Ad aspettarmi ci sono Francesco e Mattia, due amici di vecchia data con i quali ho passato splendidi momenti. Francesca è magrolino con due occhi castani come i suoi lunghi capelli che tiene sempre raccolti, Mattia che fa l'infermiere è un ragazzo di equilibrata corporatura, i suoi occhi chiari sono incorniciati da una folta e lunga capigliatura e barba lunga di color castano chiaro. Saranno le mie guide nella loro città.
Cominciamo subito con raggiungere a pochi chilometri dal centro cittadino, collegato con una strada costeggiata da un viale di tigli e valicato un canale di derivazione del canale Cavour e denominato "di Vigevano", il Santuario del Varallino come è comunemente chiamata la Chiesa di San Pietro in Vulpiate.
L'attuale edificio che ricorda in scala ridotta il Sacro Monte di Varallo Sesia, sorge ove un tempo si trovava la piccola cappella campestre con l'immagine della "Vergine Maria nell'atto di porgere una pera al Bambino Gesù". Questo affresco, ritenuto miracoloso, è tutt'ora conservato all'interno della chiesa nella zona absidale.
La leggenda narra che una nobildonna, posseduta dal demonio, recandosi alle cappelle per chiedere la grazia, venne sbalzata dalle carrozze ma non si fece alcun male, anzi rialzandosi si accorse di essere stata liberata dal demonio. La nobildonna volle lasciare una cospicua somma di denaro per ingrandire la chiesetta. La Chiesa nel XVI secolo fu ancora ingrandita fino ad assumere le attuali fattezze.
Dedicata alla natività della Vergine Maria, si presenta in forma ovale, la sua maestosa facciata, terminata nel 1894 su disegno di Ercole Marietti, presenta un dipinto posto sopra la porta di accesso, sotto un grandioso portico a sei colonne, con rappresentato San Pietro che fugge dal carcere. Sul frontone del grande portico e sulle nicchie della facciata della Chiesa sono presenti delle statue. Entriamo in Chiesa, non vi è nessuno, catturano subito la mia attenzione le dieci cappelle laterali, cinque per lato, che conservano i quindici misteri del Rosario.
Sul lato destro si aprono le cappelle dei "Misteri Gaudiosi" e sulla sinistra le cappelle dei "Misteri Dolorosi", mentre nel presbiterio vi sono i "Misteri Gloriosi".
Le statue sono tutte quante di grande espressività che lasciano molto stupore nell'ammirarle, anche le pitture che adornano le cappelle creano scenari incredibili e sono molto suggestive.
Uno dei capolavori più incredibili è la decorazione della cupola posta sopra l'altare; grazie alla nostra esclusiva presenza, riesco ad andare proprio sotto e al centro della cupola, la trovo semplicemente incredibile, rappresenta il "Paradiso" con la Madonna circondata da nove cori di angeli. Le trecento figure sembrano addirittura in rilievo, a contribuire a questo gioco ottico ci sono anche le tonalità forti e decise, scelte da Lorenzo Peracino, l'artista a cui si deve tanto splendore. Riesco così a vedere da abbastanza vicino anche l'Immagine della Madonna che porge una pera al Bambino Gesù, un affresco, opere di un omonimo, databile XV secolo che è meravigliosamente conservato.
Sotto il quadro che contiene l'affresco è conservato in una teca trasparente la statua di Maria Bambina, fasciata in seta bianca. Anche l'abside è totalmente ben decorata con figure e personaggi che sembrano uscite da una scena biblica.
Usciamo così dal Santuario del Varallino, il caldo è sempre più intenso, ma il nostro tour per Galliate è solo all'inizio e il percorso che Francesca e Mattia hanno studiato è ampio e lungo con le visite al Castello, alla Chiesa e in alcuni luoghi delle tradizioni galliatesi.
Una breve sosta davanti alla settecentesca cappella dedicata a Sant'Onofrio posta all'incrocio tra via del Varallino con via Cesare Battisti. La cappella è stata recentemente restaurata grazie a una raccolta fondi fatta dai cittadini. Il piccolo giardino antistante alla chiesetta che non ha nulla di architettonico se non di devozione popolare, è arricchito da panchine e con una piccola fontana su cui si erge fiero un gallo, simbolo di Galliate.
Parcheggiamo l'auto nei pressi del cimitero, il cui giardino antistante la strada del Varallino è valorizzato dai monumenti ai Caduti di tutte le guerre e da quello dedicato alla resistenza partigiana.
