Blog di Dante Paolo Ferraris

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Aquileia: 28 ottobre 1921 - 4 novembre 2021 (I parte)

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AquileiaLa città di Aquileia mi ha sempre attratto, soprattutto per la sua storia che l'ha vista protagonista per secoli. Quest'anno sono attratto in modo particolare proprio per un anniversario di una vicenda storica che non solo mi ha incuriosito ma ha stimolato passione ed emozione. Ed eccomi in auto a macinare molti chilometri per finalmente visitare Aquileia.
Giunto nella cittadina, pregna di storia, ove antico e moderno si contaminano come le sue mille storie che in queste poche ore cercherò di fare mie.
Aquileia fu Colonia romana fondata nel 181 a.C., fu altresì capitale della X regione augustea e metropoli della chiesa cristiana.
I primi coloni furono 3500 fanti romani con le rispettive famiglie che facevano parte dell'esercito comandati dai triumviri romani Lucio Manlio Acidino, Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, mandati dal Senato a sbarrare la strada ai barbari che minacciavano i confini orientali d'Italia. La città dapprima crebbe quale base militare per le campagne contro gli Istri, i Carni e di altri popoli per poi diventare importante crocevia per l'espansione romana verso il Danubio.
Da subito, dopo aver parcheggiato e sorseggiato un caffè nella piazza Capitolo mi reco a visitare la magnifica Basilica.
Questa è la Chiesa più importante di Aquileia ed ha antichissime origini apostoliche. Basta pensare che ad Aquileia, San Marco inviato da San Pietro, evangelizzò la città, e consacrò Sant'Ermagora primo Vescovo di Aquileia. Non a caso la Basilica è il più antico edificio di culto cristiano dell'Italia Nord-Orientale. La prima Basilica di Aquileia venne edificata successivamente all'editto di Costantino o editto di Milano del 313 d.C, per volontà del Vescovo Teodoro. Tra il 1021 ed il 1031 la basilica venne ricostruita per desiderio del Patriarca Poppone, e venne edificato il bel campanile isolato dall'edificio sacro.
Dopo i danni arrecati dal terremoto del 1348, la Basilica venne ulteriormente restaurata in stile gotico, tra il 1350 e il 1381. Successivi sono gli interventi in puro stile rinascimentale, realizzati prevalentemente nel periodo della dominazione veneziana. L'attuale Basilica si presenta, nel complesso, in forme romanico-gotiche.
Pagato un carnet di biglietti necessari all'accesso ai monumenti presenti ad Aquileia, inizio la mia visita. La facciata della basilica è a doppio saliente, è caratterizzata da un'ampia bifora centrale, mentre l'accesso è sotto un ampio portico, il cui accesso è consentito attraverso tre semplici portali, di cui quello centrale molto più grande. Questo portico funge anche da atrio realizzato su colonne e costituisce elemento di raccordo della facciata con un edificio originariamente a due piani, la cosiddetta chiesa dei pagani. Quest'ultimo è così chiamato perché vi si radunavano i catecumeni. A questa chiesa dei pagani è unito il Battistero. In attesa in coda per entrare,osservo i bei capitelli delle colonne dell'atrio.
Appena supero il portale d'accesso, rimango basito dallo splendore che mi si prospetta. L'interno della basilica patriarcale di Santa Maria Assunta è a croce latina, a tre navate e presenta il presbiterio rialzato. Il grande pavimento musivo è percorribile grazie ad un percorso obbligato su un percorso pedonale trasparente. Questo mosaico ricopriva l'Aula Sud della prima basilica quella Teodoriana. Infatti questo era uno dei tre ambienti principali che costituivano la sede vescovile eretta al tempo dell'imperatore Costantino. Lo straordinario pavimento a mosaico di inizio del IV secolo, con scene dell'antico testamento, fu nei secoli ricoperto da altre pavimentazioni e solo ad inizio XX° secolo venne riscoperto e messo in luce.
Inizio la mia visita e sinceramente lo sguardo si perde tra i singoli mosaici del pavimento e lo splendore dell'intera costruzione. Lo sguardo cade sui capitelli che furono scolpiti nella prima metà dell'XI secolo sul modello dei capitelli corinzi romani. Trovo la riproduzione della scena di pesca dove il vescovo Teodoro è ricordato nell'epigrafe inserita nel pavimento.
