Alla morte di Angelberga, la corte di Massino che gli era stata concessa in beneficio del marito Imperatore, fu per testamento legata al monastero di San Sisto di Piacenza con il vincolo di mantenere monaci o canonici nell'Abbazia.
L'Abbazia fu poi ceduta nel 883 al monastero svizzero di San Gallo.
Ma la sua storia è più antica, come forse lo testimonia il toponimo Massino, derivante dal diminutivo longobardo di Massa, ossia piccolo podere, mentre il determinante Visconti è stato aggiunto nel 1943 connesso alla nota famiglia milanese originaria di questo luogo.
Il Borgo, subì quindi la dominazione romana prima, longobarda poi, ed alla seconda la tradizione vuole che il Re Desiderio, volle purificare e riconsacrare al culto cristiano un tempio pagano che vi era stato costruito.
Intorno all'Anno Mille, alcuni monaci edificarono sul Monte Biviglione (delle grande betulle) una chiesa con centro monastico, denominato l'Eremo di San Salvatore. L'eremo fu poi ampliato dai monaci Eremitani di Sant'Agostino nel XV secolo.
Nel 1134, l'Abate di San Gallo concesse l'investitura dei diritti temporali di Massino a Guido Visconti. Il feudo rimase nella podestà della famiglia milanese fino al 1797.
Prima di girovagare per il paese mi inoltro su una stretta strada, irta e costeggiata da una lussureggiante vegetazione, sul Monte Biviglione ora denominato di San Salvatore. Ogni tanto, lungo la stretta strada si affacciano antiche e moderne ceppellette votive, ciò ad annunciare l'incontro con il Santuario di San Salvatore.
Il panorama che mi si apre, una volta giunti sulla sommità del monte, non ha eguali. Con la bella giornata che mi ha premiato posso ammirare una splendida vista sul Lago Maggiore, sui Laghi di Monate, di Comabbio, e all'orizzonte il Lago di Varese.
Sul piazzale antistante la Chiesa sorgono due cappelle, una Barocca circolare, l'altra più antica a capanna conserva un affresco quattrocentesco raffigurante la "Beata Panacea, Sant'Abbondio e la Crocifissione".
La chiesa di San Salvatore ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Infatti, in origine era orientata est-ovest, la cappella di sinistra che era l'antica "abside" ha ancora un bel corredo di affreschi quattrocenteschi con gli Apostoli in corteo e il Cristo racchiuso in una mandorla.
Il Santuario risulta un articolato complesso architettonico con un impianto irregolare con evidenti segni della presenza benedettina prima e agostiniana poi. Questi ultimi vi introdussero anche il culto della Madonna della Cintura.
Sul lato sinistro della chiesa, scendo la "scala Santa" che i fedeli praticanti salgono in ginocchio in segno di penitenza, e accedo a due antiche cappelle. Le cappelle, quella del XIII secolo dedicata a Santa Margherita con tracce di affreschi riproducente Santa Lucia, la Sacra Famiglia e Sant'Agata.
L'altra, dedicata a San Quirico del XII secolo, anche qui con tracce di affreschi. Una terza Cappella che sorge sul fianco della "scala Santa" del XIII secolo è detta di San Gioacchino e Anna, ma un tempo dedicato alla Maria Maddalena.
Dopo questa bella immersione tra spiritualità e natura, scendo in auto fino all'antico Borgo. Posteggio l'auto nel parcheggio antistante al cimitero, ove è collocato il monumento ai caduti delle due guerre mondiali. Questo monumento un tempo era collocato nella Piazza centrale del Paese dove sorge il Municipio. Poco distanti vi ergono imponenti il Castello e l'antica Chiesa Parrocchiale dedicata alla Purificazione di Maria Vergine.
Dapprima mi soffermo a osservare il Castello, dopo essere salito lungo un breve viale alberato e pavimentato in pietra. Ove un tempo sorgeva il primitivo convento dei monaci di San Gallo, ora sorge il Castello Visconteo. Il Castello è situato su un altura che domina l'intero Borgo e si affaccia sul lago Maggiore.
Furono gli stessi Visconti a trasformare il convento in castello nei primi decenni dell'anno dopo il XII secolo.
Il complesso, fu il primo fortifico della casata dei visconti, quando nel 1139, Guido Ottone Visconti divenne feudatario del luogo.
La struttura che oggi si può ammirare è il frutto di diverse modifiche che lo rese un residenza signorile, lavori fatti tra il XVI e XVIII secolo.
La torre centrale o mastio del Castello è ciò che rimane della robusta fortificazione reca ancora incise sulle sue pietre le date 1548-1555.
