Il bel Borgo lagunare è posto incastonato nel promontorio, costituito dal versante orientale del colle della Motta Rossa, che separa il bacino inferiore del Lago Maggiore dal Golfo Borromeo. Il luogo per molti anni fu abitato da pescatori e contadini e subì per diverso tempo una forte emigrazione. Infatti, per i belgiratesi come per gli altri abitanti del Vergante, molte persone si adattarono a fare il mestiere dell'ombrellaio. Curioso il soprannome che ai belgiratesi venne appioppato i "sciatt" ossia i rospi.
I ritrovamenti archeologici d'epoca romana imperiale attestano la presenza e la frequentazione di questi luoghi. La prima attestazione riguardante Belgirate risale al XII secolo. Nel Medioevo fece parte del feudo del Vergante di cui seguì le sorti, appartenendo dapprima ai Visconti poi ai Borromeo che l'ebbero infeudata dal 1441 fino alla fine del XVIII secolo, quando ebbe fine il sistema feudale.
Il toponimo è di difficile spiegazione, alcuni testi lo fanno derivare dalla presenza di bulgari, arrivati in Italia al seguito dei Longobardi nel VI secolo. Altri da etimi celtici, i più poetici vogliono che derivi dalle belle "girate" determinate dalla curva del lago.
Parcheggiata l'auto, mi godo dapprima la meravigliosa vista del lago che con i suoi anatidi abitanti rendono ancor più gioiosa la giornata. Non siamo ancora in un periodo turistico e pertanto è facile aggirarsi lungo le sponde del lago e arrampicarsi su per il Borgo vecchio.
Dapprima faccio una bella passeggiata sul lungo lago per ammirare la sua chiesa e le belle ville. Infatti nel corso dell'Ottocento questo luogo fu frequentato da personaggi illustri, patrioti, poeti e statisti, ed è ricordata in molte opere letterarie, a cominciare dalla "Certosa di Parma" di Stendhal fino a Fogazzaro e a Gozzano. Questo Borgo comunque dovette godere discreto prestigio, già verso la fine del Cinquecento, anche per la presenza di alcune famiglie legate a personaggi importanti dell'amministrazione spagnola, ed è a questo periodo che si devono i ripetuti ampliamenti della ex chiesa parrocchiale e alla sua decorazione pittorica, di cui sono documentate le date del 1586 e del 1600 che andrò a visitare. Ma fu solo nell'Ottocento che con l'arrivo di illustri personaggi si dette impulso alla costruzione di nuove ville poste sul lungo lago, o dove per secoli si stendevano i vigneti ed olivi.
Queste ville costruite con meravigliosi giardini, realizzati anche con diverse piante esotiche, furono occasione di lavoro per molti belgiratesi. Costoro furono impiegati come giardinieri, inservienti, sarti, barcaioli ecc… al servizio delle facoltose famiglie piemontesi e lombarde che vi soggiornavano. Ancora oggi Belgirate è un ricercato centro di villeggiatura e di soggiorno.
La prima cosa che incontro e mi incuriosisce è il monumento granitico dedicato al rospo, nell'idioma locale allo "sciatt", è un animale totematico di Belgirate tanto che i suoi abitanti sono detti sciatin. Il rospo è raffigurato in ogni parte del Borgo su placche metalliche e in decorazioni murali.
Sul lungo lago inoltre vi sono anche i monumenti ai caduti di tutte le guerre e a Benedetto Cairoli. Proseguo la mia passeggiata per poter ammirare le diverse e belle ville che si affacciano sul lungo lago o sulle pendici del promontorio. Famosa è Villa Carlotta, attualmente utilizzata come albergo, dove soggiornarono anche Manzoni e Gozzano. Superato il piccolo rio Magrino trovo questo magnifico e lussuoso albergo in stile tardo Neoclassico che fu acquistato verso la metà del XIX secolo dal conte Firmino Mestiatis Castellengo, ma solo nei primi del Novecento, quando ne divenne proprietario Vincenzo Ferrari, assunse il nome di Carlotta, nome della moglie del Ferrari. Nel 1952 la dimora diventò prestigioso albergo quando fu acquistato da Giuseppe Mugnai.