La chiesa di San Defendente, uno dei due nostri obiettivi della visita al cimitero, è una costruzione settecentesca, con un disegno sobrio e lineare, che quasi passa inosservato, ma il suo interno è molto particolare. Infatti il suo altare maggiore è posto sul lato lungo, ed è intensamente decorato, inoltre conserva una bella tela del tardo ottocento del pittore legnanese Mosè Turri, raffigurante il "trapasso di San Giuseppe".
Poco dopo ci ritroviamo davanti alla tomba di un grande personaggio storico dello sport italiano che portò il nome di Galliate in giro per tutto il mondo: Achille Varzi.
Costui era il terzogenito di Menotti Varzi e Pina Colli Lanzi. Lo zio, fratello del padre era senatore del Regno che insieme al padre avevano fondato a Galliate la Manifattura tessile Rossarsi e Varzi.
Achille iniziò a correre in motocicletta nel 1922 e nel 1923 vinse il titolo di campione italiano Seniores. Dal 1924 iniziò a gareggiare nel campionato assoluto confrontandosi con Tazio Nuvolari che sconfisse nel campionato di velocità nel 1929 della classe 500.
Nel 1928 Varzi e Nuvolari acquistarono insieme una Bugatti tipo 35C per partecipare alle competizioni sulle quattro ruote. La collaborazione durò poco e Varzi acquistò un'Alfa Romeo P2 usata, per poi passare alla Bugatti "tipo 51" vincendo il Gran Premio di Tunisi, il circuito di Monthléry, il circuito di Alessandria e la Susa-Moncenisio.
Nel 1934 Enzo Ferrari lo reclutò come pilota ufficiale della Scuderia Alfa Romeo, nel 1935 passò all'Auto Union che montava un motore di Ferdinand Porsche. Colpito da un attacco di appendicite, avrebbe dovuto rinunciare a gareggiare per un lungo periodo, l'amante Else Hubitsch gli consigliò l'uso della morfina quale antidolorifico per continuare a gareggiare. Divenuto dipendente dalla morfina, divenne irascibile tanto da rompere il contratto con l'AutoUnion. Lasciata l'amante si ritirò per disintossicarsi sull'Appennino modenese, rifirmando un contratto con l'Alfa Romeo. Nel 1940 si sposò con Norma Colombo. Nel 1946 tornò a vincere sul circuito Torino e ancora a Bari nel 1947. Nel 1948 partecipò alla Temporada Argentina arrivando secondo al Gran Premio di Mar del Plata. Nel 1948 durante le prove del Gran Premio di Berna, sotto la pioggia perse il controllo della sua "Alfetta" e si ribaltò morendo sul colpo.
Lasciato il Camposanto, voglio soffermarmi a vedere almeno esternamente la chiesa di San Rocco. La chiesa ha una bella facciata con linee tardo rinascimentale. Leggere lesene le tripartiscono la facciata suddivisa da un marcopiano in due ordini. Un grande timpano la completa. Nelle due nicchie laterali del secondo ordine, sono presenti le statue di San Rocco e San Defendente. Essendo chiusa, Francesca mi racconta che il suo interno è a croce greca con una grande cupola centrale. La chiesa fu edificata nel XVII secolo su una precedente chiesa, ma la cappella maggiore, ricca di stucchi, conserva un affresco datato XV secolo, raffigurante la "Madonna in trono".
Raggiungiamo così il luogo, ove tranquillamente pranziamo e dove possiamo chiacchierare di molte amenità.
Dopo un pranzo ristoratore, prima di rientrare nel centro storico di Galliate facciamo un lungo giro intorno al Borgo per vedere alcuni dei luoghi storici di svago dei galliatesi. La prima sosta è sul Ponte di Turbigo sul fiume Ticino, dove vi sono alcune centinaia le persone sdraiate sulle spiagge dei ciotoli a godersi la bella giornata soleggiata.
Sotto gli ombrelloni i bambini giocano, altri più arditi sono in acqua a nuotare sotto gli occhi attenti dei genitori. È una bellissima immagine di altri tempi, dove anch'io con i miei genitori e mia sorella ci recavamo un tempo, a passare serene giornate lungo l'Orba o lo Stura di Ovada.
Un altro interessante luogo, dove invece le famiglie sono riunite sotto frondosi alberi intorno ai barbecue, è quello denominato dalla Sette Fontane. Qui l'odore di grigliato di carne e verdure vince sui profumi della campagna ma evoca anche tanti bei ricordi di gioventù.
Lungo le rive, i piccoli corsi d'acqua, vi sono anziani signori che leggono le loro riviste, mentre i ragazzi e i bambini sono immersi nelle fresche acque dei torrenti.
