Alloggiamo in un bell'albergo con vista mare a pochi passi della Rotonda, dove si svolgerà il convegno.
Già in treno abbiamo ripercorso la storia della città che la tradizione vuole fondata da un mitico "Brenno", condottiero dei Galli. Fu la prima colonia romana sull'Adriatico. Subito dopo subì un profondo periodo di decadenza e la sua rinascita avvenne intorno alla metà del XV secolo, quando Sigismondo Pandolfo Malatesta la fortifica e ripopola il suo territorio.
Dopo un periodo di conflitti armati tra le varie Signorie diventa possedimento di Federico da Montefeltro e la città viene data in vicariato ad Antonio Piccolomini dal Papa Pio II e, ancora con alterne vicende è concessa da Sisto IV a suo nipote, Giovanni Della Rovere, destinato a sposare Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro al quale il pontefice conferirà, in quello stesso anno, il titolo di duca. Giovanni Della Rovere diventa altresì Prefetto di Roma e Duca di Sora ricevuto in eredità dal cugino Leonardo.
I ventisette anni di signoria dei Della Rovere sono un periodo particolarmente importante nella storia di Senigallia dove viene ripensato l'assetto urbanistico, dotandola di Statuti e di Catasti, e costruendo una potente Rocca per la difesa a mare. Saranno effettuati anche i lavori di bonifica della zona paludosa delle Saline, dell'arginatura del fiume Misa e la pavimentazione di tutte le strade cittadine. Per far ciò, il Della Rovere ha a sua disposizione importanti architetti già al servizio di Federico da Montefeltro; come Gentile Veterani, Luciano Laurana e Baccio Pontelli.
Giovanni Della Rovere benché Signore di una piccola corte è di una profonda religiosità e fa costruire il Convento e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, di cui egli non vedrà la fine dei lavori in quanto morrà il 6 novembre 1501, certamente destinata ad essere la tomba di famiglia. Si crede inoltre che forse fu edificata per sciogliere il voto fatto alla Madonna e a San Francesco per ottenere la grazia di un figlio maschio.
La città nel XVI e nel XVII secolo viene dotata di altri importanti opere di valore tra i quali: il Palazzo Comunale, il Palazzo del Duca, la Chiesa della Croce. In età pontificia Senigallia si trasforma da città-stato a città-mercato e i Portici sul lungofiume sostituiscono le potenti mura difensive del XVI secolo diventando luogo mercatale. In quell'epoca, ben quattordici consolati esteri proteggono gli interessi dei mercanti che accorrono soprattutto nei giorni della celebre Fiera franca della Maddalena.
Nel XIX secolo, Papa Pio IX nativo di Senigallia trasforma la sua città natale a protagonista nella storia. Dobbiamo attendere i primi decenni del '900 per vedere affermare l'immagine di Senigallia come sede del nascente turismo balneare, tanto da vederla celebrata con la splendida Rotonda a Mare inaugurata nel 1933.
Raggiungiamo così la città di Senigallia nella sua piccola, elegante e moderna stazione ferroviaria e velocemente ci rechiamo in albergo a posare i bagagli per poi provare a percorrere parte dei tredici chilometri di sabbia finissima, interrotti solo dai moli del porto e dalla suggestiva Rotonda a Mare. Non a caso Senigallia è considerata la città "spiaggia di velluto". La nostra passeggiata inizia con una visita alla Rocca di Senigallia, conosciuta anche come Rocca Roveresca, dal nome dei committenti, i Della Rovere. Giunti in Piazza del Duca, riusciamo ad ammirare esternamente la Rocca Roveresca; una struttura semplice e regolare dovuta al progetto di Baccio Pontelli che circondò la precedente residenza signorile con una cinta quadrilatera ai cui angoli sono posti quattro bassi torrioni circolari, collegati fra loro. Un ampio fossato circonda l'intera costruzione, un bel e restaurato ponte in pietra e laterizio lo collega con la piazza, percorso il quale possiamo accedere al cortile interno, tipicamente quattrocentesco che serviva come area di casermaggio e di cortile di rappresentanza con un pozzetto rinascimentale.
La Rocca è frutto di fasi costruttive succedutesi nel corso dei secoli; un bellissimo esempio di architettura militare rinascimentale a pianta quadrato con quattro maestose torri circolari ai lati. La Rocca incorpora la torre fatta costruire dal Cardinal Albornoz a metà del Trecento sui resti della prima torre difensiva di epoca romana. Venuto meno l'uso residenziale che la rocca ebbe in età ducale, fu utilizzata prevalentemente quale carcere, istituito in età pontificia fino al secolo scorso. Successivamente venne affittato alle suore del Protettorato di San Giuseppe, ospitando orfani di guerra, figli di carcerati, ma fu anche utilizzato come magazzino di generi di sussistenza militari, ricoveri antiaerei, depositi o casermaggi.