Anche Villa Treves, dal nome dell'editore milanese che l'acquistò nel 1892, fu frequentata da scrittori del calibro di Verga, De Amicis, D'annunzio e il commediografo eporediese Giacosa. Questa settecentesca villa apparteneva alla famiglia Beretta per poi passare al conte Galeazzo Fontana che ne modificò la struttura modernizzandola. Nel 1866 la villa fu venduta ai conti Biscaretti di Ruffia e a suo volta nel 1892 fu ceduta all'editore milanese Treves di cui porta ancora oggi il nome. La sua facciata fronte lago è imponente con i suoi scaloni e il loggiato. Nei suoi pressi vi è il complesso di Ville Fontana - Fedeli del XVIII secolo.
Di queste tre palazzine solo una è visibile dalla strada statale e fu abitata dalla famiglia dei conti milanesi de Fontana. La villa più suggestiva è proprio quella affacciata sulla strada, denominata il "Castello" su progetto iniziale dall'architetto milanese Andrea Pizzala, ma conclusa nel 1870. Questo edificio subì un disastroso incendio negli anni 30 del XX secolo e da allora fu indicata localmente come il "castello bruciato" o "la bruciata".
Molto più avanti, ai confini con il Comune di Stresa vi è Villa "Principessa Matilde" detta anche "La Malgirata" per la sua posizione ombrosa. Costruita in forma tardo neoclassica ai primi del XIX secolo su un precedente edificio religioso per Matilde Letizia Guglielmina Bonaparte, figlia di Gerolamo, fratello minore di Napoleone. Passò successivamente al principe russo Vladimir Andrevic Dolgorukij e poi alla famiglia Broggi e ancora al chirurgo Benedetto Austoni.
L'edificio originario è stato profondamente rimaneggiato alla fine del secolo scorso. Notevole interesse desta il grande parco, disegnato da Anatolij Demidoff, marito di Matilde, noto appassionato e progettista di giardini.
L'ottocentesca Villa Bonghi-Tosi-Del Din, invece, fu voluta da Ruggero Bonghi, ministro dell'istruzione e primo direttore de La Stampa. Fu poi acquistata dall'industriale Francesco Tosi e di recente restaurata. Il grande parco originario fu ridotto in dimensioni per la costruzione della nuova strada di collegamento alla stazione ferroviaria. Grazie alle sue linee armoniche e signorili ed al parco circostante è un luogo di notevole suggestione.
Anche la seicentesca Villa Allgayer-Orsi ha uno schema costruttivo di una nobile abitazione costiera intimamente legato al lago. L'edificio presenta graziosi balconi in pietra con ringhiere in ferro battuto, un bel portico con loggiato sovrastante ad archi ribassati. Fu proprietà della famiglia degli svizzeri Allgayer.
Altra importante Villa è quella denominata Cairoli, proprio adiacente a Villa Allgayer. Costruita dalla famiglia belgiratese dei Bono, è appartenuta anche ad Adelaide, madre dei fratelli Cairoli, eroi del risorgimento italiano. Vi alloggiò anche Garibaldi, ospite dell'amico Benedetto Cairoli, ministro del Regno. L'edificio nel Novecento è stato rimaneggiato, conserva ancora balconcini in ferro battuto, le cornici originali delle finestre e l'orditura lignea della gronda. La famiglia Bono fu insignita attraverso Benedetto Bono del titolo di conte da Napoleone per meriti conseguiti nella gestione del regno italico. Una delle sue figlie, Adelaide, andò in sposa al medico Carlo Cairoli. Dal loro matrimonio nacquero otto figli, cinque maschi e tre femmine. Quattro maschi si sacrificarono per la causa italiana al seguito di Garibaldi. L'unico sopravvissuto, Benedetto, ricoprì poi la carica di Presidente della Camera e di Presidente del Consiglio dei Ministri. È suo il busto sul monumento che ho visto sul lungo lago.