Il mosaico rappresenta un marcato simbolismo, puro stile naturalistico di simbologico cristiano.
Alla fine della navata destra trovo la cappella di Sant'Ambrogio; questa è una cappella della famiglia milanese dei Della Torre e conserva i sepolcri di 5 membri di quella famiglia dei quali tre Patriarchi di Aquileia.
Sul pilastro del coro appaiono sui capitelli anche le figure della Madonna col Bambino e di Cristo e in altri sono scolpiti con figure di martiri e santi a mezzo busto.
Sosto per lungo tempo ai piedi del presbiterio, osservo la bella opera scultorea della Tribuna Magna mentre il catino e le pareti dell'abside sono decorati con affreschi che risalgono ai lavori del patriarca Poppone. Posso così ammirare "Madonna con bambino in trono attorniata dai simboli evangelici" ed ai lati i Santi aquileiesi.
Tra questi trovo il patriarca Poppone che presenta il modello della Basilica alla Vergine,ed ancora i santi Ermacora e Fortunato e l'imperatore Corrado; ovviamente in entrambi i casi i personaggi sono dipinti in dimensioni minori. Una scritta ricorda la data del 13 luglio 1031, data della consacrazione della basilica nella festività dei santi Ermacora e Fortunato. Accedo alla cripta degli affreschi posta sotto il presbiterio. Vi accedo scendendo una ripida scaletta e superando una piccola porta. Questa fu voluta dal patriarca Massenzio all'inizio del IX secolo per custodire le reliquie dei santi locali; originariamente era una stanza quadrata, divisa in tre navate, con numerose colonne con capitelli ancora presenti. Successivamente in epoca popponiana nel XI secolo vi fu l'aggiunta dell'abside. Nella cripta, sia pareti e colonne, sono affrescate con Storie della vita di Gesù e di Maria, quelle della Vita di san Marco e di san Ermacora e figure di santi. È altresì raffigurato anche uno scontro fra un cavaliere occidentale ed uno orientale. Lo stile delle decorazioni è bizantino e si fanno risalire tra il XI e il XII secolo.
Uscito dalla cripta sosto tra i due archi sorretti da una colonna che dividono lo spazio delle navate laterali e dei bracci del transetto dall'area presbiteriale. Alzo lo sguardo per osservare la sontuosa copertura della navata e dei bracci del transetto che sono di tipo carenato tardogotico in legno dipinto.
Il mio pensiero corre a ciò che accadde proprio nel luogo ove sto sostando il 26 ottobre 1921.
Il 20 giugno del 1921 il ministro della Guerra Rodinò presentò un disegno di legge che impegnava lo Stato a rendere gli onori più solenni alla salma di un soldato senza nome per commemora tutti i sodati italiani caduti nella Grande Guerra. Il cerimoniale, fu proposto nell'agosto del 1920 dal colonnello Giulio Douhet che voleva onorare con una grande manifestazione gli oltre 650mila caduti durante la prima guerra mondiale. Evento che ebbe come momento centrale la scelta della bara del soldato ignoto. Nell'agosto dello stesso anno, una commissione ebbe il compito di rintracciare i militari caduti ignoti in tutti i campi di battaglia. Vennero selezionate 11 salme che furono ricomposte a Gorizia in bare di legno grezzo e tutte uguali. II 27 ottobre del 1921 le salme dei soldati senza nome vennero trasferite nella basilica di Aquileia. Fu Maria Bergamas di Gradisca d'Isonzo, che fu scelta quale simbolo di tutte le madri che avevano perso un figlio durante la Grande Guerra a scegliere la salma che divenne il Milite Ignoto. Maria era la madre di Antonio, che chiamato nella leva nell'esercito austriaco preferì disertare per andare a combattere con gli italiani. Infatti suo figlio Antonio, sottotenente del 138° reggimento della brigata Barletta, che scappò da Gradisca d'Isonzo (in territorio