La Minerva, secondo la mitologia greca era la Dea della sapienza, della saggezza e della guerra; virtù proprie della città con la sua prestigiosa Università e la difesa dell'autonomia della città. Infatti ci sono degli aneddoti su questa statua, tra i quali: la Dea tiene la lancia rivolta verso il terreno in segno di eccellenza della cultura a discapito delle armi, anziché verso l'alto quale indicazione di trionfo. Vige negli studenti universitari, quali segno scaramantico evitare di guardare la Minerva negli occhi, pena la mancata conclusione degli studi universitari.
In origine la statua della Dea aveva i seni scoperti, ma la pudicizia di un tempo avevano obbligato lo scultore a coprirla con una placca leggera a forma di mantellina. Infatti il corpo della statua della Minerva è visibile solo nelle braccia e nel viso che è di bronzo, mentre il vestito è di marmo.
La rivalità con la città di Milano è ricordata voltando le spalle alla città meneghina e la presenza dello scudo e della lancia sembra voler controllare e difendere la città.
Deposti i bagagli in albergo in Viale Vittorio Emanuele II, iniziamo subito una breve visita per la città prima di ritrovarsi per un happy hour in centro. Ci inoltriamo così per Via Camillo Benso conte di Cavour. Appena giunti in Piazza del Tribunale vedo fronteggiarsi in una gara di maestosa bellezza il Palazzo del Tribunale e il Palazzo Carminali Bottigella. La nobile dinastia dei Bottigella aveva a Pavia due palazzi, tra i quali quello che mi si prospetta innanzi che fu edificato nel 1480-82, ed era originariamente delle famiglie Carminali e Beccaria, che poi lo vendettero a Baldassarre Bottigella verso la fine del Settecento. La sua facciata Bramantesca, nel registro inferiore presenta i resti di finestre in cotto. Belli i fregi in stile Classico come la fascia marcapiano decorata con motivi vegetali, chimere, stemmi e imperatori. Mentre il Palazzo del Tribunale era originariamente il convento della Colombina, già esistente nel 1140 ed affidato ai monaci Agostiniani.
Successivamente, passa forse ai Canonici Lateranensi e nel 1539 il complesso è affidato ai Padri Somaschi che lo utilizzarono fino al 1810 adibendolo ad orfanotrofio. L'edificio dal 1810 divenne sede del Tribunale, delle carceri pavesi e della Pretura. Nel febbraio 1992 con il trasferimento dei servizi carcerari, il Palazzo della Colombina venne esclusivamente destinato a sede degli uffici giudiziari. L'attuale edificio, ormai privo di chiesa demolita da tempo, risale al fine del XVIII secolo e si presenta come un lungo edificio a tre piani con un solo balcone posto sopra il bel portale d'accesso con due colonne in pietra che lo sorreggono. La strada è selciata in porfido ed è costeggiata da splendidi palazzi con una lunga serie di vetrine. Purtroppo la modernità ha cancellato un pezzo di storia medioevale in cui la presenza di torri indicava la potenze delle antiche famiglie. Anche Palazzo Carminali Bottigella ha la sua torre, ma non è visibile dalla strada. Scomparsa la Torre del Monastero del senatore, invece interamente incorporata in una casa di civile abitazione la Torre di vicolo Novaria. Qualche avanzo di torre medioevale lo si può ancora trovare all'angolo tra Corso Cavour con Piazza Grande.
Raggiungiamo così Piazza Grande, com'è chiamata popolarmente Piazza della Vittoria, "Platea Magna", per distinguerla dalla Piazza Piccola, "Platea Parva" di fronte al Duomo. Questo è il vero cuore e salotto buono della città, animato di giorno e di sera dai pavesi, ma anche dai turisti e dalla moltitudine di studenti che frequentano la prestigiosa Università di Pavia.
La Piazza è rettangolare e pressoché tutta porticata, sotto ai quali vi sono numerosi locali di ritrovo della gioventù. I suoi portici sono in gran parte risalenti al XIV - XV secolo. SullaPiazza si affacciano l'antico Palazzo del Broletto, il gentilizio Palazzetto Gotico "dei Diversi", ma anche la Chiesa sconsacrata di Santa Maria Gualtieri. Fondata, quest'ultima nel X secolo per volere del rappresentante imperiale Gualtiero, che la eresse nei pressi della sua dimora. Oggi questa ex Chiesa è adibita a spazio comunale per esposizioni temporanee di carattere culturale. Questa Chiesa fu consacrata nel 1096 da Papa Urbano II, durante una sosta a Pavia. L'edificio fu poi rimaneggiato agli inizi del secolo XIII e fu soppressa e sconsacrata nel 1789, divenendo adibita parte ad abitazione e parte a magazzino. Il ripristino e restauro dell'edificio, a fine XX secolo, riportandolo a tre navate di quattro campate e il recupero degli affreschi nell'abside meridionale, ne fanno la più antica testimonianza pittorica romanici di Pavia.