Dopo aver ammirato questo magnifico esempio di architettura militare ci aggiriamo per piazza del Duca. La prima cosa che ci colpisce e che commentiamo benevolmente è la pulizia, la pedonalizzazione dell'area e la presenza di tante famiglie con bambini piccoli che giocano e si divertono.
Davanti alla Rocca, nella metà del Cinquecento fu edificato il Palazzo del Duca per volere di Guidobaldo II Della Rovere, su progetto dell'architetto Gerolamo Genga, fu successivamente ampliato per volontà di Francesco Maria II Della Rovere. E' un palazzo maestoso ma con una architettura semplice come la sua facciata che si prospetta su tutto il lato lungo della piazza, deturpata dall'intonaco messo dopo la prima guerra mondiale. Il palazzo era più alto di un piano che rimase fortemente danneggiato con il terremoto del 1930.
Sempre sulla piazza c'è il trecentesco Palazzetto Baviera modificato con impronta rinascimentale nel Quattrocento, voluto da Giovanni Giacomo Baviera, zio materno e Luototenente di Giovanni della Rovere. Benché di dimensioni minori la sua facciata è molto più elaborata di Palazzo Ducale e anche i suoi interni sono molto più elaborati e ricchi di stucchi. Tra i due palazzi fa bella mostra di sé, la Fontana delle Anatre, detta anche dei Leoni o meglio conosciuta come fontana del Duca, datata 1599, infatti statue di Leoni e Anatre convivono pacificamente sulla fontana. Realizzata per ricordare la costruzione dell'acquedotto e la bonifica della malaria dalle saline è oggi luogo preferito dai bambini per giocarci e far schizzare i getti d'acqua ai propri coetanei.
Con Stefano attraversiamo Piazza Manni, un tempo sede dei macelli cittadini e raggiungiamo così il Foro Annonario; una piazza circolare circondata per buona parte da un portico con colonne in stile dorico. Tutto l'edificio che lo circonda è in mattoni rossi in uno stile neoclassico, infatti fu progettata nel 1834 dall'architetto Pietro Ghinelli. La piazza si apre verso di fiume Misa e tutto lo spazio è dedicato ad area mercatale, sotto i portici una lunga fila di negozi, osterie, bar caratteristici e ritrovo della gioventù senigagliese. Ma trova spazio sotto questi portici anche la Biblioteca Antonelliana.
Collegata a Piazza del Duca dalla stretta Via dei Commercianti, si affaccia Piazza Simoncelli, l'antico ghetto ebraico, scenografia di un altro episodio della storia di Senigallia. Girolamo Simoncelli nato a Senigallia nel 1817 vi morì fucilato il 2 ottobre 1852 ed fu un importante patriota italiano. La sua storia merita un breve approfondimento e non vi è momento migliore di farlo, mentre con Stefano ci aggiriamo tra i banchi del mercato presenti sulla piazza a Lui dedicata. Costui di professione commerciante, aderì ventenne agli ideali liberali e patriottici e già nel 1845 era schedato dalla polizia pontificia come rivoluzionario; fu ufficiale della guardia civica nel 1848 e combatté a Vicenza, nel corso della Prima Guerra d'Indipendenza, con il grado di capitano. Ritornato a Senigallia fu un chiaro interprete dei tempi nuovi, diventando un autentico leader sotto la Repubblica Romana. Venne eletto consigliere comunale il 12 marzo 1849 e il 26 seguente venne nominato tenente colonnello e comandante della guardia nazionale locale. Simoncelli operò con tempismo, giudizio e onestà di fronte alla escalation di crimini e illegalità che funestava il senigagliese cercando altresì di contenere eccessi e vendette da parte dei facinorosi; a tal fine, ordinò nel maggio 1849, l'arresto cautelativo di cinque notabili senigagliesi, tra cui due parenti di Pio IX e il conseguente trasporto ad Ancona, per metterli al sicuro dalla furia del popolo. Caduta la Repubblica il 4 luglio 1849 decise di non fuggire dalla sua città convinto di avere la coscienza a posto e si consegnò al giudice papalino Pietro Battelli, definito sinistro dagli stessi storici cattolici. Fu costruita un imponente istruttoria contro il Simoncelli esclusivamente indiziaria e non ne fu permesso un vero contraddittorio. Il tribunale della Sagra Consulta, competente per i reati politici, condannò il Simocelli, una prima volta nel dicembre 1851 ed una seconda nel febbraio 1852, alla pena di morte. Fu rinchiuso per tre anni nella fortezza di Pesaro, non tentò di evadere secondo un piano allestito dal fratello Raffaele e dalla fidanzata Carlotta Sassetti; ma la grazia richiesta a Pio IX dalle sue stesse sorelle non arrivò. Trasferito nella città natale alla vigilia dell'esecuzione, Simoncelli venne fucilato, il 2 ottobre 1852, insieme ad altri 23 individui da un plotone di svizzeri, mentre circa 500 austriaci presidiavano la città. La morte di Simoncelli determinò un acceso e mai spento risentimento nei confronti di Pio IX.
