Agosto 2002, una serie di alluvioni e inondazioni, dopo una settimana di piogge intense e ininterrotte, colpisce l'Europa Centrale. I paesi coinvolti sono molteplici; Austria, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Romania, Croazia e soprattutto Germania e Repubblica Ceca.
Le alluvioni iniziarono nei primi giorni di Agosto nelle Alpi Orientali a seguito di piogge intense che causarono inondazioni anche nell'Italia settentrionale. In Germania, i maggiori corsi d'acqua, Danubio e l'Elba, si riempirono rapidamente anche per il grande afflusso di acqua dei loro affluenti. Le conseguenti alluvioni causarono vittime e danni; le città maggiormente colpite furono Dresda in Germania e Praga nella Repubblica Ceca. Nel 2000 il THW ossia Bundesanstalt Technisches Hilfswerk, l'Agenzia federale per il soccorso tecnico tedesco, composto da altri 80 mila volontari e 850 dipendenti, scese in Italia con le unità della Baviera, ad aiutarci ad affrontare l'alluvione del fiume Po, in particolare a Casale Monferrato, Morano sul Po e Balzola, che avevano subito ingenti danni. Questi volontari offrirono un aiuto incredibile a risollevare le diverse comunità che avevano perduto tutto.
I compiti dell'Agenzia tedesca, sono previsti per legge e sono il soccorso tecnico rivolto ai civili, il soccorso tecnico, l'intervento umanitario all'estero e il supporto tecnico e logistico alle organizzazioni pubbliche nonché alle organizzazioni governative.
Non potevamo rimanere indifferenti al dramma che le popolazioni d'oltralpe stavano subendo e la nostra offerta d'aiuto fu accettata più come atto di amicizia che per reale necessità, in quanto il THW dispone di una imponente macchina di soccorsi. Infatti l'organizzazione tedesca che si occupa di protezione civile è una struttura ben organizzata e con un'enorme capacità d'intervento e lo ha dimostrato nell'intervento in Italia. Molto teutonicamente ci dissero "ok venite, vi aspettiamo nella nostra caserma di Monaco. Venite in 6/8 persone e non portate nulla con voi, che pensiamo a tutto noi".
In poco tempo organizzammo la squadretta raccogliendo tecnici e volontari con diverse professionalità. Tre diverse amministrazioni ci misero a disposizione tre Land Rover, caricammo ciò che l'esperienza ci ha insegnato fosse indispensabile per affrontare un alluvione. Insomma, poche cose: stivali, tute monouso, sacchi da muratore, torce, una piccola motopompa e tanti piccoli attrezzi.
Troviamo all'ingresso in Germania un'auto con Udo e Alessandra ad attenderci. Il saluto è caloroso ma anche le guidarci e raggiungere Bad Tölz ed aggiungerci alla squadra di soccorso, pronti a dare il cambio a qualche volontario già operativo. Giunti in caserma, conosciuti i volontari che saranno con noi, ceniamo e dopo una bella dormita, all'alba siamo giù dalle brande sui nostri mezzi, inseriti nelle colonne della THW bavarese e diretti a Passau. La colonna di automezzi leggeri e pesanti è lunga ma la voglia di essere presenti ad aiutare coloro che ci tesero una mano in un momento difficile è molta.
Passau o Passavia è una città situata al confine orientale con l'Austria ed è conosciuta come la città dei tre fiumi, infatti è posta alla confluenza tra il fiume Inn e Ilz nel Danubio. Lungo il viaggio ho tempo di leggere brevemente qualche informazione sulla storia della città e dei suoi più importanti monumenti; come molte altre città ha origini celtiche ma fu anche sede di accampamenti romani col nome di Castra Batavia. Durante la seconda metà del V secolo, san Severino vi fondò un monastero che svolse un'importante opera di evangelizzazione, soprattutto in un periodo di imponenti incursioni barbaresche. Nel 759 vi si stabilì Bonifacio Wynfrith, un monaco anglosassone che sarà poi proclamato santo e detto l'Apostolo di Germania. Passau divenne così sede vescovile.