Nella stessa Piazza si trova anche l'ex Chiesa di San Nicolò della Moneta, ora adibita ad attività commerciale. La chiesa fu edificata ad inizio del XVII secolo su un edificio religioso già esistente nel 1250. L'intitolazione particolare "della Moneta" è dovuta al fatto che si trovava presso la zecca.
Allungo il passo per poter ammirare più da vicino il Palazzo del Broletto e il Palazzo Gotico "dei Diversi".
Il Broletto di Pavia risale al XII secolo e venne eretto per volere del Vescovo San Damiano che lo volle come dimora vescovile, che divenne poi e per molto tempo sede della Municipalità. La parte più antica presenta un portico sorretto da arcate a sesto acuto, mentre la parte superiore, che ospita una loggia a doppio ordine, è in stile rinascimentale. Questo edificio è dotato, sulla facciata, di orologio che risale al 1872. Durante il ventennio fascista il Broletto fu la sede del Partito Fascista.
Mentre il Palazzo dei Diversi fu fatto realizzare dal lucchese Nicoletto Diversi, maestro delle Entrate, funzionario e cortigiano di Gian Galeazzo Visconti, intorno al 1374. Il Palazzo è anche conosciuto come "la casa Rossa" o "domus rubea" per l'impiego di laterizi in terracotta. L'edificio in stile Gotico è strutturato su tre piani. Il piano terra, porticato, è adibito a botteghe, mentre i restanti due piani sono residenziali e sono arricchiti da eleganti trifore gotiche, di cui solo una si conserva nella sua completezza, le altre sono state tamponate. Nel 1751 la facciata fu arricchita da un grande affresco Barocco, opera di Carlo Antonio Bianchi, ora purtroppo molto rovinato.
Raggiungiamo così il luogo del nostro happy hours, posto sotto i portici di Corso di Strada Nuova. Il locale è molto moderno e la gente che lo frequenta sono per lo più giovani, ma anche attempati Signori della mia età in giacca e cravatta. Appena riesco lascio il locale e mi avventuro per un breve giro per le vie di Pavia, lasciando Gian a conversare con comuni amicizie. Proseguo per Corso di Strada Nuova in direzione del Ponte coperto. Questa strada coincide con il cardo maximus della romana Ticinum, divenne poi 'Nuova' quando i Visconti ne ampliarono e allungarono il percorso per collegare il monumentale Castello e il Ponte coperto. Il tratto che percorro è particolarmente animato e ricco di negozi ed è lungo questa via, che trovo la Torre nobiliare degli Aquila del secolo XI. Come la maggior parte delle torri civili di Pavia, non è nota la famiglia o consorteria che la eresse e prende il nome di successivi proprietari. Molte sono le evidenze di costruzioni medioevali lungo questa strada, grazie a finestre ad archi gotici, ormai murati ma ben conservati.
Il Ponte Coperto detto anche Ponte Vecchio attraversa il Ticino e collega il centro storico cittadino con il pittoresco quartiere di Borgo Ticino. Mi soffermo a osservare il caratteristico ponte che ha cinque arcate ed è completamente coperto con capriate lignee. Possiede una piccola cappella religiosa posta a circa metà del ponte. L'opera architettonica attuale è una ricostruzione del 1949 e ripropone il disegno dell'antico Ponte Coperto del XIV secolo. Infatti sul portale d'ingresso dalla parte della città vi leggo un'epigrafe: "Sull'antico varco del ceruleo Ticino, ad immagine del vetusto Ponte Coperto, demolito dalla furia della guerra, la Repubblica Italiana riedificò".
Al centro del ponte si trova la cappella realizzata in onore di San Giovanni Nepomuceno, patrono di tutte le persone in pericolo di annegamento.
Percorro il ponte, sul quale trovo una targa che recita: An die schöne Brücke in Pavia habe ich oft gedacht ("Ho spesso pensato a quel bel ponte di Pavia"). Frase scritta dal grande scienziato, Albert Einstein, in una lettera del 1947 indirizzata a un'amica italiana e che si riferiva al periodo in cui quindicenne visse quasi un anno a Pavia.
