Entrando in Villanova trovo in Via Ing Pietro Bosso, la Chiesetta della Madonna della Neve. Questa Chiesetta che trovo chiusa è di semplice fattura con tetto a capanna e ampio frontone. La chiesa è del XVI secolo e presenta una porta d'accesso con ai lati due ampie finestre ovali, protette da una grata. Sopra la porta vi è un ampio affresco rappresentante la Madonna con Bambino che necessita un restauro. Sopra di essa un ampia lunetta completa la facciata. Questa strada, ossia Via ing. Pietro Bosso, ricorda il patriota che nacque a Vercelli, 1799 e morì a Torino nel 1857. Costui partecipò ai moti del 1821 e fu esule dopo la repressione dei moti mazziniani del 1833, stabilendosi dall'autunno a Bruxelles. Fu proprio l'ing Bosso a convincere Gioberti, di cui era amico, a raggiungerlo da Parigi a Bruxelles. Nel 1838 il Bosso rientrò in Italia, riprendendo la sua attività professionale di ingegnere, soprattutto dedicandosi alla realizzazione delle strade ferrate piemontesi, ma s'impegno anche nel marzo del 1849 a dirigere le opere di difesa di Casale dall'assalto degli austriaci.
Fu poi deputato al Parlamento Subalpino nel 1850. Ispettore del Genio civile, dove diresse la costruzione degli acquedotti piemontesi.
Dopo questo breve excursus sull'ingegner Bosso, in auto arrivo nei pressi di Piazza Finazzi, cuore e fulcro di tutto il Borgo, ove vi si affacciano i più importanti palazzi e monumenti.
Il toponimo di Villanova non reca alcun dubbio di interpretazioni, poiché può essere messo in relazione a una ricostruzione Villae Novae dopo una disastrosa alluvione del fiume Po.
La storia di Villanova è molto antica, infatti vi furono alcuni ritrovamenti archeologici che fanno ipotizzare l'esistenza di un insediamento sotto il dominio dell'Impero Romano. La tradizione vuole che nel IV secolo d.C. con l'evangelizzazione da parte del Santo Vescovo Eusebio sia stato lo stesso vescovo vercellese a fondare la Chiesa Parrocchiale dedicandola a Sant'Emiliano.
Di certo si sa che la prima chiesa risale al VII secolo e che la costruzione sia stata voluta dal nobile Emiliano II, feudatario del luogo.
Nel 1197 Villanova viene costituita in Borgo Franco (Comune Libero), con atto vergato dai Consignori di Vercelli, atto in cui compare il nome di Villenove. In questo si riscontra la presenza di un rilevante castello, ormai scomparso. Tra le famiglie che tennero in signoria il Borgo, quale avamposto vercellese contro le mire espansionistiche del marchese del Monferrato, ricordo i Vialardi, Ardizzone, Avogadro, Alciati, Gozani, Montiglio, Roggeri e Scarampi.
Il Borgo fu più volte teatro di scontri, da quello del 1215 che vide i vercellesi e gli alessandrini alleati contro i casalesi, o le rivolte locali tra la comunità di Motta de Conti e Villanova per la disputa sul distacco dalla chiesa di Sant'Emiliano. La storia prosegue con dispute, passaggi di truppe e cambio di feudatari.
Villanova passò sotto la diocesi di Casale Monferrato nel 1474 quando questa fu istituita. Ma già nel 1407 Teodoro Paleologo, da poco marchese del Monferrato cede a Filippo Maria Visconti la città di Vercelli ed alcuni borghi, tra cui Villanova. Nel 1536, il Borgo entra sotto il dominio dei Gonzaga. Trovatasi al centro delle guerre di successione, le campagne villanovesi furono ripetutamente scenario di violenze e razzie, come ad esempio quando nel 1616 fu saccheggiata dalle truppe savoiarde, o nel 1637 incendiata dagli spagnoli. Nel 1713 Villanova entra definitivamente sotto il dominio dei Savoia, ad eccezione del periodo di occupazione napoleonica, per tornare poi protagonista durante le Guerre d'Indipendenza italiana.