L'osteria delle sette fontane sembra un territorio del film anni sessanta/settanta ma è accogliente ed è un sicuro rifugio dal caldo afoso che accampa lungo tutto il parco del Ticino.
Nel rientrare verso Galliate, voglio sostare a Villa Fortuna, o quello che rimane di questa suntuosa costruzione cinquecentesca che fu luogo di relax e di passione della Marchesa di Caravaggio.
Costei, Costanza Sforza Colonna, fu protettrice del pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.
La marchesa di origine romane, dopo la morte del marito voleva tornare nella sua città d'origine, infatti non amava ne la città di Caravaggio ne tantomeno Milano.
Il suo assistente spirituale don Carlo Bascapè, vicino a San Carlo Borromeo e poi ai vertici dei Bernabiti, la convince a trasferirsi nel suo feudo di Galliate, anche perché la nobildonna per affrontare lo stato depressivo iniziava ad avere rapporti troppo affettuosi con gli uomini. Infatti correva voce che ella fosse posseduta dal demonio. Don Bascapè consigliava alla marchesa di prendere di nuovo il marito per evitare scandali, ma Costanza non si vuole risposare. Si pensa che la nobildonna sbalzata dalla carrozza e liberatasi dal demonio presso quello che oggi è il Santuario del Varellino, fosse la Marchesa Costanza Sforza Colonna.
Michelangelo Merisi era sedicenne quando conobbe la marchesa, quando era a Milano nella scuola di pittura di Peterzano che egli frequentava come allievo pagante.
I rapporti tra la famiglia del Merisi e dei marchesi erano di vecchia data, risalivano al nonno di Michelangelo Merisi, che gli era stato agrimensore e uomo di fiducia dei marchesi.
Le vicende del giovane Caravaggio e della Machesa saranno strettamente legate fino alla morte del pittore.
Sempre in auto raggiungiamo la chiesa della Beata Vergine di Caravaggio o Madonnina che sorge lungo Via XXV Aprile, posta al fianco dell'Ospedale di San Rocco. La Chiesa ha un prospetto severo in pietra grigia ma slanciata verso l'alto, sorse tra il 1902 e il 1911 su progetto di Bernardo Incasale sulle fondamenta di una più antica cappella campestre. L'attuale facciata risale al 1933 e il suo disegno è di Vincenzo Cardano. Francesca mi spiega com'è il suo interno, visto che anche questa è chiusa; mi spiega soprattutto la presenza di preziose tele come quelle raffiguranti l'Immacolata, San Francesco, San Carlo, l'Angelo Custode, l'Arcangelo Raffaele e Tobia, del pittore Valsesiano Lorenzo Peracino….VETRATE
Raggiungiamo così la piccola, ma ben conservata chiesa di San Govanni Battista a Galliate, detta di San Giovannino. Questa piccola chiesetta, ben conservata, con tetto a capanna, aula unica, e una sola porta d'accesso, si presenta senza finestre sul frontale. Un tempo, questa oratorio era campestre invece ora è immersa tra palazzi e villette. Questo piccolo edificio, risalente al XVII secolo, ha in una nicchia sopra la porta con la statua del santo titolare.
Poco distante c'è la chiesa di San Giuseppe con la sua facciata in stile neoromanico. La chiesa un tempo campestre fu sede almeno dal 1517 della campagna di San Giuseppe. L'edificio fu ristrutturato nell'Ottocento e ampliato dopo il primo dopoguerra, conserva pregevoli affreschi di fine XV secolo e tele del XVII secolo.
Arrivati alla chiesa di Sant'Antonio Abate, lasciamo l'auto per proseguire per la visita del centro a piedi. La chiesa di Sant'Antonio Abate è sede dell'arciconfraternità della Buona morte o dei Santi Dionigi e Antonio Abate. La Chiesa è stata edificata a metà XVIII secolo su edificio religioso precedente. La sua facciata a mattoni a vista è caratteristica del barocco piemontese. Il suo interno, mi dice Francesca è ad aula unica con due altari; quello maggiore ed il secondo dedicato a sant'Anna.
Ci inoltriamo per le strette vie del centro storico, si alternano costruzioni nuove e antiche abitazioni. Raggiungiamo così la casa natale di san Giuseppe Maria Gambaro. Costui fu proclamato santo il 1 ottobre 2000 da Papa Giovanni Paolo II; nacque il 17 agosto 1869 e fin da giovane sentì il richiamo della vocazione e della predicazione. Ordinato sacerdote il 12 marzo 1892, nel 1894 diventa rettore a Ornavasso e, ottenuto il consenso del padre provinciale, inizia la sua attività come missionario francescano. Il 5 dicembre 1895 salpa da Napoli per Alessandria d'Egitto, poi Terra Santa e nel 1896 da Porto Said s'avvia verso la Cina.