austro-ungarico fino al 1918) era uno dei tanti militari che risultavano dispersi sull'Altopiano di Asiago durante la Strafexpedition. La donna entrò nell'antica basilica mentre all'esterno attendeva una immensa folla che silenziosa, rispettosa e commossa partecipava alla mesta cerimonia. Tra le diverse rappresentanze politiche e militari presenti per prendere parte alla funzione religiosa ci furono anche Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta e il Ministro della guerra Luigi Gasparotto. Al termine della messa e della benedizione delle bare da parte del Vescovo di Trieste, Maria sfilò lentamente davanti alle undici bare allineate nella navata centrale davanti all'altare, accompagnata da militari decorati con la medaglia d'oro. Maria teneva in mano un fiore bianco che avrebbe dovuto gettare su una delle 11 bare contenenti i resti di altrettanti corpi, rinvenuti in 11 luoghi simbolici della guerra italiana (Rovereto, Altopiano di Asiago, Monte Grappa, Dolomiti, Montello, Basso Piave, Cadore, Basso Isonzo, San Michele e il tratto da Castagnevizza al Mare Adriatico). Si fermò davanti ad una di essa con determinazione senza parlare e vi poso il suo velo nero. La commozione pervase l'intera Basilica e gli astanti all'esterno di essa, da dove la banda della Brigata Sassari eseguì "La canzone del Piave". Dopo il gesto di Maria Bergamas la bara venne collocata sull'affusto di un cannone a bordo di una carrozza-feretro trainata da cavalli addobbati a lutto. Un lungo corteo di reduci di madri e mogli di caduti giunti da tutto il Veneto lo accompagnò alla stazione ferroviaria di Aquileia dove fu posta su un vagone speciale appositamente allestito. Quell'affusto di un cannone mi ricordo di averlo visto nel museo del risorgimento di Roma. Il treno si mosse lentamente alle 8 del mattino del 29 ottobre 1921 dalla stazione ferroviaria di Aquileia, il treno entrò nella storia d'Italia. Il suo viaggio durò quattro giorni per raggiungere Roma. Fu un viaggio emozionale che attraversò 5 regioni e 120 stazioni, dove centinaia di migliaia di persone si assembrarono lungo i binari e resero omaggio a questo corpo senza nome, simbolo della Patria. Il convoglio a vapore, era composto da quattordici carri destinati alla raccolta delle corone di fiori offerte dalla popolazione durante le fermate nelle stazioni di transito. Il treno percorse a velocità moderata l'itinerario. Un viaggio accolto con entusiasmo e partecipazione che cementò il senso dell'unità nazionale in un grande momento di lutto collettivo. I giornali dell'epoca raccontano come in tantissimi fecero proprio di quella bara il loro dolore per la perdita dei propri cari, trasformandolo in orgoglio e in sentimento patriottico, lenendo lo strazio di tante perdite e tragedie patite. Il viaggio del Milite Ignoto fu un viaggio di centinaia di chilometri tra due ali di folla in uno spettacolo spontaneo espresso da persone appartenente a di tutti i ceti sociali. Il treno, partito da Aquileia transitò da Udine; Treviso; Mestre; Venezia Santa Lucia ove fece sosta notturna.
Ripartito alle 8.00 del 30 ottobre da Venezia Santa Lucia; trovò, anche lungo la linea Padova Centrale, Rovigo, Ferrara, Bologna Centrale gente assiepata vicino ai binari chi in preghiera in ginocchio chi piedi in silenzio.
Dopo la sosta notturna nella stazione di Bologna Centrale il viaggio del Milite Ignoto alle 08.00 del 31 ottobre riprese la sua lenta marcia transitando per Pistoia, Prato, Firenze Santa Maria Novella e Arezzo dove fece sosta notturna. Anche lungo questa tratta uomini e donne accompagnarono con le loro preghiere e con lo sventolio delle bandiere nazionali il mesto convoglio.
