Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Il mio Piemonte: Vogogna

E-mail Stampa PDF
VogognaIl borgo di Vogogna si adagia lungo la sponda sinistra del fiume Toce, sotto lo sguardo severo dei monti del Parco della Val Grande che lo sovrastano. Era diverso tempo che volevo tornare in Ossola, in particolare a Vogogna, l'occasione per passare una giornata con il mio amico Stefano è giunta. Voglio ripercorrere ciò che ebbi modo di vedere frettolosamente qualche anno or sono e scoprire nuovi luoghi e bellezze artistiche.
Lasciamo l'auto in un parcheggio nei pressi del monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale, un angolo del borgo che con i suoi edifici sei-settecenteschi dimostra la sua leggiadria di vecchia signora delle montagne.
Tutto il borgo ha le strade selciate in pietra che lo rendono ancor più caratteristico. Imbocchiamo la vecchia via De Regibus per raggiungere lo slargo dove sorge la chiesa parrocchiale. La chiesa neogotica, dedicata al Sacro Cuore di Gesù fu edificata tra il 1894 e il 1904. Un tempo era affiancata dalla più antica chiesa cinquecentesca dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo che crollò col suo campanile nel 1975.
Il portale rinascimentale del vecchio edificio, unico reperto recuperato dal crollo, ora è incastrato nella nuova torre campanaria che affianca la chiesa consacrata nel 1904, mentre molti arredi lignei erano fortunatamente già stati spostati nella nuova chiesa.
Un bel giardinetto corona il sagrato, un gatto grigio controlla i nostri passi, mentre anziane signore escono dalla chiesa a conclusione della Santa Messa.
La chiesa presenta una facciata tripartita da lesene e tetto a falde sfalsate, solo la parte centrale presenta un tipico tetto a capanna. Sempre la parte centrale presenta la porta di accesso, incoronata da un bel portale in pietra, sopra di esso a una discreta altezza, un grande e decorato rosone. Il culmine della parte centrale presenta sotto il tetto una serie di archetti di cui quello centrale contenente la statua di Cristo. Le parti laterali presentano una grande finestra ad arco a tutto sesto.
L'interno è a tre navate e mostra pregevoli tele, tutto il suo interno è affrescato con disegni anticheggianti.
Dopo la breve visita alla chiesa parrocchiale, torniamo sul sagrato, ove il nostro amico felino ci scruta attentamente mentre prima di entrare nel borgo antico, facciamo un breve excursus storico di Vogogna.
L'origine del suo nome sarebbe da attribuire ai Galli Agoni, un antico popolo che risiedeva nella zona prima dei Romani. Vogogna deriverebbe quindi da Vallis Agonum, villaggio degli Agoni. Una lapide risalente al 196 d.C., oggi molto danneggiata, testimonia la presenza romana sul territorio. La lapide si trova lungo la strada che collegava l'Ossola a Novaria e Mediolanum. L'epigrafe, è solo parzialmente leggibile e recita: "Via fatta per (volontà di..)...con sesterzi 22600 sotto il secondo consolato di Caio Domizio Destro e Publio Fusco con curatori dell'opera Marco Valerio e Salvio; fornitore dei marmi... è stato... per (ordine) di Venusto conduttore pubblico di ..."
Le prime testimonianze documentarie relative a Vogogna risalgono però al 970 d.C., in un documento notarile, rimane però un villaggio di contadini fino al XIII secolo, con un rapporto vassallaggio con il vicino paese di Pieve Vergonte Infatti Nel 1014 l'imperatore Arrigo II dona il contado dell'Ossola al vescovo di Novara e Vogogna diventa vassalla di Vergonte, poi Pietrasanta fino a quando Vogogna, per la sua collocazione geografica, viene scelto come capoluogo dell'Ossola Inferiore, in seguito ad un'alluvione che nel 1328 distruggerà Pietrasanta" e il suo castello.
