Di questo Comune abbiamo scarse notizie storiche, anche se vi sono testimonianze di epoca romana quando in questa vallata scorreva una via militare. Infatti, sono stati ritrovati nei pressi dell'abitato di Argentera un tratto di antica strada romana, ma furono ritrovate sul territorio, mi hanno raccontato, anche un'iscrizione riguardante una statua eretta in onore dell'imperatore Antonino Pio e una lapide di un prefetto delle Alpi Marittime che accenna agli effetti curativi delle acque della zona.
Argentera e la sua vallata sono state teatro nella storia di diverse battaglie proprio per la presenza del valico alpino, nonché di noti attraversamenti dello stesso Colle della Maddalena. Fu in quest'area che il console romano Marco Fulvio Flacco sconfisse i Vagienni nel 125 a.C. e pochi anni dopo, nel 76 a.C. Pompeo il Grande o Magno, passò da questo valico per recarsi in Spagna a combattere il ribelle Sartorio.
Argentera è citata per la prima volta in un documento del settembre 1204 in riferimento al collum Argenteriae. Il suo territorio fu sotto il dominio dei Marchesi di Saluzzo fino al 1267, quando passò sotto il controllo degli angioini per poi finire sotto il dominio sabaudo nel 1388.
Il toponimo dell'abitato mi induce a pensare che in passato, nella zona vi fossero delle cave d'argento.
Raggiungo così questo territorio molto vasto, occupato da boschi di conifere, larici e pino montano, con moltissimi pascoli ed è coltivato a prato stabile ed a orti. I monti che circondano gli abitati hanno alte cime, tra le quali l'Oserot con i suoi metri 2860, l'Enchestraye che raggiunge i 2995 metri e la Rocca dei Tre Vescovi con i suoi 2867 metri.
Argentera è un comune sparso con molte borgate come Argentera, Bersezio, Ferrere, Le Grange, Severagno, Villaggio Primavera, Prinardoe Serre. Mi fermo subito a Bersezio che è l'abitato più popolato del comune e sede municipale. Le acque del torrente Stura corrono tumultuose a ridosso del Borgo, il suo fragore della corsa tra i sassi e il colore argenteo delle acque mi incantano. Sono circondato da antiche case con tetti spioventi, muri in pietra, strette strade selciate in porfido. Le case del centro storico raccontano storie di vita di montagna, i balconi fioriti con gerani e altri fiori tipici rendono vivace e colorato il Borgo. Alle finestre di legno ci sono tende in pizzo e belle fioriere e qualche gatto sornione che da dietro i vetri mi osserva. Ogni tanto trovo ancor dipinta su vecchie costruzioni che avevano anche la stalla annessa, antiche scritte che ricordano quanti alberghi Bersezio aveva per i viandanti che transitavano per il valico della Maddalena, come quello dell'Hotel de la Chasse Royale.
Mi aggiro tra le stradine con il naso all'insù quasi a volere annusare l'aria, ma il Borgo è talmente caratteristico che la mia curiosità è tanta. Ogni tanto incrocio qualche anziano abitante che di soppiatto mi scruta, raggiungo così la Chiesa di San Lorenzo. L'edificio religioso è ad aula unica e conserva murata, sul fianco esterno, un arula marmorea romana, rappresentante forse Ercole e Marte che stringono un unica lancia, posti all'interno di un tempietto. La facciata della Chiesa è semplice con tetto a capanna, l'ingresso è anticipato da una gradinata in pietra e sopra la porta è collocata un oculo. Solo la facciata è intonacata, mentre il resto dell'edificio è in pietra, ivi compreso il massiccio campanile cuspidato romanico. Quest'ultimo presenta delle bifore e due meridiane datate 1722. Accedo all'interno della Chiesa e rimango piacevolmente colpito dall'ordine e dalla luminosità. Mi soffermo davanti all'altare del Rosario in legno dorato con colonne corinzie. Vi è conservato un bel dipinto con la Vergine e il bambino Gesù tra San Domenico e Santa Caterina con scene dei misteri del Rosario.
Dopo questa interessante visita raggiungo i margini del Paese, dopo essere transitato sotto il Palazzo Comunale, sulla cui facciata sono affisse le lapidi che ricordano i caduti di tutte le guerre e una grande croce Occitana, raggiungo la chiesetta della SS Trinità che si presenta con tetto a capanna, un piccolo ingresso affiancato da due finestrelle e un oculo sotto il culmine del tetto. Raggiunto questo luogo vi trovo grandi e moderni edifici costruiti in stile tipico di montagna, distanziati tra loro da ampi prati. Sedutomi sulle panchine poste a ridosso della chiesetta mi domando dove fosse stata ubica un tempo la Chiesa di Sant'Antonio degli Ospitalieri e l'ospizio; la Chiesa era ancora esistente nel 1584, poi se ne sono perso le tracce. Era un tempo citato anche un Castrum Brecesii ma di cui non vi sono più vestigia. Il nome Bersezio compare in un documento nel 910 citato come Curiae Breces ed ancora in un documento del marchese di Saluzzo del 1163.
