L'autostrada è scorrevole e raggiungo agevolmente Volpiano.
L'origine del nome del Borgo deriva probabilmente da Vicus (villa) e Ulpianus da Ulpius: nome di una gens romana. Questa ipotesi rimane però priva di riscontri.
Parcheggio l'auto in Piazza Madonna delle Grazie e ripercorro brevemente la storia di questo particolare Borgo.
In epoca celtica e romana (100 a.C.-500 d.C.) il luogo ricoperto da boschi, ossia dalla selva Vulpia o Vulpiana, altra ipotesi per il toponimo ed è abitata dai Salassi, popolazione di origine germanica. Il territorio viene conquistato Intorno al 140 a.C. dall'Impero Romano. Con la caduta dell'Impero Romano sul territorio si susseguono invasioni di popolazioni barbariche. Ai Longobardi, forse si deve il primo insediamento fortificato sulla Vauda. Ciò che è chiamato Vauda è un area caratterizzata da un'ampia zona pianeggiante punteggiata di stagni e laghetti.
Dopo la sconfitta dei Longobardi da parte dei franchi di Carlo Magno, Volpiano diviene parte della Marca d'Ivrea. Attorno all'anno Mille, Volpiano fa parte del feudo di Roberto, nobile di origine sveva, marito di Perinzia, anche lei di nobile, famiglia. La coppia ebbe quattro figli Goffredo, Nitardo, Roberto e, il più famoso, Guglielmo. Roberto si trova coinvolto nelle vicende militari tra l'Imperatore Ottone e Berengario, ed è proprio durante la campagna militare del 962 d.C che nasce suo figlio Guglielmo, passato alla storia con il nome di Guglielmo da Volpiano.
Nel 1003 suo figlio Guglielmo fonda l'Abbazia di Fruttuaria, che dopo il Mille assorbe il feudo di Volpiano.
L'Abbazia di Fruttuaria divenne rapidamente famosissima in tutta Europa, fu sciolta da obblighi civili ed ecclesiastici e formò uno stato libero che, preso il posto del feudo di Volpiano ne assorbì il territorio. Questa batteva moneta propria e teneva contatti con tutto il territorio europeo con migliaia di monaci negli anni del suo massimo splendore. Nel 1339 Volpiano perdette la sua indipendenza, divenendo dominio del Marchese del Monferrato. Nel 1372, con la morte di Giovanni II, il feudo fu ereditato dal figlio Ottone III Paleologo, detto anche Secondotto. L'abate di Fruttuaria approfittando del delicato momento, visto che Secondotto era solo dodicenne e posto sotto la tutela di Ottone di Brunswch, tentò di riappropriarsi del castello. In aiuto ai Monferrini intervenne Amedeo VI di Savoia, il famoso conte Verde. che cinse d'assedio il castello riuscendo a conquistarlo. Nel 1435 il marchese Giacomo del Monferrato cedette ad Amedeo VIII di Savoia il castello con il relativo territorio.
Nel periodo di dominazione monferrina si ha una prima descrizione del castello e del Ricetto. La fortificazione è narrato fosse munita di un muro altissimo, ed era capace di ospitare anche cinquecento uomini armati. Mi soffermo sulla figura di Guglielmo da Volpiano, il figlio del Conte Roberto, che ebbe come padrino di battesimo l'Imperatore Ottone I di Sassonia. Costui fu monaco benedettino e Abate, le sue conoscenze e la capacità di mediazione e la sua personalità lo portarono a viaggiare per l'Italia e l'Europa. In Francia ristrutturò costruì circa 40 monasteri, apportando profonde novità al primitivo stile romanico carolingio. In Italia la sua più grande opera fu costruzione dell'Abbazia di Fruttuaria di San Benigno, iniziata nel 1003 nel territorio della sua famiglia. Gugliemo da Volpiano Morì a Fécamp nel 1031.
Sotto il governo sabaudo, il Borgo fu cinto da mura fortificate. Nel 1535, Volpiano è occupata dagli spagnoli, alleati dei Savoi contro i francesi. Gli spagnoli presidiarono Volpiano e si era sparsa la notizia che il castello fosse inespugnabile, tanto che era diffuso l'aforisma che diceva "Quando i francesi piglieranno Volpiano la lepre piglierà il cane". Ma il castello, dopo 20 giorni d'assedio francese, capitolò il 13 settembre 1555 e ne fu decretata la demolizione. Volpiano nel 1559 col trattato di Cateau-Cambresis tornò sotto i Gonzaga.
