Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Bergamasco

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BergamascoOggi il cielo è plumbeo e pare borbottare, ma non mi voglio fare intimorire e la giornata sarà più splendente quando osserverò il sole che si infilerà tra gomitoli grigi delle nuvole, intanto oggi non mi allontano molto da casa e non temo di aspettare un po', ma la mia visita a Bergamasco sarà sicuramente interessante.
Raggiungo agevolmente il piccolo borgo dell'alessandrino che si pone a ridosso delle colline del Monferrato, sulla sponda sinistra del torrente Belbo. L'intero territorio di Bergamasco ha poco più di 700 abitanti ma una storia antica e molto interessante. La zona è a vocazione agricola, anticamente era una zona paludosa e ricoperta da boscaglie, fu abitata fin dalla preistoria, come dimostrano alcuni reperti neolitici ritrovati nella vicina Carentino. Il nome del borgo potrebbe derivare da un origine germanica, infatti il prefisso berg, significherebbe collina o altura, mentre "masco" potrebbe essere l'italianizzazione di maschen ossia corazza. Tutto ciò potrebbe far intendere altura fortificata, ma è solo una supposizione. Sempre un ipotesi è che derivi dalla gens Mascia o Matia, l'unico ritrovamento romano è quello di un antico sarcofago risalente al II secolo rinvenuto nel 1985 nella tenuta agricola di S. Cristoforo, utilizzato come abbeveratoio. In base all'iscrizione incisa, risulta appartenere a un liberto di nome Calventius, della tribù Papiria. Il reperto è ora conservato nell'atrio del municipio.
La particolare posizione del paese di Bergamasco, lungo l'asse del Belbo, al confine fra pianura alessandrina e colline del Monferrato, quasi a metà strada fra Nizza e Alessandria, sono i requisiti essenziali per definirla "strategica". Il primo documento in cui Bergamasco è citato risale al 1014 ed è un diploma in cui l'imperatore Enrico II conferma all'Abbazia di Fruttuaria, vari possedimenti, tra cui le "....cortes silicet ed castella di Bergamascum...." Bergamasco vi viene indicato con la definizione di "Castellum", ovvero di insediamento permanente, circondato da mura. Nel XIII secolo, il borgo incrementò la sua fortificazione dotandosi di un fossato pieno d'acqua che lo circondava almeno su tre lati. Nel 1453, Bergamasco ottenne statuti speciali, diventando un Comune a sé stante e non più una dipendenza di Incisa. Con la Pace di Lodi, il paese divenne parte del Marchesato del Monferrato. Subì diverse devastazioni, durante i conflitti tra il marchese d'Incisa, del Monferrato e il ducato di Milano. La più nota è del 1498- 1499, quando fu saccheggiata e distrutto il suo castello. Affidato temporaneamente al marchese Perbono di Oviglio, Bergamasco fu poi ceduto nuovamente al marchese del Monferrato e alla sua morte, essendo questi morto senza figli, fu conteso fra i Savoia, appoggiati da Francesco I e i Gonzaga, sostenuti da Carlo V. Prevalsero questi ultimi, che affidarono il feudo ai marchesi Moscheni. In seguito, Bergamasco, proprio per la sua posizione di confine, si trovò coinvolto nei numerosi conflitti fra Francesi e Spagnoli subendo anche contestualmente diversi saccheggi, soprattutto ad opera dei francesi, che razziarono il Paese, nel 1642, 1644, 1655 e 1657, il borgo passava di mano più volte. Questa situazione ebbe termine nel 1708, passando definitivamente ai Savoia. Non subì particolari eventi nemmeno con l'arrivo di Napoleone Bonaparte in Italia.
Di tanta storia, rimangono oggi solo tracce che mi accingo a scoprire raggiungendo l'antico borgo. Prima di entrare nel centro storico mi soffermo un attimo all'ingresso del Paese, dopo il passaggio a livello di una linea ferroviaria storica e purtroppo oggi inutilizzata a seguito della sospensione del traffico sulla tratta Alessandria-Cavallermaggiore.