Dapprima fu assegnato al seminario di Heng-tciau-fue, poi dal 1900 fu assegnato alla missione di Yen-tcion.
Padre Giuseppe Gambaro rimase pochi mesi a Yen-tcion, perché Mons. Fantosati, Vicario Apostolico del Hu-nan, richiese la sua presenza nella città di Lei-yang, per la Pentecoste del 1900, per battezzare e cresimare una ventina di catecumeni e per rendere più solenne la cerimonia e per avere un aiuto dal missionario. Dopo Lei-yang i due si fermarono a San-mu-tciao per ricostruire una cappella distrutta dai pagani l'anno precedente e qui giunse loro la notizia, che il 4 luglio 1900 la residenza del Vicario Apostolico a Hoang-scia-wan era stata distrutta dai pagani, aizzati dai ‘boxers', come pure l'orfanotrofio e le case dei cristiani e dei protestanti; inoltre uno dei padri, Cesidio Giacomantonio, era stato ucciso e bruciato.
Allo scoppiare della rivolta dei Boxer. Padre Gambaro insieme a Mons. Fantosati, mentre tornavano a Hoang-scia-wan, furono catturati su una barca, percossi e uccisi e i loro corpi furono gettati in acqu, i corpi ripescati furono poi bruciati. Durante quella rivolta persero la vita almeno 2418 cristiani.
Proprio di fronte alla casa natale di San Giuseppe Maria Gambaro, ul muro di una civile abitazione, vi è un affresco raffigurante la visita dei re magi al bambino Gesù.
Sull'angolo con via Matteotti vi è la chiesa di Santa Caterina, dedicata anche a San Giovanni Battista, già sede dell'omonima confraternita. L'attuale settecentesco edificio fu costruito su un precedente oratorio. Francesca mi descrive il suo interno, assai luminoso, con belle decorazioni architettoniche e un bel pavimento policromo con motivi geometri. Prosegue raccontandomi che è stata dotata di due altari, quello maggiore con il simulacro della Madonna della cintura e uno laterale, dedicato a San Bovo, patrono del bestiame.
Proseguiamo la passeggiata, le case che si affacciano su Via Matteotti non sono più alte di due piani e molte raccontano attraverso le loro architetture anche la storia dei negozi che un tempo ospitavano, dietro le loro porte e saracinesche.
Un altro edificio di interesse storico, cultuale e religioso che si affaccia su Via Matteotti è la Chiesa di San Gaudenzio. Questo edificio fu voluto dagli abitanti del rione Missanghira nel XVII secolo e assunse le forme attuali nella seconda metà del XIX secolo, quando divenne sede della Confraternita della Santissima Trinità. La neoclassica facciata è suddivisa in due ordini con un grande timpano, elaborati sono i marcapiani che suddividono noi due ordini. La facciata è tripartita da leggere lesene presenti nei due ordini. In quattro nicchie, presenti nei due ordini, sono presenti delle statue. Vi è una sola porta d'accesso e una grande finestra rettangolare nel secondo ordine. Antistante alla chiesa, un piccolo sagrato con fioriere e paracarri me protegge l'accesso.
Francesca mi racconta che nel suo interno è conservato un ricco altare settecentesco di marmo nero, proveniente dalla parrocchiale e un grande crocifisso ligneo, anch'esso settecentesco.
Poco più avanti troviamo una targa marmorea che ricorda che nell'edificio con decorazioni liberty c'era il circolo del partito socialista, oggi vi è un bar.
Anche vicino alla Chiesa di San Giuseppe avevo trovato una analoga targa marmorea ma che indicava che l'edificio, ormai chiuso era la sede della "casa del popolo" del Partito Comunista Italiano.
Raggiungiamo il luogo ove un tempo vi era porta Missanghiera, una delle cinque porte d'ingresso di Galliate; le altre erano Porta Bortinate, Porte San Pietro, Porta di Gesano e Porta Nuova. A protezione del luogo vi era in ogni ingresso una colonna votiva in granito, sormontata da una croce o da una statua con un santo protettore. L'unica ancora esistente è quella presente in questo slargo con la statua del protettore del rione; San Gaudenzio, in arenaria, è collocato su un basamento in granito rosa. Il santo qui è rappresentato con abiti vescovili, mitra e bastone pastorale.
