Ormai seguiamo la strada che stretta e tortuosa ci conduce verso l'Abbazia. La presenza di pullman e auto parcheggiate in una stretta e lunga spianata ci indica che è ora di proseguire a piedi. Parcheggiata l'auto, ci dirigiamo lungo la strada pedonale che attraversa il bosco e ci permette di raggiungere la vetta del Monte Pirchiriano. Già da lontano possiamo ammirare l'imponenza dell'Abbazia ed è facile comprendere perché questo luogo sia diventato così facilmente famoso.
Infatti l'Abbazia di San Michele della Chiusa o Abbazia della Chiusa è considerato uno dei più suggestivi monumenti del Piemonte; sorge sullo sperone di roccia del Monte Pirchiriano all'imbocco della Valle Susa in corrispondenza delle celebri Chiuse Longobarde.
Già in epoca paleocristiana vi fu edificato un primo edificio sacro e ad esso ne venne aggiunto un altro in periodo longobardo. Infatti i Longobardi svilupparono il culto michelico dopo la conversione al cattolicesimo. Precisamente, attribuivano all'Arcangelo Michele le virtù guerriere proprie dei loro precedenti culti. In particolare l'Arcangelo Michele è spesso raffigurato a capo supremo dell'esercito celeste e guerriero contro i nemici della chiesa, mentre nel libro dell'Apocalisse è il principe degli angeli fedeli a Dio, che combatte e scaccia il drago ossia Satana e gli angeli ribelli.
I longobardi gli dedicarono molti edifici religiosi, il più famoso è il santuario nel Gargano, nel ducato di Benevento e assorto a loro santuario nazionale in quanto l'Arcangelo Michele fu considerato il Santo patrono dell'intero popolo.
Ma la Sacra di San Michele, in Val di Susa, è anche la prima tappa italiana della "Via Sacra Longobardorum" una variante della Via Francigena, un cammino di pellegrinaggio che porta a Mont-Saint-Michel in Normandia, fino a San Michele sul Gargano, un tempo il percorso proseguiva via mare verso la Terra Santa.
Avevo letto che una immaginaria linea retta, che parte dall'Irlanda da Skelling Michel, transitando per St.Michael's Mount nel Galles, Mont-Saint-Michel in Francia, la Sacra di San Michele, ancora il Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, il monastero di Symi in Turchia e infine la linea pare terminare al monastero del Monte Carmelo in Israele, sia nient'altro che il taglio del colpo di spada con cui San Michele Arcangelo rispedì il diavolo all'inferno. Ma questa linea è anche il perfetto allineamento con il tramonto del sole nel giorno del solstizio d'estate.
Secondo la tradizione locale la primitiva chiesa sul Pirchiriano sarebbe stata fondata nel X secolo dal Santo eremita Giovanni Vincenzo, già vescovo di Ravenna. A costui, ritiratosi in solitudine sul Monte Capraio, posto di fronte al Monte Pirchiriano, sarebbero apparsi in sogno l'Arcangelo Michele accompagnato da altri angeli, indicando il luogo su cui edificare una chiesa. La storia invece ci racconta che la fondazione dell'Abbazia sia avvenuta tra il 983 e il 987 per volontà del Conte Ugo di Montboisser, originario dell'Alvernia, regione storica del massiccio centrale francese. Fu sempre il Conte Ugo a chiamare alla guida del monastero il benedettino Atverto, anch'esso proveniente dall'Alvernia. Da allora le donazioni al monastero aumentarono vertiginosamente a partire dal marchese Arduino, figlio di Oddone, che gli concesse molti beni e territori dislocati in varie zone della marca di Torino. La Sacra di San Michele fu sicuramente l'ente monastico più europeo, i suoi possedimenti si estendevano dalle Alpi, al Massiccio Centrale francese, ai Pirenei alla Lingua-doca. Durante tutto il Medioevo e non solo, i suoi monaci provenivano dalle più importanti famiglie nobili transalpine. Era inoltre tappa d'obbligo, sicura e degna di una elevata ospitalità per i pellegrini più famosi che si dirigevano a Roma.
Lo splendore dell'Abbazia dura fino all'inizio del XIV secolo, poi iniziò un graduale e inesorabile declino economico, forse dovuto alla difficoltà di gestire un enorme patrimonio, ma disperso in più aree d'Europa. Infatti nel 1381 l'Abbazia cessò di essere ente autonomo e fu posto sotto il protettorato di Amedeo VI di Savoia e da allora retta da abati commendatori. Nel 1622 con Papa Gregorio si ha la definitiva soppressione della vita monastica dell'Abbazia che chiude così il suo periodo in cui fu luogo di ospitalità per pellegrini ed aristocratici.