Nell'aprile del 1613 alla morte del Duca di Mantova, Volpiano venne occupato da Carlo Emanuele I di Savoia. Alla fine del conflitto franco-ausburgico, il 6 aprile 1631, si giunse alla Pace di Cherasco, con cui si smembrò il Monferrato, Volpiano è definitivamente assegnata alla Casa dei Savoia. Nel periodo Seicento – Settecento il Feudo fu affidato a San Giorgio di Castellargento, poi passò ai Corradi di Carpaneto, ma anche al capitano ferrarese Guido Villa e al signore di Foglizzo. Il Borgo è poi occupato dalle truppe Francesi nella campagna d'Italia di Napoleone e nel 1806, per decreto del Governo Francese, si costruì il cimitero in Piazza Madonna delle Grazie, in ottemperanza al cosiddetto Editto di Saint Cloud che stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine. I francesi smantellarono anche le quattro porte urbiche. Il ritorno dei Savoia fu festeggiato con giubilo da tutta la popolazione ed ebbe inizio un periodo di relativa tranquillità. Volpiano seguì le evoluzioni storiche del Piemonte dapprima e dell'Italia dopo.
Nel 1920 viene realizzato il Parco della Rimembranza che ricordano i 97 volpianesi caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Ed è da qui che inizio la mia visita a Volpiano. Nel Parco della Rimembranza, che è conservato ottimamente, sono anche ricordati una trentina di militari caduti e dispersi ed un numero indefinito di vittime tra i civili nella guerra di Liberazione, tra cui 5 partigiani volpianesi caduti durante la Seconda Guerra Mondiale. Sempre nel Parco vi è una piccola Cappella dedicata a Nostra Signora di Loreto. Dalle scarse informazioni che posso avere su questa cappella, pare che esistesse già nel XVII secolo e fosse dedicata alla Vergine Addolorata. Con l'arrivo dei francesi venne definita "Notre Dame de Douleurs". Al suo interno è conservata un ottocentesca statua lignea della Madonna della Addolorata.
A poche decine di metri dalla cappella della Madonna sorge la Chiesa di San Rocco, esistente sin dal 1483, ma ricostruita nel 1683 a ringraziamento per la fine della pestilenza. La Chiesa è a mattoni a vista con tetto a capanna con un ampio porticato che copre tutto il primo ordine. Nel secondo ordine vi sono tre ampie finestre, di cui le due laterali cieche. Quest'ordine è tripartito da lesene. Un arco spezzato dalla finestra centrale è poggiante sul marcapiano tra il portico e il secondo ordine. Nel timpano del frontone, un altro arco in laterizio unisce le lesene centrali. Nella Chiesa ampia e spaziosa a navata unica sono considerevoli un crocifisso piuttosto antico, forse risalente al 1600 e la bella immagine sacra posta sull'altare maggiore rappresentante San Rocco, San Sebastiano e Sant'Anna.
Torno verso la Piazza, ove è posto il Santuario di Santa Maria Delle Grazie. L'edificio sacro attuale, munito di bella facciata ed elegante campanile è della meta del XVIII secolo, realizzato su un precedente edificio. Infatti recenti scavi hanno portato alla luce una antica pavimentazione, sicuramente antecedente ai documenti del 1585 del visitatore apostolico Carlo Montiglio che lo descrisse come in rovina. Nei suoi pressi fu realizzato il cimitero voluto per decreto del Governo Francese. Le inumazioni cessarono nel 1932 e il cimitero fu eliminato, lasciando spazio all'attuale Piazza.
Il piccolo Santuario, ottimamente conservato, è in stile Barocco con l'elegante facciata anticipata da un bel portico a tre arcate. L'edificio con tetto a capanna ha nel secondo ordine una bella e ampia finestra ovale affiancata da due santi affrescati in due edicole laterali. Una cimasa con ampie valute barocche conclude la facciata e al suo interno un edicola conserva un affresco della Santa Maria delle Grazie. Il tutto è di raffinata esecuzione in colore cangiante. Una grata mi impedisce di accedere sotto il portico e di poter guardare il suo interno dalle due finestre che affiancano l'unica porta d'accesso.