La piazza fa parte dell'antico ghetto ebraico e fu creata demolendo molte case di proprietà degli ebrei nel 1848, infatti poco distante vi è la Sinagoga.
Proseguendo arriviamo su Corso 2 Giugno, la strada principale di Senigallia, nella quale gli abitanti soprattutto il pomeriggio amano fare lo "struscio", il Corso è ricco di negozi e caffè, raggiungiamo così facilmente Piazza Roma dove si erge il Seicentesco Palazzo del Governo sede del Municipio realizzato dall'architetto Muzio Oddi, ammodernato nel Settecento dall'architetto riminese Bonamici. La facciata del palazzo è snellita da eleganti arcate di portici, alternate a piccole e grandi, al piano superiore si allineano due ordini di finestre e al posto di una di essere, ove si erge una torre con cella campanaria vi è collocato un grande orologio.
Sotto i portici che collegato Piazza Roma con via Mastai, sono murate le antiche misure della città di Senigallia e il confronto con quelle di altre città vicine. La piazza è impreziosita dalla Fontana del Nettuno conosciuta dagli abitanti di Senigallia come la fontana del "monco in piazza" la cui statua senza braccia è con tutta probabilità un reperto di epoca romana. Sulla stessa piazza si affaccia il settecentesco Palazzo dei Conti di Fagnano, abitazione del famoso matematico Giulio Carlo Fagnano Toschi. Prima di lasciare la piazza ricordo con Stefano la mobilitazione popolare, quando il Palazzo del Governo fu fortemente danneggiato con il terremoto del 1930 e vi era la volontà di demolirlo ma la popolazione si oppose fermamente e fu così risparmiato e restaurato.
Sempre accompagnato da Stefano, dopo aver pranzato in un tipico locale della città ci rechiamo nella vicina Via Gherardi dove si erge la piccola chiesa della Croce, un vero scrigno di spiritualità e bellezza. Un gruppo di ragazzini, sicuramente appena usciti da scuola, sono seduti sui gradini d'accesso della chiesa, mangiando e conversando tranquillamente. La Chiesa della Croce è considerata la più interessante della città, ha una facciata ripartita da quattro lesene con capitelli corinzio-compositi sormontate da una trabeazione greca che sostiene un timpano molto aggettante con un oculo centrale. La chiesa fu fondata dalla Confraternita del SS. Sacramento e fu iniziata nel 1576 e rifatta tra il 1604 e il 1608. L'interno è a pianta rettangolare a una navata e soffitto a cassettoni riccamente intagliato e decorato, tutto l'interno presenta lo sfarzo barocco con decorazione. Interessante la pala dell'altare maggiore dipinta da Federico Barocci rappresentante la "Sepoltura di Cristo" eseguita tra il 1579 e il 1582, interessanti anche le tele della "Natività ed Epifania" di Giovanni Anastasi. Prima di percorrere Corso 2 Giugno e far anche noi parte dello struscio cittadino, andiamo a vedere Palazzo Mastai che si trova proprio dietro il Palazzo del Municipio.
In questo semplice ma elegante palazzo vi nacque uno dei più illustri cittadini di Senigallia, ossia Giovanni Maria Mastai Ferretti poi Papa Pio IX, nato il 16 maggio 1792. La severa architettura del palazzo è propria del XVI secolo e conserva sul portone d'accesso lo stemma di famiglia. All'interno del palazzo, oltre all'importante biblioteca diocesana vi è sede del museo dedicato a Pio IX con antichi e preziosi ricordi dell'ultimo Papa che resse le sorti dello Stato Pontificio; vi sono conservate anche una ventina di tele seicentesche a tema biblico del pittore senigagliese Giovanni Anastasi.