Il mastio, come un'altra torre, situata nelle vicinanze della Chiesa Parrocchiale e le mura interrotte da un portale recante lo stemma Visconteo, sono realizzate in pietra a vista, mentre il resto dell'edificio, risulta intonacato.
Gli altri edifici sono sei-settecenteschi adibiti a residenza signorile.
Un piccolo balconcino, è posto lungo le mura di cinta in cui mi si racconta che venisse utilizzato dai Visconti per parlare agli abitanti del Borgo.
A Massino esisteva un altro Castello, chiamato "castellaccio" che fu fatto abbattere nel 1358 dal Duca di Milano Galeazzo Visconti, durante la guerra con il marchese del Monferrato, insieme a tutti gli altri castelli del vergante per evitare che il nemico li potesse utilizzarli contro di lui; mantenne solo quello di Massino.
Nel 1863 Alberto Visconti vendette il Castello ad un altro ramo della famiglia, quella dei Visconti di San Vito che ancora oggi lo detengono.
Nei pressi del Castello c'è la Chiesa Parrocchiale della Purificazione di Maria Vergine, le sue origini per tradizione si fanno risalire ad una edificazione sopra ad tempietto dedicato a Giove. Certa è invece la presenza di una Cappella di età Carolingia afferente alla Abbazia di Massino, essendo già citata in alcuni documenti dell'887.
Attualmente la Chiesa si presenta con tetto a salienti ed ogni singolo saliente corrisponde ad una navata interna laterale. La parte centrale è anticipata da un ampio e bel porticato. La sua facciata non presenta finestre ma solo tre ampie porte di accesso. Interamente intonacate da delicati colori pastello, presenta sul lato sinistro delle antiche lapidi murate, provenienti da sepolcri che un tempo erano interni alla chiesa.
L'alto campanile, realizzato in pietra, invece risale al 1934 dopo la demolizione del vecchio campanile.
Lascio il bel sagrato erboso della Chiesa per accedervi; il suo interno è a tre navate e le cappelle laterali presentano altari lignei e marmorei di epoca barocca.
Mi soffermo dapprima nella navata di destra ad ammirare la cappella dedicata a Sant'Agnese, considerata la patrona del casato dei Visconti. Nella cappella sono presenti degli affreschi cinquecenteschi che necessitano lavori di restauro e che raffigurano l'Assunzione e l'Incoronazione di Maria; nella volta a vele sono raffigurati i dottori della chiesa con i simboli degli evangelisti.
Lasciata la chiesa mi piace perdermi tra le antiche strette vie e tra case medioevali.
Infatti il Borgo conserva edifici di notevole interesse storico con affrescati sulle facciate, molti dipinti votivi, oltre a diverse edicole votive soprattutto a soggetto mariano realizzati tra la fine del Settecento e inizio Novecento.
Questi dipinti come le edicole, benché siano realizzati in arte povera rappresentano la devozione popolare e lo storia del Borgo, solo per queste andrebbero restaurate e protette.
Mi trovo così davanti al Palazzo Municipale , situato in un bel edificio sito in piazza IV Novembre; poco distante dal Municipio vi è un antico lavatoio in pietra, ancora funzionante. Le notevoli dimensioni e la sua grande tettoia ne fanno un monumento all'operosità delle donne massinesi.
Le attività commerciali sono molte, poste lungo la strada principale, raggiungo così la bellissima Chiesa di San Michele, voluta da Ottone I Visconti. Questo edificio, realizzato interamente in pietra, ha un tetto a capanna.
Dell'originale edificato rimane il campanile Romanico datato tra gli anni 1025 e il 1050. Questo ha pianta quadrata ed è a sei piani; sui diversi piani si aprono diverse monofore e bifore di varia grandezza. Il campanile si presenta pendente, forse per una frana o un cedimento del terreno accaduto nel 1585. Fino a tale data la chiesa fungeva da parrocchiale con fonte battesimale per diversi borghi dell'Alto Vergante, spostata poi nella Chiesa di Santa Maria della Purificazione.
Il suo ingresso è posto sul lato destro, attraverso una stretta porta. Al suo interno, a navata unica, presenta nell'abside affreschi del XV secolo, raffiguranti al centro Cristo Pantocratore tra San Michele Arcangelo e la Madonna del latte in trono.
Sul lato sinistro dell'abside sono rappresentati gli apostoli e i profeti, mentre sulla destra Sant'Agata, la Trinità e il martirio di San Lorengo. L'edificio subì pesanti restauri tra il XVII e XVIII secolo. Intorno alla Chiesa vi era il cimitero, ora è uno splendido giardino con un bel vedere che si affaccia sul Lago Maggiore.