Raggiungo la riva destra del Ticino, appunto Borgo Ticino. Subito dopo il ponte trovo una statua in bronzo che ritrae una lavandaia; un omaggio alle donne che nei secoli scorsi lavavano i panni dei cittadini nel Ticino. Rientrando verso il centro osservo nei pressi del ponte coperto i resti del ponte romano realizzato all'epoca di Augusto. Una leggenda vuole che la notte di Natale dell'anno 999 molte persone volevano recarsi alla Messa di mezzanotte in città, quando non esisteva ancora un ponte, ma la fitta nebbia impedì alle barche di effettuare l'attraversata. Comparse all'improvviso un uomo vestito di rosso, che promise di costruire immediatamente un ponte in cambio dell'anima del primo passante. L'uomo non era altro che il diavolo travestito. Solo grazie all'intervento dell'Arcangelo Michele, accorso dalla Chiesa poco distante fu riconosciuto e si finse d'accettare il patto. Quando il ponte fu costruito, fecero passare per primo un caprone quale pegno per il diavolo. Il ponte divenne così anche detto il Ponte del Diavolo.
Percorro un breve tratto del lungo Ticino fino a camminare per Via Paolo Diacono, raggiungendo così la Basilica di San Michele Maggiore, un vero capolavoro di stile romanico lombardo, risalente ai secoli XI e XII. La sua facciata ha un lineare profilo a capanna del tipo "a vento", cioè più alta del tetto nella navata centrale, lungo tutti gli spioventi corre una loggetta di ventuno arcatelle che impreziosiscono il suo prospetto. Inoltre la facciata è adornata con un nutrito gruppo di sculture di arenaria sia a tema sacro che profano, di suggestiva bellezza, benché oggi si presentino deteriorate dalla corrosione dovuta agli agenti atmosferici. La facciata è tripartita da leggere lesene in arenaria ed in quella centrale sopra il portale vi sono su tre ordini tre piccole bifore, sopra ad esse vi sono tre monofore e una croce compresa tra due oculi. Un altra bifora è posta sopra le altre due porte laterali. Tale disposizione, nella parte centrale è una ricostruzione ottocentesca: fino a quel periodo, era presente infatti un grosso finestrone circolare. I tre grandi portali hanno una profonda strombatura con figure raffiguranti intrecci di esseri umani, animali e creature mostruose, tutte scolpite lungo la cornice dei tre portoni.
Una prima Chiesa dedicata a San Michele Arcangelo fu costruita originariamente nel periodo longobardo sullo stesso sito, ed ebbe un ruolo fondamentale nel contesto ecclesiastico pavese. Infatti in età carolingia la Chiesa era affidata a un collegio di chierici e monaci di San Colombano di Bobbio, diventando sede di cerimonie ufficiali. Nel X secolo era indicata come Chiesa palatina, ossia legata al palazzo dei re. Questa prima Chiesa fu distrutta da un incendio nel 1004 e la nuova Chiesa, ossia l'attuale Basilica, fu completata entro l'anno 1155. In questa Basilica il 17 aprile 1155 Federico Barbarossa si fece incoronare Re d'Italia, all'età di 32 anni e la Basilica ospitò nei secoli altre importanti cerimonie.
La pianta della Chiesa è a croce latina con tre navate. Conserva al suo interno un prezioso crocifisso del X secolo rivestito di lamine d'argento e una moltitudine di reliquie.
Proseguo per Via Felice Cavallotti, raggiungendo così ciò che rimane dell'ex Chiesa di Sant'Andrea dei reali. I suoi resti sono comparsi con gli scavi praticati per la costruzione di un nuovo edificio ad uso residenziale. Questa era una piccola Chiesa in stile Romanico. Fu sede dei frati Domenicani, dopo che il loro Eremo, sito in località Borgo Ticino, continuava ad essere allagato dalle numerosi alluvioni e dovette essere abbandonato. Vi rimasero dal 1032 al 1300, quando la Chiesa fu demolita. Nei suoi pressi sorge anche l'ex Chiesa di San Tommaso, posta in vicolo Stilicone. Questa chiesa faceva parte del monastero benedettino femminile già citato in un diploma imperiale di Arnolfo del 889 e sorse sui resti di un grande edificio di età romana. La Chiesa fu ricostruita tra il 1213 e il 1302 divenendo sede dei frati Domenicani. La Chiesa fu ulteriormente ampliata e ultimata solo nel 1478. Il monastero fu soppresso nel 1786 da Giuseppe II e trasformato nel Seminario Generale per la Lombardia Austriaca. Pochi anni dopo, nel 1791, il seminario venne chiuso ed il complesso divenne una caserma, e poi ceduto all'Università degli Studi di Pavia.