La ferrovia Alessandria-Cavallermaggiore è una linea che collegava Alessandria a Cavallermaggiore, passando per Nizza Monferrato e Castagnole delle Lanze Il tratto ferroviario Bra-Alessandria viene realizzato intorno alla metà degli anni sessanta del XIX secolo, unendosi al tratto Bra-Cavallermaggiore già aperta nell'ottobre 1855 come diramazione della Torino-Cuneo. È un peccato vedere la stazione ferroviaria di Bergamasco abbandonata e con le porte e finestre murate, anche gli arbusti che nascono tra i binari e sui marciapiedi danno un segno di desolazione e trascuratezza di quella che fu un'importante linea ferroviaria piemontese e che ancora potrebbe esserlo visto che unisce i comuni più importanti del territorio dell'Unesco di Langhe, Roero e Monferrato come Nizza Monferrato, Canelli, Santo Stefano Belbo, Neive, Barbaresco ed Alba. Dopo aver osservato, con profondo senso di tristezza lo stato di abbandono della stazione e linea ferrovia, raggiungo il centro di Bergamasco.
Tra le vestigia storiche di Bergamasco merita una sosta ed una breve narrazione la cinta muraria, ancora oggi parzialmente conservata: In origine la cinta contava su 4 torri d'angolo, due sono andate perdute, od incorporate in alcune case; fra le due torri rimaste, è visibile una torretta, aggiunta successivamente a difesa del palazzo marchionale. Quasi sicuramente le mura furono distrutte nel 1514 al termine della guerra fra il Marchesato del Monferrato e quello di Incisa. Raggiungo così a piedi il Palazzo marchionale, chiamato il Castello, edificato fra il 1663 e il 1685 ed è uno degli edifici di maggior pregio architettonico del borgo. Costituito da un unico corpo di fabbrica si affaccia su un grande giardino prospiciente alle vecchie mura difensive del borgo. Dopo anni di progressiva decadenza, il palazzo, acquistato dallo scenografo Carlo Leva, oggi ospita un particolare e privato Museo del Cinema. Questa collezione di oggetti cinematografici sono stati riuniti da Carlo Leva in 50 anni di lavoro. Il tutto è distribuito in belle stanze affrescate e con ricchi stucchi in un ambiente particolarmente originale. Nel palazzo marchionale vi è anche un interessante cappella gentilizia intitolata all'Assunzione di Maria. Ovviamente anche questo palazzo può raccontare tante storie, quella più famosa è sicuramente il tentato eccidio dei Moscheni.
Proprio negli anni che segnarono il completamento del palazzo, il marchese Giovanni Moscheni, un nobiluomo Alessandrino, già vedovo, con tre figli, all'epoca dei fatti, considerato un personaggio molto severo con comportamenti anche vessatori nei confronti della popolazione, era solito fare condannare a pene molto severe chi contravveniva al suo volere. Nel 1685 il marchese Giovanni condanna a pene detentive alcuni abitanti del luogo che si rivolgono al parroco di Carentino, Ortensio Faà di Bruno al fine di ottenere la sua intercessione. Occorre dire che Ortensio Faà di Bruno era un parroco ambizioso intrigante, che amava farsi chiamare col titolo di "abate" ma che in passato era riuscito a ottenere la commutazione di alcune pene. Giovanni Moscheni, nonostante gli fosse amico, cominciava a guardarlo con sospetto, irritato dalla sua crescente popolarità ma anche arroganza, e gli nega la grazia. Il fallimento della sua intercessione e il crescente malcontento nato dai continui soprusi del marchese, convince il parroco che i tempi siano/erano maturi per eliminare il marchese e tutta la famiglia. Coinvolte alcune famiglie di Bergamasco organizza la congiura, che passa all'azione nella notte di Pasqua, il 14 aprile1686. Introdottisi nel Palazzo Marchionale con l'intento di uccidere il marchese e la sua famiglia.