La città del 1217 al 1803 fu sede di vescovi-principi e nel XVII secolo la città fu ripetutamente colpita da incendi che distrussero diverse parti della città e per la sua ricostruzione furono chiamati diversi architetti e artisti italiani che diedero a Passau un aspetto barocco e anche neoclassico, rendendola la più ammirata tra le città bavaresi. Poi ci fu il passaggio di Napoleone Bonaparte che secolarizzò il principato vescovile. Con la fine della guerra la Baviera e le sue città-stato, come Passau, costituirono la Repubblica socialista bavarese e quindi seguirono le sorti della prima Repubblica tedesca. Ricordo che a Passavia vissero Adolf Hitler e famiglia dal 1892 fino al 1894. A soli 4 anni Adolf rischiò di annegare nel fiume Inn dove vi era caduto; fu salvato da un suo coetaneo, Johan Kvehberger che divenne in seguito sacerdote.
Siamo accolti a Passau nell'ortsverbände dal responsabile locale di questa importante struttura operativa di Protezione Civile. Costui ci informa che l'inondazione della città ha fato molti danni ma che ormai il peggio è superato. Ci invita così a visitare la città che si sta riprendendo dalla terribile inondazione. Siamo così accompagnati per le vie del centro storico, posto in una penisola formata tra i fiumi Danubio e l'Inn. Il colore dell'acqua che ora corre tranquilla nell'alveo dell'Inn è ancora torbida ed ancora minacciosa. Anche il grande Danubio ha perso il colore blu, tanto decantato nel Valzer di Johann Strauss. Sulle sue acque troviamo alla deriva i grandi battelli di navigazione turistica che si sono rovesciati con l'impatto del fiume in piena. Alcune grandi chiatte sfidano le correnti per mettere in sicurezza e tentare di recuperare qualche imbarcazione.
Ci inoltriamo per le strade del centro, che sono per la maggioranza realizzate in pietra e porfido. Non vi è cenno del passaggio dell'acqua dei fiumi che l'avevano inondata. Solo tracce sui muri che ne indicano il passaggio. I negozi posti ai piani terreni sono quasi tutti riaperti. Non vi è traccia di fango sulle strade, sui palazzi e sui monumenti, se non fosse per le squadre dei volontari che sono impegnati nelle zone rivierasche dei fiumi e soprattutto nel parco posto sulla punta della penisola Dreiflüsseek a pulire le strade dalla sabbia, con delle grosse lance. Le case son tutte ben conservate e tinteggiate recentemente con colori pastello, l'acqua non sembra aver fatto danno alcuno. Si tratta di edifici a tra o quattro piani.
Se non fosse per le molte uniformi del THW e dei pompieri presenti, sembrerebbe di trovarsi in pieno XVIII-XIX secolo; se dovessi chiudere gli occhi potrei quasi sentire lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli sul selciato e il correre delle carrozze. Mi raccontano che il particolare inquadramento giuridico che gode questa città, quasi una città stato, gli permette di poter normare anche le condizioni di sicurezza dell'abitato. All'efficienza del sistema di emergenza contribuiscono anche delle normative sulla sicurezza che vuole che tutti i locali con serbatoi di carburante siano a tenuta stagna e che gli edifici nelle aree a rischio esondazione non siano adibiti ad abitazioni.
Nel girovagare posso così ammirare il Duomo di Santo Stefano, ricostruito nella seconda metà del XVII secolo ad un architetto italiano Carlo Lurago, dopo che fu distrutto da un incendio nel 1662. Della precedente costruzione gotica, realizzata tra il 1221 e il 1313 è rimasta una parte dell'abside. Al suo interno trovo un trionfo del barocco con i suoi stucchi allegorici e il suo organo, il più grande del mondo. Il Duomo dedicato a Santo Stefano ha una solenne facciata barocca accompagnata a due alti campanili posti ai suoi lati a fronteggiare un'ampia e bella piazza Domplatz con al centro il monumento dedicato al re bavarese Ludwing I. Sarebbe bello poterlo ammirare con calma e conoscere meglio le vicende storiche delle precedenti chiese su cui oggi è edificato questo grande Duomo. Infatti, sembra che la prima chiesa vi fosse stata eretta nel 450. Un altro edificio vi venne edificato verso il 720 e si presentava già a tre navate. Fu nel 739 che questa chiesa venne elevata a Basilica. Questo edificio religioso subì anche la ristrutturazioni, durante due assedi di Passavia nel 977 e nel 978 da parte dei Sassoni. Infatti nel 982 venne ricostruita in stile protoromanico a due navate e due torri gemelle. Tra il 1221 e il 1313 venne edificata una nuova costruzione in stile gotico, ancora ampliata nel XV-XVI secolo fino al grave incendio del 1662 che la distrusse.
