavori. Uscendo dall'aula della chiesa ci soffermiamo sotto il nartece, spazio posto fra la navate e la facciata principale della chiesa che ha la funzione di un corto atrio, per ammirare alcuni antichi affreschi e leggere delle lapidi ivi murate. Poco dopo la chiesa, sempre su via Umberto I, imbocchiamo via dell'orologio, dove è visibile la torre dell'orologio, costruzione a pianta ottagonale, molto rimaneggiata nel tempo e dove sono ancora visibili in deprecabile stato di manutenzione degli archetti pensili a mò di beccatelli e finestre ogivali risalenti al XIII- XIV secolo. La torre faceva parte del circuito trecentesco fortificato del Borgo Nuovo ed innalzata nell'area prossima alla residenza della famiglia Testa che diede i natali nel 1451 al frate agostiniano Cherubino, beatificato nel 1865. Curiosa la denominazione dell'orologio, perché la torre non ha orologi e non li ha mai avuti, forse è stata erroneamente così denominata per la vicinanza di un'altra torre medioevale, fornita di orologio e poi atterrata nel 1691 durante la presa di Avigliana, i cui resti furono definitivamente smantellati a finire del XIX secolo. Tornati indietro di pochi passi, sottopassando la porta di San Giovanni posta quasi di fronte alla chiesa scendiamo verso Borgo Ferronia. L'antica porta è inglobata nel complesso edilizio trecentesco di Casa Riva, varcando la quale, il viandante o il pellegrino aveva subito la suggestiva visione della gotica facciata della chiesa parrocchiale. Mentre scendiamo lentamente, mi sovvengono alla mente alcune frasi: « Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no… », primi versi della poesia Shemà epigrafe in Se questo è un uomo di Primo Michele Levi. Costui, partigiano antifascista, nasce a Torino, 31 luglio 1919 e vi muore l'11 aprile 1987, visse e lavorò dal gennaio 1946 al giugno 1947 ad Avigliana, nel dinamificio Nobel ed era solito passeggiare per le vie del Borgo Nuovo mentre raccoglieva le idee per i suoi racconti, poesie e romanzi. Levi il 13 dicembre 1943 venne arrestato dai nazifascisti in Valle d'Aosta, prima fu mandato in un campo di raccolta di tutti gli ebrei a Fossoli e nel febbraio dell'anno successivo, deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. Scampato al lager, tornò avventurosamente in Italia, dove si dedicò con impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite. Facciamo una breve deviazione per vicolo Paglierino per vedere almeno esternamente la cappella, dedicata alla Madonna delle Grazie. Questa sorge sul luogo, ove un tempo vi era la grande chiesa trecentesca della Trinità appartenente al Convento degli Umiliati posta fuori le mura del Borgo Nuovo. Il convento parzialmente demolito a fine XVI secolo diventa sede dei Certosini di Montebenedetto e Banda fino al 1733 quando venne venduta al farmacista Gallizio di Avigliana, che la utilizzò come cappella privata della propria contigua residenza. Raggiungiamo dapprima Porta Ferronia detta anche Porta delle Braide perché si apriva sull'omonima regione, successivamente, ci rechiamo verso la vecchia chiesa cimiteriale di San Pietro, risalente al XII secolo, rimaneggiata diverse volte. Purtroppo la troviamo chiusa e posso solo ammirarla da lontano e farmi raccontare da Michele i suoi tesori. Si erge sulla sommità di una lunga scalinata, la sua facciata è chiaramente romanico-gotica, probabilmente fondata dai Benedettini di Novalesa già nel X-XI secolo e poi ovviamente ampliata e rimaneggiata. La facciata è a capanna con un coronamento ad archetti pensili in terracotta per tutto il corso dl tetto, tre alti pinnacoli sovrastano la copertura, la facciata è semplice, intonacata, una piccola finestra ovale al posto di un più luminoso rosone sulla sola porta presente. Anche i due corpi di fabbrica che vi sono stati successivamente aggiunti per ospitare le cappelle, presentano coronamenti in ad archetti pensili in terracotta. Sul fianco sinistro sorge un alto campanile in pietra, con cuspide ottagonale e quattro pinnacoli ottagonali, la celle campanaria