Percorriamo così Corso 2 Giugno, avendo modo di ammirare oltre a luminose vetrine di scintillanti negozi "alla moda" anche importanti palazzi patrizi; in una traversa, in Via Arsilli, già strada della Sinagoga una lapide ricorda il senigagliese Francesco Arsilli (1475 -1552), poeta e medico, considerato fra i dotti del Rinascimento. Il suo cognome di nascita era Salvatico che cambiò durante la sua permanenza a Roma. Raggiungiamo Piazza Saffi al cui centro vi è la statua in bronzo, La Madre di Enrico Mazzolari. Dietro la lapide su un palazzo del neorealismo italiano troviamo un'altra lapide marmorea che ricorda Bernardino Quartari. Su questa vi è così iscritto: "Nella casa di Bernardino Quartari da Parma che sorgeva qui presso ebbe luogo per ordine di Cesare Borgia duca Valentino l'eccidio di Oliverotto Uffreducci da Fermo e Vitellozzo Vitelli da Città di Castello - Suoi Condottieri Il Giorno 31 Dicembre 1502". Curiosi come siamo ripercorriamo quel periodo storico per capire il significato di quell'evento narrato. Vitellozzo Vitelli e Oliverotto da Fermo erano due celebri condottieri e cavalieri di ventura che benché essere stati al servizio del Borgia, cospirarono contro il Duca una congiura. Cesare Borgia, figlio di Rodrigo Borgia, che sarebbe poi diventato Papa Alessandro VI, a sette anni fu nominato arcivescovo; nel 1499 sposò la cugina del re di Francia acquistando il titolo di duca di Valentinois (da qui il suo nome italiano di Valentino). La sua ambizione era di costruire un suo Stato nell'Italia centrale, grazie all'aiuto del padre. I due congiurati dopo aver trucidato alcuni funzionari ducali e fomentato la rivolta, accettarono l'invito del Duca Valentino per la loro riappacificazione. L'incontro avvenne il 31 dicembre 1502 nella casa di Bernardino Quartari e qui furono imprigionati dopo aver ricevuto il bacio di riconciliazione da parte di Cesare Borgia, proseguendo con le parole di Niccolò Macchiavelli "venuta la notte, e fermi i tumulti al Duca pare di fare ammazzare Vitellozzo e Liverotto; e conduttogli in un luogo insieme, gli fe' strangolar" L'evento noto come la strage di Senigallia fu dal Macchiavelli oggetto di uno suo scritto "Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli e Oliverotto da Fermo, il Sig. Pagolo e il duca di Gravina Orsini" pubblicato nel 1503 e ampiamente citato anche nel "Il Principe". Il Macchiavelli esalta così il magnifico inganno e l'astuzia del duca Valentino, ossia Cesare Borgia, ritenendolo un momento di realismo politico.
Piegando a destra da Corso 2 Giugno troviamo il teatro La Fenice. Vi sostiamo d'innanzi per un momento per ammirarne l'architettura. Il nuovo teatro La Fenice sorto nel 1996 sorge sul medesimo sito del vecchio teatro del 1839 e del precedente teatro comunale 1830. Dell'ottocentesco Teatro Comunale non vi è più traccia. La sua costruzione era stata affidata all'architetto Pietro Ghinelli dall'amministrazione comunale; i lavori di costruzione durarono 2 anni e terminarono nel luglio 1830. La struttura della sala presentava 63 palchi suddivisi in tre ordini sovrapposti e un loggione. Nella notte del 9 agosto 1838, dopo la rappresentazione de "La battaglia di Navarino" di Giovanni Emanuele Bidera, il teatro andò distrutto da un orribile incendio. La ricostruzione partì già nel gennaio dell'anno successivo concludendosi in nemmeno un anno ed il teatro comunale ricostruito venne chiamato "La Fenice", come spesso accadeva per i teatri ricostruiti dopo la distruzione per incendio. Anch'esso era caratterizzato da una struttura di 99 palchi su quattro ordini ed il loggione. La capienza sfiorava i 1.000 posti di cui 344 in platea. L'attività del teatro senigagliese proseguì fino a quando il terremoto del 1930 lo condannò ad una forzata inagibilità. Dopo molti decenni vennero avviati i lavori di ricostruzione, durante i quali venne alla luce un'area archeologica, oggetto di una prossima visita nella nostra passeggiata per Senigallia. Il 5 dicembre 1996 venne inaugurato il nuovo teatro "La Fenice" con una capienza di 874 posti. L'edificio attuale ha la caratteristica di avere ogni lato costruito in stile architettonico diverso: il prospetto lungo Via Pisacane rivolto verso la parte settecentesca della città, è caratterizzato da un ordine ispirato ai portici Ercolani, mentre la parte del teatro che volge al centro storico presenta elementi cinquecenteschi.
Raggiungiamo così la settecentesca chiesa San Martino la cui facciata esterna presenta tre eleganti portali, corrispondenti alle tre navate. Entrati ammiriamo l'altare maggiore con un elegante Tabernacolo. Sul fondo dell'abside domina il quadro di San Martino, di Terenzio Terenzi detto il Rondolino. Questa tela rappresenta il Santo a cavallo mentre porge parte del suo mantello al povero; ma la Chiesa è ricca di opere preziose e ben conservate ed è bello ogni tanto perdersi ammirando capolavori d'arte specialmente se poco conosciuti.
Da chiesa in chiesa a cercare la storia di Senigallia arriviamo davanti alla chiesa del Carmine dedicata alla SS. Vergine Maria e a San Biagio Martire. La sua costruzione iniziale è seicentesca, ma nel 1745 fu completamente rifatta ed ingrandita con l'attiguo convento dei Padri Carmelitani. La facciata e il suo interno sono tutti in stile settecentesco; ha una sola navata, un bel presbiterio con un coro di linea semplice ed elegante e tre altari. Ci soffermiamo a guardare in particolare il dipinto raffigurante "Madonna del Carmelo che dona lo scapolare a San Simone Stock" attribuito ad Antonino Sarti (1580 - 1647) e la tela raffigurante "Sacra Famiglia con San Giovannino e Padre Eterno" attribuita ad un pittore marchigiano e risalente al primo quarto del secolo XIX. Sotto l'altare è collocata un'urna con una reliquia di San Valentino tratta nel 1807 dalle catacombe di Santa Priscilla in Roma e donata all'allora Priore. Ancora zigzagando tra le stradine raggiungiamo la chiesa di Santa Maria Maddalena.