Nei suoi pressi c'è il palazzo vescovile che si divide in due parti: la residenza antica, quasi completamente ricostruita nel XVII secolo e la nuova residenza, edificata tra il 1712-1770. Un altro esempio di stile gotico è sicuramente la chiesa gesuita di San Michele con i suoi alti campanili. Anche questa chiesa è stata edificata nel 1667 dall'architetto Pier Francesco Carlone, su una precedente chiesa anch'essa distrutta da un incendio. Delle chiese che ho potuto osservare nel breve girovagare per Passau, alla ricerca di qualche segno evidente di un alluvione che potesse ricordare i danni di quello piemontese del 2000, c'è anche la chiesa di Sant Paolo, anch'essa barocca e datata 1678, su un precedente edifico del 1050. Non ravviso nessun tipo di danno eguale, infatti l'aspetto melmoso e maleodorante di gasolio e naftone che c'era nella nostra alluvione non è presente.
Continua il nostro girovagare e sicuramente la Rathausplatz è il luogo più caratteristico di Passau. Sulla piazza si affaccia il vecchio e nuovo municipio, il palazzo della vecchia dogana. Il vecchio municipio, fu edificato per la prima volta nel 1298 quando iniziò la rivalità tra il vescovo e la comunità per la gestione della città. L'edificio attuale, in stile veneziano risale al 1446. L'edificio dispone di un'alta torre civica edificata a fine XIX secolo, dispone di un grande orologio decorato e munito di carillon. Ma la cosa che più attrae la mia attenzione e l'indicazione dell'altezza dell'acqua delle diverse inondazioni che Passau ha subito a partire dal 1513.
Proprio nelle sua vicinanze c'è il Glassmuseum (museo del vetro) allestito in un bell'edificio barocco, anch'esso intonacato come tutti gli edifici del centro storico e tinteggiato di bianco con decorazioni giallo/oro. Uno storico ed elegante edificio, ossia la casa patrizia di Wilder Mann, ospita la collezione più grande del mondo in vetro di Boemia. Sull'altra sponda del Danubio vediamo la fortezza Veste Oberhaus che sovrasta la città.
Con i ragazzi del THW ci ritroviamo nella loro caserma, dove ci spiegano quali sono state le azioni messe in atto prima e durante l'esondazione dei tre fiumi che hanno allagato Passau. La frequenza delle inondazioni e l'affascinante aspetto del centro storico gli hanno meritato l'appellativo di "Das Venedig Bayerns" ossia la Venezia della Baviera.
Il THW bavarese, dovrà intervenire in soccorso in Sassonia, dove il fiume Elba ha fatto molti danni. Ormai inquadrati nella colonna bavarese, la partenza è prevista prima dell'alba. Il viaggio è lungo, come è lunga la colonna degli automezzi del THW bavarese in viaggio verso la Sassonia. In mezzo a questa colonna di autocarri e mezzi speciali blu del THW, come tre moscerini ci siamo noi con i nostri Land Rover Defender bianchi. È ormai quasi sera quando raggiungiamo Pirna.
Questa cittadina è il capoluogo della Svizzera Sassone - monti metalliferi Orientali ed è anche chiamato "La porta della Svizzera Sassone". La sua storia è molto antica con ritrovamenti di manufatti in selce risalenti nel tardo Paleolitico. Nel 600 d.C la tribù slava dei Sorbi succede alle tribù germaniche della valle dell'Elba. I Sorbi sono pescatori e contadini, ed infatti il nome Pirna deriva dalla frase sorba "na pernem" ossia "sulla pietra dura".