Nel centro del Paese si erge la Chiesa Parrocchiale di Sant'Emiliano. La chiesa che ora posso ammirare è una ricostruzione realizzata nel XIX secolo su un edificio precedente. Sul primo edificio risalente al VII° secolo fu edificata successivamente una chiesa romanica, poi ampliata. Nel XIX secolo, la Chiesa a tre navate, è modificata a cinque trasformando le numerose cappelle laterali. Le cinque navate sono divise da pilastri bicolore con ampie volte a crociera con delle vele dipinte di blu. Conserva al suo interno due affreschi del pittore casalese Emilio Massazza che raffigurano Re David con la cetra ed il patriarca Mosè e belle cappelle con notevoli stucchi in stile barocco. Nell'abside vi sono tre alte finestre a tutto sesto e sovrapposte ad esse, tre rotonde. Purtroppo, non solo, gli altari laterali sono spogli, ma anche gli affreschi sono stati danneggiati da interventi murari e le tele, tutte degne di nota, hanno bisogno di un profondo restauro. Sono altresì visibili ancora tratti di bei affreschi del più antico edificio religioso. Ma quello che colpisce è sicuramente la facciata della chiesa e il suo sagrato. La facciata fu rifatta nel 1873 in stile gotico con il tetto a falde. Realizzata totalmente in mattoni a vista, il prospetto è tripartito da lesene bicolori, terminanti a tetto con dei pinnacoli. Presenta tre porte d'accesso, le due laterali lunettate sopra l'architrave, mentre la maggiore è sormontata da un arco a sesto acuto dentro al quale vi è un alto rilievo di Sant'Emiliano. Un grande rosone centrale interamente affrescato sovrasta la porta maggiore, mentre quelle laterali sono sovrastate da due alte finestre gotiche, mentre il sotto tetto è coronato a denti di sega.
Il sagrato è in ciottoli di fiume ed è protetto da pilastrini in granito. Su una parete che s'affaccia sul sagrato vi è un bel monumento dedicato ai caduti delle Guerre Mondiali. A fianco della Chiesa Parrocchiale, si prospetta la più modesta e sobria ma antica Chiesetta della Confraternita di San Bernardino. Attualmente questo edificio è utilizzato come spazio espositivo. Questo piccolo, alto e stretto edificio è tripartito da lesene, presenta una sola porta d'accesso e due finestre rettangolari posizionate sui lati in alto, poste proprio sotto il marcapiano sopra il quale vi è un cimasa che nasconde il tetto capanna. Sulla sua sinistra il piccolo campanile sembra un grande dito che si alza verso il cielo. Proprio di fronte vi è un edificio con un protiro con alte colonne, sotto il quale vi è la lapide che ricorda i villanovesi caduti durante le Guerre Risorgimentali.
Nell'antistante piazza, posta davanti al sagrato della parrocchiale, si prospetta l'ex Chiesa di San Michele Arcangelo e l'edificio comunale. La Piazza è intitolata a Alessandro Finazzi e presenta una lapide marmorea collocata sul muro del Municipio. Questa lapide ha il ritratto in medaglione dell'eroe del Risorgimento Alessandro Finazzi, e fu incisa da Leonardo Bistolfi. Alessandro Giovanni Battista Ferdinando Finazzi nacque a Villanova il 17 marzo 1825, a dodici anni entrò nella Regia Accademia Militare di Torino e a sedici venne nominato sergente. Venne assegnato, nello stesso anno, al 12° reggimento fanteria Casale con il grado di sottotenente e da giovane ufficiale prese parte alla Prima Guerra d'Indipendenza. Promosso capitano, fu inviato ad Alghero, Nizza Marittima e Genova, dove si imbarcò con le truppe piemontesi dirette in Crimea. Successivamente egli prese parte, sempre con il 12° fanteria, alla Seconda Guerra d'Indipendenza.
Promosso maggiore nella 27ª brigata Pavia fu dapprima inviato a Parma, poi nelle Marche nel quadro della lotta contro il brigantaggio. Si distinse, in particolare, nella conquista di Civitella del Tronto, ultimo baluardo della resistenza borbonica. Dopo la terza guerra d'indipendenza, venne inviato, con il grado di colonnello, in Sicilia.
Sposò la giovane nipote Carlotta Maggiora Vergano da cui ebbe due figli: Carlo, morto in tenera età, e Anna che sposò Efrem Ferraris.
Fu al comando della Brigata Casale come maggior generale e poi del presidio di Bergamo fino alla promozione, qualche anno dopo, a tenente generale.