Proseguo per Via Giuseppe Galliano, accompagnato da ali di belle e storiche residenze fino a raggiungere via Maria Corti, dove trovo all'angolo con Via Mentana il bel Palazzo del Maino. Questo Palazzo, ora proprietà dell'Università di Pavia, sorge dove in precedenza si trovava il Palazzo di Silvestro Bottigella. Edificio rimodernato nei primi anni del Settecento, conserva tuttavia il portone rinascimentale. Sul suo retro, in Piazza Leonardo da Vinci, vi è la cripta e lo scurolo di Sant'Eusebio. La cripta è ciò che rimane della Chiesa di Sant'Eusebio.
Alte tre Torri medioevali si slanciano sulla Piazza rendendo l'atmosfera della bella Piazza particolare, anche grazie ai numerosi studenti universitari che ne hanno fatto un luogo di ritrovo.
Dopo una breve sosta riprendo la passeggiata tornando su Corso di strada Nuova.
Mi ritrovo davanti al grande complesso di edifici che costituiscono l'Università degli Studi, chiamato Palazzo Centrale. Questa è un'Università statale fondata nel 1361 ed è fra le più antiche del mondo.
In origine non esisteva un edificio destinato agli studi e le lezioni si svolgevano in abitazioni private e nei conventi, o nello stesso Palazzo del Comune. Sul finire del XV secolo, Ludovico il Moro destinò allo Studium un palazzo in Strada Nuova appartenuto ad Azzone Visconti che successivamente fu ampliato con gli edifici confinanti, ivi compreso un convento e un antico ospedale. L'Università degli Studi di Pavia può vantare tra i suoi docenti illustri personaggi quali il fisico Alessandro Volta, che fu anche rettore, o i premi Nobel Giulio Natta, Carlo Rubbia e Camillo Golgi.
Proseguo verso nord fino in Piazza Italia, dove si erge il Palazzo della Provincia di Pavia edificato negli anni trenta del XIX secolo e della Prefettura nelle immediate adiacenze in Piazza Guicciardi.
Nella Piazza posta davanti al Palazzo della Provincia è collocato il monumento all'Italia che fu realizzato nel 1866 e posto nella Piazza della Legna che, nell'occasione, cambiò l'intitolazione all'Italia stessa. La statua è in marmo di Carrara e fu realizzata dallo scultore Alessandro Martegani, collocata su un basamento in granito rosa di Baveno. La statua raffigurante una donna cinta di corona, impugna da un lato una penna e con l'altra s'appoggia ad uno scudo su cui è inciso: "Ai pavesi caduti per la Patria". Dedica, questa, ai cittadini pavesi morti per l'Unità d'Italia.
Poco più avanti, sempre in strada nuova vi è il Teatro Fraschini. Questo Teatro, dall'imponente facciata Neoclassica, nasce come il Teatro dei Quattro Nobili Cavalieri, fondato per contrastare le "stranezze" del nobile Giacomo Omodei. Infatti costui era l'unico proprietario in città di un teatro, ed il bizzarro personaggio era abituato ad imporre i propri privilegi anche al pubblico; come ad esempio attendere il suo arrivo per dare inizio allo spettacolo.
Quattro nobili, ed esattamente il Conte Francesco Gamberana Beccarla, il Marchese Pio Bellisomi, il Marchese Luigi Bellingeri Provera, e il Conte Giuseppe de' Giorgi Vistarino decisero di realizzarne un altro ed affidarono il progetto ad Antonio Galli Bibiena. Nel 1773 il Teatro venne inaugurato con l'opera Demetrio, musiche di Giuseppe Mjslivečzek, libretto di Pietro Metastasio. Successivamente il Municipio acquistò il Teatro nel novembre del 1869, intitolandolo ad un celebre tenore verdiano di Pavia, Gaetano Fraschini, ancora vivente all'epoca della dedicazione.
Questo è un teatro all'italiana con la grande sala del teatro, realizzato con gusto Barocco, quasi a forma di ferro di cavallo e con tre ordini di palchi e in aggiunta ha due ordini superiori; quart'ordine a tribuna e il quinto a loggione.
Il teatro ospitò illustri personaggi, come quando il l7 maggio 1805, poco prima dell'incoronazione, Napoleone Bonaparte e la sua consorte Giuseppina de Beauhamais giunsero a Pavia, e al Teatro si organizzò una festa da ballo in loro onore. Ma anche l'Imperatore austriaco Francesco I e sua moglie, l'imperatrice Maria Luisa.