Nel medioevo Enrico I fondò il castello Meiben nel 929, il territorio di Pirna entrò così a far parte di una marca tedesca. Ma la fondazione della città risale al 1233 da Enrico III, margravio di Meiben, quando fu per la prima volta menzionato in un documento. Nel 1293 il re di Boemia acquista la città e il suo castello dal vescovo di Meiben, diventando parte della Boemia sino al 1405. Nel 1544 il castello viene trasformato in fortezza è rimase inespugnato nel 1547. Anche quando la città nel 1693 fu invasa e devastata dalle truppe svedesi provocando circa 600 morti.
La fortezza venne ancora modernizzata con le nuove tecniche e concetti militari ma capitolò nel 1756 davanti all'esercito prussiano. Nel 1813 Pirna e il suo castello furono occupati dalle truppe napoleoniche. Durante la seconda guerra mondiale, in particolare dal 1940 al 1941, in una parte del castello di Sonnenstein fu adibito in un centro di eutanasia tramite gassificazione su circa 15.000 disabili, realizzando una camera a gas e un forno crematorio. Pirna divenne città industriale nel 1862 con la costruzione di diverse industrie meccaniche, del vetro. Purtroppo il tempo per visitare Pirna è molto poco.
Veniamo accompagnati in un campo attendato dove centinaia di soccorritori organizzeranno gli interventi in tutte le valli dell'Elba. La tendopoli al nostro arrivo è ancora in via di allestimento a cura dell'esercito federale tedesco ed è realizzata su un appezzamento di terreno dove vi era coltivato il grano. Le file delle tende sono tantissime, nutro il timore di non saper individuare la nostra tenda anche se tende e percorsi sono indicati con lettere e numeri. Raggiungiamo la nostra tenda mentre gli elettricisti militari stanno ultimando l'impianto elettrico. Sono giovani ragazzi di leva che si rivolgono a noi con grandi sorrisi e in lingua inglese. La tenda è molto grande, può ospitarci tutti, ha pareti in tela interne che suddividono gli ambienti, il pavimento è chiaro, galleggiante ed isolante; le brande sono ampie e comode.
Sfruttiamo la serata per uscire e raggiungere Pirna che dista qualche chilometro dalla tendopoli. Mi piacerebbe visitare la città, ma il tempo è poco e il lavoro che ci aspetta è tanto. Nei quartieri periferici e posti nei pressi dell'Elba e di altri corsi d'acqua minori, le moderne palazzine hanno subito danni al piano terra e nelle cantine e davanti presentano cumuli di materiale alluvionato. I cumuli di materiale vario è suddiviso per tipologia, come ferro, legno, ecc. Grandi ruspe del THW, caricano il materiale già selezionato dagli stessi cittadini, sui camion. Parte del centro cittadino, in selciato di porfido è parzialmente sconnesso o addirittura divelto a causa dell'alluvione.
Ormai è scuro, non è possibile vedere la città che aveva ispirato alcuni dei capolavori di Bernardo Belotto detto il Canaletto, il grande artista veneziano vissuto a Dresda come pittore di corte. L'odore dell'acqua intrisa di olio combustibile talvolta è nauseante, mi ricorda l'alluvione che nel 1944 colpì la mia città. Il buio, a causa della mancanza dell'energia elettrica quale danno dell'alluvione, non mi permette di ammirare il Rathaus, l'antico municipio realizzato nel 1396, ma posso intravedere nella penombra gli splendidi archi a punta gotici e il bel frontone rinascimentale. Se mi sposto verso il centro della piazza, facendo attenzione a non inciampare nel pavimento sconnesso, danneggiato dalla furia delle acque, posso ammirare anche la torre barocca del Rathaus. Non molto lontano c'è la chiesa St. Marienkirche, in stile tardo gotico, realizzata nella prima metà del XVI secolo. Spero che il prezioso altare in arenaria che conserva non sia danneggiato. Un poco più lontano, c'è la Klosterkirche St. Heinrich, una chiesa adiacente al monastero domenicano, che conserva preziosi affreschi, con il suo Kapitelsaal ossia il museo dell'antico monastero. Mi piacerebbe vedere anche solo esternamente la casa in cui abitò il Canaletto, una casa tardo gotica, ma anche la Blechschmidthaus, una cinquecentesca casa con un prezioso portale, o il Teufelserker, un edificio del XVI e XVII secolo che ospitò le prigioni.