A Villanova ricoprì diverse cariche pubbliche: consigliere comunale, amministratore del Consorzio irriguo, presidente della Società Operaia e della Congregazione di carità e nel 1883 veniva eletto per la prima volta sindaco.
Il Generale Finazzi morì a Villanova il 23 dicembre 1904. La famiglia Finazzi, era originaria di Morano sul Po, si trasferì a Villanova con il medico Giovanni Battista, che nel 1810 fu anche maire (sindaco) del paese nominato da Napoleone. Il figlio Ardizio, anch'egli medico, sposò Anna Morelli dei Marchesi di Popolo.
Il Palazzo Municipale, su cui è collocata la lapide del Finazzi, è un bell'edificio su due piani che conserva nella sala consiliare un bel quadro del Guala: la Madonna con Bambino mentre benedice Sant'Emiliano e San Bernardino, che non ho potuto ammirare. Originariamente questa tela era collocata nella chiesetta dell'Assunta posto nel cimitero.
Invece la Chiesa di San Michele Arcangelo fu edificata intorno alla metà del XVI secolo su un edificio più antico ma ormai troppo piccolo. La facciata della Chiesa è divisa in due ordini ed è tripartita da lesene. I due ordini sono divisi da un ampio e sporgente marcapiano. La porta d'accesso ha un bel portale in pietra accompagnato da colonnine. Sopra la mensola dell'architrave vi è incorniciato un affresco con l'Assunzione della Vergine. Nel secondo ordine, al centro tre ampie finestre divise colonnine con finestra centrale a tutto sesto, mentre quelle minori laterali sono rettangoli. La chiesa ha il tetto a capanna con un bel frontone. Nel timpano del frontone in una nicchia è collocata la statua di San Michele Arcangelo. La chiesa a navata unica, oggi proprietà comunale è utilizzata come Auditorium.
Faccio due passi dietro a questa chiesetta, dove si ritiene che un tempo vi fosse edificato il castello, ma non vi sono tracce di mura a costruzioni che lo possano identificare con precisione, forse solo l'assetto urbanistico irregolare può farlo presumere.
Proseguo ad aggirarmi tra le strade del Borgo, transito anche in una strada intitolata a un villanovese illustre come Francesco Bonardi. Costui nacque in Villanova, presso Casale Monferrato, il 30 gennaio 1767; il padre era un piccolo proprietario e artigiano ed il nonno fu maestro di scuola. Il Bonardi si formò nel seminario di Casale, la lettura di Rousseau lo fece avvicinare agli ideali del giacobinismo evangelico che lo avrà assiduo sostenitore. Nel 1794 ebbe in Villanova la cappellania di San Michele, che tenne tutta la vita esercitando contemporaneamente la mansione di maestro di scuola. Accolse con favore l'ingresso dell'esercito francese a Casale nel 1798. Pur mantenendo lo status ecclesiastico divenne capo del partito giacobino locale e con il governo provvisorio del Piemonte fu, nel 1799, "accusatore pubblico nel Tribunale di Alta polizia" per il casalese e vercellese. Con l'arrivo degli Austro-Russi nel 1799, la sua casa fu saccheggiata e i suoi subirono violenze, mentre egli si rifugiava a Genova. Ritornato dopo la vittoria di Napoleone a Marengo, non volle essere indennizzato per le gravi perdite subite e non chiese vendette. Nel 1801 fu nominato commissario a Casale, poi, pur non condividendo l'annessione del Piemonte alla Francia, volle continuare ad aiutare la popolazione. Accettò la direzione della sottoprefettura di Voghera, che dapprima aveva rifiutato. Dal 1804 al 1811 fu a Parigi come deputato al Corpo legislativo per il dipartimento di Marengo.