Invece Villa Janetti-Bianchi fu voluta e abitata da Giuseppe ed Elena Conelli, poi passata all'ing Beretta ed acquistata dall'ingegner Piero Janelli. L'edificio si prospetta sul lago con un disegno di gusto Barocco. Presenta una scala a doppia rampa conduce al piano rialzato. Belle, grandi e luminose finestre ad arco ne disegnano il prospetto, arricchito da altre finestre, alcune decorate con bei balconcini sagomati in pietra e ringhiera in ferro battuto.
All'ingresso del paese si trova anche l'aggraziata Villa Conelli, costruita nella seconda metà dell'800 dall'architetto Eugenio Linati. L'edificio ha un giardino all'italiana, un boschetto, un imbarcadero e le scuderie. È stata di recente trasformata in un condominio ma fu abitata dai fratelli Conelli, ricca famiglia belgiratese.
Villa Dal Pozzo D'Annone o Villa di Breme - Cavallini - Dal Pozzo fu fatta costruire nell'Ottocento da Ferdinando Arborio Gattinara, duca di Sartirana e marchese di Breme, presidente dell'Accademia Albertina. La Villa fu donata da costui alla moglie Luigia Dal Pozzo della Cisterna, per poi passare al conte Andrea Donovaro di Genova che l'abbellì con lo chalet e le torri diroccate. Acquistata poi dall'armatore genovese Gotardo Accossato e alla famiglia Cavallini negli anni '20, che la fecero trasformare dall'architetto Maraini. Passata ancora di mano tra diversi proprietari, fu devastata da un incendio nel 1905 e fu ricostruita nelle linee attuali.
Ancora l'ottocentesca Villa Le Azalee edificata dal conte Oscar Hierschel de Minerbi, ministro plenipotenziario in Messico, protettore dello scultore Leonardo Bistolfi. L'edificio è stato ristrutturato nel 1937. La Villa sorge a monte della strada del Sempione ed è circondata da un grande parco. L'edificio dalle forme tardo neoclassiche ha sulla facciata rivolta al lago un portico a tre campate con colonne binate al centro. Nel suo parco sono presenti imponenti cedri del libano ed alte Sequoie oltreché a belle magnolie. Imponente e fronte lago, attraversato solo dalla strada del Sempione o strada napoleonica realizzata nel 1806 è l'antico albergo Borromeo, oggi chiamato anche Casa Martelli. Questo albergo fu per lungo tempo anche stazione di posta della diligenza verso il Sempione e verso Milano. La primitiva locanda, nel 1872 venne ricostruita nelle ricche forme come albergo Borromeo, per una clientela alla ricerca di un particolare lusso. L'edificio, oggi, anche dopo le modifiche del 1872, si presenta su tre piani coronato al centro da una cimasa ricurva. Ospitò per diverso tempo il pittore Max de Fichard e alcune famigli locali come i Fiume e i Martelli da cui deriva l'attuale intitolazione. Dei Fiume ricordiamo il noto pittore e restauratore Guido Fiume.
Nei pressi della chiesa parrocchiale c'è casa de Fichard-Franzoi costruita alla fine del Settecento ma rifatta nell'800. Ai primi del '900 è appartenuta al barone tedesco Max De Fichard, noto pittore di paesaggi e acquafortista, nonché incisore. L'elegante edificio su tre piani presenta una raffinata cimasa sul tetto e un bel parco sul retro.
Ma sono tante ancora le ville che si prospettano sul lungo lago, o arrampicate sulle pendici del colle, che ne favorirono l'insediamento di famiglie ricche e nobili attirate dalla mitezza del clima e la bellezza del paesaggio.