Conserverà tale ruolo per quasi cinquecento anni, fino al 1818. Il borgo crescerà economicamente grazie ai commerci che vi transitavano per la sua rilevante importanza strategica, per la strada che collega la pianura con Domodossola e con il Vallese svizzero. Nel 1342 passa sotto il controllo dell'Arcivescovo di Milano e viene fortificata a difesa del ducato. Nel 1348 i Visconti vi costruiscono il castello e ristrutturano mura e rocca. Nel 1375, la rivalità tra Domodossola, capitale dell'Ossola Superiore, e Vogogna, subisce il sacco da parte degli avversari. Nel 1411 Vogogna respinge gli invasori svizzeri, ma nel 1416 si allea con questi contro l'Ossola Superiore. Tra il 1450-1535, durante la signoria degli Sforza e sotto il governo dei Borromeo (1416-1600), Vogogna diventa un fiorente borgo. Il periodo di relativa floridezza economica e rilevanza militare, durerà fino all'inizio della dominazione spagnola quando affrontò la decadenza sotto la dominazione ispanica prima (1535-1706) e austriaca poi (1706-1743). Con l'avvento dei Savoia, accolto con fervida speranza, Vogogna nel 1819 perde la giurisdizione sull'Ossola Inferiore e diventa semplice Comune.
Ora la visita all'antica capitale dell'Ossola Inferiore può iniziare; superiamo un ponticello, in corrispondenza della scomparsa Porta Superiore, ed entriamo nel cuore del borgo. Percorriamo via Roma, un tempo via del Pretorio, la strada principale sulla quale nel Medioevo si affacciavano le botteghe mantiene il fascino di un tempo, con edifici abbelliti da balconate Seicentesche e un piccolo porticato. Via Roma che attraversa il cuore di Vogogna, ieri come oggi, divide il borgo antico in due rioni: Canton Sopra e Canton Sotto. Su questa strada vi è ancora la casa del gabelliere indicata da un bel portale scolpito, arriviamo così in piazza del Pretorio. Il Pretorio è un palazzetto gotico sostenuto da archi acuti poggianti su tozze colonne, edificato nel 1348, per volontà di Giovanni Visconti, come sede del Vicario. Posto ai piedi della scalinata che conduce al castello. Fino al 1819 fu sede del governo dell'Ossola Inferiore, attualmente è utilizzato anche come sede di eventi.
L'edificio riprende il modello architettonico del classico broletto lombardo, sostenuto da archi a sesto acuto che poggiano su tozze colonne in pietra. Lo spazio sotto al porticato era utilizzato per le assemblee pubbliche e come mercato, mentre la parte superiore ospitava l'amministrazione civile e giudiziaria. All'interno e all'esterno sono ancora in parte visibili frammenti dell'antica decorazione pittorica tra cui lo stemma visconteo in alto sulla facciata. Interessanti sono le iscrizioni poste sulle chiavi di volta del porticato del Palazzo Pretorio: La femmina consuma e annulla, uccide, sottrae, acceca, amareggia il corpo, le facoltà, l'anima, l'energia, gli occhi, i suoni. E' bene credere all'esperto. Ancora: Tre sono le cose che distruggono il paese: il proprio interesse, l'odio nascosto e il consiglio dei giovani. Io, Vogogna, per poter crescere amo la concordia. Ma anche: Chi si arricchisce in fretta non è innocente.
Intorno al Pretorio si trovano le dimore più signorili, come Villa Biraghi, edificata nel 1650, forse il nucleo originario addirittura al 1510, oggi sede operativa del Parco Nazionale Val Grande. L'edificio che ha preziose vetrate a piombo e balconi in ferro battuto fu la residenza di Paolo Vietti Violi (1882–1965) progettista dell'ippodromo di San Siro a Milano e di moltissimi altri impianti sportivi in tutto il mondo. Ma tutto l'antico borgo conserva pregevoli dimore, abbellite da arcate, portici, affreschi e stemmi, benché buona parte di questi edifici necessiti restauri.
La chiesa di Santa Marta, posta nelle vicinanze di Villa Biraghi, non è molto grande ma è alquanto caratteristica, inserita nel contesto medioevale del borgo. L'edificio è databile al XV secolo, ma la prima citazione ufficiale risale al 1575. l'edificio ha una semplice facciata a capanna con un unico ingresso, fu luogo di culto delle diverse Confraternite presenti nel borgo. Nei secoli fu modificata e arricchita di molti preziosi arredi come la balaustra in marmo nero di Verona traslata dalla chiesa dei Serviti e di molti arredi sacri di un certo pregio come la statua in legno della Madonna Addolorata della metà del XVI secolo.
