Raggiungo così agevolmente il territorio di Cartosio. Il luogo fu abitato fin dai tempi più remoti, forse dal Neolitico. Sicuramente fu abitato dai Liguri Statielli, popolazioni autoctone che erano divise in tribù. Si pensa che tra Cartosio e Ponzone, in una località chiamata Caristia, vi fosse l'insediamento ligure di Caristo, altri pensano sia identificabile con Acqui Terme, luogo certamente a quell'epoca già abitato. I Liguri Statielli avevano come centro di rifermento "l'oppidum di Caristo" ma abitavano anche vari "oppida minori". Caristo è importante per la battaglia, citata da Tito Livio, avvenuta nel 173 a. C. quando i Romani inviarono in questi territori il console Marco Popilio Lenate. In tale cruenta battaglia i Romani vinsero i Liguri Statielli, distrussero la città di Caristo, e le popolazioni locali furono trasferiti a forza oltre il Po. Successivamente il Senato romano deliberò che i Liguri Statielli fossero rimessi in libertà e risarciti dei danni sofferti per il trattamento riservato ai vinti.
In epoca romana il luogo era abitato e abbastanza sviluppato, infatti in occasione di scavi, furono ritrovati diversi reperti. Tanto che è proprio da Cartosio che ha origine la presa delle acque del torrente Erro, con una condotta in parte sotterranea e in parte esterna sospesa su archi, costruito dai Romani in epoca augustea, I sec. a.C. L'acqua prelevata veniva convogliata alla città romana di Aquae Statiellae, l'attuale Acqui Terme. Con l'Alto Medioevo Cartosio è sotto la giurisdizione del comitato di Acqui, sino al 1052 quando l'Imperatore Enrico III concede alla Chiesa d'Acqui la giurisdizione su tale città, su Cartosio e altri centri del territorio acquese.
Il Comune di Cartosio rimase sino al secolo XIV di proprietà dei Vescovi di Acqui. Il Vescovo di Acqui Enrico II il 3 febbraio 1258 concesse in enfiteusi per quattro anni, i beni in Cartosio ad Enrico di Albareto e il successivo atto di investitura del Comune da parte del Vescovo Oddone Bellingeri del 9 dicembre 1307, fu a Opizzo Mori di Ponzone. Come molti altri centri della zona, anche Cartosio passò sotto il controllo dei Marchesi del Monferrato. In seguito i Savoia entrarono in possesso di tutto il territorio e investirono del feudo di Cartosio ad Antonio ai Marchesi del Carretto e agli Asinari, esponenti di una delle famiglie nobili e potenti banchieri di Asti. Durante la discesa napoleonica in Italia, Cartosio fu teatro di numerose razzie e devastazioni, tra le quali fu distrutto anche parte dell'archivio storico del Comune. Il tragico evento ci è ricordato dal notaio Giacomo Antonio Roffredo che così lo descrive: "Gli 11 agosto 1799 in quindicimila francesi sotto gli ordini del generale Seras, dopo d'aver fatto incendiare e saccheggiare i villaggi, case e Cassine, che s'incontrarono sulla di lui rotta da Dego a Cartosio (i cui abitanti spaventati all'arrivo dell'armata, senza avere scampo a mettere in salvo i suoi effetti, se ne fuggirono, permise, se non altro, l'uccisione di ben venti persone e l'incendio di ben quaranta tra case e cascine, ed il saccheggio totale nelle case di quelli abitanti). Incaminati all'alessandrino, dove quattro giorni dopo nelle vicinanze di Novi e Pasturana ricevettero la celebre sconfitta dal generale russo Suwarow".
Con la Restaurazione anche Cartosio seguì la storia del Regno d'Italia prima e della Repubblica poi. Il toponimo Cartosio è documentato nel 1041 come Cartausius poi come Cartoxius nel 1052, probabilmente derivante da un nome gentilizio latino Cartosius, connesso al numerale quartus donde in nome di persona Quartus.
Prima di raggiungere il capoluogo faccio una breve deviazione sulla mia sinistra a vedere l'abitato di Rivere. Percorro una zona pianeggiante, creata dalle diverse esondazioni del torrente Erro che l'hanno resa fertilissima. Sulle origini di questa frazione non vi sono molte notizie storiche. Tra le diverse belle case e cascine di campana degna di nota vi trovo la Chiesetta di San Giovanni Battista, costruita attorno al 1925. L'edificio in origine era un magazzino, venne donato alla parrocchia dopo la Prima Guerra Mondiale per tener fede ad un voto fatto. Ora si presenta con un tetto a capanna, navata unica absidata.