Nel frattempo le guerre tra Francia e Spagna trasformarono il monastero in un baluardo da contendersi. Nel 1629 fu in parte distrutto dai francesi di Richelieu e così fecero nel 1693 le truppe del Catinat e ancora i francesi nel 1706. Il monastero aveva già subito danni e distruzioni nel 1363 per un incendio.
Nel 1836 Re Carlo Alberto affida ad Antonio Rosmini e ai padri rosminiani il compito di riaprire l'Abbazia che ancora oggi gestiscono.
Con Massimo raggiungiamo un ampio spazio aperto ai piedi dell'Abbazia che appare proprio immensa, massiccia e maestosa. Prima di fare l'ultimo sforzo arrampicandoci fino alla chiesa, ci aggiriamo tra i resti del Sepolcro dei monaci. Un edificio romanico a forma ottagonale del X-XI secolo, dedicato alla memoria del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La tradizione vuole che questo edificio fosse stato costruito su un precedente tempio pagano. Il panorama che ci circonda è bellissimo e lo sguardo può vagare sulle principali cime della Val Susa. Tenendo alto lo sguardo notiamo anche le notevoli dimensioni della foresteria, un ospizio per i pellegrini. Più in alto si scorge la mole del monastero ampliamento di quello edificato nel X secolo e che nel XII secolo sarà ulteriormente ampliato, portando la chiesa a tre navate poggianti sulle primitive celle e su un grande scalone. La sua strategica posizione ha fatto dell'Abbazia un obbiettivo militare e quindi più volte bombardato. A inizio Ottocento si apre un lungo periodo di restauri e ricostruzioni dell'edificio.
Raggiungiamo al termine di un lungo viale la porta di ferro o dell'asino perché qua si dovevano arrestare le cavalcature. La porta faceva parte della cinta fortificata, ancora in parte visibile. Superata una lunga scalinata accediamo al piccolo piazzale d'ingresso, da qui la vista spazia verso la pianura e la Dora Riparia che sinuosa vuole raggiungere Torino e unirsi al Po.
Ancora un imponente e lunga scala prima di accedere all'ingresso che ci condurrà allo scalone dei morti. Il colore delle pietre che compongono la struttura dell'edificio sono incredibili, dal grigio-ferrigno all'ocra al verdognolo. Pare impossibile che i monaci benedetti, a partire dal XII secolo siano riusciti a costruire questo ciclopico basamento per erigervi sopra la chiesa a cinque absidi.
Prima di superare la porta lo sguardo non può non rivolgersi alla moderna statua, integrata pienamente nelle architetture romaniche, realizzata dallo scultore Paul de Doss-Moroder, artista altoatesino. Questa grande statua dell'Arcangelo Michele è alta cinque metri.
Superato il portale ci avviamo al ripido e ampio scalone, ai lati diverse nicchie. In quella centrale erano custoditi alcuni scheletri di monaci, da cui il nome "Scalone dei morti". Questa scala con le sue nicchie e piccoli ripiani fu sfruttata per anni per dare sepoltura a uomini illustri, compresi gli abati. Queste tombe erano ornate da dipinti e marmi preziosi, alcuni sono ancora visibili.
Giunti alla sommità si riapre un ampio terrazzo, dopo aver varcato la porta dello zodiaco. Colgo l'occasione per ammirare i suoi piedritti affiancati da colonne binate con capitelli e per riposarmi. Questo è un capolavoro di arte romanica del XII secolo, che racconta le storie di Sansone, di Caino e Abele, ma anche dei tre Tritoni, ossia busti umani con code di pesce. Ma anche un leone ruggente, due donne che allattano dei serpenti, tre persone che si strappano i capelli a vicenda e ovviamente sono scolpiti sugli stipiti della facciata i dodici segni zodiacali e le costellazioni. Ma ciò che ha più colpito la mia immaginazione sono le basi delle colonne dove sono scolpiti tre leoni che si rincorrono e due grifoni che beccano la testa di un uomo.