Questa edificio di culto venne costruito nella metà del secolo XVIII, anche se le sue origini probabilmente sono molto più antiche. Le prime fonti risalgono al secolo XIII, quando era intitolata a San Gregorio e sorgeva con annesso alla chiesa, un convento. L'antica chiesa fu riedificata da Giovanni Della Rovere nel 1480 forse per i danni subiti dall'alluvione del 1472 ed il nuovo complesso venne concesso dall'allora Vescovo ai Padri Francescani Conventuali La sua facciata fu realizzata secondo i canoni classici dell'architettura del XVIII secolo: riccamente decorato da rilievi in laterizio con un portale con cornice modanata sovrastata da un timpano curvilineo molto aggettante. L'interno a cui non possiamo accedere in quanto chiusa, ci rifacciamo leggendo il cartello turistico posto vicino alla porta descrive la chiesa ad una sola navata, con nelle pareti laterali quattro nicchie, scandite da lesene che sostengono un'alta decorazione modanata; ai lati dell'altare due cappelle gentilizie contengono i sepolcri della famiglia Fagnani. Ai lati della chiesa furono rinvenute delle mura bizantine, erette dopo la distruzione subita da Senigallia nel V° secolo. Poco distante c'è Porta Mazzini, detta anche Porta Maddalena (già Porta Colonna) tutta realizzata in cotto. Poco distante dalla chiesa di Santa Maria Maddalena in via Arsilli, troviamo in fase di restauro un altra chiesa, ed esattamente la chiesa dell'Assunta, eretta a metà del XIX secolo, con un elegante facciata neoclassica, abbellita da un pronao con quattro colonne ioniche. Proseguendo la nostra passeggiata arriviamo in Piazza Garibaldi. Su questa piazza si affacciano molti edifici storici di grande pregio architettonico che nonostante i danni subiti dal terremoto rendono ancora maestosa la grande e rettangolare piazza come: Palazzo Becci, la Cattedrale di San Pietro Apostolo, il Palazzo Vescovile con la Pinacoteca Diocesana, Palazzo Micciarelli (ex Filanda), Auditorium San Rocco, Palazzo delle Dogane (Il Doganone) e il Collegio Ginnasio Pio IX. Subito all'angolo della piazza troviamo il Palazzo della Dogana Pontificia, chiamato volgarmente il Doganone della fine del XVIII secolo, che ingloba al suo interno anche la cappella votiva ai caduti della Grande Guerra e sul suo lato sinistro è murata una lapide ovale ricorda, recitando, con questa iscrizione: "A Giuseppe Garibaldi vindice quel diritto dei popoli questa memoria la Massoneria Sinigagliese - 2 giugno 1882" a ricordare i tempi in cui Senigallia fu fortemente impegnate nell'Unità d'Italia". All'angolo sinistro l'immenso ex Ginnasio Pio, per lungo tempo Palazzo degli Studi ora sede di Uffici comunali. A poca distanza dal "Doganone" si trova l'Auditorium San Rocco, ricavato dentro l'antica e omonima chiesa, dove possiamo entrare ed ammirare i preziosi stucchi e decori che ancora abbelliscono questa chiesa ormai sconsacrata. Sempre percorrendo la piazza dallo stesso lato ecco che incontriamo una lapide che ci ricorda che in questa modesta casa, posta tra i sontuosi palazzi che fanno corona alla piazza, Luigi Mercantini. Costui nato in provincia di Ascoli Piceno a Ripatransone, nel 1821 fu un poeta che nel 1849 partecipò alla difesa di Ancona che, avendo aderito alla Repubblica Romana, era assediata dagli Austriaci. Dopo la presa della città va in esilio nelle isole ioniche di Corfù e Zante. Là conosce altri noti esuli come Daniele Manin e Gabriele Pepe. Nella sua abitazione di Senigallia in cui abiterà dal 1842 al 1849 si trasferì per insegnare eloquenza, dapprima nel seminario e due anni dopo nel nuovo ginnasio municipale, qui scrisse importanti odi e canti che infiammarono soprattutto la gioventù italiana indipendentista. Noi perlopiù, lo ricordiamo con le nostre reminiscenze scolastiche come colui che scrisse La spigolatrice di Sapri, una poesia ispirata alla fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane del 1857 che aveva lo scopo di innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie, ma scritta già dopo la sua partenza da Senigallia.