Vi si esibirono illustri compositori quali Niccolò Paganini, il Maestro Pietro Mascagni e Arturo Toscanini.
Ormai ho raggiunto Piazza Castello, dove in una grande aiuola trovo il monumento a Giuseppe Garibaldi. Questo monumento fu voluto dal Consiglio Comunale pavese dopo la notizia della morte dell'eroe nel 1882. La sua realizzazione fu affidata allo scultore Egidio Pozzi di Milano. L'opera consiste nella rappresentazione di uno scoglio raffigurante l'isola di Caprera, soggiorno prediletto di Garibaldi, sopra il quale s'innalza la statua in bronzo dell'eroe vestito con la camicia rossa e con le mani poste sull'elsa della sciabola nel fodero. Sulla roccia del piedistallo, sono poste le allegorie della Vittoria che spezza le catene della schiavitù e il Leone che rappresenta la forza del popolo.
M'avventuro per i bei giardini che circondano l'incantevole Castello di Pavia. Questo splendido maniero fu edificato da Galeazzo II Visconti a partire tra il 1360 e il 1365 e mi pare più che un fortilizio militare una splendida e raffinata residenza. Infatti presenta eleganti bifore e trifore in cotto. Fu in questo Castello che il 17 gennaio 1491, nella cappella ducale, Ludovico il Moro sposò Beatrice d'Este, figlia di Ercole I d'Este, duca di Ferrara.
Nel Castello era conservata la grande biblioteca privata dei duchi di Milano, composta da oltre 900 codici miniati. Purtroppo la biblioteca fu trasportata nel 1500 in Francia dal re Luigi XII e la maggior parte è oggi conservata nella Bibliothèque Nationale de France, altri sono invece custoditi in biblioteche italiane, europee e negli Stati Uniti.
Il Castello fu anche scenario della celebre battaglia che si combatté nei suoi pressi nel 1525. Questa battaglia ebbe luogo il 24 febbraio 1525 durante la Guerra d'Italia, tra l'esercito francese guidato dal re Francesco I e l'armata imperiale, costituita da fanteria spagnola e lanzichenecchi tedeschi, di Carlo V guidata sul campo da Fernando Francesco d'Avalos e Carlo di Borbone. La battaglia si concluse con la netta vittoria dell'esercito dell'Imperatore Carlo V e lo stesso re Francesco I venne catturato. Invece nel 1527 il Castello subisce forti danneggiamenti durante il Sacco di Pavia, un episodio della guerra della Lega di Cognac. Il 1 maggio 1527, il comandante francese Odet de Foix, conte di Lautrec, pose l'assedio a Pavia e intimò la resa al comandante imperiale, Ludovico Barbiano. Gli imperiali rifiutarono. Iniziò un terribile bombardamento da parte delle artiglierie francesi e durante l'assedio, il Castello Visconteo fu mutilato dell'ala nord. Dai racconti si evince che dovesse essere la più bella, perché conteneva gli appartamenti ducali, con stanze affrescate dal Pisanello. Furono perse anche le due torri d'angolo di nordovest e nordest. I Francesi e i Veneziani entrarono in Pavia e diedero il sacco della città. Ma purtroppo il castello fu scenario anche di terribili congiure di corte, come quando Ludovico Sforza diventa il tutore del quattordicenne Gian Galeazzo, figlio del fratello duca Galeazzo Maria Sforza scomparso nel 1476. Ludovico mosso da ambizioni smodate mirava a impadronirsi di tutto il potere sul ducato e per raggiungere il suo obiettivo fece confinare la Duchessa sua cognata, Bona di Savoia ad Abbiategrasso, uccidere il suo consigliere Cicco Simonetta che veniva arrestato e su cui furono gettate le responsabilità per la faida fratricida dei fratelli Sforza. Il 30 ottobre del 1480, il Simonetta fu decapitato a Pavia. e avvelenare suo nipote Gian Galeazzo che teneva semi confinato nel castello di Pavia e che si era sposato con Isabella d'Aragona. Ludovico si fece riconoscere come legittimo duca di Milano alla morte del nipote, dall'Imperatore Massimiliano, scavalcando la legittima prole del nipote ormai venticinquenne.
Proseguo per Via Liutparando fino a raggiungere la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. La visita alla Basilica purtroppo è molto breve e meriterebbe una maggiore attenzione.
