Mentre percorro la strada ripasso mentalmente il significato del suo toponimo, che alcuni esperti fanno risalire all'adattamento di Cozola, da accostarsi al latino volgare Cotius, ossia "monticello sassoso". Ipotesi che potrebbe essere confermata vista la posizione del Borgo. Infatti la località era anticamente attestato come Cozola in un documento del 17 ottobre 1152 con il quale l'Imperatore Federico Barbarossa donava al Vescovo di Vercelli alcune località, tra cui appunto Coggiola. Nel 1243 il legato pontificio Gregorio di Montelongo cedette Coggiola al Comune di Vercelli, assieme ad altri borghi compresi tra il Cervo e la Sesia. Nel 1300 fu infeudata ai Meschiati di Biella.
Non ho trovato molto sulla storia di Coggiola se non il ricordo del disastroso passaggio dell'eretico fra Dolcino che nel 1306 saccheggiò e diede alle fiamme l'abitato. Fu successivamente infeudato alla nobile famiglia vercellese degli Alciati che contribuì alla sua ricostruzione.
Passò di mano in mano fino al 1408 quando transitò sotto il ducato di Savoia insieme a Lessona, Benna e Sostegno. Ripetutamente fu oggetto di saccheggi dalle diverse truppe che impegnate a guerreggiare in Piemonte, tra i quali si ricordano le requisizioni durante l'occupazione francese.
Costeggio per un lungo tratto il corso del torrente Sessera e prima di entrare a conoscere il Borgo mi reco subito a visitare il Santuario del Cavallero, raggiungibile a piedi dalla frazione Zuccaro seguendo prima una stradina e poi un sentiero a tratti scalinato. Invece io, ho preferito passare da Masseranga che è una frazione di Portula, posto sul lato destro del fiume Sessera.
Parcheggiato l'auto, seguendo un sentiero e successivamente attraversando il torrente su un ponte pedonale sospeso, raggiungo attraverso un sentiero il Santuario. Il Santuario è intitolato alla Madonna della Neve ed è posto alla confluenza del rio Cavallero e del torrente Sessera. La Chiesa appare immersa tra i boschi di castagni e si affaccia su un ampio sagrato erboso che posso chiamare piazza, viste le sue dimensioni. Il Santuario fu edificato dopo l'apparizione della Madonna ad una pastorella sordomuta, avvenuta nel 1678, che miracolosamente riebbe la parola e l'udito. Nelle adiacenze si trovano diverse panchine ed una fontana del 1772 posta a destra della Chiesa. Si dice che l'acqua che sgorga dalla fontana avrebbe virtù terapeutiche.
La costruzione è veramente imponente e fu più volte ingrandita. Presenta una ampia facciata a capanna con un lungo porticato che corre lungo tutto il prospetto. La Chiesa è sormontata da una cupola e da un piccolo campanile ed affiancata da un ampio edificio civile che fu un tempo abitazione anche di eremiti. Quello che colpisce è il paesaggio che infonde tranquillità e serenità spirituale. La Chiesa ha una pianta a croce latina ed è decorata con pregevoli stucchi ed affreschi, inoltre custodisce moltissimi quadri votivi lasciati da fedeli riconoscenti per le grazie ottenute. Anche sulla facciata sono presenti alcuni interessanti affreschi.
Nei pressi del Santuario, inglobate nel grande complesso settecentesco, sorgono cinque cappelle, costruite nella prima metà del XVIII secolo, che ospitano statue in terracotta in sintonia con la tradizione dei Sacri Monti prealpini. Questo particolare Sacro Monte trova raffigurato in queste cappelle l'Annunciazione, la Visitazione, la Natività, la Presentazione di Gesù al tempio e la Disputa di Gesù tra i dottori.
Lascio il Santuario del Cavallero e con esso la conca in cui è stato costruito, interamente circondata da castagni. Torno verso l'auto accompagnato dallo scrosciare tumultuoso dalle acque del torrente Sessera. Raggiungo così Coggiola dopo aver superato l'imponente ex stabilimento della Fila, famosa azienda di calzature, abbigliamento sportivo qui fondata nel 1911.