Le strade del centro sono semivuote, fa freddo e l'umidità è pungente, solo i lampeggianti blu della Polizia e dei mezzi di soccorso illuminano occasionalmente i nostri passi. Con i colleghi ci ritroviamo in un ristorantino, siamo gli unici clienti. Facciamo fatica a farci comprendere, alla fine ci arrendiamo all'oste che ci porta quello che la cucina ci può offrire. Al piatto di carne con patate aggiungiamo una buona birra ma poco alcolica. Chiudiamo la serata con una porzione di Quarkkeulchen; un piatto dolce preparato con patate e Quark, un formaggio fresco simile alla ricotta, servito con salsa di mele e ricoperto di zucchero a velo.
La mattina nella tendopoli la sveglia è suonata dalle sirene del camion. Le file di persone per accedere ai padiglioni ad uso bagno chimico è lunga. Le fontanelle per lavarsi la faccia con l'acqua gelida sono ancora insufficienti e scelgo un finestrino e una bottiglia di acqua minerale frizzante per lavarmi il viso e i denti. Poco dopo con l'acqua frizzante la mia non folta capigliatura si gonfia tanto da rendere quasi impensabile indossare il cappello per proteggersi dal freddo. La cucina del campo militare sforna le colazioni, latte o the caldo con gallette. Dopo poco siamo sui nostri mezzi, già incolonnati per uscire.
La nostra destinazione è la cittadina di Weesenstein, lungo il corso del fiume Müglitz, affluente di sinistra dell'Elba. Dopo che il capo colonna ha controllato tutti gli automezzi facendo l'appello del personale, la lunga colonna composta prevalentemente da grandi autocarri pesanti che trasportano ruspe e pale meccaniche s'avvia verso il luogo di destinazione.
I nostri mezzi sembrano tre mosche bianchi in mezzo a una colonna blu. La strada stretta e tortuosa si arrampica sulle colline a ridosso di Pirna e costeggia dei bellissimi e verdeggianti boschi. L'abitato, a ridosso del magnifico castello di Weesensstein sembra un paesaggio da cartolina, peccato che l'alluvione abbia danneggiato le caratteristiche abitazioni. L'idilliaco castello che si erge dominante sul piccolo borgo distrutto, fu eretto intorno al XIII secolo con lo scopo di difendere i confini della Sassonia dalla vicina Boemia. Dell'antico edificio rimane una torre circolare, nei secoli fu più volte rimaneggiato, fino ad assumere l'attuale forma di castello-residenza. Infatti dal 1830 il castello divenne la residenza dei sovrani di Sassonia. Dopo la prima guerra mondiale il castello fu venduto e durante la seconda guerra mondiale fu utilizzato come deposito delle opere d'arte di Dresda, prima di entrare nel patrimonio dello Stato, fu utilizzato nel dopoguerra per ospitare gli sfollati, attualmente ospita un museo.
Mi sovviene la storia della regina Amelia Augusta (1801-1877) che amava ritirarsi al castello di Weesenstein insieme al marito re Giovanni I di Sassonia. Dal loro matrimonio nacquero nove figli, di cui Alberto e Giorgio divennero a loro volta re. E fu in questo castello che il re Giovanni I, ancora prima di diventare sovrano amava rifugiarsi a studiare le grandi opere classiche e tradurle. Il castello è un'ensemble di stili che vanno dall'architettura gotica a quella rinascimentale. Fu costruito su un ampio sperone roccioso e si eleva per otto piani ed ha una bellissima cappella castrense, ritenuta uno scrigno barocco. La sua particolare architettura e organizzazione degli spazi vede le stalle poste al quinto piano, mentre le stanze conservanti preziose tappezzerie sono a piani superiori.