Piazza Garibaldi è di grande suggestione, anche grazie a Palazzo Micciarelli, posto sull'altro lato corto della piazza; il Palazzo progettato dall'architetto senigagliese Pietro Ghinelli all'inizio dell'Ottocento ospitava, all'interno della suo cortile, un teatro condominiale in legno. I senigagliesi questo palazzo lo individuano come "la Filanda". Anche se questo edificio fu rimaneggiato dopo il terremoto del 1930, non ha perso il suo fascino. La passeggiata intorno alla piazza continua con la Pinacoteca diocesana di Arte Sacra che trova sede nell'appartamento al piano nobile dell'Episcopio, detto "appartamento del Cardinale" per essere stata la residenza dei Cardinali -Vescovi di Senigallia con prestigiose testimonianze dei secoli XVI-XIX, tra cui le opere di Federico Barocci, Andrea Lilli, Ercole Ramazzani, Palma il Giovane, ecc... e che contiene ancora in questi giorni le grandi pale d'altare provenienti dalle chiese che subirono il recente terremoto del 24 agosto e 26 e 30 ottobre 2016. Cogliamo l'occasione per farci una visita, abbiamo così modo di ammirare le tele di Filippo Bellini da Urbino realizzate tra il XVI e XVII secolo per la Collegiata e parrocchiale di San Pietro Apostolo di Monte San Vito; "Crocefissione di Gesù Cristo", e la "Madonna del Soccorso con San Vito" ma anche la maestosa pala d'altare di Pietro Labruzzi del 177 con il "Martirio e trionfo di San Vito con San Pietro Apostolo e la Vergine Santissima in gloria" e il "Gesù benedicente tra la Madonna e i Santi", detto anche "Salvator Mundi" di Andrea Lilli del XVI-XVII secolo, ancora il "Transito di San Giuseppe" di Giovanni Andrea Lazzarini dell'ultimo quarto del XVIII secolo, ma anche poter ammirare la "Vergine col bambino e Santi Vito e Francesco" della prima metà del XVIII secolo di Marco Benefial ma oltre a queste sei tele possiamo ammirare tutta la Pinacoteca Diocesana di Arte Sacra di Senigallia. Sono ampi i suoi saloni e tutti finemente decorati, custodiscono tra l'altro, una collezione d'arte di pregio e valore e pure preziosi argenti e paramenti riccamente lavorati. Subito dopo accediamo al duomo di Senigallia dedicato a San Pietro Apostolo. Vi si venerano anche San Paolino da Nola Vescovo, protettore della città, e Nostra Signora della Speranza, Compatrona della Diocesi.
La Cattedrale è una classica Basilica a croce latina a tre navate. Quando vi accediamo vi sono pochi fedeli presenti, permettendoci così una più accurata visita. Sull'altare maggiore vi è un quadro che ritrae insieme i protettori della città e diocesi, ossia i Santi Pietro e Paolino, opera del bolognese Alessandro Tiarini. Ai lati della tela vi sono degli affreschi di inizio XX secolo il cui autore è Silvio Galimberti, che raffigurano la consegna delle chiavi del Regno dei cieli a Pietro da parte di Cristo e la consacrazione di Pietro a pastore universale della Chiesa. Lungo la navata centrale un'imponente statua bronzea è dedicata al Beato Pio IX, Papa senigagliese. Nel transetto di destra troviamo alcuni fedeli intenti a pregare nella Cappella della Madonna della Speranza, venerata come Patrona della città fin dal 1578, non vogliamo disturbarli quindi guardiamo da lontano il dipinto del XVI secolo. Nel transetto di sinistra vi è la Cappella del Santissimo Sacramento, ed accanto l'altare di San Paolino da Nola, con la bella tela settecentesca di Domenico Corvi. Ancora la bella Pala "dell'Annunciazione" di Giovanni Baviera dell'inizio 1800 nella cappella dei Marchesi Baviera, nella seconda cappella la copia di Federico Barocci del "Riposo durante la fuga in Egitto" l'originale della fine del XVI secolo si trova nella Pinacoteca vaticana a Roma, mentre nella prima cappella di destra, Domenico Corvi rappresenta "Sant'Andrea da Avellino" che muore mentre sta officiando la Messa. Di pregio artistico il Battistero, dove si iniziò alla fede il Beato Pio IX. Prima di uscire ancora uno sguardo all'aula capitolare presso la sacrestia dove è conservato il Sarcofago di San Gaudenzio, forse del VI secolo. Usciamo dalla chiesa, ancora un rapido sguardo a quest'immensa facciata voluta e finanziata da Pio IX il cui stemma troneggia nel timpano. La facciata in stile neoclassico è opera dell'architetto Augusto Innocenti.