Poco distante vi è la casa e la manifattura della famiglia Varzi. Una targa ricorda dove visse il grande campione Achille Varzi a cui è intitolata anche la strada. Non è difficile immaginare di vederlo, ancora ragazzo, sfrecciare per queste strade in motocicletta mentre va a fare le commissioni per l'azienda di famiglia. Anche in via Varzi sono visibili antiche scritte di vecchi negozi, come quella del forno consortile costruito nel 1912 e dismesso nel 1951. Una bella, anche se breve sorpresa è l'incontro con Luca, un giovane ragazzo trentenne conosciuto alcuni anni addietro quando militavamo nel medesimo sodalizio, anche se in città diverse. È un ragazzo alto, con un viso incorniciato da una leggera barba e baffi, una fronte alta e spaziosa e un bel sorriso. Sotto gli occhiali ha due bei occhi azzurri. Ci soffermiamo solo brevemente per alcuni convenevoli, certo che potremo rivederci presto.
Ormai abbiamo raggiunto il cuore della città, la fanno da padroni i tanti negozi, i bar, i ristoranti, le molte biciclette e le massaie cariche di borse della spesa. Abbiamo ormai raggiunto l'edificio del Palazzo municipale che si affaccia su Piazza Martiri della Libertà. La sua facciata porticata è lunga tanto quanto la parte lunga piazza; la sua costruzione ebbe inizio nel 1922, sulla sommità dell'edificio è ben visibile un grande gallo in cotto, simbolo del Borgo e pare rappresentare il carattere fiero dei suoi cittadini. Raggiungiamo così la Chiesa Parrocchiale dei Santissimi Pietro e Paolo. La parrocchiale appare imponente e maestosa nel suo stile neo-gotico; edificata a metà del XIX secolo sulla precedente chiesa parrocchiale, probabilmente di origini quattrocentesche che ormai risultava troppo piccola. La prima pietra fu posata il 12 ottobre 1851 e l'11 maggio 1873 fu consacrata. La facciata è scandita da lesene e decorata a bande orizzontali. Tre gradini anticipano le tre porte d'accesso; entriamo che la Santa Messa è appena finita. La Chiesa, a croce latina ha tre grandi navate con quattro cappelle ciascuna; nelle navate laterali, una grande cupola ottagonale permette all'intera chiesa, insieme al rosone della facciata di essere luminosa.
Facciamo un rapido giro tra le cappelle e trovo diversi interessanti affreschi, come quelli della Madonna del latte e l'Ecce Homo che dovrebbero essere del XV-XVI secolo, ma anche la tavole raggiguranti i Santi Pietro e Paolo databili XV secolo. Interessante anche la settecentesca tela raffigurante i Santi Martiri Giusto e Aurelio con l'ingresso del Borgo di Galliate.
Non possiamo non soffermarci davanti alla cancellata in ferro battuto che protegge lo scurolo che accoglie le reliquie dei Santi Martiri e protettori di Galliate, Giusto e Aurelio.
Della storia dei Santi protettori di Galliate si sa molto poco, i resti di questi due cittadini romani vissero in età imperiale al tempo delle persecuzioni, furono rinvenuti nel dicembre 1646 durante gli scavi nelle catacombe romane di Calepodio. I resti dei due corpi furono affidati alla nobildonna Maria Aldobrandina Sforza, marchesa di Caravaggio e contessa di Galliate, che li donò alla comunità galliatese il 15 settembre 1651. Di fronte allo scurolo che conserva le urne dei Santi è posta la statua di San Giuseppe Maria Gambaro che Francesca mi dice che è ivi collocato dal 2000. Francesca mi racconta che in precedenza il patrono di Galliate era Santa Giulitta, martire con il suo figlioletto durante l'impero di Diocleziano. Una reliquia di questa Santa è conservata nella Chiesa parrocchiale.
Usciti da una piccola porta laterale della chiesa, trovo tante biciclette depositate dai fedeli che si sono recate a Messa. Sul piccolo passaggio pedonale si affaccia la chiesa dell'immacolata Concezione. Questa chiesa fu edificata nel 1590 e poi ampliata nel 1767 per iniziativa dell'omonima confraternita. La facciata è anticipata da un grazioso porticato che protegge due affreschi posti ai lati dell'unica porta d'accesso. Interessante quello di destra che ricorda un fatto avvenuto nel 1836, il naufragio di un battello sul fiume Ticino. Non possiamo accedervi in quanto è chiusa come quasi tutte le chiese di Galliate, ma Francesca mi spiega che vi sono conservate diversi importanti affreschi, come quelli settecenteschi della cupola tratti dal XII capitolo del libro dell'Apocalisse. Molto bello, continua Francesca, anche l'altare policromo con la statua lignea dell'Immacolata.