Lentamente torno all'auto e abbandono questo Borgo in direzione del Colle della Maddalena. Proprio appena fuori dalla borgata vi sono gli impianti di risalita della stazione sciistica. Dopo qualche chilometro, sempre accompagnato da paesaggi suggestivi raggiungo Argentera, antica sede comunale. Questa borgata si sviluppa sostanzialmente intorno alla Strada Statale, s'affaccia anche sulla strada la Chiesa di San Pietro. La Chiesa fu eretta nel 1545 su un precedente religioso e successivamente ricostruita nel 1770 visto l'aumento della popolazione. Ora purtroppo la borgata è quasi disabitata e si rivitalizza solo nei periodi di ferie estive o nelle settimane bianche. La facciata della Chiesa si presenta semplice, con tetto a capanna con un solo portate e una grande finestra rettangolare dagli angoli smussati. La facciata è interamente affrescata e nel timpano è dipinta la Trinità. Il portone della Chiesa è chiuso, ma dalle fattezze si comprende che è a navata unica. Avevo comunque avuto modi di sapere che conserva due importanti opere d'arte: una tela con l'Assunzione della Vergine tra i santi Pietro e Paolo e un Crocifisso popolarmente chiamato “il Benedeto Crouchifis” o “Beat Crist” ossia Benedetto Crocifisso. Un tempo questo Crocifisso del XV secolo era conservato nell'Oratorio della Confraternita del Nome di Gesù, oggi trasformata a civile abitazione. Il crocifisso è molto venerato fin dai tempi antichi sia perché fu visto grondare sangue, sia perché nonostante le chiese in cui fu collocato furono distrutte, il crocifisso rimase sempre intatto. Inoltre, nel 1957, fu incautamente prestato dal parroco e per questo motivo si dice che il torrente Stura esondò creando una devastante alluvione. Di certo è che il Crocifisso fu presentato da Don Bosco nel 1864 quando scrisse la biografia di Francesco Besucco. Questo giovane pastorello salesiano allievo di Don Bosco del quale il Santo scrisse una biografia, era nativo di Argentera, figlio di contadini molto poveri e religiosi. Al suo sostentamento ed istruzione provvide il parroco, tanto che desiderò di poter entrare all'Oratorio di Valdocco fondato da Don Bosco. Nei suoi quattro mesi di permanenza a Valdocco, il ragazzo si rese sempre disponibile a ogni servizio e fu d'esempio agli altri giovani per la sua saggezza contadina. Si ammalò di polmonite per essersi sottoposto a penitenze corporali troppo severe e morì la sera del 9 gennaio 1864, a tredici anni.
Continuo la mia salita verso il Colle della Maddalena, la vegetazione si fa sempre più rada, prati e dolci valloni accompagnano l'irta salita che si sviluppa con i suoi numerosi tornati. Sono molte le mucche al pascolo che ruminano la verdissima erba. In un tornante trovo molti ruderi di antiche case, si tratta della borgata Grange, era l'ultima borgata prima del Colle della Maddalena. Grange, era una borgata costruita con la caratteristica tipologia abitativa delle case alpine. Il Paese fu distrutto per un incendio appiccato, durante il secondo conflitto mondiale dalle truppe naziste, durante la ritirata nel 1945. Stessa sorte toccò ad altri villaggi in valle, oltre efferatezze di ogni tipo.
La strada continua a salire, tornante dopo tornate, trovo sulla mia destra una fontana con una grande vasca, è quella che mi è stata indicata come la Fontana di Napoleone. Infatti secondo la tradizione popolare sarebbe stata fatta costruire da Napoleone intorno a 1800 durante una delle sue discese in Italia.
La mia strada prosegue, sono molti i motociclisti che incontro sul mio percorso ma anche diversi autotreni. Raggiungo così le rive del Lago della Maddalena. A questo caratteristico Lago alpino è legata una leggenda che vuole che un tempo al posto del lago vi fosse un bellissimo prato adibito a pascolo, sui cui una pastorella di nome Maddalena portava il gregge. La ragazza aveva dei fratelli che erano emigrati e i suoi genitori vollero lasciare i pascoli a Maddalena. Ma quando i genitori morirono, i fratelli di Maddalena tornarono e riuscirono a far annullare il testamento steso a favore della loro sorella. Maddalena rimase delusa e tornò per un ultima volte sui verdi pascoli e rivolgendo una preghiera a Dio gli chiese che quel luogo non potesse essere di coloro che disprezzavano la giustizia e i deboli. Ascoltata la preghiera Nostro Signore fece allagare il prato tanto da trasformarlo in lago.
