Blog di Dante Paolo Ferraris

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Bestemmia umanitaria

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guerra umanitariaIn questi giorni sentiamo di nuovo parlare di Guerra Umanitaria, come se ci fosse qualcosa di umano nella Guerra, forse si, ma il volto umano della guerra è la sofferenza, la morte, il dolore, lo strazio della perdita dei propri cari, la scomparsa di una civiltà a favore di un'altra, la recrudescenza di antichi dissapori ed in questo caso tribali, ma anche la fuga, il rifiuto, la dignità negata, questo è il volto di una guerra umanitaria.
Nell'epoca della globalizzazione dove tutto è immediato, dove la comunicazione diventa strumento di propaganda, sono ancora le armi a determinare il vincitore e non la Ragione.
Ma nel Nord Africa ciò che stato una rivolta di popolo è diventato rapidamente un conflitto internazionale, dove la volontà di cambiamento si è trasformato in nuove forme di egemonia, mascherando il nuovo colonialismo in intervento umanitario.
Tale propaganda, tali azioni militari in difesa di popolazioni inermi li troviamo oggi in Libia ma non in Siria, Nigeria o Sudan ecc… e tutto ciò avviene nella più totale indifferenza mediatica.
La propaganda è sempre stata un arma potentissima, distrugge o eleva tirannie da sempre ed oggi è ancor più potente. Se oggi i blog possono fare denuncia, sono gli strumenti mediatici dei Governi a dettare le regole di mercato, a fare tendenza o anche a scatenare guerre.
L'Unione Africana ha da sempre giocato un ruolo marginale nelle crisi del continente nero; per suo statuto può cercare di evitare crisi umanitarie, può essere mediatore ma non può intervenire militarmente contro uno stato membro, inoltre non è stata considerata come interlocutore privilegiato alle riunioni di Parigi e Londra se non ha decisioni assunte. Probabilmente gli assetti e interessi internazionali hanno prevalso sulla dimensione infra-africana.
La soluzione diplomatica dell'Unione Africana potrebbe essere l'unica risposta per evitare ulteriori morti inutili e certamente la sua letargia non ha fatto che avallare le risposte interventiste francesi e inglesi che hanno scelto la strada dei bombardamenti "chirurgici".
Ora, in nome di interventi umanitari, anche una Nazione che rifiuta la guerra come soluzione di conflitti, carica i suoi aerei di bombe intelligenti per fare bombardamenti chirurgici.
Quale peggiore definizione si poteva utilizzare, nascondendosi dietro la maschera di risoluzioni ONU.
Se da un lato cerchiamo la PACE con bombardamenti chirurgici tesi a fiaccare un nemico non dichiarato, inviando anche istruttori e consiglieri militari dall'altro, temendo che la popolazione civile esca dai confini nazionali o meglio continentali ed occupi le opulente coste italiche e le ricche città francesi o arrivi nelle più lontane capitali europee, la diplomazia all'interno della U.E. litiga mettendo in discussione anni di battaglie e conquiste per unire il vecchio continente alla ricerca di prestigio personale o di un nazionalismo mal celato.
Sorge lo spontaneo dubbio su una totale assenza di politica estera europea che lascia trasparire in effetti solo le mire espansionistiche su territori d'oltre mare ricchi di risorse da parte di singoli governi dell'Unione Europea, alla stessa stregua di quanto successe all'Italia mussoliniana della seconda metà degli Anni '30 alla conquista del "posto al sole" in questo neocolonialismo commerciale, facilitato dalle bramosie di potere e dalla ricerca di sempre maggior carisma degli attuali leader politici nazionali europei.
Non ci saranno in questo caso né vinti e neppure vincitori, chi perderà saranno le vittime del conflitto interno libico, i rapporti fiduciari tra il mondo arabo e l'Europa, ma sarà, e spero di sbagliare anche la fine del trattato di Schengen per la libera circolazione all'interno della U.E. con il conseguente stridere dei rapporti tra le capitali europee.
A mistificare il tutto ci pensano gli Aiuti umanitari inviati sulle coste tunisine senza comprendere il perché non sia stato fatto anche su quelle egiziane e siriane, per non parlare dell'accoglienza di migliaia di profughi in Europa, ma questo è un altro discorso e ne parleremo in un'altra occasione.