Superato un passaggio coperto, ci ritroviamo sulla grande Piazza Vittorio Veneto, su cui si erge il particolare campanile della Chiesa Parrocchiale e lo scenografico Castello Sforzesco.
Il campanile della Chiesa è molto particolare come la sua vicenda storica. Realizzato in cotto a vista ha linee goticheggianti con eleganti decorazioni ad archetto a sesto acuto, leseneche lo movimentano in tutta la sua altezza ed ha inoltre dei bei rosoni sui quattro lati. Il campanile fu iniziato nel 1871 e non fu mai concluso secondo il progetto originale che lo voleva alto 93 metri. La mancanza di fondi, limitò ik campanile a 45 metri, infatti si presenta anche privo di cella campanaria e cuspide. Rinunciando alla copertura delle campane, il progettista galliatese Ing. Antonio Rigorini, fece costruire un castello in ghisa e ferro a sostegno delle stesse, posto sulla sua sommità, ed è così dal 1880.
Mentre ci avviciniamo al Castello, attraversando la Piazza che è assai spoglia e non presenta caratteristiche particolari, Mattia mi spiega rapidamente la storia del Borgo di Galliate che pare fondata dai galli-celti, forse su un già preesistente abitato. Il suffisso –ate parrebbe ricordare l'origine celtica del Borgo. Una leggenda vuole che nei pressi di Galliate avesse avuto luogo nel 218 a.C, la battaglia tra Annibale e Cornelio Scipione, dove le truppe africane avessero avuto la meglio sulle legioni romane. Il primo documento in cui il toponimo Galeatum compare è nell'840. Il primo nucleo abitato nasce in regione Scaglia, in questo luogo re Berengario nel 911, concede agli abitanti di edificare un castello per difendersi dalle incursioni barbariche. Nel 1092 è certificata la presenza sul territorio di un secondo centro abitato, denominato Galliate nuova. Nell'XI secolo era così diviso in due villaggi e due castelli che dipendevano da due Vescovi. Quello di Galliate Vecchio al vescovo di Novara, quello di Galliate Nuova al vescovo di Milano.
Federico Barbarossa nel 1154, nemico di Milano e alleato di Novara, rade al suolo Galliate Nuovo. I borghi riuniti, dapprima tentano di diventare libero Comune tra il XII e il XIII secolo ma non vi riesce per il disaccordo tra Novara e Milano, divenendolo poi nel 1396 ma anche feudo nel XIV secolo di Galeazzo Visconti che fortifica il borgo e poi successivamente infeudato agli Sforza.
Nel 1476 Galeazzo Maria Sforza, fece edificare l'attuale Castello sulla precedente costruzione viscontea. Galliate rimase feudo di un ramo della famiglia Sforza fino al 1717 per passare poi ai Savoia nel 1738. Durante la Seconda Guerra d'Indipendenza, nel 1859 Galliate ospitò a Villa Fortuna, il quartier generale del Re Vittorio Emanuele II.
Nell'Ottocento, grazie alla realizzazione del canale Cavour, il Quintino Sella e Langosco, si sviluppo sul territorio oltre l'attività risicola anche quella della manifattura tessile, trasformando il Borgo rurale in industriale.
Prima di accedere al Castello, Mattia e Francesca me ne fanno una breve descrizione.
Il Castello è a pianta rettangolare di 108 x 80 metri, circondato da un profondo e ampio fossato, un tempo largo 20 metri. Agli angoli del fortilizio si elevano quattro massicce torri sporgenti e vi sono inoltre altre due torri sui lati maggiori contenenti le porte principali d'ingresso con le loro postierle, un tempo muniti di ponti levatoi e rivellini che servivano da battiponte. Queste due torri contenenti le porte principali presentano beccatelli formati da tre mensole in pietra sporgenti sono poste l'una a mezzogiorno verso il centro del Borgo e l'altra a nord verso, un tempo, la campagna. Il muro di cortina presentano lunghi beccatelli coronati da una merlatura ghibellina. Il muro del lato Ovest venne distrutto nel secolo XVII da una mina ed ora è sostituito da un altro normale muro privo di merlatura e da fabbricati moderni, tra cui risalta l'edificio in forme neogotiche con annessa torretta cilindrica, costruito all'inizio del Novecento. È altresì visibile una moderna costruzione che vorrebbe nascondere la scala antincendio della biblioteca ma che pur essendo realizzata in mattoni a vista, pare un corpo estraneo nel castello.