Tra la chiesa e Villa Biraghi Lossetti si apre un stretto vicolo, all'interno del quale vi è un edicola votiva con una statua raffigurante un santo o un alto prelato che mi è difficile identificare. Sempre in piazza del Pretorio, alla sinistra della chiesa di Santa Marta vi è la casa dei Vicari, antica residenza di giudici e governanti, un tempo collegata al palazzo del Pretorio con un ponte ligneo. La casa possiede una particolare e caratteristica antica fontana in marmo rosa di Candoglia. Dalla piazzetta del Pretorio scendiamo lungo via Lossetti fino a raggiungere il luogo dove un tempo sorgeva la Porta Inferiore, abbattuta nel 1837 per facilitare l'accoglienza del Cardinale Morozzo in visita pastorale. Poco oltre sulla destra, verso via Sotto le Mura troviamo Casa Marchesa, la più antica abitazione nobiliare nel borgo, risalente al 1350, ricavata sicuramente da un bastione o ampliamento e rinforzamento delle antiche mura di cinta del borgo.
Continuiamo la nostra passeggiata lungo ciò che rimane delle antiche mura tra le caratteristiche case dai tetti in beola. Risalendo verso il centro, attraversiamo un buio passaggio arcuato che ci conduce al settecentesco Palazzo dell'Insinuazione, edificato nel 1770, fu sede dell'archivio notarile e poi teatro fino alla metà del XX secolo. Attraverso la suggestiva piazzetta del Pozzo arriviamo in via Roma per salire per un viottolo che conduce verso il borgo "Cantun Sura". Lentamente ci inerpichiamo attraverso una bella salita in parte a gradoni, a cui si affacciano case in pietra, addossate le une alle altre che sembrano voler accompagnarci fino all'entrata del castello. Raggiungiamo così il castello Visconteo con la sua torre rotonda che domina Vogogna dalla metà del XIV secolo. Il Castello fu costruito nel 1348 per volere di Giovanni Visconti, vescovo di Novara, ampliando contemporaneamente la cinta di muraria a difesa del borgo.
La pianta del castello segue l'orografia del terreno ed è pertanto irregolare, la sua edificazione è dovuto a protezione dei confini del Ducato di Milano contro le incursioni degli Svizzeri provenienti dal Vallese. Precedentemente vi era una torre poligonale del XI secolo oggi parzialmente diroccata e che fu incorporata nel castello. Questa torre s'innalza nella parte posteriore del castello e un tempo fungeva da avamposto difensivo della soprastante rocca situata sul versante del monte sovrastante il borgo. Ma quello che ci colpisce e che arrivando dalla strada nazionale impressiona il viaggiatore, è e il massiccio torrione semicircolare del castello che domina dall'alto Vogogna.
Nel 1446 il feudo passò alla famiglia Borromeo che rinforzarono ulteriormente il castello e la cinta muraria del quadrangolare, adattando l'intera struttura all'uso delle armi da fuoco munendolo di feritoie, e archibugiere. Passò poi nel 1514 sotto gli Sforza, nel XVI secolo, con la dominazione spagnola, l'importanza strategica del castello di Vogogna venne meno e fu adibito prima a prigione e poi a magazzino. Anche con la dominazione dei Savoia, mantenne la stessa funzione, poi, nell'800, divenne anche sede dei Regi Carabinieri.
Il castello è oggi di proprietà comunale che lo ha restaurato e riaperto al pubblico dotandolo di una sala conferenze multimediale. Ci aggiriamo intorno al castello, che troviamo chiuso, ma con Stefano avevamo avuto modo di vedere i suoi interni precedentemente, in occasione di una manifestazione che vi era stata organizzata. Oggi come ieri rimango impressionato dalla base del torrione semicircolare, nella cui base a scarpa, fu ricavata una finestra munita di doppie spesse sbarre di ferro, da cui i detenuti delle sue prigioni potevano avere colloqui con i propri famigliari, controllate da guardie armate.
Vicino al castello, come in alcuni punti turistici di Vogogna, sono collocate delle bacheche esplicative dove sono raccontate le vicende di Liota da Colloro; la storia raccontata a fumetti, si basa su una vicenda realmente accaduta quando nel 1375, Vogogna fu saccheggiata da parte degli Spelorci, guelfi, provenienti da Domodossola, grazie al tradimento di Liota da Colloro.
L'occhio sale però fino alla Rocca superiore, dove ormai vi sono solo rovine. La Rocca è in località Genestredo, sempre nel comune di Vogogna che dopo raggiungeremo, ma non avremo occasione di recarci fino alla fortezza.