Ripartito il 1° novembre da Arezzo, il treno attraversò Chiusi, Orvieto, Orte, Roma Portonaccio sempre tra ali di folla e come negli altre tratte la bara fu sommersa da fiori lanciati da bambini, madri, mogli, padri ecc… Il treno che aveva fatto sosta notturna a Roma Portonaccio partì il 2 novembre diretto a Roma Termini Quando il treno entrò nella stazione Termini a Roma, sui marciapiedi lo attendevano ad accoglierlo vi sera il sovrano Vittorio Emanuele III con la famiglia Reale, le più alte cariche politiche e militari dello Stato, diversi reggimenti che sventolavano le proprie bandiere e una moltitudine di gente comune accorsa in massa sul luogo. Dalla stazione la salma del Milite Ignoto fu caricata su un affusto di cannone e trasportata nella la Basilica di Santa Maria degli Angeli accompagnata da militari decorati con la medaglia d'oro seguita un lungo corteo con a capo il re Vittorio Emanuele III di Savoia. Anche a Roma la commozione per questa storica celebrazione fu palpabile, infatti una immensa, folla si radunò in piazza della Repubblica, davanti alla Basilica, attendendo prima l'arrivo del feretro e poi la cerimonia religiosa.
Terminata la funzione religiosa, un picchetto d'onore posto ai lati del feretro assistette ad un flusso inarrestabile di persone che si recarono in chiesa per omaggiare le spoglie al soldato senza nome, recitando una preghiera o depositando un fiore.
La mattina del 4 novembre 1921 tra i vessilli e bandiere dei diversi reggimenti, delle rappresentanze militari e di ex combattenti attesero l'uscita del feretro in piazza Esedra, per porsi a capo dell'imponente corteo che dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli volse fino a piazza Venezia. La salma del Milite Ignoto nuovamente disposta su un affusto di cannone fu accompagnata da dieci vedove e dieci madri di caduti. Via Nazionale fu presidiata dalle forze dell'ordine e soldati mentre una folla silenziosa lanciava fiori sul feretro. A chiudere il lungo corteo, subito dopo gli esponenti politici vi erano i militari decorati, i bersaglieri, gli alpini, i lancieri, i fanti, le bande musicali militari e i carabinieri a piedi e a cavallo.
In piazza Venezia ad attendere la lunga processione vi erano radunati reparti dell'esercito e le rappresentanze e associazioni d'arma. La famiglia reale dei Savoia attese l'arrivo del Milite Ignoto lungo la scalinata del Vittoriano.
Piazza Venezia era gremita di gente e quando la salma entrò in piazza venne prima salutata militarmente dalle bandiere dei diversi reggimenti, quindi presa sulle spalle da otto combattenti decorati con medaglie d'oro tra i quali fu presente anche Luigi Rizzo, ricordato per le gesta compiute durante il conflitto con la Marina Italiana per l'affondamento della corazzata Santo Stefano. Salita la lunga scalinata, la bara giunse finalmente alla sua sepoltura nel sacello ricavato sotto la statua della dea Roma sul quale fu incisa la semplice scritta latina ignoto militi al milite ignoto. Da allora il Vittoriano si chiamerà l'altare della patria e il sarcofago del Milite Ignoto, divenne simbolo dei seicentocinquantamila soldati italiani caduti nella Grande Guerra e di tutte quelle successive. Fu questo uno degli eventi unificanti della Nazione, con milioni di persone che accorsero a salutare il feretro lungo il suo viaggio.
La mia mente torna ad ammirare lo splendore della basilica ed a distanza di 100 anni da quell'evento non potevo non essere presente in questo luogo.
A fine della mia visita andrò sicuramente ad omaggiare le altre dieci bare che furono tumulate all'interno del Cimitero degli Eroi di Aquileia, posto dietro la Basilica, in cui troverà posto anche Maria dal 1952.
Posso ora continuare la mia visita alla Basilica. All'inizio della navata sinistra, si può accedere alla "Cripta degli Scavi" dove sono visibili i resti della Basilica Paleocristiana. Ma prima di accederci volo lo sguardo a una strano edificio costruito all'interno della basilica. Si tratta del cosiddetto Santo Secpolcro, ossia un elegante edificio circolare con copertura conica sorretta da colonnine in marmo. Questo piccolo edificio risale alla metà dell'XI secolo e ripropone l'anástasi del Santo sepolcro di Gerusalemme nella forma in cui veniva descritta dai viaggiatori dell'epoca.