Parcheggio l'auto nei pressi della Chiesa Parrocchiale di San Giorgio. Un ampio sagrato con una bella fontana in pietra con un bel mascherone che dalla sua bocca getta l'acqua nella sua vasca, anticipa una maestosa facciata dove lesene, colonne anche binate con capitelli corinzi suddividono la facciata in 5 partiture e ampi marcapiani la dividono in tre ordini. Le colonne e le lesene angolari poggiano su alti piedistalli. Nella parte centrale il grande portone è affiancato da colonne in granito binate. Anche le porte laterali sono affiancate da colonne. Sopra le porte sono presenti finestre occluse con timpano circolare, mentre sopra al portale vi è una cornice senza affresco. Nella parte centrale è presente un altorilievo raffigurante San Giorgio che uccide il drago, mentre in quelle laterali sono presenti nicchie con statue di Santi. Nel terzo ordine che è invece tripartito da colonne, è presente una grande finestra rettangolare mentre ai lati vi sono finestre occluse. Il frontone è semplice e nel geison orizzontale spezzato vi è inscritto un frontone tipo brisè che ne conclude la parte centrale.
La Parrocchiale di San Giorgio venne edificata, con ogni probabilità, dopo la distruzione del Paese avvenuta all'inizio del XIV secolo. Fu successivamente ampliata nella seconda metà del Settecento ed ancora modificata nel 1866 per ricostruire il presbiterio e il coro. Al suo interno sono degni di nota sia l'altare maggiore che la sua balaustra della prima metà del Settecento. Il campanile della chiesa che si alza massiccio con base quadrata è in pietra.
Mi aggiro per l'antico Borgo che si estende lungo la sponda sinistra del corso del torrente Sessera. Le strade sono ben curate, sia quelle che si inerpicano su per il colle, che quelle che percorrono longitudinalmente il Borgo che presenta ancora antiche case. Piccoli negozi e attività artigianali si affacciano sia su Via Umberto I, Via Roma, Via Mazzini ecc.. che si sviluppano verso Nord. Tra le diverse cose che osservo ci sono le antiche scritte di antichi esercizi commerciali ancora dipinte sui muri. Se invece di tapparelle vi fossero ancora persiane o scudi, se invece delle strade asfaltate vi fosse ancora il selciato e se scomparissero le auto insieme ai cartelli stradali e ai lampioni mi sembrerebbe di camminare in un antico Borgo settecentesco.
Lungo la mia lunga camminata fino alla frazione Zuccaro trovo il bell'Oratorio di San Giovanni Battista. Si tratta un edificio con tetto a capanna, piccola porta centrale affiancata da due piccole finestre rotonde. Sopra ad esse vi sono tre affreschi, quello centrale raffigura San Giovanni Battista, affiancata da quello di Sant'Agata e della Madonna con Bambino. Una finestra a lunetta conclude la facciata. Nell'interno, è custodito l'unico affresco della zona risalente al XVI secolo raffigurante la Madonna con bambino. La chiesetta ha origini cinquecentesche Sul fianco parte la vecchia mulattiera che portava alla borgata di Viera.
Proseguendo verso Zuccaro scopro anche belle fontane in pietra. A metà di Via Mazzini trovo la Chiesa di Sant'Antonio Abate, dalle semplici fattezze con tetto a capanna e facciata decorata. Raggiungo così l'antico lavatoio di Zuccaro, da dove nei suoi pressi parte un sentiero per il Santuario Madonna della Neve detto del Cavallero.
Ripresa l'auto m'inerpico su per il monte in direzione dell'Alpe di Noveis. La stretta strada, irta e tortuosa, ma affiancata da pareti rocciose, boschi e prati versi fioriti. Raggiungo così località Chietti, dove sorge un piccolo Oratorio dedicato a San Rocco, menomato della navata per far posto alla strada comunale. Mentre l'antica abside è ancora in pietra, la facciata in stile Neoclassico è invece intonacata e abilmente decorata e affrescata.
Nella borgata di Viera, ove insistono sia antiche case che nuove abitazioni residenziali signorili vi sono strette stradine in ciottolato. Nascosta tra le vie del centro di Viera, soffocato dalle case, vi è l'Oratorio dedicato alla Vergine Assunta. La Chiesetta è stretta ed alta con tetto a capanna e necessita di urgenti restauri. La facciata intonacata era interamente affrescata, oggi i vivaci colori e gli affreschi sono quasi scomparsi. La porta d'accesso è un semplice cancelletto di legno, neanche tanto decoroso. Supero l'edificio della antica cooperativa di consumo Viera-Rivo che riporta la sua antica scritta ancora dipinta sulla facciata.
