La parrocchiale della Madonna del Rosario e dei Santi Maurizio e Germano fu eretta nel 1663 e restaurata nel 1792. La chiesa realizzata dalla confraternita del Rosario è a tre navate con arredi in stile barocco. Prima di questo edificio religioso, la parrocchiale fu l'antica chiesa medioevale di Santa Marta, ampliata e modificata nel 1691 su volontà del marchese Claudio Morini, ciambellano del re di Francia e ambasciatore presso i Savoia, di cui fu feudatario di Borgofranco dal 1623.
L'edificio storico di maggior pregio è proprio Palazzo Marini; imponente costruzione, le cui parti più antiche possono essere datate tra il 1200 e il 1300. Intensamente affrescato e decorato all'incirca fra il 1625 e 1650, con richiami al mito di Proserpina e altri molteplici allegorie.
Ma Borgofranco è ricordato per i suoi balmetti, siti nella frazione San Germano. Un insieme di oltre duecento cantine scavate nella roccia, utilizzate per la conservazione del cibo e del vino, grazie al loro microclima; correnti d'aria costante e presenza di umidità della roccia, creava una temperatura costantemente bassa. Sopra queste veniva realizzato una stanza, luogo ideale per merende campestri.
Transitiamo da Montaldo Dora. Anche questo borgo ha un suo antico castello che si erge a 405 metri s.l.m., risalente al XII secolo. Nei secoli ha subito diverse distruzioni e riedificazioni fino all'ultimo restauro progettato da Alfredo d'Andrate. Il castello, di proprietà privata, fu utilizzato per le riprese del film "Dracula 3D", del 2011, regia di Dario Argento. Un maniero veramente maestoso, fu utilizzato anche come location di alcune scene della sceneggiata televisiva RAI "la Freccia nera" del 2006, tratto dall'omonimo romanzo di Robert Louis Stevenson.
La chiesa parrocchiale, dedicata a Sant'Eusebio fu restaurata nel 1812, già parrocchia dal 1242, al suo interno si trovano preziosi dipinti e il sepolcrario dei Vallesa. I Vallesa avevano ricevuto in dono il feudo comitale di Montalto Dora dal Duca Vittorio Amedeo II nel 1732, per i servizi resi durante l'assedio di Torino. L'antica villa donata dal Duca era inizialmente un modesto castello residenziale, fu successivamente trasformato in palazzo. Fu il conte Alessandro, maggior generale della Regia Armata e ministro di Stato che nel 1818 lo trasformò in una splendida residenza.
Dal 1835 proprietari della villa e del castello, fu il conte Severino dei Baroni Casana, senatore del Regno. Dal conte prese il nome di Villa Casana. La villa fu dal 1939 al 2003 sede del monastero benedettino di San Michele, in cui risedettero le suore benedettine cistercensi di semiclausura. Due sono le piccole perle dell'architettura religiosa. La prima sicuramente la chiesa di San Rocco, costruita dove già nel XIV secolo vi era un pilone votivo, eretto vicino ad un posto di guardia che conduceva al castello. La cappella fu completata nel XVII secolo, mentre il portico è probabilmente ottocentesco. Probabilmente la titolazione a San Rocco è seicentesca, quando in buona parte del Piemonte era comparsa la peste bubbonica che decimò intere popolazioni. Mentre il ciclo di affreschi interni è quattrocentesco. Interessante è sicuramente anche la cappella castrense con affreschi del XV secolo. Sulla facciata della cappella è affrescato un San Cristoforo, protettore dei pellegrini che percorrevano la via Francigena.
Ma la cosa che più mi stupisce non sono i due laghi presenti sul territorio, creati nel pleistocene da un antico ghiacciaio, lago Nero e lago Pistono, ma il parco naturalistico delle "Terre ballerine". Un lembo di terre, un tempo bagnato dal Lago Coniglio, oggi scomparso anche per la bonifica subita nel 1895 da un industriale locale alla ricerca di materiali combustibili per le sue industrie.
Il loro nome di "terre ballerine", deriva dalla particolare conformazione del terreno, dovuto alla presenza nel sottosuolo di torba impregnata di acqua che le rende particolarmente elastica. Infatti vi è possibile saltellare come si farebbe su un tappeto elastico, facendo oscillare gli alberi e ondeggiare l'erba.
Ormai siamo alle porte di Ivrea, l'antica Eporedia: ...Ivrea la bella / che le rosse torri specchia / sognando a la cerulea Dora / nel largo seno, / fosca intorno è l'ombra di re Arduino... Così il poeta Giosuè Carducci, (Piemonte, vv 21-24) rivela Ivrea.