Scaduto nel 1811 il mandato, Bonardi non fu riconfermato, né volle riavere l'antico ufficio nelle prefetture e ritornò a Villanova, di cui volle essere maire per meglio difendere le popolazioni stremate dalla sempre maggiore estensione delle risaie che producevano ricchezza per la nuova classe borghese. Con la caduta dell'Impero e la restaurazione dei Savoia, dovette lasciare la carica di maire, ma proseguì nelle sue attività assistenziali. Fu economo e agronomo nella proprietà agraria di Lucedio, presso Trino Vercellese. Entrato a far parte delle società segrete che volevano l'unità nazionale, ne divenne ben presto un esponente di spicco. Nei moti piemontesi del marzo 1821 fornì assistenza agli insorti e cercando di ottenere rinforzi inutilmente. Fallito il tentativo insurrezionale, dovette fuggire perché soggetto a un mandato di cattura intimatogli nel luglio 1821. Trovò rifugio nel Canton Ticino sotto falsa identità e il 25 maggio 1822 il Senato lo condannò in contumacia a venti anni di galera. Nel 1833 le polizie austriaca e piemontese ne chiesero l'espulsione dal Canton Ticino, che fu però differita dal governo cantonale con il pretesto che egli era gravemente malato. Dovette darsi nuovamente alla clandestinità e nel marzo del 1834 morì.
Proseguendo il giro per il centro del Paese, che presenta delle belle case, noto che spesso mantengono affreschi ed edicole devozionali ben conservati, ma anche stemmi delle famiglie nobiliari che le abitarono.
Il Borgo ha nel suo concentrico una serie di canali, tali da rendere il paese un tutt'uno con il reticolo idrografico minore che spesso dà il titolo alle strade che gli corrono parallele. La rete idrografica che attraversa il territorio comunale è costituita dalla Roggia Stura, da una fitta rete di canali i quali fanno confluire nel territorio gli ingenti fabbisogni irrigui necessari per la risicoltura come Roggia Nuova, Canale Magrelli, Roggia Cornasso e Roggia Marcova. All'interno del centro abitato oltre alla Stura trovo alcune strade costeggiate dai canali come Molino Costa e Molino Stura.
In uno stretto vicoletto, quasi nascosto scopro su una antica casa una lapide marmorea che ricorda Giovanni Martinotti. Infatti è la sua casa natale. Costui nacque il 1 ottobre 1857 a Villanova Monferrato. Avviato agli studi dal padre, fece il corso classico nel Liceo Balbo di Casale Monferrato, poi il corso universitario di Medicina a Torino, dove si laureò il 3 luglio 1880. Nel 1884 consegue la libera docenza in Anatomia Patologica, nel 1886 è nominato Direttore del Museo Riberi. Nel 1889 è incaricato dell'insegnamento a Modena. Nel 1891 è nominato, in seguito a concorso, Professore ordinario di Anatomia Patologica a Siena; nel 1893 passa all'Università di Bologna dove è eletto Preside della Facoltà e per molti anni è membro autorevolissimo del Consiglio Accademico. Fu un prolifico ricercatore e la sua produzione scientifica è varia e numerosissima, spazia nei campi più diversi della medicina, dalla tecnica istologica alla batteriologia, dalla morfologia alla biologia generale, dalla patologia alla storia della medicina.
Ma c'è un altro Martinotti altrettanto famoso ed è il fratello, ossia Federico Martinotti. Federico nacque nel 1860, si laureò in chimica e farmacia Fu direttore della stazione enologica di Asti dal 1900. Ideò il metodo di produzione dello spumante, attualmente chiamato "Charmat" dal nome di colui che erroneamente è considerato il suo inventore. Costui morì ad Asti nel 1924.
A Giovanni e Federico sono intitolate le scuole medie. Mentre la scuola primaria è intitolata a un altro illustre villanovese, ossia Domenico Mombelli, nato nel 1755. Costui fu musico, cantante e attore. Calcò i maggiori palchi d'Europa come tenore, fu amico di Rossini, del quale interpretò l'opera "Demetrio e Polibio", il libretto di quest'opera fu scritto dalla sua seconda moglie Vincenza Viganò. Fu anche fondatore e capo di una compagnia d'opera itinerante che si esibì a Lisbona, Padova e Milano dal 1806 al 1811. Morì nel 1835 a Bologna dopo aver insegnato per alcuni anni canto.
Devo riprendere l'auto per poter visitare altre due chiese; ed infatti raggiungo così la Chiesa del cimitero. Collocata esternamente al camposanto, la cinquecentesca chiesetta conservava la tela attribuita al Guala, rappresentante la Madonna con il Bambino, ora conservata in municipio. Questa chiesetta si presenta con il tetto a capanna con un ampio porticato con quattro colonne che sorregge il grande frontone. La chiesetta ha un piccolo campanile a forma triangolare. Sotto il colonnato, la porta è accompagnata ai lati da due finestre ovali. Sopra ad esse vi sono tre affreschi di umile fattura che andrebbero restaurati; San Rocco e San Sebastiano ai lati dell'affresco di Sant'Emiliano sormontato dallo stemma del comune.
