Il paesaggio in cui è immerso il complesso canonicale è fatto di verdi prati, ricchi di filari di vigneti e boscosi versanti collinari. Placide acque corrono lungo la valletta, dove è da un millennio che rinfrescano il grande complesso religioso.
La Canonica regolare è anche più nota come Abbazia di Santa Maria di Vezzolano, uno dei più pregevoli monumenti religiosi medioevali del Piemonte. L'ecclesia di Vezzolano, sorge sul finire dell'XI secolo come Canonica dell'ordine regolare di Sant'Agostino, su una precedente chiesa. Secondo fonti leggendarie, mai provate e forse di fantasia, la fondazione della prima chiesa risalirebbe a Carlo Magno, quando nel 773 al tempo della sua prima discesa in Italia e durante una battuta di caccia, gli sarebbero apparsi tre scheletri, usciti da una tomba, provocandogli grande spavento. Un eremita, presente in loco lo invitò a pregare ed a erigere una chiesa sul luogo dell'apparizione. Storicamente invece, fonti attendibili fanno risalire la prima costruzione religiosa ai longobardi e l'edificio successivamente distrutto dai saraceni nel X secolo. Il più antico documento in cui si cita la chiesa di Vezzolano è del 1095 ed è probabilmente l'atto che segue l'istituzione canonicale. Il 27 febbraio 1035, alcuni Signori locali, indicati come Teodulo detto "Fantoni" ed Egidio, insignirono due preti quali officiales della chiesa. L'edificio, di discrete dimensioni fu terminato nel 1189 con ulteriori interventi in epoca gotica.
Dopo aver parcheggiato l'auto, percorro un breve tratto di sentiero per raggiungere l'ingresso della chiesa, posso così notare come la fiancata nord è realizzata con un alto muro di mattoni e pietre, coronato nella sua parte superiore da archetti intrecciati. Il campanile a base quadrata è una robusta torre. Davanti all'ingresso, un giardino ispirato da chissà quale fantasia esotica ha collocato due alte palme, che oggi si ergono alte a sfidare il cielo. Anche piante di acanto decorano il piccolo sagrato, forse a richiamo delle grandi foglie che decorano i capitelli. Un basso muretto di cotto e arenaria con un cancelletto in ferro di epoca novecentesca chiudono il sagrato. Superati i tre gradini d'accesso mi soffermo ad ammirare la facciata che viene fatta risalire al XII secolo. Il materiale che caratterizza la costruzione e disegna la facciata è un alternarsi di rossi mattoni e blocchi di arenaria dal caratteristico colore bruno chiaro al rossiccio posti a strisce orizzontali alternate.
La facciata della chiesa è tripartita a salienti, con la campata centrale più alta e a capanna, mentre quelle laterali più basse sono a spiovente. Al centro della facciata vi è un portale particolarmente ricco, con pilastrini e colonnine decorate con motivi geometrici e vegetali che sorreggono l'architrave. Il portale è strombato, i capitelli di queste semicolonne riproducono teste fantastiche e motivi vegetali. Sui capitelli delle semicolonne più esterne sono presenti la testa del Bue e del Leone, richiami agli Evangelisti Luca e Marco. Sopra l'architrave vi è un'arcata semicircolare, coronata da diversi elementi a semicerchi con disegni diversi. Nella lunetta semicircolare un altorilievo presenta la Vergine in trono con la mano destra alzata in segno di benedizione. Alla sua destra, un devoto inginocchiato, alla sua sinistra un Angelo. La colomba dello Spirito Santo è accostata all'orecchio sinistro della Vergine come se volesse sussurrarle qualcosa. Sopra il portale, la facciata è impreziosita da tre ordini di colonnine. La prima loggetta è composta da sei colonnine aggraziate che reggono sopra una mensola posta sopra la lunetta. Nell'ordine centrale le colonnine sono interrotte da una elaborata bifora con al centro il Cristo redentore nell'atto di benedire, ai due lati gli arcangeli San Michele con la Lancia e San Raffaele con la Spada. Sopra le due arcate della bifora, due angeli reggono due ceri. Alternati agli angeli, sono incastonate nel muro tre scodelle o medaglioni in ceramica, di chiaro stile moreggiante, forse portate a Vezzolano da qualche cavaliere al ritorno dalle crociate. Si racconta che sul bordo di una di queste sia scritto ripetutamente il nome di Allah Muhammad. Sopra ancora, nella terza loggetta cieca, le quattro colonnine nella parte centrale sono rialzate e vi sono collocate tra queste, a destra e a sinistra, degli angeli serafini su una ruota, e sopra a quello centrale il busto di Cristo Benedicente.