Realizzata in epoca romanica intorno al 1100, ha una facciata in cotto con tetto a capanna, tripartita da due contrafforti asimmetrici. Suddivisa in due ordini, nella parte inferiore presenta tre arcate, forse ciò che rimane di un antico porticato. Nella parte centrale del secondo ordine sono presenti due file di apertura, tre bifore e sopra di esse tre alte finestre strette e strombate. Una finestra a forma di croce è compresa tra due oculi sempre posta nella parte centrale è collocata sotto il coronamento del sottotetto. Questo è composto da una serie di gentili archetti in cotto, tipici dell'architettura romanica lombarda. Archetti che sono presenti anche tra il primo e secondo ordine nelle parti laterali della facciata.
L'interno, ha un impianto di tipo basilicale, a tre navate con absidi. Presenta una copertura a crociera a volte rettangolari nella navata maggiore e quadrate nelle due laterali, sorrette da poderosi pilastri polistili che lo dividono in cinque campate. All'incrocio tra la navata centrale e il transetto si eleva la cupola ottagonale. Nella cripta, spartita in cinque navate con ventiquattro colonne che reggono volte a crociera, sono ospitate le spoglie di Severino Boezio. Costui fu un importante filosofo vissuto tra il 475 e il 525; fu l'autore del De Consolatione Philosophiae, un'opera scritta durante l'esilio pavese. Boezio venne fatto uccidere nell'anno 525 d.C. dal Re ostrogoto Teodorico. Di tale sepoltura parla anche Dante nella Divina Commedia: Paradiso, canto decimo versi 124-129. Ma di certo la sepoltura più importante è collocata nel presbiterio, dove si trova l'Arca di Sant'Agostino. Questa è un capolavoro marmoreo del XIV secolo, un'opera gotica divisa in tre fasce: in basso, uno zoccolo contenente l'urna con i resti del Santo; al centro, una fascia aperta, con la statua di Sant'Agostino dormiente e, in alto, l'ultima fascia, poggiata su pilastrini e coronata da cuspidi triangolari. L'intera Arca è decorata con statue, che raffigurano angeli, santi, e vescovi, e da formelle con la vita del Santo.
Altre sepolture sono quelle del Re longobardo Liutprando (circa 690-744), posta alla base dell'ultimo pilastro della navata destra, oltre a quelle del mercenario condottiero Facino Cane (1360-1412).
Riprendo la mia strada per tornare in Piazza della Vittoria dove mi aspetta Gian. Attraverso così Piazza Petrarca e percorro Via XX settembre fino a trovarmi alle spalle di Santa Maria del Carmine. Non ci riesco a non dare uno sguardo anche se veloce a questo immenso tempio. Mi porto allora sulla sua piazzetta antistante, la facciata presenta un prospetto magnifico ed è un esempio di gotico lombardo. La chiesa fu iniziata nel 1374 e la sua costruzione proseguì lentamente fino al 1461, mentre la facciata fu completata nel 1490.
La sua facciata ha una forma slanciata con tetto a capanna di architetettura Romanica, ma con decorazioni gotico lombardo, con la presenza di bifore, monofore e un grande rosone in cotto. Due nicchie vuote in cui si trovano le statue dell'Arcangelo Gabriele e della Vergine Annunziata affiancano il rosone, al di sopra del quale vi è una nicchia che accoglie un bassorilievo raffigurate il Padre Eterno. Sei pilastri dividono la facciata in cinque campi verticali nei quali si inseriscono i tre portali di fattura del XIX secolo. I portali presentano delle lunette con sculture, in quella centrale è rappresentata l'Annunciazione, mentre in quelle laterali i Santi Pietro e Paolo.
Non posso accedervi, ma chi potesse potrà ammirare una Chiesa che ha pianta rettangolare con impianto a croce latina a tre navate affiancate da 16 splendide cappelle conservanti preziose opere. Notevole è un dipinto della controfacciata raffigurante la Madonna delle Grazie tra San Giulio e Sant'Antonio Abate all'interno di una cornice in legno dorato intagliato.