Rientro sulla strada principale, ma raggiunto la borgata di Colombara, girato sulla destra supero il ponte sul torrente Erro e dopo poche decine di metri, lungo la Strada Provinciale 222 di San Martino e che conduce in Val Bormida, trovo la piccola, ma carina Chiesa di San Martino, costruita nel 1636 e riedificata in seguito ad un'alluvione. Anch'essa dalle semplici fattezze con tetto a capanna è abbellita da fiori sulle sue piccole finestre ed è circondata da verdi campi fioriti. Ritornato sulla strada principale mi inerpico lungo una strada stretta, ma panoramica, in direzione Garini. In bella posizione vi è la Chiesa di San Pietro Apostolo.
Di questo piccolo ma interessante edificio non ho raccolto notizie storiche, ma la sua posizione, le sue condizioni perfette ne segnalano la grande devozione delle genti del posto. Un bel vialetto, incorniciato da una siepe, mi conduce alla piccola chiesetta, interamente intonacata, con tetto a capanna e pronao che anticipa l'accesso. La facciata presenta due alte finestre ad arco a tutto sesto, poste ai lati del pronao e dell'accesso alla Chiesa. Un oculo è posto sotto il frontone e un bel campanile che s'innalza sul retro, sembra voler vigilare sull'intera valle. Questa è una stagione bellissima che mi permette di godere di tutti i colori di una tavolozza di un pittore.
La mia escursione in Valle Erro mi trova già da ora soddisfatto e voglio così scoprire cosa la giornata mi prospetta. Rapidamente raggiungo la strada che conduce a Cartosio paese. Sulla strada, in località Castellarolo, c'è il cimitero e la Chiesa di San Rocco. Anche questa Chiesa è interamente intonacata e ben conservata.
Colgo l'occasione per fare una visita ad un illustre ospite sepolto nel cimitero di Cartosio. Non è stato difficile trovare il luogo di sepoltura di Umberto Terracini, nato a Genova il 27 luglio 1895 e deceduto a Roma il 6 dicembre 1983. Terracini, presidente dell'Assemblea Costituente della Repubblica Italiana e dirigente del Partito Comunista Italiano, è legato a Cartosio dal 1948, anno in cui si sposò con l'attrice Maria Laura Gaino, in arte Laura Rocca, figlia del medico condotto del paese. Nella cappella di famiglia, che ospita il Senatore Umberto, vi è anche la moglie e il figlio Massimo Luca nato dalla loro unione nel 1957. La moglie Maria Laura Gaino nacque a Pasian di Prato il 5 ottobre 1917 e morì a Roma, 6 maggio 1999, fu un'attrice e scrittrice italiana, attiva fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta in diversi film. Figlia di Oreste Gayno, cartosiano, capitano dell'Esercito e di Maria Borneto, genovese, trascorse la sua adolescenza a Pegli, ma trascorse lunghi periodi della propria esistenza proprio nel paese natale del padre. Fin da adolescente recitò in compagnie filodrammatiche per diventare, dopo un lungo apprendistato teatrale, verso i trent'anni, attrice professionista. Maria Gayno assunse in quegli anni il nome d'arte di Maria Laura Rocca, dal nome della nonna, Ottavia Rocca. Si sposò in prime nozze nel 1937 con Giuseppe Bisazza e da lui ebbe un figlio, Oreste, anch'egli attore di prosa con il nome di Oreste Rocca. Dopo l'8 settembre 1943, Maria Gayno, ebrea, fu costretta a fuggire col figlio in Svizzera dove fu internata in un centro profughi. In questo centro profughi conobbe Umberto Terracini Costoro si sposarono nel 1948 ottenuto l'annullamento del primo matrimonio con Giuseppe Bisazza. Maria Laura Rocca, approdò nel 1950 al cinema, recitando accanto a Totò nel film Totò Cerca Moglie. Negli anni seguenti fu presente in più di venti pellicole tra le quali in "Actung! Banditi!" del 1951, accanto a Gina Lollobrigida e Andrea Checchi. Ritiratasi dal cinema, a metà degli anni Sessanta si dedicò con lo pseudonimo di Mary Eller alla sceneggiatura. Suo il soggetto e la sceneggiatura del film L'inafferrabile invincibile Mr. Invisibile (1969), con la regia di Antonio Margheriti, campione di incassi al botteghino, soprattutto in Spagna. Nel 1959 pubblicò il libro "Cina senza muraglia", un interessante diario di viaggio su una Cina che allora era sostanzialmente sconosciuta nel mondo occidentale.