M'avvio per il centro storico di Volpiano, la strada è costeggiata da antiche e nuove case, tutte eleganti; arrivo così in Via Umberto I e dopo il Palazzo Oliveri del XVI secolo, posto sull'angolo di Vicolo Fourat mi si prospetta la meravigliosa Chiesa della Confraternita dell'Immacolata Concezione, detta anche Chiesa Nuova. Questa fu edificata in stile Barocco nella prima metà del XVIII secolo utilizzando materiali di recupero delle rovine del castello. È detta Nuova perché la Confraternita dei disciplinati, aveva prima un altro Oratorio che fu abbandonato perché troppo angusto. Il disegno della sua facciata richiama moltissimo la scuola juvarriana. Questa è realizzata in cotto, suddivisa in due ordini e tripartita da lesene e colonne sempre in laterizio nel primo ordine. La parte centrale di questo orde è leggermente concavo e presenta la porta d'accesso con un bel portale anticipato da quattro gradini, mentre le ali laterali sono leggermente convesse e presentato due nicchie vuote. Il secondo ordine è ampiamente concavo, fornendo all'edificio una forma leggermente ovale. La chiesa all'interno presenta una pianta centrale circolare con un bell'altare maggiore con una icona raffigurante l'Immacolata del pittore volpianese Ricco e un gruppo ligneo raffigurante Vergine col Cristo deposto dalla Croce. Presenti in chiesa anche due bei dipinti di grandi dimensioni, raffiguranti il Miracolo di San Vincenzo Ferrer e il Transito di San Giuseppe.
Uscendo lancio uno sguardo all'altissimo campanile che si prospetta sulla facciata, anch'esso in cotto e sopraelevato ancora nell'Ottocento. La strada che percorro è in porfido ma mi trovo subito in Piazza Vittorio Emanuele II dove si presentano l'edificio del Municipio e la Chiesa Parrocchiale.
Il Palazzo Municipale è collocato in quella che un tempo era l'abitazione della Famiglia Gedda e risale alla prima metà del 1700. Mentre la Chiesa Parrocchiale è dedicata ai Santi Pietro e Paolo. La chiesa parrocchiale forse fu edificata come cappella del Castello, ed era già citata in una bolla di Papa Clemente IV del 1265. L'attuale chiesa è il risultato di diversi ampliamenti e modifiche, le ultime sono del 1875-1879. La Chiesa a tre navate ha una bella ed elegante facciata, con tetto a falde, tripartita da lesene e pinnacoli sul culmine delle lesene e del frontone. La facciata è a fasce bicolore e presenta una sola grande porta d'accesso con portale di forme gotiche, come gotiche le alte finestre laterali. Nel secondo ordine sono presenti tre oculi ciechi, nella parte centrale l'oculo è affiancato da due alte finestre gotiche, anch'esse cieche. Mentre al centro del timpano del frontone una nicchia ospita una statua.
Il suo interno è a tre navate, in stile Neogotico. L'altare maggiore del 1711 è in stile Barocco, presenta quadri di Luigi Morgari e della scuola di Defendente Ferrari. Sono altresì presenti affreschi di Enrico Reffo. Interessanti sono le fasce e archetti pensili quattrocenteschi presenti nella navata centrale.
Ormai sono a ridosso a ciò che rimane del castello e del ricetto. Del primo sono visibili alcuni ruderi dei bastioni, mentre del ricetto rimangono la stessa struttura viaria, ma solo alcuni tratti di mura quattocentesche.
Mentre rientro verso la Piazza, scorgo, in un negozio di alimentari, esposti i canestrelli di Volpiano. Curiosità e golosità mi obbligano a fermarmi ed a scoprire questo dolce. Confezionato in sacchetti si presentano come grandi e sottili medaglioni dalle forme irregolari. Classificato come "Prodotto agroalimentare tradizionale della Regione Piemonte", i suoi ingredienti base sono: la farina, il burro, le uova e lo zucchero, spesso aromatizzati con la scorza di limone, ma le aromatizzazioni sono molteplici. L'origine dei canestrelli è forse Medioevale, quando venivano chiamati "nebule" ma l'attuale nome deriva dai tipici recipienti di vimini intrecciati, detti appunto "canestri", nei quali si riponevano i dolci dopo la cottura a raffreddare.