Nella Piazza del Carmine, proprio davanti alla facciata, si trova Palazzo Langosco-Orlandi, Palazzo residenziale di epoca rinascimentale; sempre sulla Piazza si trovava la Chiesa della Santissima Trinità, oggi trasformata in appartamenti residenziali. Nei suoi pressi, in Via Mascheroni vi è anche la Chiesa di San Giovanni in Domnarum. Questo edificio è una delle più antiche Chiese di Pavia ed è oggi inglobata in un complesso abitativo e l'ingresso si trova all'interno di un cortile. La Chiesa fu costruita sopra i resti di un edificio termale di età romana ed in epoca longobarda, intorno all'anno 654, per volere di Gundeperga, moglie Arioaldo duca di Torino e in seconde nozze con Rotari, duca di Brescia. Costei era la figlia della regina Teodolinda e del re Agilulfo e volle edificare la chiesa per accogliervi la sua sepoltura o per essere sede del fonte battesimale delle femmine, ecco perché la specificazione domnarum ossia "delle donne".
L'edificio attuale è seicentesco, ad aula unica e coro a pianta quadrata, con cappelle laterali. La facciata risale, invece, agli inizi del Cinquecento con un rosone in terracotta posto in mezzo a due oculi più piccoli. L'edificio conserva una cripta risalente probabilmente ad un arco temporale che va dalla metà del X secolo e all'inizio del secolo successivo, dove si possono osservare capitelli corinzi di età tardo antica, altri dell'VIII secolo con foglie angolari ed affreschi risalenti al XII secolo. La torre campanaria, invece, è stata datata attorno all'anno 1100.
Allungo il passo, attraverso Via Cavour e subito dopo Via Jacopo Bossolaro mi ritrovo in Piazza del Duomo.
In Piazza del Duomo, alla sinistra dello stesso, resta il moncone della Torre civica dell'XI secolo, crollata il 17 marzo 1989 per un cedimento strutturale. Mentre il lato antistante il Duomo vi è il Palazzo vescovile di fine XVI secolo. Davanti al Palazzo sorge la statua del Regisole, rifacimento novecentesco di Francesco Messina di una scultura romana equestre raffigurante forse Settimio Severo o il Re ostrogoto Teodorico il Grande, distrutta nel corso dei moti giacobini pavesi del 1796, poiché raffigurante un monarca.
Il Duomo di Pavia, intitolato a Santo Stefano protomartire e Santa Maria Assunta sorge sul sito di due preesistenti antiche cattedrali romaniche, unite e comunicanti, di Santo Stefano e di Santa Maria del Popolo fondate tra il VI e il VII secolo. Di quest'ultima sono visibili i resti al livello della cripta.
Tali costruzioni furono demolite per far posto alla nuova Cattedrale la cui edificazione risale al XV secolo anche se la costruzione si protrasse a lungo. Questo è un importante edificio rinascimentale e fu voluto dal Cardinal Ascanio Sforza, fratello del Duca di Milano Ludovico e neoeletto Vescovo di Pavia. Presenta una pianta a croce greca, con tre navate affiancate da cappelle semicircolari. La cupola centrale è a pianta ottagonale ed è la terza in Italia per dimensioni. La facciata fu realizzata nel 1895, ed ha comportato la demolizione dei resti della cattedrale romanica di Santo Stefano. La facciata è tripartita da coppie di lesene su due ordini ed è rimasta incompleta, con la superficie in cotto preparata per il rivestimento in marmo. Al di sopra del primo ordine di lesene corre una galleria di archi marmorei. Sopra di essa un rosone centrale e sopra di quest'ultimo una più breve galleria di archi marmorei. Al Duomo lavorarono diversi importanti architetti come Donato Bramante.
La Piazza è veramente bella, m'aggiro brevemente sul suo selciato prima di recarmi nell'adiacente Piazza Cavagneria dal nome delle ceste nelle quali era contenuta la merce del mercato. Piazza Cavagneria è un angolo della vecchia Pavia, ai tempi dei Longobardi si chiamava Piazzetta San Savino.
Questo è un piccolo spazio, ma ricco di storia, nel Medioevo, si svolgeva la vendita delle calzature e in seguito, il Mercato del Pesce. Alcune antiche scritte commerciali dipinti sui muri ricordano l'antica vocazione della Piazza. Ma lo ricorda anche una triste vicenda di cronaca nera, ormai leggendaria, del fantasma di Piazza Cavagneria. Correva l'anno 1842, quando il 4 novembre una venditrice di pesce vide, contro la prima colonna dei portici sull'angolo con la contrada di San Maiolo, attuale Via Rezia, un corpo con il capo reclinato in avanti, come se stesse seduto e dormiente. Il cadavere fu poi riconosciuto come quello di Elisa Silvani, abitante in Vicolo Santa Corona, attuale Via Filippo Cossa. L'autopsia stabilì che era stata uccisa da una forte emorragia interna provocata da un taglio alla carotide e giugulare. L'8 novembre, fu la volta di una ragazzina di nome Ernestina Fontana di anni 13, aiutante operaia, morta anch'essa per una profonda ferita al collo. La ragazza fu portata in ospedale ancora viva e fece tempo a dire al Commissario di polizia Ferrari di esser stata colpita da un'ombra bianca.