In effetti dopo questa lunga passeggiata, interrotta solo da un "misero" spuntino, ci meritiamo un attimo di sosta, ma vogliamo fermarci solo dopo aver visitato, almeno esternamente la Chiesa dell'Immacolata. Con passi veloci raggiungiamo Via Fratelli Bandiera e davanti a noi si erge la chiesa dell'Immacolata, i senigagliesi più anziani la chiamano ancora la chiesa di San Filippo. La facciata presente è in stile architettonico lombardo con un grande rosone centrale; un grandioso portale con colonne di pietra che sostengono la cuspide decorata con terrecotte con immagine floreali. Sotto la cuspide, incorniciata sempre da terrecotte in una lunetta con mandorla in campo azzurro è raffigurata la Madonna Immacolata. La facciata è tripartita ed è aggraziata per tutto il cornicione da esili archetti composte da colonnette che corrono lungo le pendenze del timpano e delle ali laterali e sorreggono il cornicione. Al sommo del timpano un tempietto protegge la statua dell'Immacolata; le decorazioni della facciata altissima, la quale, elevata con la sua muraglia in mattone rosso, contrasta gentilmente con le ricche terrecotte che le fanno da cornice. Le prime notizie su questa chiesa risalgono al XVIII secolo, ed era un oratorio intitolato ai Santi Simone e Giuda. Nel 1728 l'oratorio venne abbattuto e costruito una nuova chiesa con la stessa denominazione della precedente, in omaggio ai Filippini, ordine che rimase in possesso della loro parrocchia fino al 1799. Con la soppressione dell'Ordine, la chiesa e il convento passarono in proprietà del Comune di Senigallia; successivamente il Vescovo di Senigallia, rientrò in possesso della chiesa e del convento di San Filippo. Solo nel 1904 la chiesa venne intitolata alla Madonna Immacolata e fu ricostruita dopo il terremoto del 1930. Con pochi passi abbiamo raggiunto i Portici Ercolani che costeggiano il torrente Misa, sono un susseguirsi di attività commerciali e abitazioni che si affacciano sotto il lungo porticato settecentesco composto da centoventisei arcate in pietra d'Istria. Il porticato fu voluto dal Cardinale Giuseppe Ercolani per dare sempre nuovi spazi alla fiera "della Maddalena"; quando nel settecento la "fiera franca" di Senigallia era un punto di riferimento per tutto il Mare Adriatico, il suo porto si riempiva di centinaia di imbarcazioni provenienti sia dalle coste italiche che da quelle dalmate per commercializzare i loro prodotti nella fiera. Ancora oggi i Portici Ercolani ospitano, insieme al mercato annonario un area mercatale. Attraversato il ponte sul torrente Misa ci troviamo nell'antico quartiere portuale; tutte le strade sono intitolate alle città e ai luoghi di provenienza delle navi mercantili, come Corinto, Smirne, Cefalonia, Alessandria, Rodi, Cattaro ecc... Dopo esserci riposati e rifocillati in un piccolo locale del quartiere, dove è ancora tradizione bere un buon bicchiere di vino rosso del Conero magari accompagnato da formaggi e salumi marchigiani, riprendiamo il nostro percorso sostando davanti alla chiesa di Santa Maria del ponte al Porto. La chiesa deve la sua intitolazione dal 1750 dalla presenza dell'allora unico ponte che attraversava il Misa e che univa il rione Porto al resto della città. Nel rione era già presente, dal 1456 e forse da molto prima, una chiesetta in cui si venerava la Madonna e San Nicola, protettore dei naviganti; abbattuta la chiesa perché ormai troppo piccola per gli abitanti del rione, si diede inizio alla costruzione della nuova parrocchiale nel 1702 a spese degli abitanti. Anche questa chiesa venne abbattuta e ricostruita nel 1857 per volontà di Papa Pio IX e dedicata alla Madonna e ai santi Andrea apostolo e Nicola di Myra, protettori della gente di mare. L'attuale edificio ha forme neoclassiche, la facciata con mattoni a vista ha una sola porta di accesso ed è tripartita, divisa da grandi lesene; nella parte centrale una grande finestra a mezzaluna, come sulle pareti laterali permettono l'accesso alla luce, sotto la mezzaluna della facciata un'iscrizione ricorda la committenza da parte di Pio IX in merito all'opera di costruzione. Sotto il grande timpano un iscrizione lunga quanto la facciata ricorda la dedicazione della chiesa. Saliamo i pochi gradini che danno accesso alla chiesa e vi troviamo una chiesa a navata unica con le cappelle laterali scandite da grandi colonne ioniche di color bianco, il soffitto è a catino e decorato con varie forme geometriche. La pala dell'altare maggiore, dono di Pio IX rappresenta "La Madonna del ponte e i due compatroni", ma vi sono anche nel presbiterio un busto di Papa Pio IX e la statua di sant'Agnese, ornata da un bassorilievo che ricorda un evento miracoloso. Molte altri interessanti tele sono presenti negli altari laterali.