Viene ucciso il piccolo figlio Gerolamo, di soli 7 anni, figlio del marchese, la governante e due servitori, ma Giovanni Moscheni riesce a salvarsi gettandosi in strada da una finestra. I congiurati devastano il palazzo spaccando mobili, rompendo vetri e suppellettili e rubando denaro e preziosi. Il marchese riesce a dare l'allarme facendo intervenire i soldati e vengono individuati in pochi giorni ben 45 congiurati, molti dei quali si danno alla macchia. Vengono tutti condannati, anche in contumacia, messi al bando dal territorio del Monferrato e confiscati i loro beni e se i fuggitivi fossero stati catturati sarebbero stati denudati, torturati e poi impiccati ed esposti al pubblico scherno come monito a tutti. Ma nessuno di loro sarà mai catturato, anzi alcuni di loro, dietro pagamento di denaro, otterranno la grazia da parte dei Gonzaga. Anche l'abate, ossia il parroco di Carentino, non subirà conseguenze proprio grazie alla sua posizione di religioso.
La chiesa parrocchiale si erge maestosa sulla piccola piazza, quasi al centro del colle che sovrasta il Paese posta sotto il titolo della Natività di Maria Vergine, mentre il patrono del Paese è San Giacomo. La chiesa parrocchiale sostituì l'antica chiesa di San Pietro o cimiteriale, posta fuori dalle mura fortificate. La più recente chiesa del XVII secolo presenta una facciata con un unico portone d'accesso, sovrastato da un grande frontone semicircolare e sopra ad esso una grande finestra rettangolare con una balconata. Quattro lesene s'innalzano da un alto basamento, tripartendo la facciata fino a raggiungere la finestra, quattro capitelli ionici che insieme alla cornice della finestra sorreggono il marcapiano che suddivide il frontone della chiesa. Un grande timpano, leggermente aggettante completa la facciata. Nella piazzetta sulla sinistra della chiesa si erge il monumento in pietra e bronzo dedicato ai cittadini caduti in guerra. Dietro al monumento vi è la sede dell'Acli che occupa i locali dell'ex sacrestia della seicentesca chiesa della Trinità. L'adiacente chiesa, ormai non più utilizzata, è diventata un deposito. La facciata di questa ex edificio sacro è molto semplice, con l'intonaco che ha lasciato spazio in più parti al mattone. Tre gradini in pietra anticipano il vecchio portone, incorniciato da due piedritti in mattoni intonacati e sovrastata da un frontone semicircolare. Sopra di essa una ampia finestra rettangolare permette alla scarsa luce rubata alla via adiacente di illuminare la chiesa. Ai suoi lati due affreschi dovevano adornare la facciata. Un grande e semplice timpano completa la facciata della antica chiesa. Ormai a piedi scendo verso la chiesa di San Pietro che un tempo si trovava fuori le mura fortificate, transito così davanti al palazzo municipale, dove nella piazzetta adiacente vi è ancora affisso un vecchio cartello in metallo smaltato, di quelli che un tempo il Touring Club Italiano metteva nei vari comuni per identificarne luogo e altitudine, infatti riporta ancora la scritta: "73.603 Touring Club Italiano – comune di Bergamasco 125 s/m" ed in rosso lo sponsor "Lampo benzina superiore".
Superata la pesa e fiancheggiato l'antico borgo di San Pietro, ancora identificato con vecchie scritte dipinte in nero su riquadro bianco, che il tempo sta lentamente consumando, raggiungo la chiesa dedicata a San Pietro, il più antico edificio di culto del territorio. È situata su una collinetta oggi parte integrante del paesaggio che la vede quasi del tutto scomparsa; questa fu la chiesa cimiteriale sino alla prima metà del XIX secolo e la sua presenza è attestata da una carta topografica del 1596, e da sempre luogo di culto di particolare rilievo per la comunità dei fedeli che vi si recava per impetrare l'aiuto della Madonna delle Grazie, in occasione di carestie, epidemie, ma anche guerre. L'attuale edificio fu fortemente danneggiato anche dal sisma che ha colpito il paese nel 2000 oltreché dal trascorrere del tempo. La sua facciata è intonacata con un affresco in cui è raffigurato San Pietro sulla barca. Sul timpano vi è dipinto un'ulteriore immagine dell'apostolo. Due finestrelle quadrate sono poste ai lati della rettangolare porta in legno. L'interno è a una sola navata, con volta a botte decorata in stucco e presbiterio sopraelevato. Alcuni scavi archeologici fatti nella chiesa nel 2003 dalla Soprintendenza per i Beni archeologici del Piemonte, hanno dimostrato che l'attuale costruzione sorge sul sito di una preesistente chiesa romanica, probabilmente edificata intorno all'XI secolo.