Poco distanti dalla Chiesa nei pressi della scuola primaria vi è il monumento agli ombrellai, denominati "Lüsciatt"
Infatti Massino Visconti, come buona parte dei borghi dell'Alto Vergante, videro l'emigrazione di tante persone in cerca di fortuna e che si procureranno da vivere vendendo, ripagando o costruendo ombrelli, soprattutto nel XIX secolo e primi anni del XX secolo.
Costoro lasciavano per lungo tempo la loro famiglia e girovagavano per la città, solitamente insieme a un giovane apprendista facendo gli ombrellai.
Il bel monumento ai "Lüsciatt", rappresenta infatti un ombrellaio con il suo apprendista com'è stato raffigurato nel 1972 dallo scultore Luigi Canuto.
Raggiungo subito dopo la piccola Chiesa dedicata alla Madonna del Loreto.
Questa chiesetta posta a nord dell'abitato massinese in rione Cadelloro, fu voluta nel XV secolo dai Visconti ed inizialmente fu officiata dai Benedettini. L'edificio consisteva nella sola cappella centrale, mentre quella laterale e il campanile aggiunte successivamente.
La facciata si presenta a capanna ed è interamente intonacata. L'unico ingresso è protetto da un portico, affiancato da due finestre rettangolari. Il suo interno è a navata unica, gli affreschi della abside quadrata furono volute dai Visconti che affidarono il lavoro alla bottega che faceva capo a Sperandio Cognoli.
Al centro degli affreschi è rappresentato il trasporto della casa di Nazareth, ai suoi lati vi sono San Sebastiano a San Rocco.
Sono altresì rappresentati le scene della Annunciazione, della Natività, dell'Ultima Cena, della Crocifissione, della Deposizione. Molto belle, peccato per gli affreschi pesantemente danneggiati presenti nelle cappelle laterali.
Mentre lentamente rientro a piedi a prendere l'auto, ripercorro la storia di alcuni illustri massinesi; tra i quali Matteo Visconti detto il Magno, forse nato nel castello di Massino nel 1250. Costui fu nominato dall'Arcivescovo Ottone Visconti a Capitano del popolo a Milano, fu per due volte nominato vicario imperiale e alla morte dell'Imperatore Enrico VII si proclamò signore di Milano, carica che trasmise a suo figlio Galeazzo alla sua morte nel 1322.
Un altro famoso Visconti fu Filippo Maria Visconti nato a Massimo nel 1721, costui intraprese la carriera ecclesiastica fino al 1784, quando divenne Arcivescovo di Milano. Filippo Maria morì nel 1801 e fu sepolto in Duomo a Milano, con la sua morte destinò metà dei suoi beni, compresa la parte spettante del castello di Massino all'Ospedale Maggiore di Milano.
Ma l'ultimo pensiero va proprio ai "Lüsciatt", nel tipico gergo "tarüsc" che era tra loro utilizzato per non farsi comprendere dalle altre perse.
Il "tarüsc" come ho avuto modo di farmi spiegare da un anziano signore, incontrato in Via Viotti mentre osservavo il monumento ai "Lüsciatt", rappresenta, con il suo gergo difficile, duro, quasi incomprensibile, una parlata dialettale misto a parole tedesche, e forse anche spagnole e francesi rielaborate con arguzia.
Il termine "tarüsc" deriverebbe dalle leggenda che vuole che si individua con quella definizione un particolare gnomo permaloso, dispettoso e scontroso che abita alle pendici del Monte Mottarone. Lo gnomo è alto quasi mezzo metro, con i capelli rossi, indossa un tricorno, sempre vestito di verde con scarpe rosse.
Fu il "tarüsc" a insegnare agli abitanti dell'Alto Vergante a realizzare gli ombrelli e il loro idioma.
Un sistema per evitare i suoi dispetti, che consistevano soprattutto nel nascondere gli attrezzi da lavoro e di casa, era quello di rovesciare di notte sul pavimento, del riso o della segale. Infatti essendo il "tarüsc" molto pignolo si sarebbe fermato e costretto a passare l'intera nottata a raccogliere tutti i chicchi.
Sono quasi al parcheggio dove ho lasciato l'auto e da un discorso rubato a due persone che chiacchieravano per strada, apprendo di una curiosa tradizione che ha luogo per la festa dell'Epifania. Infatti discutevano della sfilata nelle vie del paese dei campanacci che i massinesi usano scampanellare a più non posso per tale ricorrenza.
Ormai e quasi sera ed e ora di rientrare verso casa, la giornata è stata una continua raccolta di sensazioni e di informazioni sorprendenti. Tutto ciò fa il Piemonte semplicemente straordinario.