Da questa terrazza parte ancora una scalinata che passa sotto i contrafforti ad archi rampanti della chiesa. Giunti sull'ultima terrazza che funge anche da sagrato possiamo accedere alla chiesa attraverso un portale tardo romanico con archi trilobati poggianti su colonnine. La chiesa è a pianta basilicale e con tre navate con pilastri polistili, coperto con volte a crociera. In chiesa ci sono decine di capitelli in cui compaiono uomini urlanti, ippogrifi, serpenti, uccelli feroci, teste d'asino, arpie, sfingi, foglie di acanto, fenicotteri, fiori quasi a rappresentare il bene, il bello e il male. Presenti diversi affreschi e tele interessanti, tra le quali il primo che possiamo ammirare appena entrati in chiesa è il grande affresco cinquecentesco con la Sepoltura di Gesù e l'Assunzione in cielo della Vergine. Nell'abside di destra, l'altare è realizzato da una vecchia ara pagana, sulla parete resti di un altro affresco. Nel presbiterio ci colpiscono i cinque fasci di colonne che lo dividono in tre nicchie che sono sormontate da raffigurazioni degli evangelisti. In una nicchia è presente un affresco assai rimaneggiato raffigurante San Cristoforo. Nella nicchia centrale una grande finestra strambata è ornata da altorilievi romanici, raffiguranti l'Arcangelo Gabriele e i profeti. Sempre nel presbiterio è presente una preziosa tela rappresentante l'Arcangelo Michele. Vicino alla porta di ingresso al campanile vi è il mausoleo dell'abate Guglielmo III di Savoia. Nel vecchio coro, Re Carlo Alberto vuole trasferire le salme di famiglia, trasferimento che si concluderà nel 1937. Tra le salme dei ventiquattro principi trasferiti, di cui molti conservati in sarcofagi, possiamo trovare Margherita di Savoia, Amedeo Marchese di Lambert, Maurizio Principe di Oneglia, Francesco Giacinto Re di Cipro, Maria Giovanna di Nemaurs ecc..
Sono inoltre presenti diverse preziose tele, tra cui un trittico di Defendente Ferrari del XVI secolo raffigurante la "Madonna col bambino, santi e il committente", sempre dello stesso autore la "Madonnna col bambino e i santi Michele e Lorenzo". Anche i pilastri sono decorati con affreschi di fine XV secolo, possiamo riconoscere una Deposizione e la Predica dei morti.
Da una scaletta posta nelle vicinanze della navata di destra accediamo alla cripta composta dalle primitive tre cappelle abbaziali.
Usciamo da una porticina posta vicino alla porta del campanile e da quel fantastico terrazzamento possiamo ammirare la vallata e le sottostanti rovine del monastero nuovo e della Torre della bell'Alda.
Ci dirigiamo a visitare le rovine del monastero nuovo edificato tra il XII e il XIV secolo, edificio che era a cinque piani distrutto da terremoti, guerre e abbandono. Tra le rovine vi è una casupola, in pietra con tetto in losa, in perfette condizioni, edificata a fine XIX secolo, un cartello ci spiega che fu realizzata dal Genio militare come stazione del telegrafo ottico.
Ci avviciniamo alla Torre della bell'Alda posta a strapiombo sul precipizio del monte e facente parte delle mura difensive del monastero. Il nome della torre trae origine da una leggenda: Alda, una bella fanciulla abitante nel sottostante paese, nel tentativo di sfuggire alle violenze di un soldato si gettò nel burrone, invocando l'aiuto di San Michele che la salvò inviandole degli angeli. La fanciulla volendo fare prova di superbia e vanità, volendo provare ai compaesani il suo volo, trovò invece la morte sfracellandosi al suolo.
Nell'Abbazia è anche possibile visitare il piccolo museo del quotidiano che raccoglie gli strumenti di lavoro, o anche Casa Savoia con le sue antiche sale in cui soggiornava Re Carlo Alberto.
L'Abbazia di San Michele fu protagonista o semplicemente scenografia di molti film, voglio solo ricordarne uno, un film del 2017 che mi ha particolarmente appassionato e nel quale si ripercorrono in chiave romanzata e fantascientifica del thriller diverse leggende e storie legate all'Abbazia. Il film s'intitola "The Broken Key", regia di Louis Nero con attori: Christopher Lambert, Rutger Hauer, Geraldine Chaplin, Michael Madsen, Franco Nero, Maria de Medeiros, Kabir Bedi, Marc Fiorini, Andrea Cocco, Marco Deambrogio, Walter Lippa, Diana Dell'Erba.
Lentamente rientriamo verso Alessandria, le nuvole stanno coprendo il cielo e il sole fa ormai fatica a far capolino tra di loro.
La Sacra di San Michele fu dichiarata simbolo del Piemonte con la legge regionale n°68 dal 1994. Sicuramente avremo modo di tornarci e rintemprarci gli occhi sugli immensi panorami che la Val Susa offre e anche lo spirito per il grande senso di devozione cristiana che questa Abbazia ispira.