Non vi fu sempre un rapporto benevolo tra sudditi e i conti, infatti ben presto Lomello si ribellò alla loro autorità, costringendo i conti palatini a mettersi al sicuro nei loro castelli. Lo staterello che i conti avevano creato prese il nome di Lomellina. Pavia, era ormai diventata una potente città e negli anni 1140-1146 sferrò un attacco contro i conti palatini, espugnando Lomello. L'imperatore Federico I, se da un lato confermò a Pavia la supremazia sulla zona, dall'altro assicurò ai conti palatini la signoria su una serie di località. Lomello, però rimase sotto il diretto dominio pavese, e poi dei Visconti.
Nel 1450 Francesco Sforza concede Lomello in feudo al marchese Antonio Crivelli di Milano a cui resterà fino all'abolizione del feudalesimo nel 1797. Nel 1707 Lomello, con tutta la Lomellina, viene annesso ai domini dei Savoia.
Con i nostri calessini arriviamo fin sotto all'insigne complesso religioso, un monumento medievale formato dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, del primo periodo romanico lombardo del XI secolo e dal Battistero di San Giovanni ad Fontes risalente al VIII secolo. Quest'ultimo è un antichissimo edificio longobardo a forma ottagonale, con i resti dell'originale fonte battesimale. Nella tradizione popolare, la basilica viene chiamata la "chiesa del diavolo" perché la leggenda racconta che la costruzione fu distrutta dal Maligno e da lui stesso riedificata in una sola notte di lavoro febbrile, ma, a causa del sorgere del sole, fu lasciata incompleta. Infatti la facciata pare parzialmente crollata e le prime due campate senza il tetto.
La basilica è a tre navate con un transetto più basso del corpo longitudinale. La coperta è con volte a crociera nelle navate laterali e a cassettoni in quella centrale. La facciata era originariamente unita alle antiche mura cittadine; dopo un dissesto o un crollo, forse dovuto al terremoto del 1117, le prime tre campate crollarono parzialmente e si costruì una nuova facciata, tanto da far sembrare la chiesa ancora parzialmente crollata. Tra le informazioni raccolte sicuramente è interessante il privilegio conferito da di Papa Pasquale II, il 22 agosto 1107, nel quale si autorizza il parroco di Santa Maria a portare la mitria ed il pastorale, e il potere di conferire alcuni ordini minori.
Vicino alla Basilica è posto il Battistero di San Giovanni ad Fontes, un edificio alto 13 metri, costruito interamente con mattoni. Anche la cupola di forma ottagonale, in mattoni meno pregiati, è una costruzione più tarda del resto dell'edificio, sormontata da un piccolo tiburio. Nel suo interno la parte centrale è costituita da un ottagono che insieme alle absidi e alle cappelle del battistero, assume la caratteristica forma crociata. L'edificio al suo interno è oggi completamente intonacato Elemento di grande importanza è il fonte battesimale, dove avveniva il battesimo ad immersione, una grande vasca di forma esagonale, risalente tra al VII-VIII secolo. Ma della particolare Basilica di Santa Maria Maggiore e del Battistero di San Giovanni ad Fontes vi è anche un originale leggenda, trovata su internet ed attribuita al ritrovamento di dattiloscritto del Comm. Attilio Baratti di Mortara il testo recita: "Teodolinda volle celebrare nella Chiesa di S. Maria in Lomello le sue seconde nozze con Agilulfo duca di Torino. Una curiosa leggenda vuole che queste nozze non andassero a genio al demonio perché i Longobardi erano ariani e Teodolinda era cattolica. Con re Autari, il diavolo aveva potuto ottenere che fosse vietato ai Longobardi il Battesimo Cattolico, ma questa volta era la regina stessa che si eleggeva lo sposo acquistando una potenza diretta, che avrebbe poi adoperata a favore della causa cattolica; e per il diavolo il grosso guaio era lì. Allora pensò di farne una delle sue. Il giorno prima delle nozze portò sul cielo di Lomello tutte le nubi più cariche di tuoni e di lampi che aveva in riserva e scatenò un tremendo temporale. I fulmini caddero sulla chiesa già preparata per le nozze, suscitando un grave incendio e in poche ore la chiesa di Lomello fu un mucchio di rovine. Teodolinda che da santa donna si era preparata alle nozze con la preghiera, si mise a piangere e a supplicare il Signore. Ed il Signore accettò la preghiera della sua serva fedele. Ed eccolo a ordinare al diavolo che sghignazzava in mezzo al fumo, di rifabbricare durante la notte, prima del suono dell'Ave Maria, quello che era stato distrutto, pena la costruzione di tre nuove chiese con la badia. La pia Regina Teodolinda, sentite le parole del Signore, andò tutta felice incontro allo sposo per comunicargli la lieta novella. La notizia udita dai cortigiani corse di bocca in bocca, e tutti aspettavano che si facesse notte per assistere al miracolo. Ma il diavolo, per nascondere la sua vergogna, sull'imbrunire fece calare una nebbia così fitta e fredda da costringere tutti i cortigiani a starsene chiusi in castello. Quel che capitò nel buio fitto, nessuno lo poté sapere. Il diavolo pescò nel fondo dell'inferno i migliori ingegneri, architetti e muratori che poté trovare e diede loro l'ordine di rifare la chiesa in tutta fretta. Ma, senza una direttiva unica, senza ingegnere capo, ciascuno fece a modo suo. Intanto l'Ave Maria era lì per suonare. Mancava di portare a termine la facciata. Ma il Signore che dall'alto stava ad osservare, diede l'ordine di tralasciare: "Lascia di finire la Chiesa, perché si sappia che le cose belle e buone il diavolo non le sa fare; ma farai viceversa il Battistero, dove il figlio di Agilulfo prenderà il Battesimo Cattolico. Non volevi che la mia Chiesa trionfasse, sarà quel Battesimo lo scorno tuo più pungente". Suonata l'Ave Maria, il corteo nuziale si mosse dal castello. Quando il corteo regale, composto di conti, paladini, duchi longobardi, passò il vasto portone della Chiesa, ed entrò nel tempio di Santa Maria, poté notare come in quella bellissima Chiesa c'era un curioso disordine di costruzioni: le muraglie non correvano parallele, i colonnati erano di forme e dimensioni diverse nei fusti, nei capitelli, nel giro dell'arco e nell'altezza dei piedi. E, meraviglia ancora più grande, ebbero, all'uscita di Chiesa, quando a fianco di essa, trovarono lì, nuovo di zecca il Battistero, regalo nuziale di Belzebù!".