Vado a fare un giro all'interno del cimitero, dove trovo tante belle cappelle funerarie che ricordano le antiche famiglie del luogo, ma anche ne esibiscono la ricchezza. Mi soffermo in quella in cui è sepolto il Tenente Generale Alessandro Finazzi e donna Carlotta Finazzi nata Maggiora – Vergano. Una grande lapide ricorda la storia del Tenente Generale. Insieme alle loro imponenti sepolcri vi sono quelli della loro figlia Anna e del genero Efrem Ferraris. Quest'ultimo nato a Tonco nel 1877, laureatosi in legge a 22 anni, divenne ben presto un funzionario del Ministero dell'Interno, a 40 anni fu prefetto del Regno e a 42 consigliere di Stato, morì il 20 ottobre 1959.
Vi è nei pressi anche il sarcofago con le spoglie del Dott. Luigi Stropeni che nacque a Vigevano il 25 marzo 1885. Costui laureatosi a Pavia dopo la laurea fu Assistente presso la Clinica Ostetrica e Ginecologica nell'Ateneo Genovese e poi docente di patologia e di clinica chirurgica a Torino, fu direttore dell'Istituto di patologia chirurgica sempre di Torino e poi fu chiamato alla cattedra di chirurgia generale di Genova. Stropeni aveva fama di grande chirurgo, di eccellenza nella diagnostica e bravura nella tecnica, che lo rese leggendario per la velocità con cui eseguiva gli interventi chirurgici. Rimane ancora il suo insuperabile "Trattato di Chirurgia". Lo Stropeni morì il 2 ottobre 1962.
Riprendo l'auto e riattraverso tutto il Paese fino a raggiungere all'altro capo del Borgo la chiesetta dedicata a San Rocco. Lungo il tragitto ricordo Pacomio Luciano, nato nel 1941 a Villanova Monferrato, frequentò il seminario di Casale Monferrato, divenuto sacerdote nel 1965, diventò vice rettore dello stesso seminario, mentre frequentava la facoltà di Teologia a Milano. Successivamente frequentò l'Università Gregoriana a Roma fino alla laurea in Scienze Bibliche ottenuta presso l'Istituto Biblico. Diventa rettore del Seminario di Casale Monferrato e insegna sacra scrittura presso l'Istituto teologico interdiocesano di Alessandria. Nel 1983 viene nominato rettore dell'Almo Collegio Capranica in Roma e nel 1884 Canonico di Santa Maria Maggiore. Insegnò catechistica presso l'Università Urbaniana e biblistica presso quella Lateranense. Fu commentatore del Vangelo della domenica sul primo canale televisivo Rai. La sua produzione scientifica è enorme. Il 3 dicembre 1996 Papa Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Mondovì, di cui ne divenne poi vescovo emerito.
Raggiungo così la piccola chiesetta di San Rocco posta sulla strada per Balzola. L'edificio è molto semplice, tetto a capanna, un unica porta centrale con due finestre ovali ai lati. Sopra alla porta in un edicola con una statua del santo titolare, chiude sopra di esse una finestra a lunetta. Questo piccolo ed alto edificio è molto curato sia esternamente che internamente, come il giardino tutto intorno. Segno della assidua devozione a San Rocco e ove in passato molti contadini facevano le loro rogazioni per chiedere intercessione sul raccolto.
Lascio così Villanova Monferrato, non prima di ricordare una vittima del nazifascismo. Infatti il 16 aprile 1944, Imarisio Giovanna di anni 39, fu uccisa da un gruppo di fascisti. Costoro rientrando, da Vercelli, dopo aver partecipato al funerale di un loro camerata, transitando per Villanova furono oggetto di scherno e forse di lanci di pietra, reagirono sparando e uccidendo Giovanna che transitava in strada.
Questo piccolo, Borgo mi ha raccontato la sua storia e mi ha permesso di conoscere un altro angolo di Piemonte nascosto.