Fu un tempo la nostra Silicon Valley. Infatti lo sviluppo socio-economico di questa città avviene soprattutto nel secondo dopoguerra, legato in ampia misura alla crescita e alla politica sociale del gruppo Olivetti, che aveva in Ivrea e nel Canavese importanti insediamenti industriali. Purtroppo la crisi della Olivetti, a partire dall'inizio degli anni '90, ha costretto Ivrea ad accettare una sofferta riconversione della sua struttura economica e occupazionale, rimanendo comunque una città con aziende medio piccole ma a elevato contenuto tecnologico.
Il centro storico è arroccato su alcune alture dioritiche e digrada dolcemente verso l'antico ponte romano che scavalca l'impetuosa Dora. Percorriamo anguste vie scoscese e molte altre strade con il naso all'insù per ammirare chiese, campanili e antichi palazzi nobiliari.
Fin dai tempi medioevali, da quando almeno ho reperito la mia documentazione, Ivrea è sempre stata una città operosa, ricca di traffici commerciali e quindi ricca di mercati e fiere, interrotte solo dalle manifestazioni religiose e dalle piene del fiume. Le inondazioni causate dal fiume maggiormente documentate sono quella del 1605, quando le acque travolsero e distrussero il ponte di Donnaz, trasportando fino a Ivrea le grossi travi, lunghe anche 40 piedi (circa 20 metri), recuperate dagli abitanti di Ivrea e riutilizzate per la copertura della chiesa di San Nicola, ma anche quella del 1620, dove proprio a ridosso del ponte vecchio, si raccolsero centinaia carri di legname e fasciume provenienti dai boschi della Valle d'Aosta. Non posso non ricordare, purtroppo per mia deformazione professionale, l'inondazione del 1755 che provocò la morte di tre mugnai impegnati al lavoro nei loro mulini galleggianti sulla Dora, ma anche quelle del 1977, del 1993 e del 2000.
Mi piacerebbe raggiungo il castello ma il tempo è tiranno, il maniero celebrato dal Carducci, attualmente ha tre torri, che sono un po' l'emblema della città. Il maniero fu fatto edificare nel 1357 da Amedeo VI di Savoia; realizzato con quattro torri circolari poste ai suoi vertici, e fu pensato come fortificazione difensiva, interamente costruita in mattoni. Fu in seguito adibito a ricovero, fino a quando nel 1676 un fulmine fece esplodere una delle quattro torri utilizzata come deposito di munizioni: questa non venne più ricostruita. Il castello fu utilizzato anche come carcere.
Vicino si erge il Duomo di Santa Maria e l'episcopato. Sopra l'altura sulla quale oggi si erge il Duomo forse era già presente fin dal I secolo a.C. un tempio romano in asse con il sottostante teatro, di cui sono ancora visibili alcune tracce. Il tempio fu poi trasformato in chiesa cristiana quando venne istituita la diocesi di Ivrea. I cospicui resti di costruzioni romane, ritrovati durante gli scavi ottocenteschi e riutilizzati per l'edificazione della nuova facciata, sono ancora oggi visibili nelle parti più antiche della chiesa.
La storia della città è raccontata ampiamente dai due campanili, dalle colonne visibili nel deambulatorio dietro l'abside e dalla cripta affrescata, contenente un antico sarcofago romano che la tradizione vuole abbia poi conservato le spoglie di San Besso, co-patrono di Ivrea assieme a San Savino. In seguito a un devastante terremoto nel 1117, la Cattedrale fu profondamente rimaneggiata nel XII secolo e la sua facciata fu ripetutamente restaurata fino all'attuale versione neoclassica che risale al 1854. Vicino sorge il palazzo Vescovile ed è un peccato non poter ammirare il Pomario, un affresco quattrocentesco che decora questo palazzo e che racconta la vita cortese all'interno di un castello, con il suo grande giardino.
Nella piazza del Duomo vi è anche la piccola chiesa di San Nicola da Tolentino, eretta nel 1605 a cura dell'omonima confraternita.
Devo rimandare la visita ad Ivrea ad un altro momento, magari in occasione del suo storico e particolare carnevale.
Quello di Ivrea è il più antico Carnevale Storico d'Italia i cui riti primari sono di origine medievale. Questo è un evento unico in cui storia e leggenda si intrecciano per dar vita a un grande evento popolare dal forte valore simbolico, nel quale la comunità eporediese celebra la propria capacità di autodeterminazione ricordando un episodio di affrancamento dalla tirannide memoria medioevale è nota ai più come la Battaglia delle arance che si svolge per tre giorni nelle principali piazza della cittadina.
Il cerimoniale dell'evento è assai complesso e attinge da diversi avvenimenti accaduti ad Ivrea in diverse epoche storiche. Un evento imperdibile che racconta, storia, tradizione e vivacità popolare.
Fine XX parte.