Raggiungo così il valico del Colle della Maddalena, per i francesi Col de Larche in quanto vi passa il confine tra le due nazioni. Lasciata l'auto nell'ampio parcheggio dapprima mi aggiro tra i vedi e lussureggianti prati fioriti. Nei libri scolastici, avevo studiato che il Colle della Maddalena, divide le Alpi Marittime dalle Alpi Cozie. Chissà se il nome deriva dalla leggenda della pastorella o dal culto di Maria Maddalena magari legato alla presenza sul valico di una antica cappella.
Sono molteplici le varietà di fiori che mi diverto a fotografare, la ricchezza della flora, tra le specie interessanti o appariscenti sono da ricordare Tulipa australis, Epilobium angustifolium, l Achillea millefolium la Centaurea scabiosa, la Primula farinosa e molte altri fiori.
Sono pendii dolci, con ondulazioni prative che invitano a passeggiare. Nei pressi di dove ho parcheggiato l'auto c'è una stele che ricorda il grande Fausto Coppi che qui scrisse una delle pagine più epiche del ciclismo. La Maddalena è infatti il primo dei cinque colli della mitica tappa del Giro d'Italia Cuneo-Pinerolo del 1949 sulla quale salita al Colle diede inizio alla famosa fuga che lo portò a trionfare nella tappa. Sul Colle vi è il rifugio della Pace con bar ristorante e dei posti letto. Forse qui un tempo vi era il posto dell'antica dogana. Mi reco al Rifugio per ristorarmi. La cucina mi propone tutti piatti rigorosamente tradizionali e preparati in loco. Purtroppo ho tanto ancora da vedere ad Argentera e mi accontento di un buon panino casareccio con formaggi locali e una buonissima crostata di frutti di bosco. Mentre dalla finestra di questo fantastico luogo ammiro il paesaggio incantevole che mi circonda, non posso fare a meno di ricordare quanti eserciti il Colle ha visto passare, proprio perché aveva una posizione strategica dovuta al fatto che la sua altezza è minore rispetto ad altri valichi che uniscono Italia e Francia.
Oltre ai già citati passaggi delle legioni romane al comando di Pompeo Magno nel 76 a.C vi sono transitate le orde celtiche di Belloveso e dell'imperatore Graziano nel 378, Francesco di Francia I nel 1515 attraversò questo colle per iniziare le sue conquiste in Italia, mentre durante le guerre di successione europea vi transitarono eserciti spagnoli, francesi, piemontesi e austriaci, durante la rivoluzione francese vi passarono gli eserciti napoleonici e nel 1945 le truppe naziste.
Dopo aver respirato questa fresca e benevola aria, gustato una piccola colazione, scendo verso Bersezio. Rimango sempre benevolmente colpito dai panorami che mi circondano con boschi di larici, di pino uncinato, e più in basso di betulle. Sono tantissimi i torrentelli che incontro con le loro acque fresche che con il loro scrosciare sui massi sembrano cantare.
Raggiunto Bersezio, superato agevolmente il torrente Stura su un piccolo ponte, inizio nuovamente ad inerpicarmi su una stretta stradina, priva di sponde di protezione. Già dopo centinaia di metri il panorama su Bersezio che si fa sempre più piccolo è bellissimo. Mentre percorro la strada, che presenta del ghiaino sulla carreggiata, mi auguro di non incontrare nessuna auto che marcia in senso contrario. Passo angoli bellissimi, sotto boschi frondosi e in vallette che sembrano dipinte da pittori impressionisti.
Raggiungo così la mia meta. Ferrere un caratteristico villaggio posto a 1888 m. s.l.m. La borgata è disposta sopra un un'ampia conca ricca di pascoli. È realizzato nella architettura alpina ed il sole che lo baciava, già da lontano lo rendeva assai luminoso. Un tempo da questo villaggio partivano tanti sentieri che valicavano le montagne e raggiungevano la Francia, vere e proprie vie per il contrabbando attraverso il Colle del Ferro o del Puriac.