L'antica Rocca risale al IX-X secolo. Forse la era una fortezza dotata di torri quadrate, con funzioni difensive e strategiche di avamposto di segnalazione. La Rocca viene distrutta nel 1514, per mano dei nemici provenienti da Domodossola e appoggiati da alcune bande svizzere. Fu soggetta ad un progressivo abbandono che la rende oggi un rudere, ma sicuramente la sua difficoltà d'accesso ne ha preservato l'esistenza fino ai giorni nostri. Qualche storico afferma addirittura che la primaria costruzione dell'edificio sia di epoca romana, pare del V secolo d.C., altri dopo l'invasione dei Borgognoni nell'850 d.C., ma anche direttamente da Agilulfo in epoca Longobarda.
Terminata la visita, riprendiamo l'auto per vedere ancora alcune bellezze architettoniche e naturalistiche di Vogogna, infatti il centro storico e le località che lo compongono conservano angoli e scorci suggestivi di una inaspettata vitalità che raccontano il Medioevo e sulle cui strade è bello camminare.
Raggiungiamo quasi subito il cimitero di Vogogna, al cui interno vi è la chiesa dei servi di Maria detti dei Serviti, dedicata a Santa Maria degli Angeli. La chiesa inizia la sua edificazione nel 1483 con un edificio e un convento dedicato alla Natività. Nel 1798 la chiesa viene sconsacrata e le opere d'arte in essa custodite traslate in altre sedi. Tra il 1811 e il 1815, cade in balia delle soldataglie francesi, austriache e russe di passaggio nella valle. Il convento viene demolito per ingrandire il cimitero e si è conservato solo una parte della chiesa, divenuta cappella dell'attuale cimitero comunale.
La chiesa si presenta a capanna ormai totalmente intonacata priva di ogni decorazione. Presenta un ingresso centrale, una piccola porta architravata con timpano centrale a cui è inserita una statua. Due finestre rettangolari poste ai lati mi permettono di vederne il buon stato di conservazione interna. Sul lato sinistra si apre una porta che conduce ad una cappella di sepoltura, diverse lapidi mortuarie sono collocate sulla facciata, sul lato opposto si aprono delle nicchie.
Raggiungiamo Dresio, piccola frazione di Vogogna posta poco fuori del centro storico, dove c'è l'Oratorio di San Pietro che fu la prima parrocchiale di Vogogna, forse addirittura di probabile origine longobarda, che custodisce preziosi affreschi quattrocenteschi.
La chiesa è databile al X–XI secolo ma il primo documento che la cita è però una convenzione fra il Comune di Vogogna e i Cavalieri di Malta, del 1376. Nel bel sagrato vi è un'antica fontana che ha ospitato per secoli il Mascherone Celtico, di cui oggi si può ammirare una copia, mentre l'originale è custodito nel Palazzo Pretorio. Il mascherone è una figura maschile che potrebbe rappresentare un dio silvestre, "Cernunnos", o un eroe celtico, così almeno dicono gli storici.
Sempre in auto iniziamo ad inerpicarci verso Genestredo, dopo aver superato un antico e curato lavatoio, la strada si fa stretta, ma è costeggiata da belle case con i giardini fioriti e da ampi spaziosi prati verdi. Mentre saliamo notiamo l'oratorio dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, già citato nel 1676 come cappella miracolosa. Conserva quadri e statue di un certo pregio. L'edificio presenta un ampio pronao con un affresco, non in buono stato di conservazione sopra la porta d'accesso alla chiesa.
Proseguiamo in auto tra due ali di alti faggi e poi castagni, ad ogni tornante si aprono sulla vallata paesaggi fiabeschi, il profumo dei fiori inonda l'auto. Le fronde degli alberi sembrano vogliano inchinarsi al nostro passaggio. Ad un certo punto si apre una radura e nascosto tra le chiome degli alberi, essendo posto sotto il livello della strada che continua a salire, troviamo l'oratorio di San Zeno o Zenone. E' un semplice oratorio situato in una cornice suggestiva a mezza montagna. Fu eretto come Cappella devozionale nel XIV secolo ma venne ampliato e trasformato in Oratorio verso la metà del XVII secolo. Realizzato con facciata a capanna e tetto in beole, conserva, nonostante i diversi furti subiti, un dipinto di Valentino Rossetti, detto il Cavigione, riportante la scritta "Rossettus Pinxit 1690".
Dopo una breve sosta con Stefano a osservare più da vicino l'antico oratorio, riprendiamo il nostro viaggio. La strada è sempre stretta e costeggiata da alberi e da un sottobosco rigoglioso, muretti a vista proteggono la via da rotolamenti di pietre dalla montagna, nonché da scivolamenti di terra durante le piogge.