Le acque del Müglitz si sono ritirate e dell'antico borgo, non rimane che la desolazione. Le acque placide che corrono tra le case sembra impossibile che abbiano creato tanto danno. Un responsabile del THW ci accompagna tra le antiche strade, ormai coperte da fango e detriti, verso una casa, una di quelle poche realizzate esclusivamente in muratura e che non sono crollate. Ci chiede di sgombrarla dal fango in quanto era abitata da anziani e disabili. Indossiamo le nostre tute bianche in tessuto non tessuto, gli stivali e i guanti e muniti di secchielli, carriole e badili iniziamo il nostro lavoro. Tecnici esperti del THW entrano prima di noi per vedere che non ci siano pericoli. Fanno correre un cavo elettrico avendo cura che non tocchi per terra e il fango per permetterci di vedere il locale che dobbiamo pulire. Creiamo così una catena, da chi riempie i secchi di fango e chi sulla scala passa il secchio colmo di fango in andata e vuoto al ritorno, fino a chi sulla porta riempie le carriole. Colma la carriola, questa viene fatta correre su un asse di legno, per non sprofondare nella melma, fino al grande deposito dei fanghi e dei detriti.
Il nostro lavoro, non è silenzioso e l'idioma italiano si distingue chiaramente tra le voci tedesche e i rumori delle ruspe gommate del THW. Si avvicina un gruppo di giovani studenti, che scopriremo essere universitari di Berlino, accorsi a Weesenstain a dare una mano per salvare uno dei più belli e caratteristici borghi della Sassonia.
Non ci comprendono,ma anche se loro parlano il tedesco riusciamo a comunicare gesticolando e si uniscono a noi. Dopo poco la catena si allunga grazie a questi giovani ragazzi e ragazze; il sorriso sui loro volti è di entusiasmo nel lavorare con un gruppo di italiani che cantano canzonette e scherzano per smorzare la fatica. Bastano pochi minuti per far entrare anche questi giovani nel nostro modo di lavorare, solerte, deciso ma anche allegro.
Sono molti i tedeschi che vengono a vedere questo gruppo di persone che al ritmo di canzoncine italiane svuotano rapidamente la casa. Gli stessi operatori del THW che ogni tanto vengono a controllare la sicurezza dell'edificio, sorridono.
Una sirena all'improvviso suona lungamente, non comprendiamo il motivo, poco dopo arrivano Udo e Alessandra per comunicare di lasciare il lavoro e ci invitano a recarci da mangiare. Nel recarci verso il piazzale antistante il castello, dove nella cucina da campo provvedono a sfornare i pasti per tutti coloro che sono impegnati a lavorare in questo piccolo e antico borgo, Alessandra ci fa vedere una carta turistica, inquadrando così il luogo in cui stiamo operando. I ragazzi del THW hanno voluto farci una sorpresa, hanno preparato la pasta e Goulash, ma io preferisco mangiare delle buonissime mele e un croccante pane caldo, appena uscito dal forno e sfruttare questa pausa per entrare a vedere il castello.
Il suo portale principale è stato realizzato nel 1575 ed è considerato uno dei più preziosi portali rinascimentali della Sassonia, con le sue belle figure scolpite nella pietra. Il parco del castello, che posso ammirare sia dal castello che dalla strada di accesso è in stile francese ed è meraviglioso, anche se anche qui l'acqua ha lasciato i suoi danni. All'interno del castello vi è un ristorante che ovviamente non lavora, ma posso lo stesso gustare una sublime birra fresca non filtrata, prodotta dal micro birrificio del castello. La gustosa Weesensteiner Schobräu è una rinomata birra tradizionale che affonda le sue origini nel XVI secolo.
Lascio questo bellissimo castello, che nella sua storia, subì un solo assalto, durante la guerra dei 7 anni ad opera delle truppe prussiane. Riprendiamo il nostro lavoro che durerà qualche tempo.
In quei giorni avrò modo di conoscere alcuni abitanti che nonostante la distanza linguistica mi racconteranno le tragedie di quella notte. Il loro piccolo mondo era fatto di una quarantina di casa per 223 abitanti circa.
Il fiume era gonfio già nel pomeriggio e l'acqua pareva ruggire. Nella notte, benché tutti fossero attenti a quel fiume che era stato loro amico per tanti anni, il crepitio di assi, teloni rotti che trascinati dal forte vento producevano un rumore spaventoso. Chi si era affacciato alla finestra, delle tipiche case in legno e pietra del borgo, racconta che il fiume non si vedeva più ricoperto di quello che pareva vapore acqueo, ma anche l'aria pareva ribollire. Il Müglitz aveva sradicato i tigli del parco del castello e li aveva schiantati contro le case. Gli scricchiolii delle case, il buio assoluto in cui era caduto il borgo e il fiume che ormai correva tra le case sibilando ferocemente, scavando nelle fondamenta delle case in legno, terrifico la popolazione.