Dopo un gustoso assaggio raggiungo l'auto e voglio ancora andare a vedere alcune delle tante cappelline che coronano la periferia della città e che un tempo erano campestre.
Tra le cappelle che riesco a visitare vi è quella dedicata a Santa Caterina, ubicata lungo la strada provinciale che unisce Volpiano al comune di Lombardore. Si presenta semplice, con tetto a capanna, con ingresso protetto da un ampio portico. Sicuramente di fattura settecentesca, priva di campanile e cella campanaria è ottimamente conservata sia esternamente che internamente sicuramente per devozione dei borghigiani. Invece, quasi attraversata dalla ferrovia canavesana che gli corre a pochi metri dall'ingresso la cappella settecentesca dedicata a San Michele, mantiene il fascino di un tempo. La cappella pare fosse stata edificata ove un tempo vi fosse un pilone votivo. Questa è ubicata nella borgata omonima e la sua costruzione è semplice con tetto a capanna, con portico e un basso murettino con la relativa inferriata di protezione. Il tetto del portico è ricoperto con lastre di pietra, mentre quello della chiesa con tegole in laterizio. Sul tetto un bella cimasa con la scritta dedicatoria a San Michele conclude la facciata, mentre sul retro dell'edificio si eleva un piccolo ma bel campanile.
Ubicata nella parte ovest del territorio comunale, a lato nord della strada provinciale denominata: via Ciriè vi è la settecentesca cappella dedicata a San Giovanni Battista. Anch'essa è di fattura semplice, ma elegante con tetto a capanna e, come le altre, presenta un bel portico anteriore, protetto dal solito murettino basso e relativa inferriata. L'interno a navata unica, presenta un bell'altare.
In Via Trento, angolo Via San Grato, sulla strada che conduce a Torino, trovo la splendida cappella dedicata al Santo patrono di Aosta. La settecentesca cappella dedicata a San Grato nasce dalla diffusione del culto del Santo invocato dai contadini per allontanare ogni flagello dai campi e dal bestiame, ma anche a protettore contro streghe e diavoli. La cappella è molto grande, con tetto a capanna e un grande accesso porticato con tre arcate a tutto sesto, munita di murettino e la soprastante inferriata di protezione. Sulla facciata vi è una bella rappresentazione pittorica del Santo e la scritta dedicatoria a San Grato sul timpano. L'interno della cappella si presenta in ottimo stato di conservazione con belle pitture in parete su tutte le facciate interne.
Ormai è tardi, devo raggiungere Ryan che sicuramente mi sta già attendendo, farò ancora una breve sosta all'Oasi francescana; anche se non ho avuto il tempo di recarmici voglio ricordare le altre cappelle presenti sul territorio volpianese, come la settecentesca Cappella Madonna delle Vigne sita in Via Vauda; la novecentesca Cappella della Madonna Pellegrina posta in località Cascine Malone; l'ottocentesca Cappella della Consolata ubicata nella Casa di Riposo "Ospedale Arnaud". Un altra Cappella settecentesca, di proprietà privata di Villa Rodrigo, è dedicata a San Gaetano ed è immersa in un ampio parco con alberi secolari. Ma vi è anche la Cappella dedicata a San Teresa d'Avila realizzata in un edificio a pianta quadrata dalle fattezze molto semplici, forse ricavato da un edificio che aveva altri scopi. Questa Cappella, molto curata sia internamente che esternamente è posta vicino alla Cascina del Casne e fu costruita intorno al 1850.
Raggiungo l'Oasi Francescana, posta poco prima ponticello sulla Bendola, sulla strada che mi conduce a Leinì. Si tratta di un monumento dedicato a San Francesco d'Assisi e a Santa Chiara. Realizzata nel 1999, la costruzione è semplice, composta da tre plinti in cemento mo di colonne, rivestiti in granito come il basamento. La colonna centrale è più alta affinché sopra le lastre a protezioni formino un tetto a capanna. Tra i plinti vi sono le raffigurazioni i Santa Chiara e San Francesco.
Ormai l'auto corre verso Leinì dove mi attende un bellissimo bambino.