Un ulteriore leggenda vuole che alcuni abitanti di Aquileia riuscirono a fuggire prima dell'incendio, trovando rifugio nell'isola di Grado. Prima della fuga gli aquileiesi avevano fatto scavare ai loro schiavi un pozzo in cui avevano nascosto tutti i tesori e gli oggetti d'oro. Per mantenere il segreto, gli schiavi furono uccisi; il pozzo d'oro non fu mai ritrovato. Questo mito era ritenuto talmente verosimile che, fino alla Prima guerra mondiale, i contratti di compravendita dei terreni includevano la clausola "Ti vendo il campo, ma non il pozzo d'oro", assicurando l'eventuale ritrovamento al precedente proprietario. A questo tragici eventi sopravvisse l'autorità della sua chiesa e il mito di una città che era stata potente.
Aqulieia riebbe importanza a seguito dell'invasione longobarda del 568. Da quel momento la regione di Aquileia venne suddivisa fra romano-bizantini che occuparono la zona litoranea con sede a Grado ed i Longobardi che occuparono l'entroterra con sede ad Aquileia, infatti nel 606 si ebbe lo sdoppiamento della sede patriarcale. Nel VII secolo fu fondato il monastero di Santa Maria di Monastero da parte dei monaci benedettini bianchi di San Colombano che cerchero di visitare ciò che ne rimane prima di lasciare Aquileia.
Nell'VIII secolo la sede del patriarcato venne trasferita nella più sicura Cividale. Mentre nel X secolo Aquileia subì numerose distruzioni a causa delle scorrerie degli Ungari. Sul decumano di Aratria Galla, ove ancora i suoi basoli raccontano tante storie si affacciavano importanti edifici pubblici come la Basilica civile, oggi difficilmente riconoscibile. Questa grande costruzione era, adibita a funzioni giudiziarie e ad altri usi. Attraversando via Giulia Augusta posso ammirare la vasta piazza del Foro pavimentata con caratteristiche lastre di calcare di Aurisina, risalenti per lo più alla prima metà del I secolo d.C.
Dello stesso materiale sono fatte le colonne del portico, del quale oggi posso ammirarne solo alcune e facenti parte il braccio orientale. Queste colonne presentano capitelli compositi risalenti all'epoca degli imperatori Antonini (170-180 d.C).
Il Foro era una piazza, cuore pulsante della vita politica, amministrativa e sociale della città ed aveva portici che la circondavano su tre lati.
Un'epigrafe ritrovata nel Foro ricorda un importante personaggio della storia di Aquileia. Si tratta del triumviro Tito Annio, ben noto a Tito Livio, inviato in città nel II secolo d.C. alla guida di un secondo contingente di coloni.
L'iscrizione contiene l'elenco completo dei compiti affidati al magistrato, come la redazione di leggi per l'amministrazione della colonia, la costruzione di un tempio e l'aggiornamento della composizione senato locale. Nel foro si ergevano anche due volti scolpiti nella pietra che gli archeologi hanno identificato come le effigi di Giove Ammone e di Medusa, simboli della grandezza dell'Impero. Dopo aver sostato a lungo per ammirare il Foro e pensare alla sua storia mi appresso a raggiungere il porto fluviale. Tra i ricordi vi è quello dell'assedio dell'imperatore Massimino il Trace che Aquileia subì nel 238. Gli apparati difensivi della città furono potenziati fra il II e il III secolo, ed avevano protetto la città dagli assedi dei Quadi e dei Marcomanni nel 170, e subirono anche quest'assedio. Massimino il Trace ossia Gaio Giulio Vero Massimino fu il primo barbaro a raggiungere il titolo imperiale, grazie al solo consenso delle legioni essendo nato senza la cittadinanza romana, e senza essere neppure senatore. Massimino il Trace fu anche il primo imperatore a non aver mai messo piede a Roma, in quanto trascorse i suoi tre anni di regno impegnato in vittoriose campagne militari.
Massimino impose un pesantissimo prelievo fiscale per finanziare l'esercito, ciò inimicò il Senato e i proprietari terrieri. La rivolta contro di lui partì dall'Africa, dove acclamarono Augusto il proconsole d'Africa Gordiano I, che associò al potere il figlio Gordiano II. Costui fu subito riconosciuto dal senato come Imperatore. Massimino fece eliminare i due Gordiani e inizio nel 238 a scendere verso Roma con l'esercito. Massimino contava di fare approvvigionamenti ad Aquileia, ma la città gli chiuse le porte, costringendolo all'assedio. Furono Rutilio Crispino e Tullio Menofilo incaricati dal Senato di organizzare la difesa (bellum Aquileiensis), cosa che fecero rinforzando le mura e accumulando cibo e acqua in quantità. Persi d'animo dal protrarsi dell'assedio, i soldati di Massimino lo uccisero e riconobbero per acclamazione gli imperatori scelti dal Senato di Roma.
Raggiungo così l'ingresso del porto, dove molta gente vedo già in lontananza aggirarsi tra le sue rovine.
Fine III parte.