Ora la mia attenzione è posta alla Chiesa Parrocchiale di Santa Maria della Purificazione e San Carlo. Nell'avvicinarmi alla chiesa, noto che sul fianco che si offre al lago ad una elevata distanza una iscrizione incisa su marmo recita: Piena del lago – ottobre 1868, ciò mi ricorda come il lago sia da sempre gioia e dolori, dia la vita con il suo pescato e refrigerio con le sue acque, ma anche danni e patimenti con i suoi allagamenti.
La chiesa parrocchiale titolata a Santa Maria della Purificazione e a San Carlo, fu ultimata nella sua forma attuale alla fine del Settecento, su di un preesistente oratorio dedicato allo stesso San Carlo. Infatti il 1 novembre 1610 quando Carlo Borromeo viene proclamato Santo, in Belgirate, si costruisce un Oratorio in suo onore: è l'anno 1611, mentre l'allora parrocchiale era posta su un alto poggio prospiciente il lago.
La facciata della chiesa parrocchiale, benché molto alta è assai semplice. Presenta un tetto a capanna, con ampio frontone. È suddivisa in due ordini e solo nel secondo ordini è tripartita da coppie di finte lesene, mentre nella parte centrale è collocata una grande nicchia vuota, proprio sopra a portale. Nel primo ordine, la facciata presenta solo una porta d'accesso ed è priva di finestrature. Il portale è realizzato in serizzo e sopra l'architrave è posta una iscrizione che ricorda la dedicazione della chiesa. Completa il portale un timpano sorretto da due robuste colonne.
Il suo interno, in stile Barocco, conserva importanti opere d'arte. Infatti presenta affreschi di Luigi Morgari e stucchi di Luigi Secchi. Dello stesso Morgari è la Via Crucis realizzata su 14 piastre di rame. L'altare principale è in marmo rosa con belle tele settecentesche collocate sulle pareti del presbiterio. Opera queste di Giovanni Battista Calza che rappresentano episodi della vita di San Giuseppe. Molto bello anche il pavimento a mosaico del presbiterio. Anche le cappelle laterali conservano i dipinti del XVII e del XVIII secolo. Inoltre nella terza cappella di destra vi è un elegante altare seicentesco in legno dorato con paliotto settecentesco in gesso.
Nel 1795 l'Oratorio diventa "di diritto" Chiesa Parrocchiale e prende il titolo di Purificazione di Maria Vergine e San Carlo. Infatti la prima Chiesa Parrocchiale di Belgirate, già esistente agli albori dell'anno mille, aveva ormai bisogno di restauri e la popolazione era ormai residente sul lungo lago.
Nella parrocchiale di Belgirate, vi è un quadro ex voto per la cessazione della peste del 1631, che purtroppo ho potuto vedere in fotografia e che rappresenta con intento realistico, l'intero abitato con le due chiese.
Voglio immergermi tra le piccole stradine, per lo più scalinate che sono nel centro storico del Borgo, dove forse un tempo vi era il castello.
Nulla rimane di questo Castello, citato nelle fonti locali come "Castellaccio"di Belgirate. Forse era un edificio fortificato e lo stravagante andamento della Rüga dal Castél dovrebbe ricordarne il luogo dove un tempo era innalzato.
La parte antica del Borgo, molto poco turistica, ma vissuta dai belgiratesi mi permette di scoprire la parte degli abitanti più umile di questo rinomato e lussuoso Borgo fin dall'Ottocento. Come esco da questo intrigo di stradine e scalinatelle, m'imbatto su una targa marmorea che ricorda Simoncini Cesare, nato il 2 giugno 1919 a Firenze e residente a Belgirate. Costui fu ucciso dalle truppe naziste il 24 marzo 1945 con una raffica di mitra, al loro passaggio da Belgirate dirette a compiere la strage di Solcio di Lesa.
In auto raggiungo, attraversando l'intero Borgo e passando sotto il cavalcaferrovia della linea Milano-Domodossola- Sempione, la vecchia chiesa parrocchiale, posta sul fianco del cimitero. Il paesaggio del Borgo e del lago da questo poggio è semplicemente meraviglioso. La distesa del lago, con le sue navi-traghetto di linea che lasciano una lunga schiumosa onda bianca, sembrano pieghe di un lenzuolo. Anche i tetti delle case, sia in coppi che in losa, rendono il paesaggio sottostante da cartolina.