Il castello è parzialmente proprietà privata e utilizzato da civile abitazione accediamo al interno del suo cortile dove veniamo accolti da Domenico e Pinuccia che gentilmente ci ospitano e mi mostrano la loro abitazione. Sempre Francesca mi racconta delle sale recentemente restaurate ed utilizzate dal Comune come biblioteca e museo. La descrizione della Sala Rossa, Sala degli specchi e sala degli stemmi con i loro affreschi è ampia e esaustiva e mi racconta la magnificenza del luogo. Il Castello ospita anche il museo di arte contemporanea "Angelo Bozzola" dove si conservano le 140 opere donate dall'artista galliatese. Il Castello ospita anche mostre d'arte temporanee oltre al museo dedicato ad Achille Varzi con reperti appartenuti al grande campione di motociclismo e automobilismo.
Comodamente seduti in giardino, al Sig. Domenico, già titolare di una nota pasticceria galliatese, chiedo di raccontarmi del Gramolin, il dolce tipico di Galliate. Un tempo era il dolce che non poteva mancare sulla tavola galliatese il giorno della ricorrenza di San Giuseppe, ora è quasi sempre presente nelle pasticcerie. Il Sig Domenico continua raccontandomi la preparazione, ossia uova, farina, burro, zucchero, con canditi di arancio e talvolta uvetta che impastati a forma di farfallino vengono lucidati con l'uovo e granella di zucchero.
Ma la ricetta principe di Galliate me la racconta la Sig.ra Pinuccia, ed è la Paniscia. Gli ingredienti sono ovviamente il riso, fagioli borlotti secchi, cavolo bianco o verza, sedano, carote, cipolla, pomodori pelati e privi di semi, cotenna di maiale, pancetta tritata, burro, vino rosso e salame d'la duja ossia conservato nello strutto. Mentre la signora Pinuccia mi racconta la sua preparazione, io già sento un languorino, per meglio dire, il desiderio di assaggiarlo immaginandomi anche i profumi. Ma sono altresì curioso di conoscere meglio il Baragieu, uno storico vino rosso gallatese, ormai quasi scomparso. Mi dice il signor Domenico che sono pochi ancora i produttori di questo "Vinello" come lui lo definisce, per lo più prodotto nelle vigne della baraggia.
Dopo aver visto l'antica ghiacciaia presente nel cortile, lasciamo il Castello dopo aver salutato Domenico e Pinuccia per l'ospitalità. Tornati sulla grande Piazza Vittorio Veneto ci dirigiamo verso gli ultimi due edifici che mi ero ripromesso di vedere. Lungo il tragitto Francesca e Mattia mi raccontano dei personaggi illustri di Galliate, come il Barone Pietro Custodi (1771-1842). Costui fu elevato al titolo baronale da Napoleone e fu importante economista e collaboratore di Giuseppe Prina, ministro delle finanze napoleonico per il Regno d'Italia. Curò in un'importante collana l'edizione degli scritti degli economisti italiani dal XVI al XVII secolo i cui libri contabili da lui redatti furono utilizzati fin quando venne istituita la Ragioneria dello Stato della Repubblica Italiana. Altro personaggio fu Giovanni Guarlotti (1869-1954). Costui fu docente di disegno e arte decorativa nella scuola serale dell'Accademia Albertina e alla scuola professionale Maria Letizia. Rimase estraneo alle correnti allora in voga, mantenendo uno stile impressionista. Fu pittore molto legato al mondo agreste, che rappresentò con grande sensibilità e con acuta rappresentazione della realtà vivente, della figura umana e degli animali, ma anche del paesaggio.
Arriviamo nel cantone Porta San Pietro dove incontriamo la Chiesa di Sant'Urbano, sede dell'omonima confraternita. La sua facciata con tetto a capanna é in stile Neoclassico in quanto rifatto a metà Ottocento, mentre il corpo dell'edificio della chiesa è di fine XVI secolo, inizio XVII secolo. Francesca mi spiega che al suo interno vi sono preziosi stucchi del luganese Pietro Cattaneo e una preziosa pala d'altare che raffigura il Papa martire Sant'Urbano con San Rocco.
Mentre proseguiamo la passeggiata, sempre su via Canonico Diana, prosegue il racconto dei personaggi illustri di Galliate, come dell'inventore della chitarra elettrica Valentino Airoldi (1910-1998). Infatti l'invenzione della chitarra elettrica è tutta italiana e fu il giovane Valentino Airoldi che nel 1937 inventò quella che possiamo definire oggi la prima chitarra elettrica "solid body" (quindi priva di cassa acustica) nella quale il suono non veniva generato meccanicamente ed amplificato acusticamente ma "elettricamente" tramite un trasduttore magnetico collegato a una "normale" radio dell'epoca. Costui era un semplice tecnico presso la centrale telefonica di Novara, non comprese l'importanza della sua invenzione né tanto meno vi era il bussines delle sponsorizzazioni e Valentino si limitò a suonare il suo strumento in compagnia degli amici. Sicuramente oltreoceano molti altri negli stessi anni furono più scaltri e raggiunti gli stessi risultati ne fecero commercio.