Un altro noto cartosino fu Giovanni Pettinati, natovi il 6 marzo 1926 e morto il 25 aprile 1994 a Cartosio, fu un ciclista su strada italiano. Professionista dal 1951 al 1962, vinse una tappa al Giro d'Italia 1954.
Sicuramente noto è Ascanio Asinari (XVII secolo) che militò con i veneziani. Fu fatto prigioniero dai Turchi nello scontro di Famagosta e ne rimase schiavo per sette anni. Fu altresì prevosto del Duomo di Asti e fondò a Cartosio l'Opera Pia delle povere figlie.
Proseguo il mio viaggi fino a raggiungere Piazza Terracini ove si staglia la bella torre medioevale. Parcheggiato l'auto, per prima cosa mi dirigo ad ammirare la torre, che è ciò che rimane dell'antico castello, ora nel suo sito insistono case private. Negli anni venti erano ancora visibili i ruderi di un castello feudale di cui avevo avuto modo di vedere una cartolina d'epoca che ne mostrava le vestigia. Il castello fu eretto tra il XIII e il XIV secolo, costruito a sua volta su ruderi preesistenti. Anche la torre medievale fu edificata tra il XII il XIII secolo. Questa è alta 22 metri e ha una pianta rettangolare, in origine la torre raggiungeva i 25 metri di altezza, perché presentava un parapetto merlato, distrutto il 2 dicembre 1296 dalle milizie Astigiane. È formata da sette vani posti uno per piano. Il primo piano era adibito a cisterna ed alimentato da acqua sorgiva ancora oggi attiva, poi un piano dedicato a prigione, gli altri ancora a magazzino per scorte alimentari, cucina e mensa, dormitorio e l'avvistamento per i militari e da qui si poteva raggiungere una terrazza per la vedetta. Ad una altezza di 11,5 metri dal suolo vi è un apertura detta "pustella". A questa apertura si accedeva tramite un ponte levatoio che poggiava su un muro del castello limitrofo.
Ai piedi della torre vi è un monumento dedicato ai caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, composto da due lastre in marmo su cui sono incisi i nomi.
Mi avvio verso il cuore del Borgo, trovo molta pulizia nelle strade, case ben tenute con diverse attività commerciali di ogni tipo, la gente che incontro mi porgere un cenno di saluto, i ragazzini possono permettersi di giocare per strada perché le auto in circolazione sono poche.
Raggiungo così la Piazza ove si erge la Chiesa Parrocchiale di Sant'Andrea Apostolo. La Chiesa fu edificata intorno al 1600 anche se non si conosce la data esatta ed è dedicata oltre che a Sant'Andrea Apostolo anche al secondo patrono San Concesso Martire. Sembra che fosse stata edificata nel luogo in cui sorgeva la Chiesa campestre di San Pietro Apostolo.
La facciata di forme tardo-barocche, non priva di influenze neoclassiche, ha un elegante protiro su colonne ioniche e un bel portale settecentesco di ingresso. La Chiesa ha un tetto a salienti e la facciata è divisa in due ordini, quello inferiore è diviso in cinque parti da leggere lesene e conserva ai lati dell'ottocentesco protiro, due nicchie con le statue in cotto del Salvatore e la Madonna orante. Il secondo ordine trova nella parte centrale un alto timpano semicircolare, che sembra sorretto da due lesene e un grande oculo centrale alla facciata stessa, due costruzioni degradanti con volute volgono sulle navate laterali. Un bel e alto campanile è posto sul retro dell'edificio.
Entro all'interno, la chiesa consiste di tre navate e sono presenti tre altari in marmo. Ai lati dell'altare maggiore si trovano due affreschi del Laiolo, l'Annunciazione e l'Orazione nell'Orto degli Ulivi. È presente nella navata di sinistra la statua del 1705 di San Concesso, martire della legione tebea e coopatrono di Cartosio e di San Sebastiano. In Chiesa è conservata un'antica Bibbia del 1526 scritta in latino-gotico. L'interno dell'edificio è molto illuminato grazie a dieci vetrate decorate.