Raggiungo così l'antica chiesa, dedicata a Santa Maria, meglio conosciuta come "Chiesa Vecchia"; conserva un originale campanile romanico dell'XI secolo ed un da un elegante pronao seicentesco. Sono presenti alcuni tratti di affreschi del XV secolo sulla facciata con la rappresentazione della scena della Purificazione della Vergine e la Presentazione di Gesù Bambino al Tempio fra le braccia del Santo Vecchio Simeone. Purtroppo questo affresco è gravemente deteriorato.
L'attuale chiesa ha una facciata semplicissima a capanna e l'unico decoro è proprio solo il portico perché le due grandi figure, un Santo eremita e San Cristoforo, che decoravano la facciata, sono quasi scomparse. Già intorno all'anno Mille su questo colle doveva esserci una Cappellina, sicuro rifugio per i pellegrini e viandanti e luogo di culto del mondo rurale. E se l'esistenza della Cappellina non è provata, di certo l'attuale edificio è stato edificato su antichi edifici religiosi. Di certo è che la torre campanaria è databile intorno al XII secolo. Il campanile è a pianta quadrata con diverse monofore di diverse dimensioni. La muratura è mista pietre e cotto poste in modo disordinato ma coeso.
Accedo al suo interno e rimango sbalordito dalla ricchezza dei suoi affreschi che coprono interamente le tre navate. Sono evidenti negli scavi le diverse chiese che si sono succedute in questo luogo. Infatti entrando, trovo nella navata di destra gli scavi di un abside di una cappella romanica orientata a est. Dagli scavi si presume anche ove fosse stato collocato l'altare, ma sono visibili anche tratti del pavimento. Nei suoi pressi anche resti di muratura di un edificio databile XV secolo e sul lato opposto le porte murate nel XV secolo e ripristinate negli anni 60 del secolo scorso. Questo ci dimostra quante trasformazioni ha subito questa chiesa. Anche la cappella dell'altare maggiore è databile XVII secolo. Notevole è altresì l'altare Barocco e notevole in legno dorato intarsiato e decorato da uno splendido paliotto. Nella navata di sinistra sono altresì presenti due botole che davano accesso ai luoghi di sepolture dal XVI e XVIII secolo, e la cappella del battistero. Anche nella navata centrale, che presenta un pavimento a spina di pesce, sono presenti altre botole coeve delle precedenti. Ma la storia dei Santi, della Sacra famiglia e di altri Santi sono rappresentati ovunque, sulle pareti, sulle colonne sulle volte del tetto grazie alla moltitudine di affreschi.
Infatti l'interno del XVI secolo, è riccamente affrescato da artisti di scuola piemontese e lombarda. Particolarmente interessanti sono gli affreschi di Santa Caterina e Cristina, che mi soffermo ad ammirare lungamente. Ma anche una bella cappella della Crocifissione del XVI secolo con figure dei Santi Rocco, Defendente e Sebastiano. La volta della cappella che funge da transetto è interamente affrescata e nei suoi spicchi vi sono raffigurati gli angeli con gli strumenti della Passione. Sulla parete di destra sono riconoscibili San Gaudenzio e San Teodoro sormontati dall'Assunzione della Vergine. La cappella del Presepe è collocata alla sinistra dell'altare che rappresenta Gerusalemme, ai lati l'adorazione dei Magi e negli specchi della volta sono raffigurati gli Evangelisti. Notevoli anche gli affreschi di Santa Caterina d'Alessandria, San Francesco, Santa Lucia, e il martirio di Santa Apollonia con il carnefice che gli strappa i denti.
