Il territorio di Noasca nel XIII secolo questo divenne feudo dei San Martino e prese parte nel 1441 alla rivolta detta del Tuchinaggio. Ancora nel 1448 circa, Noasca è nuovamente in lotta nel tentativo di sottrarsi al controllo della famiglia dei Valperga, che come i San Martino volevano impossessarsi di questo territorio. Nulla valse il tentativo di concedersi al Conte di Savoia, i Valperga ebbero la meglio e vennero infeudati come Signori del luogo.
Poco si conosce della storia successiva, se nonché anche Noasca segui le vicende della storia del Piemonte con I Savoia e poi dell'Italia unita. Particolarmente interessanti e felici per Noasca fu il periodo in cui Re Vittorio Emanuele II dichiarò questa una parte del territorio noaschino area Riserva Reale di Caccia, salvando in questo modo dall'estinzione lo stambecco, costituendo un corpo di guardie specializzate e costruendo una fitta rete di sentieri e mulattiere. Ma fu re Vittorio Emanuele III che nel 1919 si dichiarò disposto a donare allo Stato italiano la riserva di caccia, purché venisse creato un parco nazionale. Il 3 dicembre 1922 venne istituito il Parco nazionale del Gran Paradiso, il primo parco nazionale italiano. Il XIX e l'inizio del XX secolo, vide una forte emigrazione in quanto la montagna offriva sempre meno per sfamare le famiglie con molti figli.
Buona parte dei suoi abitanti iniziarono ad allontanarsi dalla valle ed a intraprendere mestieri itineranti come lo spazzacamino, i calderai e i venditori di sementi. Tanto che, chi poteva vi tornava solo nel periodo estivo. Il primo centro abitato che trovo è Frera inferiore e la prima costruzione che mi accoglie è una piccola chiesetta con tetto a capanna, cella campanaria a vela ed interamente intonacata che dovrebbe essere intitolata alla santissima Trinità. Una più ampia circonvallazione evita l'ingresso nella piccola borgata realizzata con case a due piani, tetto in lose e costruita interamente in pietra.
Pochi chilometri dopo trovo a Frera superiore comunemente chiamata Bettolino, il bivio per località e Jerener, quest'ultimo posto sulla destra orografica del corso del torrente Orco. Quest'ultima, interessante e piccola borgata di cui non mi è chiaro il toponimo ha una bella chiesetta con tetto a capanna, interamente intonacata e campanile a vela dedicata a san Lorenzo. Da Jerener parte una mulattiera che conduce fino al santuario della Madonna del Truc, dedicato alla Visitazione della Beata Vergine Maria, meta di tanti pellegrinaggi. Il santuario, situato a 1300 metri slm nell'alpeggio del Truc trova venerazione da parte di tutti I valligiani fin dal 1600 a seguito della miracolosa apparizione lungo il sentiero che sale dalla borgata Jerener all'alpeggio. L'edificio, dalle fattezze semplici con tetti a spiovente è stato riedificato nel 1847. Immerso nel verde, conserva una bellissima statua lignea della Vergine col bambino Gesù. Tornato sulla strada statale per Ceresole, dopo pochi chilometri incontro sulla mia destra la borgata Fè che dall'alto sembra controllare chi percorre la strada per Noasca. Fe'deve il suo nome al rio omonimo che significa pecora.
Subito dopo trovo il cartello stradale che indica la borgata di Prà posta sulla destra orografica del torrente Orco e come afferma il nome dovrebbe essere collocata su un pianoro coltivato a prativo. Arrivo a Grusiner, il cui toponimo deriverebbe da crusina ossia pelle di agnello o di capra che in questo luogo veniva lavorata. La strada corre lungo il corso del torrente Orco, a tratti si fa più stretta ed è interamente costeggiata da pendii erbosi e boschi, tra cui la betulla emerge con il bianco della sua corteccia. L'inverno deve portare molta neve perché la strada è costeggiata da pali giallo e neri che aiutano gli sgombraneve ad avere indicazioni di dove si trova la strada quando è interamente coperta dalla coltre bianca. Prendo una strada sulla mia destra e supero il torrente, raggiungo così dapprima l'abitato di Case Balme, poi Cater con la chiesetta della Beata vergine della Neve ed infine Castelletto, tutte piccole borgate con le caratteristiche case un pietra, immerse in un verdeggiante bosco. Castelletto è posto in posizione privilegiata dalla quale si gode una magnifica vista sulla vallarta, possiede una piccola chiesa a capanna, realizzata in pietra ed interamente intonacata e con una cella campanaria a vela. Un affresco è posto sulla facciata ed è forse dedicata a san Bartolomeo.
Ritornato sulla statale arrivo a Gere Eredi, la strada è affiancata da antichi rustici e moderne case ma architettonicamente ben inserite in questo ambiente alpino. Anche in questa borgata non può mancare la sua chiesetta dedicata a sant'Anna. Poche centinaia di metri dopo una galleria trovo l'incrocio che conduce a Borno che forse significa buco o caverna. Anche Borno ha la sua bella chiesetta intitolata a san Giacomo con uno slanciato campanile Questo Edificio ha una facciata a capanna, intonacata e forse un tempo aveva affreschi sulla facciata. Lungo la strada statale, seminascosta da alberi, riconoscibile dal solo campanile a vela, c'è la bella chiesetta in pietra dedicata alla Madonna del Caravaggio. Supero agevolmente l'abitato di Jamonin con le sue case ben ristrutturare con la piccola cappella che si affaccia sulla strada principale dedicata all'esaltazione della santa Croce. Poche centinaia di metri ed entro a Noasca e lascio l'auto in un parcheggio per meglio girovagare tra le case di questo centro abitato.