La sera del 28 ottobre 1843, il Commissario di polizia mentre stava tornando da una chiacchierata con il suo amico Don Angelo, sentì un grido provenire da Piazza Cavagneria e subito si diresse all'angolo della strada della Goletta attuale Via Paratici. Arrivato in Piazza vide un'ombra bianca illuminata dalla fioca luce di un lampione, poi inciampò nel corpo senza vita di Maria Migliazza, una giovane sarta che viveva vicino alla Piazza. Nella colluttazione forse aveva graffiato al volto il suo assassino in quanto presentava due unghie spezzate. Dopo lunghe indagini il commissario arrivò alla conclusione che il bianco dell'ombra dovesse essere la giubba bianca dell'esercito austriaco e il grosso coltello doveva essere una baionetta Prese contatti con il presidio austriaco in particolare con il Tenente Beller apprese che un reparto dell'esercito austriaco aveva cambiato sede nel dicembre 1841 per poi rientrare nel settembre-ottobre 1842, ciò favoriva le deduzioni del Commissario, restringendo il cerchio dei sospettati. La svolta nelle indagini sugli assassini avvenne grazie a Don Cataprani, che una sera fece notare, durante una passeggiata con il Commissario Ferrari, che Piazza Cavagneria fosse la gemella di una Piazza di Bistrata, un paese della Transilvania dove fu messo al rogo l'ultimo dei vampiri, il conte Ferencz.
Il Commissario controllò l'elenco del militari fornitagli dal Tenente Beller e vi trovò anche un Ferencz Lajos, da Bistrata Transilvania, nipote di colui che arso al rogo. Ferrari e Beller fecero in modo di accordare un permesso di due giorni a Lajos Ferencz, nella speranza di incastrarlo, presumendo che il militare volesse così vendicare la scomparsa del parente, forse il nonno, recidendo la carotide facendone uscire il sangue, quale atto di richiamo sul vampirismo. Il Commissario insieme al Tenente si servirono di una donna, il cui nomignolo era Marescialla, per tendere un agguato al soldato, ma la prima sera non accadde nulla, mentre l'ultimo giorno di permesso per Lajos Ferencz, si sentì un grido e dopo una colluttazione il soldato fu condotto in caserma e il caso fu chiuso. L'epilogo della tragica storia avvenne il 25 ottobre 1843, nel cortile del poligono di tiro militare, quando Ferencz venne fucilato e successivamente seppellito in una tomba anonima vicino al cimitero militare austriaco di Pavia.
In Via Bernardino Gatti trovò posto su una facciata di una casa l'Angelo della peste, posto al secondo piano, vicino ad una finestra di un palazzo dalle fattezze neoclassiche. Secondo una leggenda, tramandata da Paolo Diacono nell'Historia Longobardorum, quando a Pavia nel 680 imperversava la pestilenza, molti pavesi avrebbero visto per due notti due Angeli aggirarsi per la città. Un angelo vestito di rosso era cattivo l'altro vestito di bianco era buono; l'angelo cattivo batteva sulle porte delle case tante volte quanti sarebbero stati i morti il giorno successivo. L'angelo bianco, angelo della vita, impugnava una spada fiammeggiante e tentava di scacciare l'angelo rosso. La pestilenza cessò quando il Vescovo San Damiano fece portare da Roma un braccio di San Sebastiano che fu portato in processione per la città. La sacra reliquia operò il miracolo favorendo l'angelo bianco che incontrò l'angelo rosso in Strada Nuova e gli fu facile scacciarlo dalla città, insieme alla peste. Si narra anche che l'angelo comparve nuovamente a Pavia nel XVI per fermare un'esondazione del Ticino che già aveva invaso buona parte di Strada Nuova. L'angelo ci riuscì ponendosi di fronte alle acque minacciose ed alzando il braccio per intimare alle acque di regredire. Infatti l'altorilievo presente sulla facciata della casa rappresenta un angelo in marmo bianco col braccio teso verso Porta Ticino ad indicare la miracolosa cacciata della peste e l'interruzione dell'inondazione della città.
Raggiungo così Gian in tempo per la cena, abbiamo così modo di raccontarci le nostre esperienze pavesi in questa ultima giornata del nostro tour in calessino.
Fine XXXIX parte.