Uscendo da questa galleria d'arte sacra mi soffermo davanti alla rappresentazione della scala Coeli e sulla raffigurazione di Sant'Uguccione, Ugo Luguzzone o Lucio nelle varie forme in cui viene chiamato, ritratto nel caratteristico gesto di tagliare una forma di formaggio. Di questo Sant'Uguccione si conosce molto poco, se non della forte devozione popolare e del suo culto nato spontaneamente sulle montagne dell'estremo confine della Provincia di Como con il Canton Ticino. Dobbiamo rifarci alle tradizioni popolari che lo vogliono un pastore che offriva ai poveri il formaggio che il suo padrone gli dava come paga. Questo formaggio che cedeva ai bisognosi si moltiplicava miracolosamente, provocando gelosia e inquietudine nel suo padrone, tanto che finì per uccidere Uguccione presso uno stagno, posto su un crinale tra il Comasco e la Svizzera. Si racconta che le acque di quello stagno alpestre diventano rosse il giorno della sua festa, il 12 luglio, data del martirio. Queste acque venivano raccolte dai fedeli ed erano conservate in casa per guarire le malattie degli occhi. Anche se non canonizzato, la devozione al Santo si propagò rapidamente in Lombardia e nel Canton Ticino, divenendo Patrono degli alpigiani e in seguito protettore dei formaggiai. Proprio la forma di formaggio è parte dell'iconografia del Santo.
Il mio giro per Belgirate è quasi terminato, ancora un tratto di strada in auto poi una bella camminata per raggiungere l'oratorio di San Paolo che sorge in una radura sulla cresta di una collina, immerso tra verdi campi e ricchi boschi di querce, castagni e betulle. La chiesetta è minuta, semplice con tetto a capanna, una sola porta d'accesso e due finestre sulla facciata. Due panche in pietra vi sono accostate. Si racconta che in questo luogo vi fosse un antico villaggio ormai scomparso e che questa fosse la loro chiesa. Vi è anche l'ipotesi che un tempo la chiesetta fosse intitolata alla Madonna, tanto che in alcuni documenti è citato come "Oratorio della Beata Vergine Maria, chiamato la Madonna di San Paolo."
Scendo sul lungo lago e accostatomi al pontile d'attracco del battello di navigazione del lago, cerco d'immaginare come un tempo fosse la vita su queste coste. Non mi è difficile immaginare mucchi di reti e di ceste accatastante sulle rive, ove oggi insistono colorati giardini dai fiori profumati. Già mi vedo arrivare un burchiello, imbarcazione che non ha nulla a che vedere con l'omonimo tipo navale alto Adriatico, ma più vicina a quella di manzoniana memoria, adibito a trasporto persone ma anche per la pesca e la caccia. Ma anche i modelli di imbarcazioni inglesi, come l'inglesina, appunto, la lancia, la jole, di derivazione dai modelli nordici, utilizzati più per diporto e i collegamenti con le isole per la nobiltà e la nuova borghesia che si stava trasferendo su lago verso la fine del XIX secolo. Mentre da lontano la mia immaginazione mi fa vedere una lunga fila di grandi borcelli, lunghi sui quindici metri e l'alta vela di canapa, utilizzate anche per il trasporto dei graniti di Baveno e marmi rosa di Candoglia, che permisero la realizzazione del Duomo di Milano, così come le cave di Mergozzo hanno fornito il granito per gli obelischi di Villa Torlonia a Roma. Ma anche la scava, che con lo scafo con prua bassa, ed albero quasi al centro, era particolarmente adatto per ghiaia, sabbia, ma anche carichi di legname.
Ormai è tardi, devo rientrare verso casa; lungo la strada rimembro la poesia di Guido Gozzano "L'amica di nonna Speranza" nel suo capolavoro "Piccolo mondo antico" che recita:
O Belgirate tranquilla!
La sala dà sul giardino:
fra i tronchi diritti scintilla
lo specchio del lago turchino
Sono felice di aver visitato un borgo così affascinante, ricco di storia e tradizioni, dove bellezza sono sinonimo di natura e tradizioni.