La facciata era dotata di tre porte; quella di destra a quella centrale è murata da tempi molto lontani e sembra addirittura non completata, mentre quella di sinistra, ripete in maniera più semplice quella centrale.
Alla base delle lunetta di quest'ultima porta vi sono due facce barbute, due figure apotropaiche che dovevano tenere lontano gli spiriti maligni. Nella sua lunetta vi è una figura fortemente corrosa, si dice che potrebbe essere sia San Gregorio Magno o Sant'Ambrogio oppure Sant'Agostino.
Varco così la porta centrale e rimango piacevolmente colpito dallo spettacolare Jubé o meglio pontile. La chiesa è a sole due navate, quella di destra risulta inglobata nel chiostro. Le volte sono ad archi acuti costolonati. La navata centrale è chiusa dal pontile e questa costruzione è sorretta da cinque archi a sesto acuto con colonnine in pietra e capitelli di foggia e forme diverse tra loro. Il pontile divideva la parte destinata al clero ammesso all'altare maggiore dalla parte destinata ai fedeli. Due altari laterali alla porta d'accesso servivano alla ripetizione del rito per il popolo. Da sopra il pontile l'officiante o il predicatore poteva svolgere l'omelia; si tratta di una struttura molto rara e per questo è facile confonderla con il Nartece. Con il XIX Concilio di Trento del 1543-1563 la liturgia fu rinnovata e quindi dato l'ordine di eliminare questo tipo di strutture considerate anacronistiche. Il parapetto rivolto verso il popolo, ossia verso l'uscita, presenta due fasce di sculture in arenaria e due scritte. Mi soffermo a tentare di comprendere cosa dicono le due scritte, trovo un valido aiuto nelle cartelle descrittive messe a disposizione dei visitatori. La prima vi ha iscritto: "Haec series sanctam in orbe Maria que peperit veram sine semine munda Sophiam" ossia "Questa serie portò al mondo Maria, che pura, senza seme generò la vera sapienza". Per la seconda scritta devo usufruire della guida messa a disposizione: "Nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1189, durante il regno di Federico Imperatore, fu completata quest'opera sotto il prevosto Guido". La particolarità del pontile sono però le due fasce di sculture; nella fascia superiore sono rappresentate delle figure in arenaria, ossia la Dormitio Virginis cioè la Deposizione del corpo di Maria, l'Assunzione, il trionfo in cielo. Sulle sculture sono presenti tracce di colori originali. Nella seconda fascia invece è rappresentata la genealogia di Cristo come descritta nel Vangelo di Matteo. Nel testo sono raccontati quaranta personaggi; da Abramo a Giuseppe, mentre le sculture sono trentacinque. I primi tre e più antichi infatti Abramo, Isacco e Giacobbe, come gli ultimi due compreso Giuseppe sono dipinti sui pilasti di sinistra e destra.