Accedo così alla "Cripta degli scavi"; al suo interno posso così ammirare i pavimenti musivi del primo complesso, quello teodoriano del 320 circa. Mi aggiro attraverso le diverse aule camminando su una passerella in vetro e acciaio che mi permette di ammirare passeggiandoci sopra a questo fantastico pavimento realizzato a mosaico. Solo una delle grandi aule è mutilata dalla successiva costruzione del campanile che ha affondato le sue radici sopra a questa meraviglia. Sia l'aula Settentrionale che quella trasversale sono interamente pavimentate a mosaico ed in alcuni tratti si può ancora ammirare tracce di decorazioni affrescate. I mosaici rappresentano forme geometriche, animali di tutte le specie, allegorie delle stagioni, giovani figure umane e specie vegetali, come spighe, foglie di acanto, grappoli d'uva e fiori. Posso così riconoscere il cane, la lepre un asinello scalpitante, cesti di lumache, diversi uccelli tra cui due polli sultani dagli intensi colori blu, ma anche pernici, il gallo, e poi pesci, aragoste e tartarughe. Tutto con una forte simbologia legato alle antiche sacre scritture. Gli scavi mettono così alla luce le diverse fasi di costruzioni e ricostruzioni della basilica, da quella teodoriana della prima metà del IV secolo; post-teodoriana nord, seconda metà del IV secolo e dopo la metà del V secolo; massenziana del IX secolo; popponiana, prima metà dell'XI secolo ecc.
Lascio così la basilica, stordito da quanto visto e profondamente toccato dall'importante storia che questi muri mi hanno raccontato, incapace di assimilare millenni di pagine di storia e di avvenimenti ivi accaduti. Vado cosi a visitare il Battistero e la chiesa dei pagani
La chiesa dei pagani era un edificio destinato alla catechesi dei non battezzati e fu eretto all'inizio del IX secolo per volontà del patriarca Massezio. Anticamente era su due piani, poi quello superiore crollò insieme alla parte del battistero nel 1790. Nella chiesa dei pagani sono ancora visibili tracce degli antichi affreschi e chiaramente riesco a riconoscere quelli di san Giovanni Battista e san Nicolò. Accedo così al battistero che esternamente risulta quadrato ma il suo interno è ottagonale. Questo fu edificato alla fine del IV secolo dal vescovo Cromazio. Al centro si trova la grande vasca esagonale; infatti il battesimo si officiava con il rito dell'immersione. Dal battistero accedo direttamente alla südhalle (sala sud), ossia un ampia sala rettangolare che con la Nordhalle (sala nord) completavano il grande complesso basilicale. Il nome venne dato dal 1893 dagli archeologi austriaci che le scoprirono. Questa sala ha bellissimi pavimenti a mosaico ed era adibita forse all'istruzione dei catecumeni ed ad altre funzioni liturgiche. Questi mosaici oltre a disegni geometrici hanno anche figure animali come agnelli ed un bellissimo frammento di mosaico raffigurante un pavone, oltre a racemi di vite e foglie di acanto. La pavimentazione è in parte mutilata perché venne adibita in età medievale a luogo di sepoltura.
Faccio un giro intorno alla basilica, dove in mezzo al prato si ergono due alte colonne, altri conci di pietra indicano nel prato dove si ergevano le altre appartenenti al vasto palazzo Patriarcale, voluto dal patriarca Poppone. Edificio sorto su più antichi edifici, come l'Horrea, ossia i magazzini di frumento e altri generi alimentari. Il palazzo Patriarcale crollò in stato di abbandono nel Cinquecento. Dietro l'abside della basilica trovo il cimitero monumentale dei militari caduti italiani della Prima Guerra Mondiale, dove ha trovato sepoltura Maria Bergamas insieme ai 10 militi ignoti oggetto della cerimonia del 28 ottobre 1921. Maria Bergamas morì a Trieste il 22 dicembre 1953 e l'anno successivo, il 3 novembre 1954, la salma fu riesumata e sepolta nel cimitero di guerra di Aquileia. Dopo questa importante e doverosa visita mi accingo a scoprire cosa ancora Aquileia può offrirmi.



Fine I parte.