La "Chiesa del Diavolo" come viene narrata nelle cronache esiste solo nella leggenda, ma alcuni irriducibili creduloni affermano che la Basilica attuale sia stata rifatta sul modello dell'antica chiesa per conservare la memoria del miracolo.
Interessante è pregevoli è anche la chiesa romanica di San Michele del XII secolo. Questa chiesa è a forma di croce latina fu Parrocchia fin dalla sua costruzione, non è famosa e antica come Santa Maria Maggiore, ma non per questo ha meno storia e bellezze artistiche. La sua facciata, apparentemente comune è frutto dell'intervento settecentesco, tripartita da leggere lesene, suddivisa in due ordini e con tetto a salienti ha tre accessi. La porta centrale è molto più ampia di quelle laterale ed ha un elaborata cornice. L'Ordine superiore è costituito da una sola campata centrale, presenta un ampia finestra tamponata con anch'essa una elaborata cornice. A raccordare gli ordini concorrono ai lati due graziose volute a forma sinusoidale che nascondono il tetto spiovente delle navate laterali. Il tutto si conclude con un timpano semicircolare classico. Presenta un alto e tozzo campanile in laterizio a vista, come in laterizio a vista è il bellissimo tiburio ottagonale, che s'innalza sopra la crociera, ornato da trifore e da loggette in cotto. L'interno è in stile romanico lombardo a tre navate con volta a botte e colonne in mattoni. L'altare maggiore ha eleganti linee barocche fu eretto nel 1786 ed è sormontato da un tempietto circolare con colonne marmoree a cuspide madornata per l'esposizione della reliquie della Santa Croce. Infatti la chiesa conserva una reliquia della Santa Croce donata da Guglielmo de Grossis, monaco della città francese di Sant'Egidio, oggi Saint Gilles, diretto ad Avignone nel 1372 in qualità di Legato papale. Nella cupola sopra l'altare maggiore vi é una grande composizione ad affresco di gusto settecentesco che raffigura la cacciata degli angeli ribelli dal Paradiso. Nel transetto destro si apre la cappella seicentesca della Madonna del Carmine costruita in forme barocche con la statua lignea e il baldacchino processionale. Invece in quello a sinistra, vi è la cappella della Croce dove è murata una piastrella in cotto, incisa in latino medievale, con le abbreviature che si usavano all'epoca. Ecco la traduzione: "Qui giace il corpo del Reverendo Guglielmo de Grossis, francese della città di Sant'Egidio, il quale donò alla presente chiesa il legno della Santa Croce. Morì il 4 maggio 1370. Il nipote Guido pose". Questa Cappella sino al 1777, era forse solo una piccola abside, con altare eretto a San Francesco, fu solo nell'estate del 1777 che s'iniziò la costruzione di una cappella consacrata al culto della Croce. Invece vi è una formella in cotto, sulla parete della terza campata nella navata destra, dove si legge: "1121 S.Michael" e potrebbe trattarsi della data di costruzione della chiesa o quella di consacrazione dell'edificio. Sono presenti anche altre iscrizioni su mattoni romani con altre date e anche tracce di affreschi di santi risalenti ad epoca medievale.
Un altro monumento degno di nota, che non può passare inosservato è il castello del XV secolo, edificio posto all'interno dell'ampio nucleo altomedievale, raro esempio di complesso comitale ancora visibile con anche i resti del suo ricetto. Il castello, oggi sede del Municipio, fu ricostruito agli inizi del el XV secolo dopo una parziale distruzione fatta da Facino Cane che saccheggio il borgo. Per quando l'edificio sia stato trasformato nel tempo, conserva la torre del ponte levatoio, tracce del fossato ed al suo interno vi sono sale che presentano affreschi cinquecenteschi di pregevole fattura e due mosaici romani ritrovati, con numerosi altri reperti archeologici, nel sottosuolo del paese.
Lomello è un borgo che merita un accurata visita che purtroppo non possiamo permetterci. Dopo aver girovagato per il paese e per i suoi più importanti beni monumentali, siamo richiamati dal dovere e i calessini “scalpitanti” si rimettono a correre, tra le risaie pavesi verso Pavia.
Fine XXXVI parte.