Uscito dalla Chiesa decido di andare a vedere altri monumenti presenti nel comune di Cartosio e per farlo devo riprendere l'auto. Mi dirigo dapprima in Via Ponzone ove c'è l'Oratorio dell'Ascensione, una piccola chiesetta con tetto a capanna e piccolo campanile sul retro, anticipata da un sagrato di verde prato. Con l'auto proseguo per la Regione di Pallareto dove voglio visitare la Chiesa della Natività di Maria Vergine, ma prima una sosta d'obbligo è al Monumento dedicato ai caduti di un incidente aereo ivi avvenuto la mattina del 7 dicembre 1940. Il monumento si compone di una base a gradoni sulla quale è posto un cumulo di pietre bianche che sorregge una lapide di marmo e un'elica spezzata dell'aereo.
Un Savoia-Marchetti S.M.79 precipitò a causa di un'avaria al motore, oppure per le cattive condizioni meteorologiche causando la morte del Generale di Corpo d'Armata Pietro Pintor, designato Presidente della Commissione Italiana d'Armistizio con la Francia (CIAF), e il Generale di Squadra Aerea Aldo Pellegrini, asso degli idrovolanti nella Prima Guerra Mondiale, assieme a loro, perirono anche il Colonnello Pilota Attilio Corti, il Maggiore Cesare Quinto, il Capitano Pilota Giuseppe Cadel, il Maresciallo Motorista Ettore Alberi e il Sergente Maggiore Marconista Paolo Cinti. L'incidente avvenne mentre raggiungevano la città di Torino, sede designata della Commissione Italiana di Armistizio con la Francia.
Dopo una sosta a questo luogo di dolore raggiungo il Santuario della Natività di Maria Vergine. L'edificio è immerso nel verde in una posizione panoramica, ha una semplice facciata a capanna e conserva oltre a pregevoli arredi lignei, ex-voto dipinti. Purtroppo non ho trovato molte storie di questo importante luogo di culto mariano. ma credo che sia databile intorno al XVI secolo. Riprendo l'auto e rientro verso il capoluogo e, lungo Viale Papa Giovanni XXIII, trovo, oltre all'edificio Comunale, il Monumento all'Alpino, dedicato ai caduti del Corpo degli Alpini. Ma quello che mi ha colpito è il "Cammino per la Pace". Questo è un viale alberato, un percorso simbolico, in memoria di tutti i caduti, in cui su ogni albero, vi è una targa in legno che riporta il nome di un caduto.
Proseguo sulla Strada Provinciale 334, supero un tratto del torrente Erro ove d'estate una moltitudine di persone si ferma a godersi il sole e a refrigerarsi lungo le spiagge del corso d'acqua. Poco dopo prendo la Strada Provinciale 212 della Pieve e che conduce a Ponzone, che incrocio sulla mia sinistra.
Raggiungo così l'ultima tappa della giornata, ossia Saquana. La frazione di Saquana sorge tra i rii Taravorno e della Madonna, sul tracciato di un antica mulattiera che un tempo conduceva al mare. L'etimologia di Saquana deriverebbe, secondo una tesi, dalla parola acqua, ciò è dalla presenza di numerose falde acquifere. Altri lo vogliono collegato alla dea Celtica Sequana, legata ai culti delle fonti. Le abitazioni sono pressoché cascine in pietra con stalla e fienile in pietra. Un tempo la borgata era densamente popolazione, infatti era presente una scuola elementare con pluriclasse. L'attività della popolazione era ed è prevalentemente dedicata all'agricoltura e all'allevamento. Al suo interno, grazie alle indicazioni di una anziana Signora, trovo la Chiesa di San Bernardo e San Defendente anche se è conosciuta per lo più come Chiesa campestre di San Bernardo.
La Chiesa è già attestata nei documenti a partire dal 1636. La facciata della piccola chiesetta, interamente intonacata, è a capanna con una sola porta d'accesso con affiancate due piccole finestre quadrate e una semilunetta sopra l'architrave. La chiesetta è dotata di un piccolo campanile posto sul retro. Conserva all'interno la statua in legno dell'abate francese Bernardo di Chiaravalle. Interessanti è un affresco, un ex voto, con la figura del committente inginocchiato con abiti secenteschi, assorto in preghiera, oltre ad interessanti elementi pittorici, tra i quali un ex voto ed alcune volute a motivo vegetale, databili tra il XVII e il XVIII secolo.
La giornata ormai si è conclusa è sono felice di aver scoperto questo piccolo Comune, una piccola perla dell'acquese che non finirà mai di stupirmi.