Prima di raggiungere Viera Superiore, faccio una breve deviazione per arrivare alla borgata di Rivò. È una splendida e vivacissima borgata, assolutamente ben conservata e abitata abitualmente. Un bella fontana con lavatoio mi accoglie all'ingresso del Borgo, poco dopo vi è una bella chiesetta dedicata a San Defendente. Questo edificio si presenta come un edificio comprendente la Chiesa e la sagrestia. La facciata è interamente intonacata e la Chiesa presenta sopra all'unico ingresso degli affreschi riproducenti dei santi. Sopra ad essi una finestra quadrata permette alla luce di accedervi e nel timpano vi è una finestra quadrilobata.
La borgata ha origini molto antiche, infatti è già citata in un documento del 1228 dal Vescovo di Vercelli. Rivò insieme a Viera dispongono di una Pro loco molto attiva che organizza diversi eventi che richiamano molte persone.
Riprendo la mia strada e raggiungo poco dopo la Viera Superiore. La borgata si apre su un panorama sulla Val Sessera semplicemente affascinante. Nel Paese si erge la Chiesa Parrocchiale della frazione dedicata a San Grato. La chiesa risale al XVII secolo e si presenta con tetto a capanna suddivisa da lesene che la ripartiscono in cinque partiture. L'ingresso principale è posto sotto un ampio porticato che occupa le tre partiture centrali. Al lato della porta sono poste due lapidi, una ricorda i caduti di tutte le guerre e l'altra i parroci che si sono succeduti nella cura della parrocchia. Due altre porte d'accesso sono poste nelle partiture laterali, sopra queste si aprono due finestre rettangolari. Una finestra è posta sopra il porticato nella parte centrale, mentre nel timpano del frontone si apre un oculo. Il suo interno ben conservato è ricco di testimonianze di fede.
Ancora in auto, proseguo per la strada che continua ad inerpicarsi, tra tornanti e bei boschi di betulle. Arrivo così a Biolla dove trovo subito una bella cappella costruita a seguito di un voto del 1760; anche questa borgata è posta in posizione panoramica sulla val Sessera e presenta belle case, anche di villeggiatura, ben conservate. La strada continua in salita e supero agevolmente la borgata Piane di Viera fino a raggiungere il mio obiettivo che è la Chiesetta della Madonna d'Oropa
Si tratta di una piccola Chiesa situata lungo la strada che conduce a Noveis. Il piccolo edificio con tetto a capanna dalla facciata interamente intonacata è dedicata alla Madonna di Oropa; fu costruita nel 1911 dagli abitanti di Viera e Rivò come ringraziamento per la cessazione dell'epidemia di vaiolo nero. Questa fu un epidemia che fece numerose vittime, soprattutto tra i bambini.
Per andare a vedere il Santuario della Madonna delle Grazie dei Moglietti, mi conviene tornare verso Coggiola e risalire verso le Alpi di Noveis, scendo così verso il Sessera. Lungo il percorso mi sovvengono alla mente alcuni personaggi importanti legati a Coggiola, come Lidio Ajmone che vi nacque bel 1884, costui fu un esimio pittore che frequentò l'accademia di Torino e fu allievo di Vittorio Cavalleri. Lidio Ajmone partecipò alla Prima Guerra Mondiale come capitano degli Alpini, fu paesaggista e ritrattista. Tra gli industriali il Cavaliere del Lavoro Silvio Bozzalla natovi nel 1881, fu figura popolare del mondo industriale laniero biellese. Costui fu uno dei maggiori filantropi di Coggiola, tra cui fece costruì e dono alla comunità la sede del Municipio e delle Scuole.
Arrivo così davanti al Palazzo Municipale dopo aver visto il monumento a Bartolomeo Sella, posto sulla piazza centrale. Questo è del XIX secolo, opera di Vincenzo Vela e rappresenta Bartolomeo Sella, nato nell'antico comune di Valle Superiore Mosso nel 1776. Suo fratello Pietro fu colui che per primo introdurrà le moderne macchine tessili in Italia e fu lo prozio del più famoso Quintino. Bartolomeo era indirizzato dal padre al sacerdozio ma vi si metterà in contrasto per fare il medico. Fu uomo di cultura e filantropo e lasciò l'intero suo patrimonio alla comunità del Mandamento di Mosso.