Arriviamo così a Genestredo, un piccolo paradiso terrestre. Qui ogni cosa, dalle "beole" dei tetti agli acciottolati delle strette vie, richiama la storia e lo splendore dei tempi passati. Tutto l'antico borgo con i suoi tetti in pietra, le "beole" e le sue costruzioni in sasso rendono la vecchia frazione di Genestredo un luogo dove il tempo si è fermato. Mentre da lontano i ruderi della Rocca sembrano controllare la vallata, le campane della chiesa di San Martino scandiscono ancora oggi la vita del borgo. Infatti la scritta "I.H.S. 1580", presente sulla campana ci ricorda da quanto tempo questi luoghi sono abitati.
La chiesa ha una sola navata, con un bel pronao arricchito da affreschi. Anche il suo interno conserva quadri, affreschi e statue, opere non eccelse, ma che rendono la chiesa interessante e che spiegano la grande spiritualità popolare. Ancora oggi sul suo sagrato la festa di San Martino anima il borgo mantenendo in vita un'antica tradizione popolare molto sentita. Dopo aver vagato tra le antiche case del borgo e rinfrescatici ad una fontanella di acqua fresca e limpida, riprendiamo il nostro viaggio scendendo verso valle e la strada provinciale in direzione Piedimulera–Pallanzeno. Arriviamo nei pressi dell'oratorio della Beata Vergine di Loreto, per raggiungerla dobbiamo percorrere un breve tratto di strada di campagna. La chiesa ha un tetto a capanna con un grande pronao, è tutta intonacata e in discreto stato di conservazione. Sotto il pronao vi è l'unica porta d'accesso anteriore affiancata da due finestre che però ci impediscono di vedere l'interno. Il campanile, guardando la facciata della chiesa, si erge sul suo lato destro, posto sopra la canonica. Il protiro è sorretto da colonne binate, mentre sopra lo stesso una grande finestra a semicerchio permette alla luce di illuminare la chiesa. Ci dispiace non poterne vedere il suo interno che le guide ci descrivono a navata unica, una piccola cantoria e modeste opere d'arte popolare. Benché la chiesa sia stata edificata per devozione popolare nel 1641, forse ove esisteva una piccola cappella, eravamo soprattutto curiosi di vedere i numerosi ex-voto settecenteschi tuttora esposti. Gli storici raccontano che in questo luogo di culto si effettuavano "esorcismi e liberazioni da ossessioni diaboliche".
Non ci rimane che raggiungere il monumento a Jorge Antonio Chávez Dartnell, anche conosciuto come Geo Chávez, realizzato in memoria del primo trasvolatore delle Alpi, caduto con il suo aereo nella piana di Domodossola durante l'atterraggio al termine della sua impresa. Costui nacque a Parigi da genitori peruviani; Chávez compì la sua impresa più famosa il 23 settembre 1910 a bordo di un monoplano Blériot XI. Geo Chávez decollò da Briga alle 13:29, dicono le cronache, sorvolò il valico del Sempione e le gole di Gondo per scendere a Domodossola. L'impresa terminò tragicamente 45 minuti dopo il decollo perché a un'altezza di circa venti metri dal suolo, l'aereo precipitò di punta per cedimento della struttura alare. Gravemente ferito, ricoverato nell'Ospedale San Biagio di Domodossola vi morì quattro giorni più tardi. Giovanni Pascoli scriverà: «Cade, con la sua grande anima sola-sempre salendo. Ed ora sì, che vola!». Nel settembre 1957 i resti mortali dell'aviatore furono rimpatriati dalla Francia, affinché fossero deposti in un mausoleo costruito nell'aeroporto militare di Las Palmas, nei pressi di Lima. Il monumento dedicato a Chávez è un aquila in testa ad una alta colonna in pietra posta su un masso, su cui oltre alla lastra marmorea a lui dedicata vi posto sul retro l'antica lapide "via facta" che testimonia la presenza romana sul territorio.
Da vedere a Vogogna ci sarebbero anche i resti di una strada romana posta a valle del ponte sul fiume Toce in località Masone, nei suoi pressi vi sono anche i resti dell'antico pontile d'attracco dei traghetti per l'attraversamento del fiume. Un tempo il luogo era controllato dai Cavalieri di Malta che avevano una commanderia e un ospedale per i pellegrini. Il tempo è tiranno e purtroppo dobbiamo rientrare verso le rispettive abitazioni, lasciamo l'Ossola luogo meraviglioso e tutto da scoprire. Certi che presto saremo in questa valle a scoprire altri suoi luoghi straordinari.
luoghi straordinari