presenta quattro leggere bifore in pietra. Michele mi racconta il suo interno realizzato a tre navate con piccole absidi semicircolari e tutta la chiesa presenta preziosi affreschi recentemente restaurati, risalenti al XIV-XV secolo. In un affresco è visibile il castello di Avigliana, mentre nel catino principale sono presenti Cristo in Gloria con gli Evangelisti mentre sull'arco trionfale Adamo ed Eva e l'Annunciazione, altri affreschi raffigurano le storie di San Giuseppe e della Maddalena. La mia passeggiata volge quasi al termine, prima di recarci a prendere l'auto per un breve spostamento, ancora due passi per raggiungere Porta San Pietro con la sua muratura in mattoni e i sua merlatura ghibellina. Mentre lentamente ci rechiamo a prendere l'auto, ancora un breve cenno su alcuni personaggi famosi nati ad Avigliana, come Eugenio Fassino, nato il 10 marzo 1923 e morto a Torino nel 1966. Costui fu partigiano antifascista e comandante della 41a Brigata Garibaldi, operante tra la Val Susa e la Val Sangone. Soprannominato "Geni Bocia", fu ferito mentre parlamentava con un ufficiale fascista nella stazione ferroviaria di Avigliana. Arrestato e condannato a morte, mentre con il camion lo trasportano al Martinetto, il poligono di tiro di Torino per la fucilazione, il comandante tedesco resosi conto dell'inutilità di uccidere delle persone quando la guerra è ormai persa, lascia volutamente aperto il camion, permettendone così la fuga. Ma la storia di Eugenio Fassino è indissolubilmente legata al padre e al figlio; Piero Fassino è il padre, anch'esso socialista, muore ucciso per le conseguenze delle percosse subite dalle Brigate Nere nel 1944 per non aver voluto fornire informazioni sul figlio. Il figlio, che porta il nome del nonno, fu Ministro del commercio con l'estero dal 1998 al 2000 e Ministro di grazia e giustizia dal 2000 al 2001, sindaco di Torino dal 2013 al 2016. Con l'auto raggiungiamo il santuario della Madonna dei Laghi o dei Cappuccini. La chiesa si erge alta sul lago grande di Avigliana e dal suo sagrato si può ammirare e godere della tranquillità del lago; è uno dei luoghi tra più importanti di culto mariano presente in zona. Nei primi anni del 1300 esisteva in questo luogo, un semplice Pilone di campagna, espressione della devozione degli abitanti del luogo verso la Beata Vergine, alla quale si rivolgevano per le tante difficoltà della vita, come per la salute di bambini e degli anziani, ma anche per la prosperità degli animali domestici e contro il flagello delle infezioni che distruggevano le colture. La Madonna era raffigurata seduta con in braccio il Bambino Gesù che tiene tra le manine una rondine; di qui il titolo di Madonna della rondine. La Madonna, in atteggiamento materno è nell'atto di allattare il Bambino. Tra le tante grazie ottenute per intercessione della Madonna della rondine, forse la più famosa, è quella ricevuta dalla contessa di Savoia, Bona di Borbone, sposa di Amedeo VI, il conte Verde, che avrebbe sostato in preghiera davanti al pilone votivo chiedendo di poter avere un erede maschio. La Madonna accolse il suo desiderio ed il 24 febbraio 1360 nasce Amedeo VII, il Conte Rosso. La riconoscenza verso la Madonna della rondine, di Bona di Borbone, fu grande e il Pilone si trasformò in piccola Cappella. Il bianco Santuario venne costruito tra il 1622 e il 1642 per volere del duca Carlo Emanuele I di Savoia e fu affidato inizialmente ai frati Cappuccini che lo ressero fino all'inizio dell'Ottocento, e poi assegnato ai Salesiani di Don Bosco che lo curano ancora oggi. Espressioni di fede popolare sono da sempre presenti come erano le numerose processioni votive che portavano intere comunità di fedeli, anche dei paesi vicini al santuario dei Laghi a ringraziamento di miracoli e voti come quelli fatti durante la peste del Seicento, altre invece si riferivano a scampate calamità. Il santuario ospita alcune importanti opere, donate nel XVII secolo dalla famiglia Savoia, come la copia del Caravaggio la Madonna dei pellegrini, dono