Inizio a risalire, in auto, verso la frazione Piletta. Un gruppo di case raggruppate intorno all'Oratorio San Francesco. Si tratta di un bell'edificio slanciato, interamente intonacato e con tetto a capanna. Sopra l'unica porta vi è un affresco raffigurante il Santo titolare con fattezze moderne. Questo edificio fu realizzato nella seconda metà del XVII secolo.
Lascio Piletta e continuo la salita per raggiungere il Santuario. Mi soffermo a Fervazzo a guardare l'Oratorio dell'Annunziata. Anche questa chiesetta è interamente intonacata e delicatamente tinteggiata. Presenta il tetto a capanna e sopra la porta vi è dipinta la scena dell'Annunciazione. La borgata fu già citata nei documenti fin dal 1517, ma è più nota per un fatto accaduto nel 1875, quando la difterite uccise tutti nati di quell'anno. La malattia ricomparve nel 1877 e allora la popolazione fece voto a San Biagio di organizzare ogni anno una festa in onore del Santo e l'anno successivo con la prima celebrazione votiva l'epidemia scomparve.
Proseguo per il Santuario che sorge a 630 metri s.l.m. dopo aver percorso un tratto di strada sterrata. Il Santuario dei Moglietti è dedicato alla Madonna delle Grazie e sorge in luogo che era un tempo acquitrinoso, donde il nome muijeit. Una leggenda popolare vuole che in questa località che è anche chiamata della battaglia, vi si sarebbe svolto uno scontro armato tra gli abitanti di Coggiola che risultarono vittoriosi sui fedeli di Fra Dolcino.
Il Santuario è circondato da dei bei boschi cedui e fu costruito a partire al 1888 ingrandendo una preesistente cappelletta del XVIII secolo, realizzata su una più antica che si dice risalente all'epoca di fra' Dolcino. Infatti un antico pilone votivo all'origine del Santuario, recante una immagine della Madonna con in braccio il bambino Gesù, è tuttora inglobato nell'edificio sacro. L'edificio è una piccola Chiesa anticipata da un porticato anteriore, presenta un campanile e un piccolo romitorio. All'interno della Chiesa sono esposti numerosi ex-voto donati al Santuario in ricordo delle grazie ottenute dagli abitanti della zona. Davanti al Santuario sorge una fontana, il burnell con vari mestoli di ferro, Cassuij, attaccati con catene al pilone in pietra, utilizzata dai pellegrini per bere.
Ormai è ora di rientrare verso casa, ma non prima di essermi fermato in macelleria a Coggiola a comprare la gustosa Paletta. Questo gustoso prosciutto della Paletta di Coggiola è un presidio Slow Food. Il nome del salume deriva dalla conformazione a paletta dell'osso della scapola suina sul quale si appoggia il muscolo della spalla. La storia di questo prodotto è assai lontana, c'è chi addirittura la fa risalire tra le portate servite a un banchetto quattrocentesco. Altri vogliono che le prime notizie risalgano al 1774 in un documento sabaudo dove si dava istruzioni ai gabellieri sulla distribuzione del sale in modo che le olle dove c'erano i prosciutti fossero piene di sale:«Il maiale va ucciso dopo le consegne per la levata del sale dalli accensatori così da aver lo sale per le olle di teracreia con dentro i persucci della paletta». Il macellaio, chiamato localmente il masaular, macellava il maiale, casa per casa e le parti della coscia erano destinati ai prelati e ai notabili, mentre, per i meno abbienti, usava preparare un particolare prosciutto di spalla, la paletta appunto. La carne è conservata per circa tre settimane in una salamoia insaporita con bacche ed erbe aromatiche, quotidianamente smossa per facilitare la penetrazione del sale e degli aromatici. Viene poi insacca in vescica naturale, legata e stagionata da un mese a tre/quattro. La tradizionale paletta di Coggiola prima della chiusura nella vescica punzecchiata, prevede inoltre un'abbondante pepatura. La Paletta può essere consumato crudo o sotto grasso ed ha un sapore leggermente piccante, oppure bollita in un grosso recipiente colmo d'acqua e mantenendola appesa a un bastoncino di legno in modo che non tocchi il fondo della pentola. Questa viene poi servita affettata, accompagnata da polenta o anche a patate bollite. Mentre io la preferisco accompagnata da una composta di cipolle o una mostarda di mele. Con il mio carico di Paletta di Coggiola e dopo una bella giornata passata in Val Sessera torno verso casa.