Lasciata la chiesa ci aggiriamo per le piccole stradine del rione, fino a raggiungere Porta Lambertina detta anche Porta Fano. Questa Porta dedicata a Papa Benedetto XIV, che di cognome faceva Lambertini, è costruita in pietra d'Istria e risale al 1751. Questa Porta insieme a Porta Mazzini o Porta della Maddalena sono le uniche due porte rimaste su sette dopo gli ampliamenti settecenteschi della città. Un bel viale alberato, su cui sotto i turisti gustano un aperitivo nei diversi dehor, unisce Porta Lamberina al Ponte "Giugno", ma noi imperterriti proseguiamo verso la chiesa della Madonna della Misericordia, posta a poche decine di metri dalla Porta. Questa chiesa in stile neoclassico costruita nel secolo XIX come cappella gentilizia, apparteneva ai conti Bedini, il cui palazzo sorgeva accanto. Con una sola porta d'accesso e due coppie di lesene con capitelli compositi inquadra la facciata, tripartendola, completata da un timpano triangolare e finestra a lunetta. Il portale è incorniciato da elementi in cotto, con un architrave sporgente sopra il quale è inserita un'epigrafe, ormai non più decifrabile. Ormai siamo effettivamente molto stanchi dalla passeggiata e ci avviamo verso l'albergo percorrendo il bellissimo lungo mare.
Il giorno successivo, dopo aver partecipato attivamente al convegno, decidiamo di abbandonare momentaneamente i colleghi convegnisti e dedicare una serata a scoprire le tradizioni culinarie a base di pesce come la grigliata, il fritto misto dell'Adriatico e il brodetto, piatti di tradizione marinara sempre presenti sulla tavola senigagliese, ovviamente innaffiati con il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Bianchello del Metauro. Dopo un sonno ristoratore, passiamo la mattinata al convegno, svoltosi nella splendida struttura della Rotonda sul Mare, che nacque per scopi idroterapici e ricreativi nella seconda metà del XIX secolo, quando l'architetto Vincenzo Ghinelli progettò una struttura su palafitte di fronte allo 'Stabilimento Bagni'. Ad inizio XX secolo la piattaforma sul mare fu ampliata e venne affidata a imprenditori privati che la trasformarono nell'Hotel "Bagni", a sua volta ristrutturato a partire dal 1923. Nel 1932 si decise di spostarla nell'attuale posizione e si avviarono i lavori che permisero di inaugurarla il 18 luglio 1933, che divenne ben presto famosa per le sue serate a base musicale. Durante la seconda guerra mondiale la Rotonda fu utilizzata da magazzino militare, e negli anni cinquanta e sessanta del dopo guerra tornò al centro della mondanità richiamando numerosi turisti e artisti famosi della musica leggera italiana. È ritenuto da alcuni abitanti del luogo che la Rotonda avrebbe ispirato il testo della nota canzone "Una rotonda sul mare", cantata da Fred Bongusto.
A convegno concluso, abbiamo ancora un importante appuntamento, per non dimenticarci la "cucina di terra" con i salumi come il Salame di Frattula, un prodotto di filiera prodotto nell'entroterra di Senigallia. Ci sarebbe piaciuto provare a gustare tra i piatti della tradizione contadina, l'oca arrosto ma è un piatto estivo/autunnale e la salsiccia matta, ormai prodotta su ordinazione solamente da alcune macellerie del centro storico nel periodo natalizio. Comunque apprezziamo una gustosissima porchetta lentamente cotta al forno a legna e insaporita con finocchio selvatico, innaffiando la gola con un buon bicchiere di Lacrima di Morro d'Alba
Sfruttiamo il tempo rimanente, prima di lasciare Senigallia per visitare l'area archeologica " La Fenice", Stefano rinuncia a vedere il museo archeologico e mi attende fuori mentre io non so perdere l'occasione. Le origini romane di Senigallia erano note da tempo ma destò grande stupore la scoperta di quest'area, durante i lavori di fondazione del Nuovo Teatro "La Fenice". I reperti appartenuti agli abitanti della Sena romana e i loro oggetti di uso quotidiano che posso ammirare nelle vetrinette sono databili al II-III secolo d.C. Fantastico vedere le vestigia di una tipica città romana, con chiare tracce dell'incrocio tra un "cardo" e del "decumano". La pavimentazione è ben conservata e sono ancora visibili i solchi delle ruote dei carri che vi hanno transitato. Un bellissimo spaccato della quotidianità romana con i resti di "tabernae" come il "termopolium" (rivendita di cibi e bevande calde), e "domus" (abitazione signorile), resto altresì impressionato da un ben conservato pavimento in cocciopesto decorato con tesserine bianche. Sono presenti anche delle tombe di età medievale affiorate durante gli scavi a testimonianza del diverso utilizzo dell'area nei secoli.
Possiamo così ripartire da Senigallia, lieti di aver visto una bella, elegante centro storico della città con le sue numerose strutture ricettive, la sua spiaggia di velluto e partecipato ad un interessante convegno; con Stefano mentre il treno corre sui binari già pensiamo ad una nuova avventura.