del cardinale Maurizio di Savoia, donati sempre dal Cardinale anche la tela raffigurante San Maurizio attribuita a Guido Reni e San Michele sconfigge Lucifero di Antonio Maria Viani. Interessanti anche le tele con la Deposizione dalla croce, Crocifisso con San Francesco, Vergine con Bambino fra i santi Francesco e Lorenzo. La chiesa attuale si presenta a pianta ellittica e a croce latina e con cupola ottagonale; l'edificio è preceduto da un pronao sorretto da colonne con capitelli in stile corinzio. Con Michele facciamo due passi sul lungo lago e chiacchieriamo di varie amenità della vita e dei trascorsi vissuti in un antico sodalizio in cui un tempo militavo. Seduti comodamente sul lungo lago, mentre famiglie di germani reali, folaghe, moriglioni, morette giocano allegramente disegnando ampi cerchi a pelo d'acqua e ricorrendosi tra i canneti, ci gustiamo una leggera merenda. Vicino a noi, sotto i frondosi salici, riposano anche degli svassi e si scorge l'occhio attento di un airone cinerino che nascosto tra il canneto attende la sua preda. Il lago Grande un tempo detto lago della Madona, ha una profondità di 32 metri ed è alimentato anche da sorgenti subalvee, un piccolo istmo lo divide dal lago Piccolo o di Trana un tempo chiamato lago di San Bartolomeo. Una corona di montagne e alture rendono questi laghi particolarmente affascinanti. Come molti laghi anche quello di Avigliana ha molte leggende che si fondono con la storia, tutte da raccontare e Michele mi accenna quella legata ad una condanna a morte per annegamento di un principe. Si narra che nel 1367 nel castello di Avigliana vi fosse imprigionato Filippo II di Savoia principe di Acaja, figlio di Giacomo cugino del Conte Verde. Amedeo VI aveva condannato prima Giacomo a diseredare il figlio e a rinunciare ai suoi possedimenti, per questo Filippo II, rifugiatosi ad Alessandria, con i Visconti di Milano e i marchesi del Monferrato aveva raccolto un esercito per vendicarsi. Il Conte Verde vinse la battaglia, e incarcerò ad Avigliana lo sconfitto Filippo II. Costui fu messo sotto accusa da un tribunale che lo giudicò colpevole di tradimento, condannandolo a morte per annegamento.
Filippo II fu annegato nelle acque gelate del Lago Grande il 21 dicembre 1368 ma una leggenda vuole che Filippo II venisse salvato dal beato Umberto di Savoia, antenato dei contendenti di cui il condannato portava al collo un medaglione con la sua effige. Filippo sarebbe quindi scappato a Fatima in Portogallo, dove sarebbe morto nel 1418. Una seconda leggenda invece, sostiene che dopo l'esecuzione della condanna a morte, il fantasma di Filippo II comparirebbe molto spesso lungo le coste del lago se non addirittura camminando sulle acque.
Molti furono e sono i personaggi importanti di Avigliana, come il pittore e sceneggiatore Marco Ponti, che nel 2002 vince il premio David di Donatello come miglior regista esordiente.
La mia giornata va concludendo, saluto Michele con un caloroso abbraccio e mi avvio a tornare verso la mia abituale dimora ed in auto mi sovviene una poesia del 28 giugno 1946 di Primo Levi dedicata alla moglie Lucia e che parla di Avigliana:
Guai a chi spreca la luna piena,
Che viene solo una volta al mese.
Accidenti a questo paese,
A questa stupida luna piena
Che splende placida e serena
Proprio come se tu fossi con me.
... E c'è perfino un usignolo,
Come nei libri del secolo scorso;
Ma io gli ho fatto prendere il volo,
Lontano, dall'altra parte del fosso:
Lui cantare ed io stare solo,
E davvero una cosa che non va.
Le lucciole, le ho lasciate stare
(ce n'era molte, per tutto il sentiero):
Non perché ti somigliano nel nome,
Ma son bestiole cosi miti e care
Che fanno svaporare ogni pensiero.
E se un giorno ci vorremo lasciare,
E se un giorno ci vorremo sposare,
Spero che venga di giugno, quel giorno,
E ci sian lucciole tutto intorno
Come stasera, che tu non sei qui.
Raggiungo così la mia umile dimora nella pianura alessandrina, facendomi scorrere nella mente le tante belle cose viste oggi in compagnia di Michele.