Il toponimo suggerisce che nella zona in un lontano passato fossero aperte miniere per l'estrazione di metalli. Purtroppo nel dopoguerra gli abitanti abbandonarono le loro abitazioni per trasferirsi nei borghi maggiori della Valle Stura e in pianura per trovare una fonte di maggior guadagno. Ora molte delle case sono state restaurate e sono utilizzate da villeggianti.
Lasciata l'auto mi aggiro tra le case, su stradine che sono poco più che sentieri mi ritrovo davanti al museo “Mizoun dal countrabandier” infatti il contrabbando era un attività che i suoi abitanti svolgevano per integrare il guadagno delle attività silvo-pastorali e agricole. L'abitazione che ospita il museo è stata restaurata conservando gli antichi locali e arredi e l'attrezzatura che utilizzavano i contrabbandieri per raggiungere la Francia e vendere, ma anche barattare burro, sale, tabacchi e pelli. Dalla strada, mentre raggiungevo Ferrere ho visto due campanili, il primo era quello della Chiesa di San Giacomo che mi ha accolto appena arrivato, ora ho trovato il secondo, più minuto e tutto in pietra, ormai solingo, parte di una antica cappella sempre dedicata a San Giacomo ormai crollata di cui rimane solo la parete absidale.
Girovagando trovo un antica insegna che ricorda il posto di ristoro Stella Alpina oltre ad un vecchio forno utilizzato solo durante la festa di San Giacomo. Visto l'ambiente non mi meraviglierei di sentire il suono di una Ghironda dietro a qualche finestra.
Raggiungo così la Chiesa di San Giacomo, un edificio ricostruito a inizio del XX secolo, su una chiesa già attestata nel Seicento. La facciata della Chiesa è graziosa, con tetto a capanna con una serie di archetti che le fanno da coronamento e grande rosone posto al centro della facciata. Ha un ingresso unico con un doppio portale ad arco tutto sesto. Due nicchie vuote accompagnano ai lati il portale. Il suo interno a navata unica è luminoso, pavimento in legno e conserva una bella statua del Santo patrono che viene portato in processione in occasione della festa del 25 luglio. Mi reco al vicino il rifugio Becchi Rossi, principale punto di riferimento dell'abitato ed unica attività commerciale.
Lo spuntino fatto sul Colle della Maddalena mi ha stimolato l'appetito e vista l'ora ho chiesto all'oste se posso sfamarmi. Mi accomodo su una panca che guarda verso la vallata, mentre attendo il mio desinare, un quartino di vino rosso, una bella polenta con salciccia e formaggio ai ferri, inizio a chiacchierare con Oscar. Costui è il gestore con cui converso simpaticamente sugli sport che è possibile fare in zona e così scopro che Oscar è stato l'allenatore della nazionale Svizzera di scialpinismo ed ex Direttore tecnico della nazionale italiana di scialpinismo. Dopo il pasto, mi soffermo un po' di tempo a godermi il sole, mi accorgo così che non sono il solo ad aver colto quest'occasione per riposarmi, ma anche due marmotte simpaticamente si rincorrono nel prato sottostante. Questo splendido e simpatico roditore può essere adottato a simbolo di questo splendido posto che d'inverno, quando è ricoperto di neve, potrebbe sembrare una cartolina natalizia se non addirittura il paese di Babbo Natale. Anche splendidi fiori di Eryngium alpinum, comunemente chiamata la Regina delle Alpi dai bellissimi colori blu sembrano aver scelto questo angolo nascosto del Piemonte.
Lascio Ferrere e mi inoltro sulla strada del ritorno, sempre cauto e strombazzante nelle curve di questa stretta strada, sosto nei pressi della Fontana Cofarun per riempire la borraccia di acqua fresca di montagna.
Raggiunta la Strada Statale 21 mi dirigo verso valle, fino ad attraversare il nuovo villaggio Primavera, e dopo pochi chilometri faccio una breve deviazione e mi fermo a Prinardo.
Questa piccola borgata, posta sulla destra del torrente Stura, ha un antica e piccola cappelletta dedicata a Santa Maria Maddalena e Mauro abate con un piccolo campanile in facciata. Si fa risalire la costruzione di questo edificio intorno all'Anno Mille dai monaci di San Dalmazzo. Il suo interno è lindo e abbellito con bei fiori campestri.
Ormai è ora di abbandonare Argentera non faccio in tempo a visitare Severagno un'antica borgata di cui ormai rimane solo qualche rudere raccolto intorno alla Chiesa di San Giuliano, ma anche la borgata di Serre.
Argentera con i suoi borghi e i sentieri è uno di quei luoghi dove è piacevole camminare anche senza una meta precisa, incontrare ruscelli, vallette e le guardinghe marmotte in una distesa di fiori colorati.