Anche la ferrovia era stata divelta, ormai nelle furiose acque viaggiava di tutto, alberi, tavoli, cancelli, auto, ecc. Poi iniziarono i crolli, come case di carta cedevano le antiche mura degli edifici, inghiottite dall'acqua. Sembrava che le case fossero dei giocattoli per il fiume, le travolgeva, le spezzava e le trascinava. Le urla delle persone si confondevano con gli ululati del fiume. Solo qualche telefono cellulare funzionava, chi poté trovò salvezza sui tetti, scappando attraverso il lucernario.
Poi il fiume rientrò nel suo alveo, pacifico come lo fu per molto tempo. Tra il ghiaione di ciottoli e il fango rimasero i detriti; finestre, porte, automobili, i giochi del parco dei bimbi, ecc. L'odore di olio combustibile rimase per molti giorni, come l'odore del legno marcio. Sulle ormai strade ghiaiose, dove un tempo esisteva asfalto e porfido, iniziarono a transitare le ruspe gommate del THW e i mezzi cingolati dell'esercito.
Lasciamo per qualche ora i nostri Land Rover ai volontari del THW, devono raggiungere un'area collinare in soccorso di alcune persone ancora isolate e portargli dei viveri e dei medicinali, che diversamente avrebbero potuto solo raggiunger e in elicottero, perché i loro mezzi sono troppo grandi per percorrere quelle strade tra i boschi della Sassonia.
I giorni trascorsi tra Weesenstein e Pirna sono passati rapidamente. Anche la vita nel campo dei soccorritori è trascorsa serenamente. Le comode tende, i grandi padiglioni militari per le docce hanno reso la nostra permanenza piacevole, come le strutture di ascolto con psicologi messe al servizio di soccorritori per aiutarli ad affrontare con maggior serenità il lavoro che li attende.
L'arrivo di 500 militari russi, a rinforzo delle truppe tedesche, movimentarono la nostra permanenza. La disastrosa alluvione ha unito due eserciti da sempre nemici nel nome della solidarietà.
In una fredda notte vengo svegliato dal personale dirigente del THW ed insieme ci rechiamo nella tenda del comando. Hanno la necessità di far decollare un aereo tedesco che è in Italia e che deve trasportare urgentemente materiali antialluvione, necessari per fermare la tumultuosa corsa delle acque dell'Elba. Riesco a fare ciò che mi chiedono e ciò mi riempie di soddisfazione e rientro in tenda con i miei colleghi per affrontare una nuova giornata di lavoro.
Ormai il nostro tempo è scaduto e dobbiamo lasciare i ragazzi del THW e i militari del Bundeswehr. L'ultimo giorno,quello che riteniamo di riposo, lo vogliamo passare a vedere almeno il centro di Dresda. Anche questa città fu pesantemente colpita dalla piena dell'Elba, che raggiunse il livello record di 8,9 metri sullo zero idrometrico. Ed anche Dresda subì diversi danni, soprattutto al patrimonio storico; oltre 30.000 mila furono gli evacuati da città e dai sui dintorni.
Fortunatamente il patrimonio artistico conservato nel palazzo dello Zwinger fu trasferito al sicuro in tempo. La sosta a Dresda è breve perché il viaggio è lungo ma una visita è necessaria. D'obbligo una vista, anche solo esternamente, alla Hofkircher, ossia la cattedrale della santissima Trinità. Questa magnifica cattedrale fu progettata dall'architetto italiano Gaetano Chiaveri. L'edificio è in stile barocco ed è caratterizzato esternamente da una facciata con una alta torre centrale; la facciata dalle belle forme convesse e concave è un tripudio di statue e balaustre.
L'interno, che non riusciamo a visitare, conserva nella cripta il cuore del re di Polonia, Augusto il forte, ultimo re di Sassonia. La chiesa conserva anche le tombe di 49 membri della casata Wettin con le relative consorti, come Maria Carolina di Savoia, moglie di Antonio di Sassonia.