I miei ricordi vagano proprio guardando l'ampio parco giochi, posto davanti alla chiesetta di San Pietro, dove proprio in occasione dell'evento sismico che colpì Bergamasco il 21 agosto 2000 fu allestita una tendopoli. Questo evento sismico fu di forte intensità e colpì il Piemonte meridionale, in particolar modo le provincie di Asti e Alessandria. Furono avvertite due scosse nel giro di pochi istanti di 4,6 e 4,8 Richter con un intervallo di una ventina di secondi circa l'una dall'altra, tra le 19:14 e le 19:15. Le scosse seminarono il terrore e il panico tra la popolazione non abituata a sentire terremoti. L'epicentro fu registrato nella zona tra i comuni di Bergamasco, Incisa Scapaccino e Castelnuovo Belbo. In questo spiazzo organizzai un campo di assistenza per la popolazione che dopo l'evento sismico aveva paura a rientrare nelle abitazioni anche se agibili, mentre quelle persone che abitavano in case danneggiate avevano trovato in maggioranza un autonoma sistemazione.
Per raggiungere la chiesetta di San Bernardino devo passare davanti all'antica e ancora funzionante sede della S.O.M.S Società di Mutuo Soccorso fra Artisti, Operai e Contadini, fondata nel lontano 1873. Raggiungo così la piccola chiesetta posta al bivio tra la strada per Oviglio e la strada per la frazione Boschi. La chiesetta è ben conservata, recentemente restaurata, intonaca presenta una facciata semplice con una bella porta lignea e due piccole finestre quadrate laterali. Una più grande finestra quadrata è posta sotto il timpano e ne permette l'illuminazione. Due lesene corrono fino al timpano con due finti capitelli modanati. Una cella campanaria è posta sulla cuspide del timpano, due pinnacoli laterali. Ai lati della porta due dipinti su maioliche riproducono San Bernardino e la Madonna.
Vicino alla chiesa parte la strada franca istituita con la Pace di Lodi il 9 Aprile 1454, questa era una strada che permetteva il transito di merci e persone, esente dal pagamento del cosiddetto dazio di Alessandria e permetteva il collegamento dei territori dello Stato del Monferrato, ormai priva di continuità territoriale per l'incunearsi del territorio milanese. Questa strada conduce alla Frazione Boschi, le cui abitazioni sono metà in territorio di Bergamasco e metà in territorio Oviglio, motivo del quale nei secoli vi furono grandi controversie tra i due Comuni. Nella frazione esiste una piccola ma interessante cappelletta votiva dedicata alla Beata Vergine della Creta. Il Paese di Bergamasco nel XIV secolo aveva anche un importante Abazia dedicata a San Cristoforo, ormai scomparsa, ma nel 1809 nell'omonima cascina, viene eretta una cappella dedicata al Santo. Nel cortile di questa cascina fu ritrovato nel 1985, un sarcofago (detto "Sarcofago Calventius") risalente al II secolo dopo Cristo.
Prima di rientrare verso casa, volgo lo sguardo verso il cielo; è diventata una tela azzurra con striature intermittenti di bianco. Il cielo plumbeo di poche ora fa ha lasciato lo spazio a una giornata che si prospetta incantevole anche se soffia ancora un leggero venticello tra le vie silenziose del borgo. Lascio Bergamasco, ancora una volta soddisfatto di aver vissuto un pezzo del mio Piemonte.