Il toponimo, sembra riprendere il significato della non lontana Caresana, rappresentando un luogo, forse una vasta proprietà fondiaria, denominata forse un tempo Praedia Carisiana, con riferimento al nome gentilizio latino Carisius. Qualche studioso lo spiega come un adattamento del nome personale Bellotto, ma molte e varie sono le supposizioni. Comunque è sicuramente che il toponimo Caresanablot derivi dalla necessità di distinguere questo borgo dall'altra Caresana che, pur facendo parte della medesima proprietà fondiaria erano abbastanza distanti tra loro. Benché il centro abitato sia piccolo, la sua storia è abbastanza importante. Quella che più mi piace è quella che vuole che Caresanablot sia nata dalla fusione con la località Albellione. Quest'ultimo insediamento era ubicato tra Caresana e Quinto, e compare sin dal 1439, come un centro indipendente. Con il suo declino è facile che fosse assimilato dai territori di Caresana e di Quinto. È probabile che si debba a tale fusione l'origine del nome Caresanablot, in quanto persasi la memoria di Albellione, si sarebbe imposto il nome di una famiglia ivi proprietaria di beni; Belotto. La comunità è infatti menzionata con la formula "Carezana e Belotto" nel 1710, il nome fu contratto poi nella forma Blot almeno dal 1744.
Dei ritrovamenti di reperti della seconda età del Ferro, fanno pensare che già verso il X secolo a.C., questo territorio fosse abitato.
I vescovi di Vercelli, da sempre, tesero a esercitare il proprio dominio su un vasto territorio, compreso fra Po, Dora e Sesia. Caresanablot fu pertanto uno dei più antichi possedimenti dei vescovi e già ai primi del X secolo, dotando il borgo di una parrocchia suburbana. Il vescovo Attone, di nobile e ricca famiglia longobarda, nel 945 donò ai canonici diversi terreni, incluso Carezzana. Il possesso di questi beni temporali dei vescovi, lasciati ai canonici durò molto tempo. Anche il diploma dell'imperatore Ottone III del 999 dove dona al vescovo Leone, la Curtis Regia infra urbem, comprende tra numerosi possedimenti anche Carezzana. La presenza del un centro abitato è ancora confermato in un diploma dell'anno Mille dove si accenna al fatto che il piccolo borgo era obbligato a fornire al fisco il proprio miele,a titolo di tributo chiamato melagium.
Ancora in una documento conservato nell'Archivio del Capitolo di Vercelli si legge l'atto di investitura del 1169 a favore del Priore di San Bernardo e del sig. Ardizzone Alciato, nobile vercellese, di decime sui terreni siti in Carenziana, spettanti alla chiesa di Sant'Eusebio e a quella di Santa Cecilia. Da un altro atto, datato 1219 si evince che Caresanablot già allora aveva un suo parroco presso la della chiesa di Santa Cecilia. Nel XIV secolo la località subì un fenomeno di intenso spopolamento, dovuto al protrarsi di fenomeni bellici; la maggior parte della popolazione si trasferì a Quinto e a Vercelli. Nei decenni successivi il centro riprese vita fintanto che a partire da metà XVI secolo torna ad essere un ridente borgo agricolo.
Nel 1621 il duca Carlo Emanuele I infeudò il borgo a Flaminio Avogadro, i cui discendenti ne mantennero la proprietà sino al 1695 quando cedettero il feudo ad Antonio Francesco Bulgaro.
Nel 1724 il feudo passò al conte Gaspare Giuseppe Arborio Biamino, la cui famiglia ne rimase feudataria fino alla cessazione della feudalità in Piemonte a fine XVIII secolo. Durante la guerra di successione di Spagna ad inizi XVIII secolo, Caresanablot come tutto il vercellese, fu teatro di sanguinose battaglie e la permanenza di truppe straniere: Le numerose razzie di queste truppe in continuo passaggio, provocarono fame e miseria portando quasi l'estinzione della popolazione locale. In occasione della visita pastorale del 1750 l'antica parrocchia di Carenziana viene indicata come Caresanablot.
Il Comune di Caresanablot fu brevemente accorpato in epoca napoleonica al territorio comunale di Vercelli, ma riacquistò la sua autonomia nel 1814. Si fa presto a visitare il centro storico di Caresanablot, sono poche gli edifici storici, ormai assorbiti o inglobati tra i grandi capannoni industriali che costeggiano la strada di grande comunicazione "Trossi" . Infatti, anche il vecchio edificio municipale che si affaccia su questa strada, quasi scompare tra i moderni edifici. Oggi questo palazzo di due piani, con un bel porticato ospita diverse associazioni di volontariato locali. Mentre il nuovo e moderno edificio è stato costruito di fronte all'antica chiesa parrocchiale. La chiesa parrocchiale di Santa Cecilia sembra di origine paleo-cristiana. Ricostruita nel 1601 e ripetutamente restaurata e rimaneggiata, presenta una facciata interamente intonacata e al cui centro vi è un affresco di discreta fattura, rappresentante Santa Cecilia che suona uno strumento musicale. Il suo interno è a tre navate che vagheggiano lo stile romanico, presenti inoltre due piccole cappelle che le conferiscono un ideale conformazione a croce latina. L'altare maggiore è barocco del XVIII secolo e vi sono presenti affreschi dei secoli XV e XVI. Anche nelle cappelle vi sono pregevoli dipinti cinquecenteschi, come quello raffigurante Gesù, le Pie Donne e gli Apostoli. Interessante anche la Torre Campanaria, a base quadrangolare, probabilmente risalente alla stessa epoca della chiesa.
Il borgo presenta ancora grandi tenute agricole con bei palazzi, segno di un recente passato assai florido. Ben curate le edicole religiose presenti sul territorio. Tra i personaggi famosi che Caresanablot può annoverare sicuramente Secondo Pollo (1908-1941), cappellano militare degli alpini. Entrato undicenne nel seminario diocesano ne fu ordinato sacerdote, è ricordato per la dedizione e il lavoro apostolico, soprattutto fra i seminaristi e i soldati. Fu cappellano e confessore dei carcerati, morì in Montenegro nel tentativo di soccorrere un soldato ferito. Nel 1998 fu beatificato da papa Giovanni Paolo II. Ma anche un altro Beato, ossia Giuseppe Stara (1795 – 1877), costui fu un militare e senatore del Regno di Sardegna dal 3 aprile 1848.
Lascio così Caresanablot, che negli ultimi anni ha registrato un notevole sviluppo economico, sapendo unire alla coltivazione del riso, diffusamente praticata, un impressionante sviluppo delle attività commerciali, artigianali e industriali. Soddisfatto di aver dato compimento ad una mia curiosità e appagato di aver meglio conosciuto un altro pezzo di Piemonte.