Varcato il pontile, non posso non soffermarmi a notare le tre campate coperte da crociere costolonate in cotto alternato a fasce di arenaria, concluse da un abside semicircolare. Si nota da subito nel suo apparato artistico la ricchezza di donazioni e prestigio che doveva avere la Canonica di Vezzolano. Subito sulla destra, appena varcata la porta del pontile vi sono due iscrizioni funerarie del XVI secolo dipinte a fresco; i massicci e grandi pilastri a sezione rettangolare danno subito l'impressione di maestosità con il loro classico disegno romanico; i pilastri sono tutti dotati di grandi capitelli, tutti diversi tra loro. Anche l'altare è molto bello e presenta un gruppo scultoreo in terracotta dipinta di gusto tardo gotico, risalente alla metà del XV secolo in cui sono raffigurate la Vergine in trono con bambino al centro, a destra Sant'Agostino e a sinistra un eremita che presenta alla Vergine il re di Francia Carlo VIII. Mi colpisce in particolare l'errore dell'artista, infatti essendo il trittico dipinto, noto che lo stemma di Francia è su fondo rosso anziché azzurro e che il collare di San Michele è una catena d'oro con ciondolo a forma di conchiglia anziché una catena di conchiglie e un pendaglio. A fatica, sia perché collocati dietro l'altare, ai lati della monofora centrale, sia per l'intensa luce che dalle finestre penetra nella chiesa, riesco a intravedere due bassorilievi romanici in pietra, rappresentanti l'Arcangelo Gabriele e la Madonna di pregevole fattura. Se non fosse per l'intensità della luce che attraversa i vetri e mi acceca ma crea bellissimi giochi luminosi all'interno della navata, complice la bianca arenaria e l'alternarsi dei colori bianchi e rossi delle costonalature, potrei meglio osservare alcuni capitelli posti intorno all'abside sulle monofore, come quello rappresentante la città di Gerusalemme stilizzata. Prima di uscire dalla chiesa noto che su un capitello dell'arco trionfale è scolpito Davide che suona la viella. Entro così nel chiostro e sulla porta d'accesso vi è una lunetta con un affresco di carattere gotico, raffigurante la Vergine in trono tra due angeli con il turibolo. L'affresco, grazie alla sua posizione protetta è il meglio conservato del chiostro; i colori sono vivissimi, i dettagli curati come le preziose vesti e i gioielli della Vergine, intensamente colorate anche le piume, dai colori oro alle varie declinazioni dal blu all'azzurro e bianco che mi ricordano vagamente le ali degli angeli giotteschi. Gli edifici della vita comunitaria si affacciano sul chiostro che presenta importanti resti di decorazioni pittoriche del XVIII e XIV secolo. Proseguo per la manica nord che occupa lo spazio che originariamente era destinata alla navata destra della chiesa, infatti miratura, costonalatura e capitelli sono coevi della chiesa mentre gli affreschi sui tamponamenti sono successivi.
Trovo negli affreschi che si susseguono nelle diverse campate, un San Gregorio Magno e sotto un Cristo benedicente tra i simboli evangelici, nello stesso affresco vi è riprodotta l'adorazione dei Magi. Ma anche l'affresco con l'incontro dei tre vivi con i tre morti, un importante iconografia "memento mori"; l'affresco di grande impatto emotivo, vuole rappresentare la leggenda di Carlo Magno e l'incontro con gli scheletri, ad origine della fondazione della chiesa. Per comprendere il vero significato sarebbe stato opportuno leggere le scritte nei cartigli, purtroppo scomparsi. Provo così a descrivere l'affresco che riproduce tre cavalieri elegantemente vestiti, segno di nobiltà, la presenza di un falcone addestrato e i cani raccontano la loro attività venatoria; i tre cavalli s'imbizzarriscano alla vista di tre scheletri che si alzano dal sepolcro, mentre i tre cavalieri rivolgono lo sguardo verso il cielo in segno di ricerca di aiuto e d'invocazione, mentre un eremita si presenta a loro.
Nelle campate successive vi sono degli affreschi, parzialmente salvati dall'incuria dell'uomo e dai danni del tempo. Il lato seguente del chiostro è costituito da arcate ogivali rette da pilastri cilindrici alternati a colonnine, sull'altro lato del chiostro si apre la sala capitolare con belle bifore che si prospettano sul chiostro. Sul fondo della sala c'è una piccola abside, ricostruita nel 900, forse questo era il sito dove ebbe origine la Canonica.
Si affaccia sul chiostro anche la grande sala che forse fungeva da foresteria. Subito dopo le tre "sale dell'abate", anch'esse parzialmente affrescate con stemmi e iscrizioni degli abati commendatari della Canonica. Una stanza, dotata di camino, raccoglie molti ex voto, da cui chiaramente si nota la forte devozione spirituale della locale popolazione alla chiesa. Sono molti i piccoli quadretti, anche ottocenteschi che ci ricordano le grazie ricevute per malattia, incidenti con carri agricoli, cadute da cavallo ma anche scene di guerra in Africa e molto altro.
Ormai l'ora è tarda, ho visitato una piccola perla del Monferrato, nascosta dai grandi itinerari turistici e religiosi ma che meriterebbe molto di più che una fugace visita. Rientro verso casa, non senza essermi soffermato ad acquistare del buon vino, Freisa, e prodotti locali in queste verdi e magnifiche colline.