Interessante anche la storia di Giuseppe Bignoli in arte "Bagonghi" (1892-1939). Giusipin, come lo chiamavano era molto intelligente ma purtroppo era soggetto a nanismo e per questo oggetto di dileggio dai suoi coetanei e non solo. Giuseppe Bignoli era alto 75 centimetri e non poteva fare nemmeno il commesso in un negozio perché non arrivava al bancone. Nell'estate del 1906, assiste ad uno spettacolo del circo Brizio-Pellegrini, in piazza a Galliate. Si diverte e mostra interesse per i giocolieri, acrobati, clown e decide ancora minorenne di andarsene con il circo, senza neppure avvisare i genitori che invano lo cercano. Giusipin invierà poi sempre parte del suo stipendio a Galliate per aiutare la famiglia. Infatti compierà una carriera straordinaria, avventurosa, impareggiabile, conteso dai maggiori circhi di tutta Europa. Addirittura la "Domenica del Corriere" pubblica una copertina a lui dedicata, mentre si esibisce con i cavalli. Tutti i giornali ne narrano le gesta e i successi. Perfeziona la sua tecnica di clown e di cavallerizzo; praticamente vive e dorme con i cavalli. Nel 1910, quando compie 18 anni, viene assunto negli Stati Uniti d'America, prima al circo Wirth, e poi la vetta il circo Barnum, Bailey, Ringling, il più celebre di tutto il mondo.
Giuseppe Bignoli resterà negli U.S.a sino al 1926, partecipando anche a numerose tournée all'estero, tra le quali quella in Australia, dove conosce una nana australiana Irene Thompson, alta un metro e la sposa, ma subito dopo il viaggio di nozze in Polinesia divorzia.
Dopo che il fratello Paolo lo ha raggiunto per aiutarlo nei suoi spettacoli con i cavalli, si ritiene ricco abbastanza e decide di tornare nella sua Galliate. Deve superare il problema di come di portare i suoi guadagni in dollari in Italia; Allora a New York da un calzolaio italiano si fa confezionare dodici paia di scarpe e nelle suole fa inserire diversi pacchetti di dollari e così può raggiungere l'Italia in nave tranquillamente. Ovviamente è accolto a Galliate come un trionfatore. È l'inizio di una vita da film felliniano, gira per Galliate su un cavallo bianco, si fa costruire dalla "Fiat" una "Balilla" speciale, con i comandi adeguati alle sue misure, segue Varzi in tante gare importanti come a Monza e la Mille Miglia.
A 47 anni la vita del nano galliatese si conclude tragicamente nel settembre 1939, quando Giusipin si avventura sul Ticino su un sandolino che non regge alle correnti sotto il ponte e si rovescia. Bagonghi non riesce ad afferrarlo, è travolto e trascinato dalla corrente. Scompare.
Dopo questo esilarante racconto, finito in tragedia arriviamo alla chiesa del monastero delle Orsoline. La chiesa dell'ex convento è dedicata a Sant'Orsola e benché risalga al XVII secolo, l'aspetto attuale è del XX secolo. È definita la chiesa doppia, ossia interna ed esterna. Infatti la navata unica è divisa in due parti da un tramezzo in muratura. La parte anteriore era destinato al sacerdote e ai fedeli, la parte posteriore con accesso diretto dal convento era destinato alle suore orsoline, che essendo di clausura, almeno fino al 1969 non potevano avere contatti con persone esterne.
La mia visita a Galliate è ormai conclusa e raggiungiamo la mia auto, ed è il momento dei saluti, che sono più calorosi che mai per la splendida giornata passata insieme alla scoperta di Galliate. Ormai in autostrada, diretto verso casa, mi sovviene un altro personaggio famoso di Galliate di cui non ho trattano insieme a Francesca e Mattia, ma che necessita ricordare per finire la nostra storia, si tratta di Francesco Peroni (1818-1894). Costui fondò nel 1846 l'omonima azienda produttrice di birra. Francesco Peroni, ultimo nato di una famiglia di pastai attivi si trasferì dalla natia cittadina di Galliate a Vigevano, giudicata più adatta per iniziare una nuova attività imprenditoriale, fondandovi una fabbrica di birra. Nel 1864, Francesco apri un nuovo stabilimento a Roma dal quale iniziò la sua espansione commerciale in tutta Italia e poi nel resto del mondo.