Come tutta Dresda, anche questa settecentesca chiesa fu danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e fu restaurata negli anni Ottanta del secolo scorso. Un altro edificio religioso che ci limitiamo a guardare dall'esterno è la Fravenkirche, ossia la chiesa luterana dedicata a Nostra Signora. Questa settecentesca chiesa fu progettata da George Bähr ispirandosi all'architettura barocca italiana. Anche questa chiesa, che è un esaltazione del barocco, fu pesantemente danneggiata durante i bombardamenti del Febbraio 1945 da parte della RAF. L'edifico rimase un rudere per 45 anni e fu ricostruito solo negli anni novanta del XXI secolo. Invece della vecchia chiesa della Santa Croce, Kreuzkirche, dipinta nel 1750 da Bernardo Belloto rimane ben poco. Anch'essa di rito evangelico - luterano è un edifico che racconta una parte della storia della città. Inizialmente vi era una chiesa romanica dedicata a San Nicola e conservava al suo interno una cappella dedicata alla Santa Croce, in quanto custodiva una reliquia ereditata dalla Margravia di Meissen, Costanza di Austria. La chiesa era già citata nei documenti del 1168, e nel 1388 è ricordata come chiesa della Santa Croce. Fu ricostruita ad inizio del XV secolo in stile gotico ma a metà del XV secolo la chiesa venne distrutta da un incendio. Fu il primo incendio documentato di una lunga serie che distrussero ripetutamente la chiesa. A fine XVI secolo, assunse forme rinascimentali ma fu pesantemente danneggiata dal cannoneggiamento prussiano. A metà settecento fu ricostruita in stile barocco anche se nel 1765 subì il crollo del Westwerk. Di quest'ultimo edificio rimane il suo ricordo in un bel dipinto del Belotto. Dopo un ulteriore incendio nel 1887, l'interno fu rimodellato in stile Art Noveau. La chiesa subì il bombardamento del 13 Febbraio 1945 e il suo successivo restauro ce la presenta come posso io oggi ammirarla.
Sempre nella piazza che ospita la Hofkirche, ossia Theaterplaz al cui centro fa bella mostra di se il monumento equestre a Re Giovanni del 1899, si affaccia Semperoper, ossia il teatro dell'opera che subì anch'esso forti danni per incendi e bombardamenti. Impressionante anche l'imponente mole dell'hausmannsturm con la sua elegante torre realizzata, come tutto l'edificio, in pietra arenaria scura. In origine la sua alta torre realizzata intorno al 1400, fu residenza ducale, insieme al palazzo costruito successivamente, divenendo il castello della città. Anch'esso fu quasi totalmente ricostruito su disegno originale nel secondo dopoguerra. Nelle sue immediate vicinanze c'è il Gemäldegalerie Alte Meister, una importante galleria d'arte, che raccoglie la collezione d'arte che Federico Augusto II aveva acquistato dal duca di Modena. Questa galleria d'arte conserva preziose opere di Raffaello, Tiepolo, Guido Reni, Antonello da Messina, Canaletto, Mantegna, Botticelli, Tintoretto, Giorgione, Pinturicchio, Tiziano e tanti altri. La nostra sosta a Dresda mi ha messo solo voglia di meglio conoscere a fondo questa città, ma la nostra missione ha così termine e i nostri Land Rover già corrono in autostrada verso l'Italia.
Questa tragedia che ha colpito la Germania ci ha insegnato tante cose. Dapprima come la sofferenza sia uguale ovunque ma che la rassegnazione non vince mai; poi come un grande Stato europeo come la Germania abbia saputo reagire con prontezza e compostezza davanti alle tante difficoltà che una alluvione come questa, che ha coinvolto i grandi bacini idrografici dell'Elba e del Danubio ha causato. Come una organizzazione statale come il THW, basata sul volontariato, possa essere organizzata e gestita con grande professionalità ed efficienza, senza creare dicotomie con altre organizzazioni. Inoltre personalmente posso essere fiero di aver guidato questa piccola spedizione italiana, composta da volontari e professionisti che hanno saputo dare il meglio di sé in terra straniera. Infatti a parte i militari russi giunti poi a Pirna, siamo stati l'unica squadra di soccorso autorizzata a intervenire in Germania, certamente più per amicizia che per altro ma di cui possiamo andare fieri.