Inizio la mia visita con una sosta in una trattoria, l'ora è tarda, lo stomaco brontola. Riesco a gustare così alcuni piatti poveri della tradizione montanara come un buon tagliere di lardo e miele servito con il pane nero, polenta e spezzatino, frittatina alle erbe di montagna e concludere con delle paste di meliga, il tutto corroborato da un bicchiere di vino nero. Il borgo si trova in è posto sulla sinistra idrografica del torrente Orco, poco a valle della confluenza del torrente Noaschetta. Sulla strada principale si affaccia il palazzo municipale e le case a tre o quattro presentano quasi tutte lunghe balconate che gli corrono per tutta la facciata. L'abitato di Noasca è posto a ridosso della cascata della Noaschetta, un salto d'acqua di 32 metri formato dall'omonimo torrente. Il suo fragore si sente fin dalla piazza, da dove è ben visibile. Sicuramente una delle meraviglie non solo di questo borgo ma dell'intero Piemonte. Sulla piazza si affaccia un bell'hotel e il monumento ai caduti di tutte le guerre.
Prima di superare il ponte pedonale sul torrente Orco, salgo verso la chiesa parrocchiale. Da dietro di essa si gode ancor meglio la cascata e il corso del torrente Noaschetta. La chiesa parrocchiale di Noasca è sicuramente molto antica è posta poco sopra il paese ed è intitolata a Santa Maria Assunta, l'aspetto attuale risente pesantemente dei rimaneggiamenti effettuati nel 1865. Della struttura originale è il campanile in pietra. La facciata della chiesa è invece intonacata dove sei paraste con capitelli ionici la rendono più slanciata ed elegante. Presenta un semplice ingresso con portale in pietra, sovrastato da un frontone con timpano spezzato in cui è affrescata l'intitolazione. Dietro l'hotel supero il torrente Orco su un ponte pedonale, mi aggiro così nella borgata di Gere di sopra con la sua chiesetta intitolata a san Rocco. Una bellissima chiesetta con facciata intonacata, campanile a vela in pietra e un sagrato in pietra abbellito da fioriere.
Questo Santo è considerato il protettore dalle epidemie, in particolare dalla peste, nonché dei cani. Riprendo l'auto e proseguo la mia visita alle borgate di Noasca, qualcuna riuscirò a visitarla, altre potrò solo informarmi sulle sue caratteristiche in quanto sono raggiungibili solo per sentieri. Supero agevolmente alcuni insidiosi tornanti, in quanto trovo poche auto che la le percorrono. Superati i tornanti, trovo il cartello che indica gli abitati di Pianchette e Balmarossa. La frazione Balmarossa domina l'intera vallata ed anch'essa ha la sua antica chiesetta dedicata a san Bernardo. Con la fine della strada carrozzabile prosegue un sentiero in ascesa, tocca le frazioni di Crestet, Varda e Maison, seguendo le segnaletiche del vallone del Roc, giungendo alla piccola chiesetta di San Luigi, a metri 1582.
Il borgo di Maison è un piccolo paesino in pietra, con alcune case ridotte a mucchi di sassi o dai muri crollati, dove rimangono però dei lembi di affreschi sacri. I boschi di castagni sono ormai dominati. Recentemente restaurata è l'ex scuola di Maison che ha funzionato fino agli anni Sesanta del secolo scorso e dove ancora oggi fanno bella mostra di sé, gli antichi banchi di legno degli scolari, la lavagna, la cattedrale e gli arredi. La maestra della scuola viveva nella stessa scuola. Anche la chiesetta della borgata è stata recentemente restaurata con campanile a vela, facciata intonacata e con gli affreschi della Madonna e di Sante. Sono presenti anche i vecchi Crutin dove venivano conservati I formaggi ed il latte. In queste borgate è possibile ancora vedere i forni comunitari, utilizzati per fare il pane da tutte le famiglie che vi abitavano. In frazione di Borgo Vecchio, invece vi è la chiesetta di Sant'Antonio.
Le case di montagna, ormai pressoché abbandonate, sono di solito articolate su tre livelli; in basso il ricovero bestiame ed attrezzi; nel mezzo l'abitazione vera e propria con la cucina e camera da letto ed infine in alto il fienile e/o legnaia Al primo piano si giunge generalmente da una scala che attraverso un ballatoio di legno disimpegnante i diversi vani. Non è difficile trovare la stalla seminterrata. Tornato indietro raggiungo la piccola e bella borgata Pian con la sua chiesetta dedicata alla Madonna di Prascundù. Lungo la vecchia strada per Ceresole Reale, prima che costruissero la galleria sulla strada statale 460 vi è l'abitato di Pianchette.
Ormai è ora di rientrare e transitando nuovamente sui tornanti e poi nell'abitato di Noasca mi sovviene che in questi luoghi nel 1944 si combatté una sanguinosa battaglia fra i partigiani e le truppe nazifasciste. Inoltre ricordo che l'attività estrattive in questa montagna era discretamente intensa, infatti nei vecchi scritti del Casalis si parla di estrazione di arseniuro di ferro, ferro solforato arsenicale, ferro solforato aurifero e argentifero. Sicuramente interessante sarebbe stato visitare l'ex casa reale di caccia, in cui il re Vittorio Emanuele II faceva tappa nelle sue battute venatorie. Lascio così Noasca, Nouachi in lingua franco-provenzale che mi ha offerto altri bellissimi scorci panoramici tra larici, betulle, noccioli, castagni, faggi, frassini, ciliegi e prati incontaminati.