Sono ormai una manciata i chilometri che mi separano da Castel Rocchero, giusto il tempo per ripercorrere la storia del luogo. Pare accertato che Castel Rocchero abbia la sua origine come presidio militare, posto a guardia e difesa della via di comunicazione che da Acqui conduce in Valle Belbo. Questa strada è da sempre importante perché unisce i maggiori centri collinari e della pianura, con il mare. Già percorsa in epoca romana non cadde mai in disuso, neppure durante le invasioni e scorribande barbariche. La strada era facilmente controllabile dal castello (castrum), che sorgeva sul punto più alto e scosceso della collina Un tempo il castello era interamente circondato da possenti mura, le cui ultime tracce scomparvero a metà Ottocento.
Le prime notizie storiche documentate del Borgo risalgono al 967, quando è compreso fra i possedimenti al marchese Aleramo, della gloriosa dinastia dei Marchesi di Monferrato, la cui giurisdizione fu affidata da Ottone, Imperatore del Sacro Romano Impero.
Con la dinastia degli aleramici, Castel Rocchero divenne un punto strategicamente importante, tanto da essere oggetto di contese e guerre tra i vari signorotti del Piemonte meridionale.
Nei primi anni del XIV secolo il Borgo con il suo castello, entrarono a far parte dei possedimenti del marchese Bonifacio di Incisa. Nel 1336, il marchese di Monferrato Teodoro I Paleologo infeudò il paese al banchiere astigiano Obertone Scarampi. Il figlio di costui, Baldovino, ebbe solo una figlia femmina, Beatricina, che andò sposa al conte Alberto di Biandrate di San Giorgio, la cui famiglia esercitò per lungo tempo il dominio su Castel Rocchero.
Nel XV secolo, anche la famiglia Dagna di Acqui, tra i tanti nuovi potentati locali, cerca di trarre beneficio da questo territorio, ottenendone il diritto di esazione sui pedaggi.
Sempre nel XV secolo il marchese di Monferrato, nel 1435, si vede confermato il feudo da Ludovico di Savoia, Nel frattempo la popolazione ha continui scontri, anche armati, con la città di Acqui per l'uso dei boschi. Gli acquesi alla fine hanno la meglio devastando e incendiando le case di Castel Rocchero, nel 1496.
Con il passare dei secoli si alternano anche le famiglie nobili a cui è affidata la giurisdizione sul Borgo, fino al 1833 in cui sono attestati, quali ultimi signori del luogo, gli acquesi conti Blesi.
Ormai sono giunto al centro del Borgo che si snoda quasi a cerchi concentrici intorno alla cima del colle dove fa bella mostra di sé un alto campanile e ciò che rimane dell’antico castello.
Salgo una lunga e bella scalinata, coronata da belle e vecchie case, ingentilite da fiori sia nei giardini che sui balconi. Un cane, chiuso all’interno di un lungo terrazzo, abbaia, correndo da un capo all’altro del terrazzo avvisando del mio arrivo. La piazzetta che mi si apre di fronte non è molto grande, ma conserva un antico fascino.
Sulla piazzate si affaccia il Palazzo Comunale, posto sul luogo dove un tempo si ergeva il castello distrutto nel 1496 e solo ricostruito nel 1519, ma che poi assunse nel tempo forme signorili, perdendo tutte le sue funzioni difensive. L’edificio, con fattezze Seicentesche, fu la dimora dei signori locali, ed oggi sede comunale; la sua facciata principale è intonacata ed il balconcino in pietra è sorretto da quattro mensole. All'interno ha mantenuto strutture seicentesche riscontrabili nelle volte a crociera dell'ingresso e in quelle a botte delle stanze interne. Da un piccolo giardino, con alberi secolari e un antico pozzo in laterizio, si ha una splendida visione della ricca campagna circostante e che fa comprendere perché nei secoli questo feudo fosse tanto ambito.
Sempre sulla Piazza si prospetta la slanciata Chiesa Parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo, edificata agli inizi del XX secolo. Il portale è affiancato da due coppie di colonne che sorreggono un timpano semicircolare nel primo ordine e ne aumentano la spinta ascensionale dell’edificio. La facciata è in stile Neoclassico ed anche nel secondo ordine due coppie di colonne si alzano fino al cielo, fino a sorreggere un frontone triangolare.
Al centro del secondo ordine una grande finestra ovale con vetri colorati ne favorisce l’illuminazione interna. La porta centrale è sormontata sull’architrave da un timpano triangolare, iscritto all’interno di un arco.
Il suo interno è a navata unica con belle pitture murali risalenti agli anni Trenta del XX secolo scorso. Conserva altresì pregevoli stucchi, ma anche quadri tra i quali una pala d’altare raffigurante il martirio di Sant’Andrea opera del maestro Pietro Ivaldi di Toleto, detto il Muto, risalente al XIX secolo. Sulla porta, nella controfacciata, si eleva la cantoria con l’organo. Il parapetto della cantoria è abbellito da una decorazione policroma con disegni geometrici e putti.
Tornato sulla piazza, ricordo che la Chiesa Parrocchiale di Sant’Andrea è costruita sui resti di un cimitero in cui venivano sepolti gli abitanti del castello.
Alla base dello slanciato campanile costruito tra il Castello e la Chiesa si trova un varco che funge da porta di accesso al Borgo superiore. L’arco, insieme alla base dell’abside parrocchiale alla quale è addossato, sono parti integrali delle antiche mura.
Varcato l’arco mi ritrovo nei pressi di un ristorante i cui locali sono ricavate nelle cantine del Castello. Nei suoi pressi vi è il monumento ai caduti di tutte le guerre di Castel Rocchero e il piccolo parco del Castello.
Amo aggirarmi per le strette stradine del Borgo, dove i profumi del Monferrato si fanno più intensi nelle ore del desinare. Facile comprendere come il suo toponimo si debba all'antica fortezza distrutta nel XV secolo. Avevo avuto modo di leggere, dell’abate e storico italiano Goffedo Casalis, che a Castel Rocchero vi erano anche altre cinque chiese di cui tre campestri, viene citato un convento di barnabiti di cui non mi è stato possibile rintracciare maggiori informazioni.
Lascio così Castel Rocchero,piccolo comune in provincia di Asti e le colline che lo circondano, alle quali, dopo la pioggia e il cielo più limpido e fa da sfondo lo spettacolare profilo delle Alpi.